Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Nel cap 24 del Vangelo di Luca, che riporto di seguito, Gesù fa riferimento ad una profezia che parla della sua presunta resurrezione al terzo giorno. Avete idea a cosa si riferisce?
Credo Os 6:1-3, ma non ne sono sicuro. Gianni potrebbe essere piú utile di me.
La morte prematura paga un prezzo, non la morte naturale, che è invece concepita come un bene, come sazietà del vivere.
Anche la morte naturale può giungere prematuramente. Bisogna definire "prematuro".
La morte naturale non ha mai rappresentato un problema per l'umanità.
E invece il problema dell'uomo è proprio la morte, anche quella naturale, perché è un paradosso. Dio ci fa vivere per morire? Dunque la vita è in funzione della morte? Tu dici: “l'uomo non fu creato per vivere in eterno. Anzi il concetto di eternità neppure esiste nella Bibbia Ebraica.”. Ma in Gn 3:22 è scritto: “Ecco, l'uomo è diventato come uno di noi, quanto alla conoscenza del bene e del male. Guardiamo che egli non stenda la mano e prenda anche del frutto dell'albero della vita, ne mangi e viva per sempre.”. Se l'uomo avesse mangiato dall'albero della vita, sarebbe vissuto "per sempre", non "a lungo" (tanto da essere scambiato per una divinità, cfr. Ber. Rabbah 9:5). Inoltre, che senso avrebbe la risurrezione - un evento divino (determinato da Dio) che annichilisce il potere della morte - se poi l'uomo deve morire di nuovo? Solo per vivere una nuova vita in modo conforme a Dio? Ciò può andar bene per chi non ha vissuto conformemente a Dio. Ma i giusti che già hanno vissuto conformemente a Dio che fine fanno, vivono di nuovo allo stesso modo?

In realtà, Apocalisse spiega che i giusti risorgono, ma in una forma piú elevata rispetto alla precedente (il che ha anche senso logico), mentre gli ingiusti risorgono come uomini e ricevono una seconda possibilità per vivere in modo giusto, secondo la Torah, che sarà insegnata dai santi e dal messia.
salcontis
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da salcontis »

La morte naturale non ha mai rappresentato un problema per l'umanità.

questa affermazione è avvalorata dalla conferma scritta e orale di tutta l'umanità.

Purtroppo Dio priverà l'umanità ( o almeno tutti coloro che muoiono felici a cent'anni) della benedizione della morte con la disgrazia della resurrezione.
Armageddon
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Armageddon »

La morte naturale non ha mai rappresentato un problema per l'umanità.

questa affermazione è avvalorata dalla conferma scritta e orale di tutta l'umanità.

Purtroppo Dio priverà l'umanità ( o almeno tutti coloro che muoiono felici a cent'anni) della benedizione della morte con la disgrazia della resurrezione.

Che significa?

Saluti
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Credo che fosse ironico...
Armageddon
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Armageddon »

Bgaluppi senza faccette non lo avevo capito.. :-)

Scusate
marco
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da marco »

noiman ha scritto:Scrive Marco
“Se accetti Cristo come Agnello di Dio fai in modo che tutte le tue mancanze vengono addebitate a lui.
Non è commovente poter usufruire della Grazia del Signore?”

Di commuovente non ci trovo proprio nulla, è il solito travisamento di passi e anche dell’intero pensiero cristiano personalizzato ad hoc da Marco.
Noiman
Nessun commento, lascerò parlare un autentico israelita, ebreo nella carne e nello spirito: Paolo.
(Cristo) il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone.

Anche noi (ebrei) un tempo eravamo insensati, disobbedienti, traviati, schiavi di ogni sorta di passioni e di piaceri, vivendo nella malvagità e nell'invidia, degni di odio e odiandoci a vicenda. Quando però si sono manifestati la bontà di Dio, salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna.
noiman ha scritto:Come sempre Besasea è sicuramente crudo e anche leggermente corrosivo, ma tutto sommato non offende nessuno , al massimo può non essere condiviso, ho notato che molto di quello che ci ha scritto non trova da parte dei forumisti argomenti per contrastarlo a parte qualche balbettio, Marco invece è ostile e anche questa volta a parte le sciocchezze che scrive ci dimostra quello che è.
Ho raccolto e protocollato nel tempo (con molta pazienza) i suoi interventi migliori e si potrebbe fare un libro interessante.
Noiman
Anche qui nessun commento, lascio sempre la parola a Paolo.
Questo devi insegnare, raccomandare e rimproverare con tutta autorità. Nessuno osi disprezzarti!


