Ciao.
Sto leggendo degli articoli su un sito, biblistica.it e ho trovato (forse soltanto una mia mal interpetazione) una incongruenza.Trascrivo ciò che non riesco a comprendere.
Eliminare l’ansia http://www.biblistica.it/wordpress/?page_id=3838
In questa parte dell'articolo si dice che l'ansia è un peccato, come la rapina e omicidio.
Secondo la Bibbia essere ansiosi è un peccato. Ecco il legame tra ansia e omicidio o rapina. Si tratta di peccati.
Perché l’ansia è un peccato. Quando si è ansiosi si mette in dubbio la cura di Dio per la nostra vita e la sua sollecitudine per noi. Ci si rifiuta di credere alla sua promessa di proteggerci. Dio ci chiede di non essere ansiosi. Quando lo siamo, veniamo meno a un suo preciso ordine trasmessoci da Yeshùa:
“Non preoccupatevi troppo del mangiare e del bere che vi servono per vivere, o dei vestiti che vi servono per coprirvi. Non è forse vero che la vita è più importante del cibo e il corpo è più importante del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: essi non seminano, non raccolgono e non mettono il raccolto nei granai. Eppure il Padre vostro che è in cielo li nutre! Ebbene, voi non valete forse più di loro? E chi di voi con tutte le sue preoccupazioni può vivere un giorno più di quel che è stabilito? Anche per i vestiti, perché vi preoccupate tanto? Guardate come crescono i fiori dei campi: non lavorano, non si fanno vestiti. Eppure vi assicuro che nemmeno Salomone, con tutta la sua ricchezza, ha mai avuto un vestito così bello! Se dunque Dio rende così belli i fiori dei campi che oggi ci sono e il giorno dopo vengono bruciati, a maggior ragione procurerà un vestito a voi, gente di poca fede! Dunque, non state a preoccuparvi troppo, dicendo: ‘Che cosa mangeremo?, che cosa berremo?, come ci vestiremo?’ Sono gli altri, quelli che non conoscono Dio, a cercare sempre tutte queste cose. Il Padre vostro che è in cielo sa che avete bisogno di tutte queste cose. Voi invece cercate prima il regno di Dio e fate la sua volontà: tutto il resto Dio ve lo darà in più. Perciò, non preoccupatevi troppo per il domani: ci pensa lui, il domani, a portare altre pene. Per ogni giorno basta la sua pena”. – Mt 6:25-34.
Quello di Flp 4:6,7 è un ordine divino: “Non angustiatevi di nulla”. Per l’ubbidienza a questo comando, “la pace di Dio, che è più grande di quanto si possa immaginare, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri”. Quello di Paolo è un ordine: μηδὲν μεριμνᾶτε (medèn merimnàte), all’imperativo presente, “di nulla siate in ansia”; “smettete di essere ansiosi”, “toglietevelo dalla mente”.
Paolo però non si limita a dare un ordine. Insieme all’ordine ci dà il metodo. E questo metodo, che è di Dio, si racchiude in una sola parola: preghiera.
L'articolo continua ecc...
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In altro articolo
L’ansia http://www.biblistica.it/wordpress/?page_id=3870
In quest'altro si dice che l'ansia non è peccato.
Alcuni maestri religiosi, più bigotti che spirituali, insegnano che l’ansia sarebbe un peccato; alcuni la equiparano addirittura all’omicidio e al furto. Questa veduta così rigida si basa su una lettura molto letterale di Mt 6:25: “Smettete di essere ansiosi” (TNM). L’espressione greca usata è μὴ μεριμνᾶτε (me merimnàte). Che si tratti semplicemente di una caratteristica umana e non di chissà quale stato peccaminoso, si arriva a capirlo già con il buon senso. Se poi dobbiamo proprio fare uno studio approfondito su un’inezia simile, possiamo citare Lc 10:41,42 in cui Yeshùa dice all’ansiosa Marta che lo aveva invitato a pranzo di non stare a preoccuparsi di imbandire una tavola sontuosa: “Marta, Marta, tu ti affanni [μεριμνᾷς (merimnàs), “sei ansiosa”] e ti preoccupi di troppe cose! Una sola cosa è necessaria” ovvero: Non starti a dannare, basta un solo piatto, una sola portata.
