Filippesi 2:5-7
- Gianni
- Site Admin
- Messaggi: 10440
- Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
- Località: Viareggio
- Contatta:
Re: Filippesi 2:5-7
Caro Francesco, dici bene: Yeshùa era un uomo perché nato da donna, il problema che porta a fantasticare un po' è che non è nato da un uomo ma è nato da Dio.
Dici poi che in cosa ha partecipato in questa nascita Dio non si sa o si possono fare solo supposizioni. Qui però inizio a non seguirti. Perché dici che non si sa? La Scrittura afferma che Dio intervenne con la sua santa energia, il suo santo spirito. Andare oltre è davvero troppo per noi. Sarebbe come domandarci in che modo Dio ha creato la luce o il primo uomo. L’ha fatto, e ciò ci basta, perché non siamo in grado di indagare cose che non sono alla nostra portata.
Quanto alle tue ipotesi:
1) Dio ha contribuito alla nascita per sopperire al DNA maschile mancante e nel contempo eliminare il (virus) o il (gene) del peccato. Certamente Dio ha operato in qualche modo per il Dna maschile. Ma, quanto a togliere il peccato, tu hai in mente il cosiddetto peccato originale, che è un’idea solo religiosa e non biblica.
2) Dio ha incarnato in Yeshùa una Sua creatura spirituale preesistente. E da dove prendi mai questa idea di una creatura spirituale preesistente? Puoi prenderla solo dalla religione, perché nella Bibbia non c’è.
3) Dio si è in parte incarnato in Yeshùa. Dio che si incarna è una bestemmia.
Alla fine dici la cosa giusta: A sbrogliare la matassa deve aiutarci la Scrittura stessa. Analizzala, allora, ma lasciando stare le idee religiose.
Dici poi che in cosa ha partecipato in questa nascita Dio non si sa o si possono fare solo supposizioni. Qui però inizio a non seguirti. Perché dici che non si sa? La Scrittura afferma che Dio intervenne con la sua santa energia, il suo santo spirito. Andare oltre è davvero troppo per noi. Sarebbe come domandarci in che modo Dio ha creato la luce o il primo uomo. L’ha fatto, e ciò ci basta, perché non siamo in grado di indagare cose che non sono alla nostra portata.
Quanto alle tue ipotesi:
1) Dio ha contribuito alla nascita per sopperire al DNA maschile mancante e nel contempo eliminare il (virus) o il (gene) del peccato. Certamente Dio ha operato in qualche modo per il Dna maschile. Ma, quanto a togliere il peccato, tu hai in mente il cosiddetto peccato originale, che è un’idea solo religiosa e non biblica.
2) Dio ha incarnato in Yeshùa una Sua creatura spirituale preesistente. E da dove prendi mai questa idea di una creatura spirituale preesistente? Puoi prenderla solo dalla religione, perché nella Bibbia non c’è.
3) Dio si è in parte incarnato in Yeshùa. Dio che si incarna è una bestemmia.
Alla fine dici la cosa giusta: A sbrogliare la matassa deve aiutarci la Scrittura stessa. Analizzala, allora, ma lasciando stare le idee religiose.
