Filippesi 2:5-7

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Antonino
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Antonino »

Il termine greco “morphè” viene riscontrato nella versione dei LXX circa sette volte, di cui quattro nel libro di Daniele.
Nei primi tre versi, il termine “morphè” traduce le parole ebraiche:
Giudici 8:18 תֹּאַר (to'ar): forma, contorno, figura, aspetto.
Giobbe 4:16 תְּמוּנָה (tĕmuwnah): forma, immagine, somiglianza, la rappresentazione, parvenza.
Isaia 44:13 תַּבְנִית (tabniyth): modello, piano, forma, costruzione, figura
Nel Libro di Daniele il termine greco “morphè”, traduce, diversamente da quanto riscontrato sin ora, sempre lo stesso vocabolo. Il quale, rispetto a quelli analizzati in precedenza ha un significato completamente diverso.
Il vocabolo in questione è זִיו (ziyv) che ha il significato di: luminosità, splendore.
I versi in questione sono presenti nel libro di Daniele 4:36; 5:6,10; 7:28.
Alla luce di quanto espresso potremmo azzardare una nuova esegesi dei versi di Filippesi 2:5-11?

1) Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù

Chiaramente Paolo invita i credenti dell'adunanza di Filippi a emulare il sentimento dell'Unto e non ovviamente le sue doti e caratteristiche, le quali sono uniche e presenti soltanto in Lui.
Quindi, decisamente un invito a emulare il suo stesso sentimento! Invito che viene preceduto dalle parole dell'Apostolo scritte nei versi precedenti:
Rendete perfetta la mia gioia, avendo un medesimo pensare, un medesimo amore, essendo di un animo solo e di un unico sentimento. Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso, cercando ciascuno non il proprio interesse, ma {anche} quello degli altri. (Lettera ai Filippesi 2:2-4 NR06)

2)il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente,

Ed eccoci qui! Allo scoglio che ha generato questa discussione! Si è tanto parlato di questa morphè e su cosa precisamente volesse significare.
Che sia forse, una forma esteriore?
Che sia, a immagine di Dio, come lo era Adamo?
Una traduzione possibile, secondo l'uso della LXX, potrebbe essere proprio quello del termine זִיו (ziyv). Termine che Paolo da perfetto Giudeo conosceva benissimo!
Il quale essendo "forma splendente" (morphè/ziyv) di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente.
Paolo dichiara che Yeshùa è il risplendere di Yhwh....... Questo risplendere, riflesso del Dio Uno e Unico, Yeshùa non lo considerò motivo di vanto e superiorità! Anzi! Il testo dice altro! Qui, Paolo invita i Filippesi ad emulare lo stesso sentimento del Messia:

3)ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini

Paolo afferma e conferma che Yeshùa, ripieno dello Splendore di Yhwh, svuoto se stesso, prendendo forma di servo! Meglio dire mutò di splendore! Da quello divino a quello di servo...
Il passo chiave insieme al prossimo è proprio questo. Paolo come affermato nei versi precedenti, invita i Filippesi ad esser servitori gli uni degli altri e porta come esempio quello massimo, il più significativo!
Yeshùa, avendo infinita gloria e lo splendore di Yhwh, svuota se stesso (perdendo splendore), prendendo forma (morphe) di servo, divenendo simile agli uomini!
Una chicca!..... Il testo greco al verso 7, è una fonte di assoluta chiarezza per far comprendere quale significato Paolo conferisca al termine Morphè:

7αλλα<235> εαυτον<1438> εκενωσεν<2758> μορφην<3444> δουλου<1401> λαβων<2983> εν<1722> ομοιωματι<3667> ανθρωπων<444> γενομενος<1096> και<2532> σχηματι<4976> ευρεθεις<2147> ως<5613> ανθρωπος<444>

Come si può notare al verso citato, troviamo sia il termine "μορφην" 3444 (morphe/forma), sia il termine "ομοιωματι" 3667 (omòioma/somiglianza).
Quindi, si afferma che: Yeshùa essendo in forma risplendente di Dio, rinunciò a questa forma. Svuotando se stesso prese forma di servo, divenendo simile (ομοιωματι 3667) agli uomini!
Eccola la somiglianza, eccolo il termine che indica immagine e somiglianza! Come si può ben notare da questo verso e come si è affermato diverse volte, la parola “morphè” è da considerarsi la forma e non traduce mai i termini ebraici che si riferiscono all'immagine. Infatti la parola demuwt trova perfetta assonanza con ομοιωματι (omòioma)

4)trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce.