L'articolo continua ecc...
Leggendo il secondo dopo alcuni giorni mi è ritornato in mente l'altro articolo, dove dice che l'ansia; secondo la Bibbia è peccato ecc.. ecc...
Ansia=peccato?
Grazie anticipatamente per eventuali chiarimenti.
Ripeto; potrebbe esser soltanto una mia mal interpretazione.
Grazie
P.S. Se ho sbagliato sezione mi scuso e ditemi dove posso postare.
Vorrei capire meglio...
Vorrei capire meglio...
"Faccio una cosa sola: dimentico quel che sta alle mie spalle e mi slancio verso quel che mi sta davanti"
Filippesi 3:13
Filippesi 3:13
Re: Vorrei capire meglio...
tref, complimenti per la tua ottima attenzione nel leggere. Io ho letto quegli articoli ma non avevo mai notato questa apparente incongruenza di cui parli. Credo che la cosa migliore sarebbe che ti rispondesse l'autore degli articoli, ma in attesa di un suo commento ti dico quello che penso io. Prima di iniziare, però, vorrei farti notare che discutere degli articoli della sezione "Spiritualità" del sito Biblistica.it non è prettamente lo scopo di questo forum, che si incentra sulla discussione biblica soltanto.
Innanzi tutto, ti faccio notare che l'articolo - pur presentando l'ansia come un peccato - non dice che l'ansia è come la rapina o l'omicidio, ma che ha un legame con essi: “Ecco il legame tra ansia e omicidio o rapina. Si tratta di peccati.”. Ma c'è peccato e peccato. E nell'altro studio, non si dice che “l'ansia non è peccato”, ma si critica la posizione troppo rigorosa di alcuni che la considerano un peccato e la equiparano a due peccati molto gravi, enunciati nei Dieci Comandamenti: “Alcuni maestri religiosi, più bigotti che spirituali, insegnano che l’ansia sarebbe un peccato; alcuni la equiparano addirittura all’omicidio e al furto”. Ansia = omicidio = furto. Ma, di nuovo, c'è peccato e peccato.
Dunque, l'ansia è un peccato che ha un legame con peccati gravi, ma non è equiparabile a quei peccati gravi (come invece sostengono alcuni). Questo dice l'autore degli studi. Inoltre, dovresti leggere prima lo studio “Comportamenti da abbandonare” e i successivi, per capire bene il senso dei due articoli sull'ansia che seguono. Comunque, iniziamo cercando di capire innanzitutto cosa è il peccato, perché il termine tradotto in italiano è troppo generico e troppo inflazionato.
Ci sono molti tipi di "peccati". I più gravi sono sintetizzati nei dieci comandamenti. Poi ci sono sentimenti che inducono al peccato, e quindi sono in sè "peccati", in quanto sentimenti sbagliati. Ma il vero peccato è generato nel momento in cui mettiamo in atto quel sentimento, traducendolo in un comportamento reale. Il peccato nel senso stretto del termine è “la violazione della legge” (1Gv 3:4), non il sentimento che matura dentro di noi e ci può indurre a violarla; tuttavia, quel sentimento viola la legge, nel senso che non è conforme ad essa. Credo che sia questo il pensiero dell'autore. Questo argomento è un po' complicato.
Desiderare una donna sposata non è un peccato compiuto, ma lo diventa nel momento in cui il desiderio porta al realizzarsi di un atto; allora, una volta commesso l'atto peccaminoso (la violazione del comandamento), si può dire di aver peccato desiderando. Se il semplice desiderio di un momento fosse un peccato per cui Dio ci potrà giudicare, credo che nessun essere umano si salverebbe: “Se dunque il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te” (Mt 5:29). Yeshùa non condanna lo sguardo, ma l'adulterio che può originare da un semplice sguardo, poiché il peccato reale è l'adulterio, non lo sguardo desideroso che può condurre ad esso; infatti, presenta lo sguardo come una ipotesi possibile (“Se il tuo occhio”) e non condannabile, se non nel momento in cui diviene azione. I maestri della Torah insegnano che bisogna “fare una siepe” intorno ad essa, per non arrivare a peccare. Quando Eva è sedotta dal serpente, ella pecca desiderando il frutto della conoscenza? Si, poiché non avrebbe dovuto desiderare qualcosa che va contro il comando di Dio. Ma il peccato vero e proprio, quello che determina la sua condanna, non fu tanto il desiderio, ma piuttosto l'atto consequenziale che scaturì da quel desiderio (“Perché hai fatto questo?”), totalmente frutto del suo istinto umano (quello cattivo, lo yetzer hara, di cui Dio l'aveva dotata creandola). Avendo commesso l'atto, si può dire che Eva peccò desiderando; ma se non lo avesse commesso, in che modo avrebbe violato il comandamento?