- francesco.ragazzi
- Messaggi: 1229
- Iscritto il: martedì 1 aprile 2014, 18:17
Re: Filippesi 2:5-7
Caro Gianni,
Ho specificato che sono fantasticherie o supposizioni che poi dovranno essere valorizzate dalla Scrittura stessa .-
Quanto alla tua frase : "...quanto a togliere il peccato, tu hai in mente il cosiddetto peccato originale, che è un’idea solo religiosa e non biblica..." debbo dire che non avevo in mente il peccato originale per come esposto dal Cattolicesimo, ma mi riferivo alla nostra natura ereditata dalla caduta di Adamo ed Eva, e questo perchè è scritto che "...tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio..." , oppure "...carne e sangue non possono ereditare il regno dei cieli..." .- Yeshua era carne e sangue soltanto ? Se non sbaglio avrebbe dovuto rispecchiare la natura del primo uomo (Adamo) prima del (peccato) e questo perchè dalla caduta in poi tutta la natura umana è degradata e lontana da Dio.- E' a questo degrado che mi riferivo, degrado che si trasmette da padre in figlio e che quindi potrebbe riferirsi ad un danno genetico o di cosa non si sà .- Non sappiamo nemmeno quale fosse esattamente la natura del primo uomo (Adamo) ! ...ed in cosa si differisse dalla natura dello stesso Adamo dopo il "peccato" ! .-
Ho specificato che sono fantasticherie o supposizioni che poi dovranno essere valorizzate dalla Scrittura stessa .-
Quanto alla tua frase : "...quanto a togliere il peccato, tu hai in mente il cosiddetto peccato originale, che è un’idea solo religiosa e non biblica..." debbo dire che non avevo in mente il peccato originale per come esposto dal Cattolicesimo, ma mi riferivo alla nostra natura ereditata dalla caduta di Adamo ed Eva, e questo perchè è scritto che "...tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio..." , oppure "...carne e sangue non possono ereditare il regno dei cieli..." .- Yeshua era carne e sangue soltanto ? Se non sbaglio avrebbe dovuto rispecchiare la natura del primo uomo (Adamo) prima del (peccato) e questo perchè dalla caduta in poi tutta la natura umana è degradata e lontana da Dio.- E' a questo degrado che mi riferivo, degrado che si trasmette da padre in figlio e che quindi potrebbe riferirsi ad un danno genetico o di cosa non si sà .- Non sappiamo nemmeno quale fosse esattamente la natura del primo uomo (Adamo) ! ...ed in cosa si differisse dalla natura dello stesso Adamo dopo il "peccato" ! .-
Re: Filippesi 2:5-7
In questo momento per far maggior chiarezza mi preme rettificare una paio di cose che Gianni ha travisato nel mio scritto.
Concordo sulla forma verbale e la spiegazione che Gianni ha dato in maniera esemplare, ma devo rettificare altro:
תֹּאַר (to'ar): forma, contorno, figura, aspetto
תְּמוּנָה (tĕmuwnah): forma, immagine, somiglianza, la rappresentazione, parvenza
תַּבְנִית (tabniyth): modello, piano, forma, costruzione, figura
זִיו (ziyv): luminosità, splendore. (libro di Daniele, parola caldaica)
Quindi la tua affermazione citata sopra è del tutto fuoriluogo e fuorviante per chi legge. Infatti, volendo usare le tue parole, possiamo ben dire:
Tu ti ostini a tradurre morfè con "demuwt/immagine", dando alla parola greca un significato che non ha assolutamente mai.......
Carissimo, una cosa giusta l'hai affermata ed è quella che demuwt non traduce mai la forma, sostanza o natura, ma ti ostini ad usarla forzando il significato di morphè ch etraduce sempre: forma, sostanza o comunque qualcosa di visibile
Io possibilmente non ho il quadro completo della situazione, e credimi mi sto impegnando, tempo permettendo a focalizzare tutto! Al momento sei tu che hai dato un valore errato e fuori dalle scritture!
Spero di rispondere presto alle altre osservazioni.
Concordo sulla forma verbale e la spiegazione che Gianni ha dato in maniera esemplare, ma devo rettificare altro:
Carissimo! Da un attento lettore e profondo analista dei testi che sei mi sorprende il fatto che tu non abbia notato cosa ho scritto nella mia risposta. Vero è, che ho riportato il testo del Vianello, ma per il semplice fatto di riportare il testo in maniera letterale dal greco. Infatti più sotto ho così scritto:Gianni ha scritto:Tu stesso hai mostrato che il verbo ὑπάρχω (ypàrcho) – di cui ὑπάρχων (ypàrchon) è participio presente – significa principalmente “iniziare” e non “essere/esistere”. Però, subito dopo lo trascuri e citi il Vianello. Per essere coerenti, occorre quindi tradurre così: “Il quale, in morfè di dio iniziante (iniziando)”.
Come si può ben vedere ho usato il verbo υπαρχων (huparchô) con il suo significato. Quindi non riesco a comprendere questa tua precisazione, visto che concordiamo in questo puntoAntonino ha scritto:Questo sentite fra voi, ciò che anche in Cristo Gesù che in splendore di Dio iniziando (υπαρχων/huparchô) non una pretesa stimò l'essere uguaglianza a Dio, ma se stesso svuotò splendore.
di servo prendente in somiglianza d'uomini divenente e in esteriore essente trovato come un uomo.