I versetti sono stati volutamente lasciati senza nessun riferimento come consigliato da Gesù nel Vangelo di Matteo.
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bgaluppi
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da bgaluppi »

Ciao a tutti, sono tornato ieri sera da un primo spezzone di vacanze e vedo che la discussione si è impantanata. Noiman ha ragione, Besasea ha esposto in modo molto chiaro dei punti fermi del pensiero ebraico con cui le Scritture Greche sembrano essere inconciliabili. Sono stati discussi diversi punti (l'espressione "figlio di Dio", il tema del sacrificio, la salvezza terrena/ultraterrena), ma sembra che sussista una sorta di "frattura" tra ciò che è il pensiero ebraico che potremmo definire "classico" e le Scritture Greche. Io ho l'impressione che si vada troppo "per estremi" e si voglia - da una parte - imporre e consolidare un'interpretazione ebraica tradizionale antica e - dall'altra - mostrare come quella interpretazione non sia valida. Invece, come Gianni ha suggerito, forse sarebbe necessario inquadrare il tutto nel periodo storico di riferimento, quello della Giudea del secondo tempio, poiché Yeshùa sorse in quel periodo e gli agiografi delle Scritture Greche operarono in quel periodo. Facendo ciò, potrebbe essere piú facile comprendere il perché dell'uso di certe espressioni. I testi, inoltre, vanno valutati per ciò che rappresentano nel periodo storico in cui furono scritti; risulta ovvio che un testo scritto in greco koinè da un "ignorante" (Giovanni) e in un mondo "eterogeneo" - dominato e regolato dall'impero romano - non possa essere messo a diretto confronto - da un punto di vista testuale - con il Libro del Levitico, scritto mille anni prima in un contesto socio-culturale e storico diverso, da autore diverso, in una lingua diversa e per uno scopo diverso.

Valutando ogni scritto e l'insegnamento in esso contenuto nel tempo in cui fu partorito, credo che saremo in grado di comprendere il perché di certe differenze linguistiche e apparenti incongruenze teologiche. Potremmo ricominciare dal concetto di "figlio di Dio" ed iniziare a scorgere quali sono le diverse sfumature che intercorrono già tra i K'tuvim e la Torah, per poi inquadrare il tutto alla luce dell'ambiente giudaico del secondo tempio.
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Daminagor
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Daminagor »

egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia mediante un lavacro di rigenerazione e di rinnovamento nello Spirito Santo, effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, perché giustificati dalla sua grazia diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna.
Ma in pratica, cosa vuol dire?
Non veniamo salvati per merito delle nostre opere buone ma solo per lo Spirito Santo, ma soprattutto siamo giustificati dalla sua grazia. Cosa vuol dire nel concreto? Nella sostanza veniamo salvati "a gratis" da non si sa bene quale forza invisibile che appartiene a Dio entro cui avviene un rinnovamento (di cosa?) e tale forza è stata distribuita da un uomo di nome Yeshùa. Il tutto a prescindere da quanto facciamo di buono. Perciò uno che da un euro al barbone per strada è salvato alla pari di uno che va a rischiare la vita in Africa per curare l'ebola, solamente perchè c'è lo spirito. Ma questo spirito, se appartiene a Dio, dove stava prima che arrivasse Yeshùa? Prima della sua predicazione la gente non era salvata e lo spirito non "graziava" nessuno?
il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone.
Prima si dice che le opere buone non hanno peso nel processo di salvezza poi qui si dice che il popolo devere essere zelante nelle opere buone....

Paolo è pura teologia.
marco
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da marco »

bgaluppi ha scritto: vedo che la discussione si è impantanata. Noiman ha ragione, Besasea ha esposto in modo molto chiaro dei punti fermi del pensiero ebraico con cui le Scritture Greche sembrano essere inconciliabili. Sono stati discussi diversi punti (l'espressione "figlio di Dio", il tema del sacrificio, la salvezza terrena/ultraterrena), ma sembra che sussista una sorta di "frattura" tra ciò che è il pensiero ebraico che potremmo definire "classico" e le Scritture Greche.
Noiman ha ragione!!???
E' da più di due anni che scrivo sul forum che esiste una "frattura" insanabile tra il pensiero ebraico e il pensiero cristiano e ora affermi che ha ragione Noiman?
Mah...
marco
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da marco »

Daminagor ha scritto: Ma in pratica, cosa vuol dire?
Che ti manca la fede per poter comprendere.
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