A me pare che l'autore dell'articolo - Gianni - voglia mettere in evidenza un fatto importante: l'ansia è un peccato nel momento in cui diventa angoscia e ne diveniamo preda, per cui non riusciamo più a controllare noi stessi e il nostro comportamento ne resta profondamente influenzato, al punto che la nostra fede stessa perde forza. Per cui, l'ansia è una ἁμαρτία (hamartìa), ossia un sentimento che "manca il bersaglio" (questo è il significato di "peccato", hamartìa), un sentimento sbagliato; ma è solo un sentimento peccaminoso. Il peccato vero e proprio — il mancare il bersaglio — avviene con il realizzarsi di un'azione sbagliata che quel sentimento sbagliato produce. Paolo invita a non perdere fiducia e affidarsi a Dio: “Non angustiatevi di nulla, ma rivolgetevi a Dio, chiedetegli con insistenza ciò di cui avete bisogno e ringraziatelo. E la pace di Dio, che è più grande di quanto si possa immaginare, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”. – Flp 4:6,7. Quando prego, chiedo spesso perdono a Dio per il mio sciocco comportamento, per non aver avuto fiducia, per aver avuto paura, in molte occasioni; chiedo perdono perché così facendo ho dimostrato la pochezza della mia fede.
Se ci lasciamo influenzare dal sentimento ansioso, possiamo arrivare a peccare per mancanza di fede. Yeshùa disse: “7 Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. 8 Non fate dunque come loro, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate. 9 Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; 10 venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra."” (Mt 6:7-10). E quando si trova in preda all'ansia e all'angoscia, nell'orto del Getsemani, ben consapevole del destino che lo attende, prega tre volte Dio perché gli risparmi la sua volontà; Dio, evidentemente, non gli risponde, poiché deve ripetere la stessa preghiera tre volte. Ma è proprio la sua insistenza nel formulare quella stessa richiesta che gli fa rendere conto che il suo stato ansioso potrebbe indurlo a peccare, poiché gli sta facendo perdere la fiducia in Dio. Allora, come Abraamo — quando Dio gli chiese di sacrificare il suo primogenito — rispose senza esitazione: “eccomi”, allo stesso modo Yeshùa vince l'ansia e la paura dicendo: “Padre mio, se non è possibile che questo calice passi oltre da me, senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà.” (Mt 26:41). Eccomi. Si affida a Dio, e riacquista il controllo di se stesso, prima che la tentazione — prodotta dall'ansia e dall'angoscia per la sorte che lo attende — lo spinga a desiderare di rinunciare a portare a termine il suo compito. Anche a Pietro, in un altro frangente, dice: “Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini.” (Mt 16:23). Pietro, inconsapevolmente, lo stava tentando, e Yeshùa lo scaccia. Allo stesso modo, quando ci troviamo ad essere condizionati da pensieri o desideri peccaminosi, cioè contrari al comandamento, dobbiamo imparare a scacciarli, prima che si traducano in azioni peccaminose, ossia vere e proprie violazioni del comandameno.
Yeshùa commise un peccato, desiderando di non bere quel calice? Certamente no, perché poi lo accettò, con fede assoluta che Dio non lo avrebbe abbandonato. Ma sicuramente, per un momento, provò un sentimento peccaminoso, ossia sbagliato, facendosi prendere dall'ansia e dall'angoscia, come accadrebbe ad ogni essere umano nella sua situazione (anche lui aveva i due istinti, yetzer ra e yetzer tov, come ogni uomo). Però, dominò quel sentimento affidandosi a Dio; vacillò, data la veemenza della tentazione che subì, ma non cadde.