Lungi da me l'arrapicarmi sugli specchi! Si è dimostratoin maniera ampia e decisa, secondo il tuo stesso modo di far ecomparazione dei termini ebraici e greci. Ovvero l'uso della versione dei LXX, che morphé ha attinenza con termini ebraici quali:Gianni ha scritto:Tu ti ostini a tradurre morfè con “splendore”, dando alla parola greca un significato che non ha assolutamente mai.
תֹּאַר (to'ar): forma, contorno, figura, aspetto
תְּמוּנָה (tĕmuwnah): forma, immagine, somiglianza, la rappresentazione, parvenza
תַּבְנִית (tabniyth): modello, piano, forma, costruzione, figura
זִיו (ziyv): luminosità, splendore. (libro di Daniele, parola caldaica)
Quindi la tua affermazione citata sopra è del tutto fuoriluogo e fuorviante per chi legge. Infatti, volendo usare le tue parole, possiamo ben dire:
Tu ti ostini a tradurre morfè con "demuwt/immagine", dando alla parola greca un significato che non ha assolutamente mai.......
Carissimo, una cosa giusta l'hai affermata ed è quella che demuwt non traduce mai la forma, sostanza o natura, ma ti ostini ad usarla forzando il significato di morphè ch etraduce sempre: forma, sostanza o comunque qualcosa di visibile

Io possibilmente non ho il quadro completo della situazione, e credimi mi sto impegnando, tempo permettendo a focalizzare tutto! Al momento sei tu che hai dato un valore errato e fuori dalle scritture!
Spero di rispondere presto alle altre osservazioni.
Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
- Gianni
- Site Admin
- Messaggi: 10440
- Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
- Località: Viareggio
- Contatta:
Re: Filippesi 2:5-7
Caro Francesco, proprio perché è detto che “tutti hanno peccato” ciò esclude il famoso peccato originale. Tutti siamo colpevoli personalmente. È comunque, vero, come giustamente dici, che la nostra natura è degradata e siamo portati a peccare.
Caro Antonino, hai ragione: hai precisato bene la traduzione del verbo ponendola in contrasto con quella non buona del Vianello. Rimarcarlo è stata solo una mia pignoleria, in effetti non necessaria.
Riguardo a morfè, ho esposto quanto c’era da esporre; in ciò ho ribadito ciò che il mio caro e antico insegnante Salvoni ha sostenuto. D’altra parte, Antonino, la questione rimane sempre il significato da dare al passo paolino. Cosa indica morfè? La stessa sostanza di Dio (cattolici e protestanti)? La sostanza degli esseri spirituali del reame celeste (Testimoni di Geova e altri gruppi da loro fuoriusciti)? Oppure la somiglianza, esattamente come per Adamo, di cui Yeshùa è l’antìtipo (Salvoni)?
Fai benissimo a cercare di venirne a capo e il tuo impegno è lodevole. Se posso permettermi, Antonino, tieni presente che la risposta che sceglierai deve essere in armonia con il contesto e con tutto il resto della Bibbia.
Caro Antonino, hai ragione: hai precisato bene la traduzione del verbo ponendola in contrasto con quella non buona del Vianello. Rimarcarlo è stata solo una mia pignoleria, in effetti non necessaria.

Riguardo a morfè, ho esposto quanto c’era da esporre; in ciò ho ribadito ciò che il mio caro e antico insegnante Salvoni ha sostenuto. D’altra parte, Antonino, la questione rimane sempre il significato da dare al passo paolino. Cosa indica morfè? La stessa sostanza di Dio (cattolici e protestanti)? La sostanza degli esseri spirituali del reame celeste (Testimoni di Geova e altri gruppi da loro fuoriusciti)? Oppure la somiglianza, esattamente come per Adamo, di cui Yeshùa è l’antìtipo (Salvoni)?
Fai benissimo a cercare di venirne a capo e il tuo impegno è lodevole. Se posso permettermi, Antonino, tieni presente che la risposta che sceglierai deve essere in armonia con il contesto e con tutto il resto della Bibbia.
Re: Filippesi 2:5-7
Questo non è quello che ho scritto io. Riporto cosa ho scritto:Gianni ha scritto: Nel far ciò tenti una traduzione che è una manomissione del testo greco. Infatti, traduci: “Ma se stesso svuotò splendore. di servo prendente in somiglianza d'uomini divenente e in esteriore essente trovato come un uomo”.