Quale significato attribuire a queste parole?
Secondo il mio avviso, tutto il testo induce il lettore ad un solo pensiero! Il quale consiste nell'invito fatto in precedenza, di emulare il servilismo che il Dio fattosi uomo ha in maniera esemplare espletato!
La scrittura è piena di questo invito alla rinuncia, in ogni genere di pretesa, di giustizia e verità! Si conformi il nostro pensiero e la nostra attitudine alla stessa che ha avuto L'Unto/Il Cristo Gesù!
La Sua totale ubbidienza lo ha condotto alla croce! Croce che vogliamo ricordare è stata richiesta a gran voce dal popolo. Croce a cui il figlio non si volle sottrarre.
Per questa sua ubbidienza e la profonda ingiustizia subita....... Lui unico e solo Giusto, ingiustamente giustiziato:

5)Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra, [Filippesi 2:9-10 INR]

Che cosa è questo innalzare? Non è forse riferito alla Sua resurrezione?
Questo: “sovranamente innalzato”, fa riferimento in maniera esplicita alle stesse parole del Pietro unto a Pentecoste:
Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato; di ciò, noi tutti siamo testimoni. Egli dunque, essendo stato esaltato dalla destra di Dio e avendo ricevuto dal Padre lo Spirito Santo promesso, ha sparso quello che ora vedete e udite. [Atti 2:32-33 INR]
Il Suo essere innalzato, è riferito alla resurrezione che Yhwh ha operato in Lui e con la quale contestualmente gli ha data autorità (nome), che è al di sopra di tutto e tutti (eccetto il Padre)! Infatti nel Suo nome ogni essere vivente si inginocchia e confessa:

6)che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre. [Filippesi 2:11 INR]

Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso". [Atti 2:36 INR]

Yeshùa è il Signore (Padrone/Re), per diretto volere del Padre! Lui che ha saputo rinunciare a tutto, per sincero e vero amore per il prossimo, invita attraverso il suo apostolo ad essere di pari consentimento!
Ovvio che non sarà mai eguagliabile e pretendente di produrre gli stessi effetti, coscienti del fatto che, nessun uomo può riscattare il fratello, né pagare a Dio il prezzo del suo riscatto. [Salmi 49:7 INR]
Ma la nostra attitudine deve evolvere e mutare, per rassomigliare sempre più quella del Cristo, ed un giorno la speranza del credente che non ha da pretendere nulla se non oltre la gioia di vedere instaurare il glorioso regno di Yhwh. Tal credente spera nel cuore di sentir le dolci parole del Suo Signore:
"Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore". [Matteo 25:21 INR]
Pace a Voi.
Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
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francesco.ragazzi
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da francesco.ragazzi »

Complimenti Antonino, hai fatto un bel lavoro !
Essere "forma splendente di Dio" potrebbe anche significare che "...mostrava alla nostra natura decaduta di umani le caratteristiche peculiari e visibili del nostro Dio..." , ma ciò non lo portò ad esserne geloso ed a far valere questa somiglianza, ma si rese disponibile a subire (addirittura da parte degli uomini) un'ingiustizia infinita in quanto conscio che tale ingiustizia subita avrebbe riabilitato (restaurato) la nostra natura degradata tanto da poter essere adottati a Figli di Dio e Fratelli suoi .-
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Gianni
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Gianni »