Innanzi tutto, ti faccio notare che l'articolo - pur presentando l'ansia come un peccato - non dice che l'ansia è come la rapina o l'omicidio, ma che ha un legame con essi: “Ecco il legame tra ansia e omicidio o rapina. Si tratta di peccati.”. Ma c'è peccato e peccato. E nell'altro studio, non si dice che “l'ansia non è peccato”, ma si critica la posizione troppo rigorosa di alcuni che la considerano un peccato e la equiparano a due peccati molto gravi, enunciati nei Dieci Comandamenti: “Alcuni maestri religiosi, più bigotti che spirituali, insegnano che l’ansia sarebbe un peccato; alcuni la equiparano addirittura all’omicidio e al furto”. Ansia = omicidio = furto. Ma, di nuovo, c'è peccato e peccato.
Dunque, l'ansia è un peccato che ha un legame con peccati gravi, ma non è equiparabile a quei peccati gravi (come invece sostengono alcuni). Questo dice l'autore degli studi. Inoltre, dovresti leggere prima lo studio “Comportamenti da abbandonare” e i successivi, per capire bene il senso dei due articoli sull'ansia che seguono. Comunque, iniziamo cercando di capire innanzitutto cosa è il peccato, perché il termine tradotto in italiano è troppo generico e troppo inflazionato.
Ci sono molti tipi di "peccati". I più gravi sono sintetizzati nei dieci comandamenti. Poi ci sono sentimenti che inducono al peccato, e quindi sono in sè "peccati", in quanto sentimenti sbagliati. Ma il vero peccato è generato nel momento in cui mettiamo in atto quel sentimento, traducendolo in un comportamento reale. Il peccato nel senso stretto del termine è “la violazione della legge” (1Gv 3:4), non il sentimento che matura dentro di noi e ci può indurre a violarla; tuttavia, quel sentimento viola la legge, nel senso che non è conforme ad essa. Credo che sia questo il pensiero dell'autore. Questo argomento è un po' complicato.
Desiderare una donna sposata non è un peccato compiuto, ma lo diventa nel momento in cui il desiderio porta al realizzarsi di un atto; allora, una volta commesso l'atto peccaminoso (la violazione del comandamento), si può dire di aver peccato desiderando. Se il semplice desiderio di un momento fosse un peccato per cui Dio ci potrà giudicare, credo che nessun essere umano si salverebbe: “Se dunque il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, cavalo e gettalo via da te” (Mt 5:29). Yeshùa non condanna lo sguardo, ma l'adulterio che può originare da un semplice sguardo, poiché il peccato reale è l'adulterio, non lo sguardo desideroso che può condurre ad esso; infatti, presenta lo sguardo come una ipotesi possibile (“Se il tuo occhio”) e non condannabile, se non nel momento in cui diviene azione. I maestri della Torah insegnano che bisogna “fare una siepe” intorno ad essa, per non arrivare a peccare. Quando Eva è sedotta dal serpente, ella pecca desiderando il frutto della conoscenza? Si, poiché non avrebbe dovuto desiderare qualcosa che va contro il comando di Dio. Ma il peccato vero e proprio, quello che determina la sua condanna, non fu tanto il desiderio, ma piuttosto l'atto consequenziale che scaturì da quel desiderio (“Perché hai fatto questo?”), totalmente frutto del suo istinto umano (quello cattivo, lo yetzer hara, di cui Dio l'aveva dotata creandola). Avendo commesso l'atto, si può dire che Eva peccò desiderando; ma se non lo avesse commesso, in che modo avrebbe violato il comandamento?