Ora analizziamo passo-passo gli errori che proponi:Antonino ha scritto:Abbiate a cuore, ciò che anche in Cristo Gesù che in splendore di Dio iniziando (υπαρχων/huparchô), non stimò una pretesa l'essere uguale a Dio, ma spogliò se stesso di tal splendore (μορφην nella forma accusativa), prendendo di servo somiglianza. Divenendo nell'esteriore come un uomo, umiliò sé stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce.
Infatti! La mia frase non è stata chiusa con un punto. La frase continua:Gianni ha scritto:Vediamo la tua prima frase: “Se stesso svuotò splendore”. Qui tu scampi il complemento oggetto (se stesso, all’accusativo) per il soggetto! Il soggetto è invece sempre ὃς (òs), “il quale”: “Il quale … svuotò se stesso”. Non puoi assolutamente chiudere la tua frase con un punto. Così facendo lasci monca la frase successiva: “Di servo prendente”. Prendente che?! Manca il complemento oggetto, che in greco invece c’è: “Forma di schiavo avente preso”.
Il punto della mia traduzione è proprio questo! Yeshùa che era in morphè di Dio, non pretese di essere uguale a Dio. Anzi spogliò se stesso di questa morphè divenendo simile ad uno schiavo!Antonino ha scritto:..........ma spogliò se stesso di tal splendore (μορφην nella forma accusativa), prendendo di servo somiglianza. (qui c'è il punto)
Forse non è troppo logico?
Il testo continua dicendo che, trovato esternamente come un uomo (avendo lasciata la sua morphè) umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte di croce! A motivo di questo Dio lo ha innalzato e dato il Nome più eccelso

Ripropongo qui:Gianni ha scritto:Già, perché sbagli anche il tempo: λαβών (labòn) non è affatto un participio presente ma un participio aoristo. Così anche per il γενόμενος (ghenòmenos), che è pure un participio aoristo, che non puoi tradurre col presente “divenente”. In più il verbo in questione significa “iniziare ad esistere”.
Continuo dopo.....tempo finitoAntonino ha scritto:...........prendendo di servo somiglianza

Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
- Gianni
- Site Admin
- Messaggi: 10440
- Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
- Località: Viareggio
- Contatta:
Re: Filippesi 2:5-7
Caro Antonino, per la precisione, questo è ciò che tu avevi scritto:
“Questo sentite fra voi, ciò che anche in Cristo Gesù che in splendore di Dio iniziando (υπαρχων/huparchô) non una pretesa stimò l'essere uguaglianza a Dio, ma se stesso svuotò splendore. di servo prendente in somiglianza d'uomini divenente”.
Le mie osservazioni grammaticali erano riferite a questa tua traduzione. La tua successiva, che pare aggiustata, è questa:
“Spogliò se stesso di tal splendore (μορφην nella forma accusativa), prendendo di servo somiglianza.”
Qui commetti lo stesso errore. Il complemento oggetto di “spogliò” è “se stesso” non il presunto splendore (in verità “morfèn”). In più fai altri errori perché non è possibile tradurre “prendendo di servo somiglianza”! Infatti “somiglianza" non è affatto un complemento oggetto: è al dativo preceduto dalla preposizione en (“in somiglianza”). Il complemento oggetto di labòn è morfèn, non "somiglianza"!!
Tra i tuoi errori, uno dei più gravi è quando dici che Yeshùa “spogliò se stesso di questa morphèn divenendo simile ad uno schiavo”.
Caro Antonino, devi rivedere seriamente la tua analisi logica!
Vediamola insieme per bene, come si deve:
6 il quale (òs) soggetto, nominativo
in morfè (en morfè)
di Dio (Theù) specificazione, genitivo
iniziante (ypàrchon) participio presente indicativo riferito al soggetto “il quale”
non (uch) negazione
rapina (arpagmòn) oggetto, accusativo; complemento oggetto del soggetto “il quale” retto dal verbo “reputò”
reputò (eghèsato) verbo
l’essere (tò èinai)
uguale (ìsa)
a Dio (Theò) termine, dativo
7 ma (allà) particella avversativa
se stesso (eautòn) oggetto, accusativo; complemento oggetto del soggetto “il quale” retto dal verbo “svuotò”
svuotò (ekènosen) verbo
morfèn oggetto accusativo; complemento oggetto del soggetto “il quale” retto dal verbo “avente preso”
di schiavo (dùlu) specificazione, genitivo
avente preso (labòn) participio aoristo
in somiglianza (en omoiòmati) en + dativo
di uomini (anthròpon) specificazione, genitivo
avente iniziato a esistere (ghenòmenos) participio aoristo
e (kài) congiunzione
in figura (schèmati) dativo
essente stato trovato (eurethèis) participio aoristo
come (os)
uomo (ànthropos)
Se ti attieni all’analisi logica corretta, non puoi tradurre come hai fatto tu. Prima di tutto devi tradurre correttamente rispettando il testo greco, solo dopo si può vedere il resto.