Caro Antonino, è davvero lodevole tutto l’impegno che hai messo nell’esaminare Flp 2:5-7. Permettimi di dire qualcosa circa il nuovo vocabolo che hai scoperto nel libro biblico di Daniele.
La versione greca della LXX differisce notevolmente dal testo biblico attuale (Testo Masoretico) e rispecchia una tradizione testuale diversa. Già nel 5° secolo E. V. lo affermava Girolamo nella sua prefazione a Daniele: “Le chiese non leggono il profeta Daniele secondo la LXX ma usano la versione greca di Teodozione; non so per quale motivo. Ad ogni modo posso affermare che la LXX si allontana troppo dall’ebraica verità. Di conseguenza, aderendo al giudizio dei maestri della chiesa, si è preferito trascurare in questa mia versione [la Vulgata latina] la traduzione greca della Settanta per seguire quella di Teodozione che comunemente si legge e che meglio si accorda [all’ebraico] con le altre traduzioni greche”. – Girolamo, Prefazione a Daniele, PL 25,413; cfr Daniele IV,6 PL 24,514.
Il testo della versione greca dei LXX fino a non molto tempo fa ci era noto solo indirettamente attraverso una sua traduzione siro-esaplare (l’Esapla o edizione hexaplaris è il lavoro monumentale compiuto da Origène che dispose tutte le Scritture Ebraiche su sei colonne: la prima dava il testo ebraico in caratteri ebraici, la seconda il testo ebraico trascritto in caratteri greci, la terza e le seguenti, per ordine, le versioni di Aquila, di Simmaco, dei Settanta, di Teodozione), compiuta verso il 615-617 da Paolo di Tella, finché nel 18° secolo se ne ritrovò il testo originale nel manoscritto di Chigi (Codex Chisianus, 11° secolo) e ancor più recentemente in 13 fogli del Codex 967 (metà del 13° secolo) appartenente alla nota collezione Chester Beatty e pubblicata nel 1931. Sua caratteristica è ora una maggiore estensione del testo e ora un suo condensamento. Per maggiore rispetto cronologico sposta i capp. 4 e 6 dopo i capp. 7 e 8, rompendo tuttavia la ripartizione del libro in due parti (storia e profezia) e creando una maggiore confusione delle lingue, giacché i due capitoli spostati (scritti originariamente in aramaico) sono introdotti in una sezione che è ebraica.
La versione greca di Teodozione (traduttore vissuto verso il 170 a. E. V.) segue il Testo Masoretico attuale, ma in una forma ancora migliore. Già Porfirio, filosofo neoplatonico del 3° secolo, avrebbe utilizzato per Daniele la versione di Teodozione. Questo testo finì per soppiantare il testo originale della versione greca della LXX.
Veniamo a Dn 4:36. Il testo biblico di Dn 4 termina al v. 34. Il passo di Dn 4:36 corrisponde nel Testo Masoretico a Dn 4:33. Qui si trova il vocabolo זִיו (siv) che dici. Non si tratta di una parola ebraica ma aramaica (caldaica), perché la sezione di Dn 2:4b–7:28 è scritta in aramaico. Il vocabolo in questione indica il fulgore, lo splendore (Dn 2:31) e il colore del viso (Dn 5:6). La LXX lo traduce con δόξα (splendore, gloria) in Dn 4:36; la versione di Teodozione (Θ) lo traduce con morfè, che tu citi.
Ora, con un lunghissimo giro che fai passare attraverso il caldaico tu proponi una nuova esegesi. Esaminiamola.
È indubbio che Paolo stia esortando i filippesi a emulare l’esempio di umiltà di Yeshùa. Tu però dici che Yeshùa era in "forma splendente" (morphè/ziyv) di Dio e che non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente. E qui vedo le prime difficoltà. Se dai alla parola morfè il senso di siv (זִיו), stai ammettendo che Dio abbia lo stesso splendore, che però è fisico e visibile, cosa che non può applicarsi a Dio invisibile. In più, parli di “essere uguale a Dio”, cosa assolutamente non applicabile a Yeshùa. Dio stesso dice: “A chi mi assomigliereste, a chi mi eguagliereste, a chi mi paragonereste, quasi fossimo pari?” (Is 46:5). Flp 2:6 non dice affatto che Yeshùa fosse uguale a Dio!, ma afferma che Yeshùa “non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio” (TNM), cosa che invece Adamo aveva fatto. Yeshùa è “irradiazione della gloria [δόξα] e impronta della sostanza” di Dio (Eb 1:3, traduzione dal greco). L’impronta è appunto un’impronta, non l’originale. Yeshùa “è l'immagine [εἰκών] del Dio invisibile” (Col 1:15); εἰκών è lo stesso vocabolo usato in Gn 1:26 dove l’ebraico impiega דְּמוּת. “Dio che disse: «Splenda la luce fra le tenebre», è quello che risplendé nei nostri cuori per far brillare la luce della conoscenza della gloria di Dio che rifulge nel volto di Gesù Cristo”. - 2Cor 4:6.
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Antonino »