A me pare che l'autore dell'articolo - Gianni - voglia mettere in evidenza un fatto importante: l'ansia è un peccato nel momento in cui diventa angoscia e ne diveniamo preda, per cui non riusciamo più a controllare noi stessi e il nostro comportamento ne resta profondamente influenzato, al punto che la nostra fede stessa perde forza. Per cui, l'ansia è una ἁμαρτία (hamartìa), ossia un sentimento che "manca il bersaglio" (questo è il significato di "peccato", hamartìa), un sentimento sbagliato; ma è solo un sentimento peccaminoso. Il peccato vero e proprio — il mancare il bersaglio — avviene con il realizzarsi di un'azione sbagliata che quel sentimento sbagliato produce. Paolo invita a non perdere fiducia e affidarsi a Dio: “Non angustiatevi di nulla, ma rivolgetevi a Dio, chiedetegli con insistenza ciò di cui avete bisogno e ringraziatelo. E la pace di Dio, che è più grande di quanto si possa immaginare, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù”. – Flp 4:6,7. Quando prego, chiedo spesso perdono a Dio per il mio sciocco comportamento, per non aver avuto fiducia, per aver avuto paura, in molte occasioni; chiedo perdono perché così facendo ho dimostrato la pochezza della mia fede.
Se ci lasciamo influenzare dal sentimento ansioso, possiamo arrivare a peccare per mancanza di fede. Yeshùa disse: “7 Nel pregare non usate troppe parole come fanno i pagani, i quali pensano di essere esauditi per il gran numero delle loro parole. 8 Non fate dunque come loro, poiché il Padre vostro sa le cose di cui avete bisogno, prima che gliele chiediate. 9 Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome; 10 venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo, anche in terra."” (Mt 6:7-10). E quando si trova in preda all'ansia e all'angoscia, nell'orto del Getsemani, ben consapevole del destino che lo attende, prega tre volte Dio perché gli risparmi la sua volontà; Dio, evidentemente, non gli risponde, poiché deve ripetere la stessa preghiera tre volte. Ma è proprio la sua insistenza nel formulare quella stessa richiesta che gli fa rendere conto che il suo stato ansioso potrebbe indurlo a peccare, poiché gli sta facendo perdere la fiducia in Dio. Allora, come Abraamo — quando Dio gli chiese di sacrificare il suo primogenito — rispose senza esitazione: “eccomi”, allo stesso modo Yeshùa vince l'ansia e la paura dicendo: “Padre mio, se non è possibile che questo calice passi oltre da me, senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà.” (Mt 26:41). Eccomi. Si affida a Dio, e riacquista il controllo di se stesso, prima che la tentazione — prodotta dall'ansia e dall'angoscia per la sorte che lo attende — lo spinga a desiderare di rinunciare a portare a termine il suo compito. Anche a Pietro, in un altro frangente, dice: “Vattene via da me, Satana! Tu mi sei di scandalo. Tu non hai il senso delle cose di Dio, ma delle cose degli uomini.” (Mt 16:23). Pietro, inconsapevolmente, lo stava tentando, e Yeshùa lo scaccia. Allo stesso modo, quando ci troviamo ad essere condizionati da pensieri o desideri peccaminosi, cioè contrari al comandamento, dobbiamo imparare a scacciarli, prima che si traducano in azioni peccaminose, ossia vere e proprie violazioni del comandameno.
Yeshùa commise un peccato, desiderando di non bere quel calice? Certamente no, perché poi lo accettò, con fede assoluta che Dio non lo avrebbe abbandonato. Ma sicuramente, per un momento, provò un sentimento peccaminoso, ossia sbagliato, facendosi prendere dall'ansia e dall'angoscia, come accadrebbe ad ogni essere umano nella sua situazione (anche lui aveva i due istinti, yetzer ra e yetzer tov, come ogni uomo). Però, dominò quel sentimento affidandosi a Dio; vacillò, data la veemenza della tentazione che subì, ma non cadde.
Re: Vorrei capire meglio...
E poi cita il proverbio, ai vv. 5-6: “Figlio mio, non disprezzare la disciplina del Signore, e non ti perdere d'animo quando sei da lui ripreso; 6 perché il Signore corregge quelli che egli ama, e punisce tutti coloro che riconosce come figli.”
- Gianni
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Re: Vorrei capire meglio...
Ciao, Tref. Sono l’autore dei due articoli che hai citato. Antonio (bgaluppi) ha compreso e spiegato perfettamente ciò che intendevo esprimere, per cui posso aggiungere poco.
L’ansia può essere uno stato d’animo momentaneo oppure può essere patologica.