Ultimo dettaglio: la tua riproposizione di γενόμενος (ghenòmenos) come “prendendo” non fa che ripetere l’errore di scambiare il participio aoristo per presente; va tradotto “avente preso”, non “prendente (prendendo)”.
“Questo sentite fra voi, ciò che anche in Cristo Gesù che in splendore di Dio iniziando (υπαρχων/huparchô) non una pretesa stimò l'essere uguaglianza a Dio, ma se stesso svuotò splendore. di servo prendente in somiglianza d'uomini divenente”.
Le mie osservazioni grammaticali erano riferite a questa tua traduzione. La tua successiva, che pare aggiustata, è questa:
“Spogliò se stesso di tal splendore (μορφην nella forma accusativa), prendendo di servo somiglianza.”
Qui commetti lo stesso errore. Il complemento oggetto di “spogliò” è “se stesso” non il presunto splendore (in verità “morfèn”). In più fai altri errori perché non è possibile tradurre “prendendo di servo somiglianza”! Infatti “somiglianza" non è affatto un complemento oggetto: è al dativo preceduto dalla preposizione en (“in somiglianza”). Il complemento oggetto di labòn è morfèn, non "somiglianza"!!
Tra i tuoi errori, uno dei più gravi è quando dici che Yeshùa “spogliò se stesso di questa morphèn divenendo simile ad uno schiavo”.
Caro Antonino, devi rivedere seriamente la tua analisi logica!
Vediamola insieme per bene, come si deve:
6 il quale (òs) soggetto, nominativo
in morfè (en morfè)
di Dio (Theù) specificazione, genitivo
iniziante (ypàrchon) participio presente indicativo riferito al soggetto “il quale”
non (uch) negazione
rapina (arpagmòn) oggetto, accusativo; complemento oggetto del soggetto “il quale” retto dal verbo “reputò”
reputò (eghèsato) verbo
l’essere (tò èinai)
uguale (ìsa)
a Dio (Theò) termine, dativo
7 ma (allà) particella avversativa
se stesso (eautòn) oggetto, accusativo; complemento oggetto del soggetto “il quale” retto dal verbo “svuotò”
svuotò (ekènosen) verbo
morfèn oggetto accusativo; complemento oggetto del soggetto “il quale” retto dal verbo “avente preso”
di schiavo (dùlu) specificazione, genitivo
avente preso (labòn) participio aoristo
in somiglianza (en omoiòmati) en + dativo
di uomini (anthròpon) specificazione, genitivo
avente iniziato a esistere (ghenòmenos) participio aoristo
e (kài) congiunzione
in figura (schèmati) dativo
essente stato trovato (eurethèis) participio aoristo
come (os)
uomo (ànthropos)
Se ti attieni all’analisi logica corretta, non puoi tradurre come hai fatto tu. Prima di tutto devi tradurre correttamente rispettando il testo greco, solo dopo si può vedere il resto.
Ultimo dettaglio: la tua riproposizione di γενόμενος (ghenòmenos) come “prendendo” non fa che ripetere l’errore di scambiare il participio aoristo per presente; va tradotto “avente preso”, non “prendente (prendendo)”.
Re: Filippesi 2:5-7
Carissimo Gianni la Tua analisi è LOGICA! Quindi per onestà ammetto che la mia prova è stato un tentativo mal riuscito di forzare il testo!
Comunque resta fermo il fatto che, ci si dovrebbe sforzare, di meglio comprendere cosa sia questa morphè! Inutile sarebbe il tentativo di rimarcare ciò che affermava il Salvoni, perchè come è stato fatto notare diverse volte i precedenti traduttivi tra testi ebraici/greci non riporta nessun precedente diretto!
