Un uomo che sceglie di adorare Dio non può farlo che seguendo gli insegnamenti della Sacra Scrittura, perché è la Scrittura che ci informa su ciò che è giusto e sbagliato, bene e male, vero e falso; come dice Paolo, “io non avrei conosciuto il peccato se non per mezzo della legge; poiché non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: «Non concupire»” (Rm 7:7). A chi gli chiede “come posso obbedire a Dio come insegna la Scrittura?”, forse un ebreo osservante direbbe: “Devi convertirti al giudaismo”. Ma essere legalmente ebrei dà forse la garanzia di poter obbedire a Dio in modo perfetto? Nessuno straniero poteva mangiare la pasqua, per mangiarla doveva entrare a far parte di Israele, attraverso la circoncisione e l'accettazione del giogo della Torah. Ma oggi, senza il tempio, neppure i giudei possono celebrare Pesach come prescritto dalla Torah.Per un non-ebreo oggi, quali sono le possibilità per adorare Hashèm? Mi verrebbe da dire che si può obbedire ai suoi insegnamenti. Ma quali? E ancora: possiamo obbedire a tutti gli insegnamenti?
Perché mai Hashem ha consentito che il tempio fosse distrutto? Forse la celebrazione di Pesach non è una “legge perenne”, come dice la Torah? O forse tutto ciò ci fa capire che oggi adorare Dio e celebrare le Sue solennità non richiede necessariamente un tempio fisico e dei rituali precisi, da mettere in atto solo attraverso strumenti e azioni specifiche? Lo richiedeva finché così era necessario che fosse; evidentemente, c'è stato un cambiamento. Evidentemente, la celebrazione di Pesach era comandata come “ordinanza di durata indefinita” (חקת עולם, huqqat olam), infatti gli ebrei continuano a celebrarla, ma lo fanno ovviamente in modo diverso rispetto al periodo del tempio. E per questo stanno disobbedendo a dei precetti della Torah? Perché mai Dio dovrebbe comandare loro di osservare, per poi metterli nella condizione in cui non possono osservare? Sarebbe un paradosso. Il tempio fu distrutto non a caso quaranta anni dopo la morte di Yeshùa, e questo numero simboleggia sempre un passaggio di purificazione. Oggi, il sacrificio viene espletato attraverso la preghiera.
La Scrittura parla di un momento in cui la Torah sarà scritta nel cuore (Ger 31:33), ossia impressa nella mente e nell’interiore, e pertanto - essendo già impressa nella mente - mi viene da pensare che non necessiti più di innumerevoli precetti pratici per essere osservata. Certi precetti servivano finché la Torah non fosse impressa nella mente. Il comandamento resta, ma cambia il modo in cui è messo in pratica. “Ama il Signore tuo Dio...” ma come amarlo oggi? Attraverso la ripetizione quotidiana degli stessi gesti, parole e riti prescritti ed attuati in un periodo storico ormai passato, oppure attraverso un cambiamento profondo di noi stessi? Pensiamo alla mezuzah, posta sugli stipiti delle porte, o i tefillin, che gli osservanti si legano letteralmente sulla fronte e sul braccio... Dio desidera forse che gli uomini si vestano in un determinato modo, e indossino sulla fronte e sul braccio degli oggetti perché così vuole che sia in assoluto? La Torah dice: “Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore [ed è questo il comandamento]; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai [saranno sempre nella tua mente e sulla tua bocca]. Te li legherai alla mano come un segno [per ricordare], te li metterai sulla fronte in mezzo agli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle porte della tua città [e questo fa capire che devono essere osservati in ogni momento].” (Dt 6:6-9); a me pare che qui Dio insegni agli israeliti a ricordarsi di osservare i comandamenti, non necessariamente a legarseli letteralmente sulla fronte, ma evidentemente l’atto letterale di legarli in fronte serviva a ricordare di osservarli. Cos’è che conta, la mezuzah o il comandamento? Se un uomo obbedisce, ha forse bisogno di qualcosa che gli ricordi di fare ciò che già fa? Se togli il comandamento, la mezuzah è inutile; se togli la mezuzah, il comandamento resta. Chi ha la Torah scritta nel cuore, ha forse bisogno di mezuzot e tefillin? Se è scritta nel tuo cuore, ossia nella tua mente, significa che fa parte di te, e dunque non c’è più bisogno di mezuzot e tefillin per ricordare, come non c’è bisogno di mettere un nastro al braccio per ricordarsi di avere il braccio. Altrimenti, il rischio è che la mezuzah e i tefillin diventino più importanti del comandamento. Tutte queste cose erano necessarie allora, perché evidentemente il popolo non era capace di obbedire a Dio “in spirito e verità” e aveva bisogno di “accessori” fisici, materiali, incluso il tempio, per evitare di trasgredire. La tradizione insegna che il tabernacolo fu necessario in seguito al peccato di idolatria commesso al Sinai: gli israeliti necessitavano di qualcosa di reale e fisico.