Come reazione naturale è tutto sommato normale provare ansia in certi momenti. Fa parte della vita. Indica che siamo vivi. L’apatico e il depresso non provano ansia, sono al buio, morti dentro. Questo tipo di ansia è un po’ come la paura: ci è utile perché ci mette in guardia e ci fa essere prudenti.
L’ansia patologica blocca invece la persona e può diventare panico. Se una persona è a questo livello, se soffre frequentemente di questo disturbo mentale, ha bisogno di consultare uno specialista. Non deve temere di consultare uno psichiatra.
Chiarito ciò, veniamo a come il credente può affronare l’ansia. Nel caso di ansia patologica, la cosa migliore è rivolgersi al proprio medico, il quale potrebbe indirizzarlo ad uno specialista. La sua fede sincera non è implicata o messa in dubbio. La più fedele delle persone può avere mal di denti o altri disturbi fisici, anche gravi. Non si deve pensarla come i falsi amici di Giobbe che gli dicevano che soffriva perché aveva peccato! Come quindi un fedele può ammalarsi fisicamente e aver bisogno del medico, così è per i disturbi mentali.
L’ansia, anche eccessiva in certi momenti sporadici, ma non patologica, è per il credente un “peccato” quando smette di fare affidamento su Dio e si preoccupa solo di se stesso.
L’ansia non patologica rivela non solo poca autostima, ma anche una sottostima delle proprie capacità e, nel contempo, una sovrastima della difficoltà che si ha davanti e che causa l’ansia. Nel caso del credente ciò non è cosa da poco perché va di pari passi con la scarsa fiducia in Dio e nel suo aiuto.
L’ansia può essere uno stato d’animo momentaneo oppure può essere patologica.
Come reazione naturale è tutto sommato normale provare ansia in certi momenti. Fa parte della vita. Indica che siamo vivi. L’apatico e il depresso non provano ansia, sono al buio, morti dentro. Questo tipo di ansia è un po’ come la paura: ci è utile perché ci mette in guardia e ci fa essere prudenti.
L’ansia patologica blocca invece la persona e può diventare panico. Se una persona è a questo livello, se soffre frequentemente di questo disturbo mentale, ha bisogno di consultare uno specialista. Non deve temere di consultare uno psichiatra.
Chiarito ciò, veniamo a come il credente può affronare l’ansia. Nel caso di ansia patologica, la cosa migliore è rivolgersi al proprio medico, il quale potrebbe indirizzarlo ad uno specialista. La sua fede sincera non è implicata o messa in dubbio. La più fedele delle persone può avere mal di denti o altri disturbi fisici, anche gravi. Non si deve pensarla come i falsi amici di Giobbe che gli dicevano che soffriva perché aveva peccato! Come quindi un fedele può ammalarsi fisicamente e aver bisogno del medico, così è per i disturbi mentali.
L’ansia, anche eccessiva in certi momenti sporadici, ma non patologica, è per il credente un “peccato” quando smette di fare affidamento su Dio e si preoccupa solo di se stesso.
L’ansia non patologica rivela non solo poca autostima, ma anche una sottostima delle proprie capacità e, nel contempo, una sovrastima della difficoltà che si ha davanti e che causa l’ansia. Nel caso del credente ciò non è cosa da poco perché va di pari passi con la scarsa fiducia in Dio e nel suo aiuto.
Re: Vorrei capire meglio...
Graze di cuore per le risposte...mi hanno fatto comprendere ciò che intendeva l'autore (Gianni) e di conseguenza cosa dice la Scrittura sull'argomento degli articoli (ansia).
Grazie (avevo dimenticato nel primo post) all'autore degli articoli (Gianni) in quella sezione del sito...mi sono stati di grande aiuto in un momento molto difficile.
P.S. Quando si hanno dubbi o non si comprende bene ecc... dove si può postare?
Grazie
Grazie (avevo dimenticato nel primo post) all'autore degli articoli (Gianni) in quella sezione del sito...mi sono stati di grande aiuto in un momento molto difficile.
P.S. Quando si hanno dubbi o non si comprende bene ecc... dove si può postare?
Grazie
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Re: Vorrei capire meglio...
Qui, Tref.