Abbiamo di sicuro due dati certi:
1)Morphè, traduce sempre qualcosa di concreto e visibile è credo che dubbi non ve ne siano nella concretezza e visiblità del Signore Yeshùa
2) Demuwt, NON traduce MAI la forma, sostanza o natura. Queste sono parole tue e del Prof. Salvoni (citazione tua).
Non devo essere io a far notare a te stesso e gli altri che hai affermata una contraddizione bella e buona
Quindi per amore della verità e della giustizia, che sono aggettivi che qualificano Yeshùa, nostro Signore e assoluto rappresentante del Padre ti chiedo di livellare questa contraddizione con un significato diverso da quello usato!
Possiamo affermare che: "Splendore" non è traducibile per il semplice e assodato fatto che la stessa parola non può essere associata alla "morphè di servo/schiavo"......... Dimostra di non avere una mentalità pre concetta e sii obbiettivo! Demuwt non ha corrispondenza diretta con morphè ed inoltre il termine ebraico non traduce mai: forma, sostanza e natura, cosa che invece morphè, fa sempre puntualmente!
Il mio suggerimento è quello di premere il tasto "reset" e ricominciare questa discussione da un nuovo punto di vista:
Abbiate a cuore ciò che anche in Cristo Gesù che in morphè di Dio iniziante non rapina reputò l'essere uguale a Dio ma se stesso svuotò morphè di servo prendente in somiglianza di uomini avente iniziato a esistere e in figura essente stato trovato come uomo
Pronti? :mrgreen: :mrgreen: Io si! :arrow:
Comunque resta fermo il fatto che, ci si dovrebbe sforzare, di meglio comprendere cosa sia questa morphè! Inutile sarebbe il tentativo di rimarcare ciò che affermava il Salvoni, perchè come è stato fatto notare diverse volte i precedenti traduttivi tra testi ebraici/greci non riporta nessun precedente diretto!
Abbiamo di sicuro due dati certi:
1)Morphè, traduce sempre qualcosa di concreto e visibile è credo che dubbi non ve ne siano nella concretezza e visiblità del Signore Yeshùa

2) Demuwt, NON traduce MAI la forma, sostanza o natura. Queste sono parole tue e del Prof. Salvoni (citazione tua).
Non devo essere io a far notare a te stesso e gli altri che hai affermata una contraddizione bella e buona

Quindi per amore della verità e della giustizia, che sono aggettivi che qualificano Yeshùa, nostro Signore e assoluto rappresentante del Padre ti chiedo di livellare questa contraddizione con un significato diverso da quello usato!
Possiamo affermare che: "Splendore" non è traducibile per il semplice e assodato fatto che la stessa parola non può essere associata alla "morphè di servo/schiavo"......... Dimostra di non avere una mentalità pre concetta e sii obbiettivo! Demuwt non ha corrispondenza diretta con morphè ed inoltre il termine ebraico non traduce mai: forma, sostanza e natura, cosa che invece morphè, fa sempre puntualmente!
Il mio suggerimento è quello di premere il tasto "reset" e ricominciare questa discussione da un nuovo punto di vista:
Abbiate a cuore ciò che anche in Cristo Gesù che in morphè di Dio iniziante non rapina reputò l'essere uguale a Dio ma se stesso svuotò morphè di servo prendente in somiglianza di uomini avente iniziato a esistere e in figura essente stato trovato come uomo
Pronti? :mrgreen: :mrgreen: Io si! :arrow:
Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
- Gianni
- Site Admin
- Messaggi: 10440
- Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
- Località: Viareggio
- Contatta:
Re: Filippesi 2:5-7
Caro Antonino, prima di tutto devo darti merito per la tua onestà intellettuale. Non è cosa da poco.
Sempre in ambito di onestà intellettuale, cui aggiungo la logica, mi permetto di farti notare queste tue due definizioni:
1. Morphè traduce sempre qualcosa di concreto e visibile e credo che dubbi non ve ne siano nella concretezza e visibilità del Signore Yeshùa
2. Demuwt, NON traduce MAI la forma, sostanza o natura.
Se con queste due affermazioni tu vuoi contrapporre morfè a dmut, non ci siamo.
La parola ebraica dmut indica:
• Somiglianza. – Gn 1:26; Ez. 1:16.
• Simulacro. – Is 40:18;
• Immagine. – Ez 23:15;
• Progetto. – 2Re 16:10.