francesco.ragazzi ha scritto:Essere "forma splendente di Dio" potrebbe anche significare che "...mostrava alla nostra natura decaduta di umani le caratteristiche peculiari e visibili del nostro Dio..." , ma ciò non lo portò ad esserne geloso ed a far valere questa somiglianza, ma si rese disponibile a subire (addirittura da parte degli uomini) un'ingiustizia infinita in quanto conscio che tale ingiustizia subita avrebbe riabilitato (restaurato) la nostra natura degradata tanto da poter essere adottati a Figli di Dio e Fratelli suoi .-
Credo che tu abbia fatto centro Franco! ;)
Shalom
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Antonino
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Antonino »

Gianni ha scritto:Ora, con un lunghissimo giro che fai passare attraverso il caldaico tu proponi una nuova esegesi. Esaminiamola.
Carissimo Gianni! Veramente il giro lungo lo hai fatto tu!
Io ho semplicemente scritto che nel libro di daniele il testo ebraico al corrispondente "morphè" riporta "ziyv"...... poi ovviamente colpa mia nell'omettere che, di Aramaico trattasi e non di Ebraico! :mrgreen: :mrgreen:
Gianni ha scritto:E qui vedo le prime difficoltà. Se dai alla parola morfè il senso di siv (זִיו), stai ammettendo che Dio abbia lo stesso splendore, che però è fisico e visibile, cosa che non può applicarsi a Dio invisibile. In più, parli di “essere uguale a Dio”, cosa assolutamente non applicabile a Yeshùa. Dio stesso dice: “A chi mi assomigliereste, a chi mi eguagliereste, a chi mi paragonereste, quasi fossimo pari?” (Is 46:5).
Cerchiamo di appianare queste difficoltà:
Poiché tutti gli dèi delle nazioni sono idoli vani; Yhwh, invece, ha fatto i cieli. Splendore e maestà sono davanti a lui, forza e bellezza stanno nel suo santuario. [Salmi 96:5-6 INR]

Anima mia, benedici Yhwh!
Yhwh, mio Dio, tu sei veramente grande; sei vestito di splendore e di maestà.
[Salmi 104:1 INR]

Yhwh è grande e degno di lode eccelsa, e la sua grandezza non la si può misurare. Un'età dirà all'altra le lodi delle tue opere, e farà conoscere i tuoi prodigi. Mediterò sul glorioso splendore della tua maestà e sulle tue opere meravigliose. [Salmi 145:3-5 INR]

Questo verso che proporrò adesso, è ancora più esplicito:
Entra nella roccia, e nasconditi nella polvere per sottrarti al terrore di Yhwh e allo splendore della sua maestà.
[Isaia 2:10 INR]

La gloria di Yhwh si alzò sopra i cherubini, movendosi verso la soglia della casa; la casa fu riempita della nuvola; il cortile fu ricolmo dello splendore della gloria di Yhwh. [Ezechiele 10:4 INR]

Come si può notare e non sono tutti riportati esiste una vasta letteratura sullo splendore di Yhwh Dio.......... Quando si afferma che Yeshùa sia in "forma splendente" (morphe ziyv) si fa proprio riferimento a quella vasta letteratura.