Dunque, la domanda che poni riguardo ai non ebrei deve essere rivolta oggi anche agli ebrei ed è esattamente questo che mette in evidenza Heschel:
«Un certo numero di idee riguardanti la legge ebraica si sono rivelate particolarmente ostili alla sua sopravvivenza. Desidero esaminarne un paio. La prima è l'assunzione che si osserva tutto o niente; ogni regola ha eguale importanza, e se un solo mattone viene rimosso, l'intero edificio finirà per crollare. Una simile intransigenza, per quanto sia lodevole se intesa come manifestazione di religiosità, non è giustificabile né sul piano storico né a livello teologico. Vi furono periodi della storia ebraica nei quali alcuni aspetti delle osservanze rituali non venivano contemplati, e questo da parte di persone che per il resto vivevano rispettando pienamente la legge. E dov'è l'uomo che può affermare di esser stato capace di adempiere alla lettera la mizwà: “Ama il prossimo tuo come te stesso”? Dov'è la preoccupazione per l'inadeguatezza spirituale di ciò che a detta di tutti non dovrebbe essere abbandonato? Dov'è l'angoscia per l'aridità della nostra preghiera e per la convenzionalità del nostro obbedire? Il dilemma a cui bisogna senz'altro dare risposta non è allora “tutto o niente”, abbandono totale o piena osservanza della legge. Il problema è se siamo alla ricerca di un'obbedienza autentica oppure contraffatta, genuina o artificiosa. Il problema non è quanto ma come obbedire. Dobbiamo verificare se obbediamo per davvero, oppure se ci prendiamo gioco della parola di Dio.» (Man's Quest for God. Studies in Prayer and Symbolism).
Yeshùa ha predicato agli ebrei, i suoi apostoli erano ebrei e gli insegnamenti trasmessi si riescono a capire solo conoscendo la cultura e la tradizione ebraica. Quindi, che ci resta da fare? Non lo so, non vedo vie d'uscita. Possiamo parlare del messia, è vero, ma al giorno d'oggi cosa cambia credere nel messia o non crederci?
Yeshùa, a mio parere, insegna esattamente ciò di cui parla Heschel: come obbedire alla Torah, ora, in virtù dell’esempio da lui dato. Questo riguarda tutti gli uomini, ebrei e stranieri. Il suo sacrificio espiatorio ci riconcilia con Dio, che sparge il Suo spirito su di noi, ci guida e ci ricorda in che modo dobbiamo camminare; chi si affida davvero a Lui, attraverso il Messia, non sbaglia, e non ha più bisogno di applicare i comandamenti sugli stipiti delle porte. Si tratta di un cambiamento profondo, di cui Yeshùa parla a Nicodemo in Gv 3:1-21: bisogna “nascere di nuovo”, abbandonare la vecchia pelle e vestirsi di una nuova e migliore, come fa il serpente. In Is 2:3 gli stranieri dicono “Venite, saliamo al monte del Signore, alla casa del Dio di Giacobbe; egli ci insegnerà le sue vie, e noi cammineremo per i suoi sentieri». Non è più la Torah scritta che insegna all'uomo, ma è Dio stesso a farlo direttamente. È attraverso il Messia che Dio istruirà tutti i popoli, sostanzialmente è lui la “casa di preghiera per tutti i popoli” (Is 56:7), non un tempio costruito da mano d’uomo: “Ma è proprio vero che Dio abiterà sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non ti possono contenere; quanto meno questa casa che io ho costruita!” (1Re 8:27). Ma a fare cosa li istruisce? Non certamente a legarsi i tefillin in testa per ricordarsi di osservare la legge. Questo avvenne in passato, quando il Messia non era ancora stato manifestato. Quando il Messia sarà manifestato di nuovo a tutti in modo chiaro, la Torah sarà scritta nel cuore di ogni ebreo o straniero che lo vorrà ascoltare e vorrà prender parte al suo regno; e se sarà scritta nel cuore degli uomini, vuol dire che non ci sarà più bisogno che sia scritta su carta e osservata “nella lettera”, ma diventerà parte integrante del loro essere. Yeshùa insegna a fare questo già adesso. Questo è ciò che credo io in base a ciò che, pian piano, sto capendo.
“Così come Mosheh, il Messia sarà rivelato, poi nascosto, e poi rivelato di nuovo” (Bemidbar Rabbah 11:2)
Dunque, per rispondere al quesito del fratello che mi chiede, riguardo a Yeshùa, “ma al giorno d'oggi cosa cambia credere nel messia o non crederci?”, la risposta è che Yeshùa consente di obbedire a Dio “in spirito e verità”:
“L'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori.” — Gv 4:23