Il prof. Salvoni ha mostrato come il passo di Flp non può essere letto in chiave trinitaria. Riporto le sue parole:
Generalmente si dice con il Lightfoot che " morfén " indica la « sostanza, la natura » di Dio (p. 110). Ma in realtà se esaminiamo il valore che questa parola ha nella versione dei LXX, vediamo che essa equivale all’ebraico " demuth", che è equivalente al greco " omòioma ". Entrambi questi vocaboli traducono l’ebraico " demuth " = immagine, figura, aspetto, impronta (cf Eb 1, 2 s), che non è usato per indicare " sostanza, natura ":
a) In Dt 4, 12 i LXX hanno omòioma, ma Simmaco ha morfén (ebr. temunah, altrove to’ar, tabnit).
b) Morfé in Dn 3, 19 traduce l’aramaico celem, altrove l’ebraico celem è tradotto in greco con omòioma (1 Sm 6, 5).
c) la versione siriaca Peshitta traduce morfé con "demutha " (immagine).
Prendendo questa parola nel senso di "immagine", tutto procede chiaro: Adamo era ad immagine di Dio, ma egli volle divenire uguale a Dio per rapina, disobbedendo ed autoelevandosi. Al contrario Gesù, fatto lui pure "ad immagine di Dio", come il primo Adamo (con la sua nascita verginale), non volle rapire l’uguaglianza a Dio, l’autorità divina, il dominio sull’universo con la disubbidienza, bensì con l’ubbidienza e l’umiliazione (cf le tentazioni di Mt 4). Si avrebbe qui la presentazione di Gesù come nuovo Adamo, che anche altrove si trova nella Bibbia (cf Rm 5, 12 ss; 1 Co 15, 45).
Ora, con tutto il nostro discutere, tu non hai ancora risposto a questa domanda:
Yeshùa era in morfè di Dio perché era Dio oppure perché era una creatura spirituale preesistente oppure perché era a immagine di Dio, esattamente come Adamo?
Ovviamente non è a me che devi rispondere. Spero comunque che tu un’idea precisa te la sia fatta, come lo spero per chi ci legge.
Sempre in ambito di onestà intellettuale, cui aggiungo la logica, mi permetto di farti notare queste tue due definizioni:
1. Morphè traduce sempre qualcosa di concreto e visibile e credo che dubbi non ve ne siano nella concretezza e visibilità del Signore Yeshùa
2. Demuwt, NON traduce MAI la forma, sostanza o natura.
Se con queste due affermazioni tu vuoi contrapporre morfè a dmut, non ci siamo.
La parola ebraica dmut indica:
• Somiglianza. – Gn 1:26; Ez. 1:16.
• Simulacro. – Is 40:18;
• Immagine. – Ez 23:15;
• Progetto. – 2Re 16:10.
Il prof. Salvoni ha mostrato come il passo di Flp non può essere letto in chiave trinitaria. Riporto le sue parole:
Generalmente si dice con il Lightfoot che " morfén " indica la « sostanza, la natura » di Dio (p. 110). Ma in realtà se esaminiamo il valore che questa parola ha nella versione dei LXX, vediamo che essa equivale all’ebraico " demuth", che è equivalente al greco " omòioma ". Entrambi questi vocaboli traducono l’ebraico " demuth " = immagine, figura, aspetto, impronta (cf Eb 1, 2 s), che non è usato per indicare " sostanza, natura ":
a) In Dt 4, 12 i LXX hanno omòioma, ma Simmaco ha morfén (ebr. temunah, altrove to’ar, tabnit).
b) Morfé in Dn 3, 19 traduce l’aramaico celem, altrove l’ebraico celem è tradotto in greco con omòioma (1 Sm 6, 5).
c) la versione siriaca Peshitta traduce morfé con "demutha " (immagine).
Prendendo questa parola nel senso di "immagine", tutto procede chiaro: Adamo era ad immagine di Dio, ma egli volle divenire uguale a Dio per rapina, disobbedendo ed autoelevandosi. Al contrario Gesù, fatto lui pure "ad immagine di Dio", come il primo Adamo (con la sua nascita verginale), non volle rapire l’uguaglianza a Dio, l’autorità divina, il dominio sull’universo con la disubbidienza, bensì con l’ubbidienza e l’umiliazione (cf le tentazioni di Mt 4). Si avrebbe qui la presentazione di Gesù come nuovo Adamo, che anche altrove si trova nella Bibbia (cf Rm 5, 12 ss; 1 Co 15, 45).