Appunto Paolo per la stretta e assoluta somiglianza tra Yeshùa e Yhwh afferma:
il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l'essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente,
[Filippesi 2:6 INR]
Ne riparliamo dopo! ;)
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Gianni »

Antonino, in Sl 96:6 splendore e maestà (bellazza) si riferisco al Tempio: vedi il parallelismo.
In Sl 104 splendore e maestà sono riferiti alla luce luminosa del cielo, paragonata a una veste in cui Dio si è avvolto (v. 2).
In Sl 145:3,4 si parla della grandiosità di Dio visibile nella sua creazione. - Cfr. Sl 111:3.
In Is 2:10 si parla dello splendore della superiorità di Dio, per cui occorre nascondersi per il timore di Dio.
In Ez 10:4 si tratta di una visione descritta concretamente.
Non vedo cosa tutti questi passi abbiano a che fare con il passo di Flp. Che la parola aramaica siv abbia a che fare con morfè di Flp è un’idea tua, come quella che Paolo faccia riferimento ai passi che hai citato, che neppure lontanamente hanno a che fare con il messia.
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Antonino »

Gianni ha scritto:
In Ez 10:4 si tratta di una visione descritta concretamente.

Paolo non si esprimeva concretamente?
Per quanto riguarda "splendore", certo è una mia idea ma di sicuro ha più aderenza con la LXX che ricordiamo nel tuo scritto hai citato per avvalorare la tua tesi su "demuwt"....... Il tutto è scaturito proprio da questa "assenza" di associazione tra morphe e demuwt!

Paolo esprimendosi concretamente,da perfetto Ebreo poteva benissimo affermare:
Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato nell'Unto Yeshùa, il quale essendo splendente come Dio non considerò la sua uguaglianza a Dio, qualcosa di cui vantarsi, ma spogliò se stesso, prendendo aspetto di servo, DIVENENDO SIMILE agli uomini; trovato nell'aspetto esteriore come uomo (questo fa riflettere che interiormente non lo era) umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce.
Per questo motivo Dio lo ha con autorità sovrana innalzato e ha conferito alla Sua persona autorità su tutto, affinchè davanti a Yeshùa si pieghi ogni essere vivente che è nei cieli, sulla terra e sotto la terra, e ognuno proclami che L'Unto Yeshùa è Signore costituito dal Padre!

Ovviamente questa mia reinterpretazione che non è letterale n'è autentica è stata scritta per rendere al meglio quello che Paolo dichiarava.
La versione interconfessionale non si discosta di molto dal mio punto di vista, considerando che comunque usa il termine consueto per morphe: http://www.lachiesa.it/bibbia.php?ricer ... rsettoOn=1
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noiman
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da noiman »

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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Gianni »

Caro Antonino, al di là della nostra discussione (che spero non diventi polemica), devo complimentarmi con te per la tua capacità di muoverti nella Scrittura e di svolgere una certa indagine. Sono ottime doti per uno studioso. Non vanno neppure sottovalutate le proprie intuizioni. Se ci limitassimo a ripetete le spiegazioni tradizionali saremmo forse degli ottimi adepti di qualche religione ma saremmo anche scarsi conoscitori della Scrittura. Se oggi possiamo fare nuove esegesi e far risplendere di più il messaggio biblico è perché i sinceri studiosi della Bibbia azzardano una nuova ipotesi e poi la verificano. Voglio dire che è così che si progredisce. Si fa un’ipotesi, la si verifica attentamente, si controlla infine che sia in armonia con tutto il resto della Bibbia e solo a quel punto la si può accogliere. Se l’ipotesi non è verificabile o contrasta con altre parti della Scrittura, va abbandonata.
Tu stai seguendo a tuo modo queste tappe, e ciò è lodevole. In questo tipo di indagini è utile la discussione, perché occhi esterni possono farci vedere ciò che ci sfugge e ci danno occasione di mettere alla prova le nostre conclusioni. Possono farci scoprire degli errori oppure aiutarci a rendere la nostra ipotesi più sicura e in grado di sormontare le obiezioni. Con questa premessa un po’ lunga volevo solo lodare una tua certa capacità d’indagine.

Entriamo ora nel merito. Quella di Ezechiele è una visione descritta concretamente. Paolo non si esprimeva concretamente? Certo che sì, ma non in visione. In visione si espresse concretamente Stefano, che mentre veniva lapidato scorse la gloria di Dio e vide Yeshùa in piedi alla destra di Dio (At 7:55,56). Palo richiama invece l’esempio di Yeshùa invitando i filippesi a imitarlo. Non c’è visione e non ci sono descrizioni di visioni, proprio perché manca la visione. L’apostolo delle genti inizia il suo secondo capitolo di Flp esortando a essere uniti nello stesso pensiero e nell’amore (Flp 2:1,2), non facendo nulla “per spirito di parte o per vanagloria”, esortando ciascuno affinché “con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso” (v. 3). Poi dice che ciascuno deve cercare “non il proprio interesse, ma anche quello degli altri” (v. 4). È questo il contesto. Qualsiasi interpretazione non deve mai trascurare il contesto, che è sempre basilare. Fin qui cosa sta dicendo Paolo? In pratica: mantenete l’unità di pensiero, amatevi, non siate egoisti ma umili. Per capire bene (nel modo giusto) il resto che segue noi dobbiamo metterci al posto di quei filippesi e perfino provare le stesse sensazioni interiori: è un po’ come guardarci allo specchio e passare in rassegna in un secondo i nostri atteggiamenti, vergognandoci di essere egoisti e poco umili; toccati dalle parole di Paolo, ci predisponiamo a cambiare per divenire più modesti e più rispettosi, per amare altruisticamente. Se riusciamo a immedesimarci, siamo perfettamente dentro il contesto, non solo del testo ma soprattutto dei sentimenti e delle sensazioni; sentiamo allora del tutto viva la voce accorata di Paolo che parla oggi anche a noi.
A questo punto, Paolo potrebbe anche terminare: ci ha toccato il cuore e ci ha rimesso sulla giusta via. Invece egli si fa ancora più incisivo: “Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù” (v. 5). A questo punto, se avevamo ancora delle riserve, cadono tutte. Di fronte al massimo esempio non possiamo che deporre ogni velleità. Ci facciamo più piccoli, vediamo quanto siamo goffi e perfino ridicoli nel nostro egoismo e nella nostra superbia, paragonati alla statura di Yeshùa.
Il contesto, testuale ed emotivo, ci ammutolisce e ci predispone ad ascoltare attentamente ciò che Paolo sta per dire. Ci ha appena sollecitato e incitato così: “Abbiate in voi”. In noi. “Abbiate”: è ben più che un invito, è come un comando, ma non è semplicemente un comando, è una calorosa e sentita raccomandazione, quasi un’implorazione. Dobbiamo avere in noi. Se dobbiamo vuol dire che possiamo. Possiamo avere in noi “lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù”. Ora Paolo ci dirà quale, ma intanto abbiamo già accettato che possiamo e dobbiamo. Paolo non ci chiede l’impossibile, non dice neppure ‘provate’ o ‘tentate’; afferma: “Abbiate”. Il testo greco è molto più concreto e coinvolgente: “Questa cosa pensate in voi, che [fu] anche in Cristo” (v. 5, traduzione letterale). L’imperativo presente (φρονεῖτε, fronèite) indica un’azione continuata: “Mantenete in voi questa attitudine mentale” (TNM). Paolo non ci sta additando la luna: ci inviata a mantenere ‘in noi’ un certo modo di pensare, quello proprio di Yeshùa. Dobbiamo, possiamo e occorre mantenerci in ciò. E quale pensiero, quale modo di pensare, che fu anche di Yeshùa, dobbiamo mantenere in noi?
A questo punto abbiamo tutti gli elementi necessari per inquadrare (e delimitare) correttamente ciò Paolo dice subito dopo sul modo di pensare che ebbe Yeshùa e che noi dobbiamo imitare. “Il quale, benché esistesse in morfè di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio” (v. 6). Sbaglia TNM che traduce “nella forma”; nel testo greco non c’è l’articolo (“nella”), importantissimo in greco perché specifica; non si tratta quindi della specifica morfè di Dio; se così fosse, Yeshùa sarebbe stato uguale a Dio, ma Paolo dice il contrario: Yeshùa non pensò minimamente di rapinare Dio del suo essere Dio per essere uguale a Dio. No davvero. Fece tutto all’apposto: benché fosse in morfè di Dio, prese morfè di schiavo (v. 7). Che cos’è questa morfè?