Ora, con tutto il nostro discutere, tu non hai ancora risposto a questa domanda:
Yeshùa era in morfè di Dio perché era Dio oppure perché era una creatura spirituale preesistente oppure perché era a immagine di Dio, esattamente come Adamo?
Ovviamente non è a me che devi rispondere. Spero comunque che tu un’idea precisa te la sia fatta, come lo spero per chi ci legge.

-
- Messaggi: 4130
- Iscritto il: venerdì 11 aprile 2014, 23:31
- Località: Italia
Re: Filippesi 2:5-7
Carissimi non capisco perchè complicarsi la vita con un significato o l'altro... quando considerando appunto che Yeshùa non ha i genitori come gli altri uomini ma ha madre umana e Padre divino , quel "morphè di Dio" può essere riferito semplicemente a questo?
Rispetto agli altri uomini poteva vantarsi questo , l'essere già superiore a loro invece si considerò al loro pari , servo. Nulla a che vedere con la divinità dei trinitari attribuiscono ma come l'esempio dei semidei per i greci... Quando era in vita nessun uomo riusciva a capire questo ma fu chiaro dopo averlo visto risorgere. E ciò che è scritto è postumo ...

Rispetto agli altri uomini poteva vantarsi questo , l'essere già superiore a loro invece si considerò al loro pari , servo. Nulla a che vedere con la divinità dei trinitari attribuiscono ma come l'esempio dei semidei per i greci... Quando era in vita nessun uomo riusciva a capire questo ma fu chiaro dopo averlo visto risorgere. E ciò che è scritto è postumo ...
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
- francesco.ragazzi
- Messaggi: 1229
- Iscritto il: martedì 1 aprile 2014, 18:17
Re: Filippesi 2:5-7
Credo che il problema che ci si pone nasca proprio da questo : che non riusciamo più a capire come sia fatto un uomo ad immagine e somiglianza di Dio (come Adamo prima del peccato), sappiamo dalla Scrittura che era (anima vivente) con particolari caratteristiche sia carnali (si cibava di frutti e verdure) sia spirituali (camminava e parlava con Dio) , suscettibile di una ulteriore metamorfosi (dipendente da scelte e comportamenti) fino a diventare una creatura spirituale (diversa dalle altre creature spirituali in quanto Figli di Dio), come infatti lo saranno i credenti che ad un certo punto verranno o trasformati o risorti in creature spirituali (figli di Dio).-
Yeshua è paragonato ad Adamo e quindi possedeva sia caratteristiche carnali (derivanti dalla nascita da Miryam) sia caratteristiche spirituali (derivanti dall'intervento divino).-
Ciò che ci sfugge credo siano proprio queste caratteristiche spirituali perchè noi le abbiamo perse in Eden !
Il paragone insito in Filippesi 2:5-7 credo sia proprio questo : che mentre Adamo creato in "morfè" di Dio (come lo era Yeshua) ha tenuto gelosamente queste caratteristiche (anzi ha provato ad essere come Dio dando ascolto al serpente), Yeshua al fine di riscattare l'umanità dal peccato ha umiliato se stesso facendosi "servo" di Dio ed anche (di riflesso) dell'uomo stesso accettando tutte quelle umiliazioni e sofferenze che lo hanno portato a morire in croce .-
Yeshua è paragonato ad Adamo e quindi possedeva sia caratteristiche carnali (derivanti dalla nascita da Miryam) sia caratteristiche spirituali (derivanti dall'intervento divino).-
Ciò che ci sfugge credo siano proprio queste caratteristiche spirituali perchè noi le abbiamo perse in Eden !
Il paragone insito in Filippesi 2:5-7 credo sia proprio questo : che mentre Adamo creato in "morfè" di Dio (come lo era Yeshua) ha tenuto gelosamente queste caratteristiche (anzi ha provato ad essere come Dio dando ascolto al serpente), Yeshua al fine di riscattare l'umanità dal peccato ha umiliato se stesso facendosi "servo" di Dio ed anche (di riflesso) dell'uomo stesso accettando tutte quelle umiliazioni e sofferenze che lo hanno portato a morire in croce .-