E qui veniamo alla tua spiegazione. Associando la parola greca morfè a quella caldaica siv, tu la interpreti come splendore. Così facendo, devi però attribuire lo stesso valore anche alla “morfè di schiavo”. E quale splendore avrebbe mai uno schiavo? Tu traduci: “Il quale essendo splendente come Dio”. Se traduci così, devi pero continuare in questo modo: ‘Il quale essendo splendente come Dio … divenne splendente come uno schiavo’. A questo punto immagino che tu stesso ti renda conto che la cosa non sta in piedi. La parola caldaica siv non può quindi essere associata alla greca morfè di Flp. Questa deve avere un valore applicabile sia a Dio che a uno schiavo; in più non deve trattarsi di qualcosa di specifico in sé perché in ambedue i casi manca l’articolo.
Tu, poi, commentando “trovato nell'aspetto esteriore come uomo” (v. 7), dici che questo fa dedurre che interiormente non lo era. Qui commetti un errore superficiale: ti basi su una traduzione. Il testo biblico dice: “In somiglianza di uomini avente iniziato a esistere [γενόμενος, ghenòmenos]” e “in figura essente stato trovato come uomo” (v. 7). Se dobbiamo parlare di esteriorità e interiorità, dobbiamo dire che esteriormente Yeshùa era del tutto uomo e interiormente pure, tanto che fu umile al punto di farsi schiavo. È proprio “per questa stessa ragione Dio lo ha esaltato a una posizione superiore e gli ha benignamente dato il nome che è al di sopra di ogni [altro] nome” (v. 9, TNM). Il che dimostra che prima non aveva questa condizione, per cui non poteva essere né una creatura angelica né tantomeno Dio stesso.
La traduzione TILC da te citata è trinitaria e la sua traduzione “egli era come Dio” (v. 6) non è affatto conforme al testo greco originale e contraddice il v. 9: “Dio lo ha innalzato sopra tutte le cose e gli ha dato il nome più grande” (TILC). Se era come Dio, come è possibile che Dio lo abbia reso superiore? Avremmo che Dio dà la posizione (il nome) più grande a qualcuno che sarebbe già come lui, anzi lui stesso, che però prima non lo aveva pur essendo già come lui, anzi lui stesso. È l’assurdo trinitario.
Davvero, Antonino, occorre trovare un’esegesi del tutto diversa.
Tu stesso concludi dicendo che la tua reinterpretazione che non è letterale n'è autentica. Però, contraddicendoti, dici subito dopo che l’hai scritta per rendere al meglio quello che Paolo dichiarava. A questo punto ne sei ancora convinto? Davvero puoi credere che Paolo dicesse: ‘Il quale essendo splendente come Dio … divenne splendente come uno schiavo’?
La parola chiave per comprendere il vero pensiero paolino rimane morfè. Abbiamo visto che non le si può dare il senso attribuitole da TILC e neppure quello del caldaico siv.

Mi associo comunque a Noiman nel riconoscerti, Antonino, una notevole capacità di analisi, che rimane però sempre condizionata dal pensiero occidentale.
Approfitto dell’occasione per chiedere a Noiman la sua opinione sulla traduzione ebraica di Flp 2:6,7, di cui trova la foro alla pag. 1 di questa discussione. Grazie. E shabbàt shalòm!
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Antonino
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Antonino »

Intanto vorrei ringraziare Noiman per le sue parole!
Ti ringrazio carissimo! Poi addirittura scoprire somiglianza con tuo figlio ed essere addirittura paragonato ad un dotto rabbino Ebreo!......... Così mi fai arrossire! :oops: :oops: :lol: :lol:
Ringrazio anche Gianni, il quale mostra pazienza nel leggere le mie argomentazioni che potrebbe benissimo avvallare........
Per quanto riguarda il rischio di polemica, da parte mia cercherò per quanto possibile di mantenere l'atteggiamento che ho avuto sino adesso........ La peculiarità di questo forum consiste proprio nel confrontarsi amichevolmente! ;) (quasi sempre :mrgreen: )
Prossimamente risponderò alle rimostranze di Gianni, nel frattempo non guasterebbe l'opinione di qualche altro membro del forum sulle idee maturate in merito ;)
Shalom! Shabbat Shalom
Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
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