Filippesi 2:5-7
Re: Filippesi 2:5-7
La mia critica alla tua esegesi, nasce proprio dal presupposto che per far combaciare "morphè" e "demuwt" bisogna forzare il senso delle scritture.
Se dovessimo avvalerci, come sostieni del nostro bel dizionario Ebraico-Greco, ovvero la versione dei LXX, per forza di cose e ragionevolmente dovremmo arrenderci all'evidenza che i due termini non hanno concordanza!
Quindi?......... Cosa riguarda questa morphè?
Abbiamo scoperto che al verso 7 del nostro brano, compare la parola greca che indica la somiglianza: "ομοιωματι" 3667, facendo riferimento alla "somiglianza con gli uomini" in divenire!
Che cosa significa?
Dal verso nel suo contesto sta ad indicare il fatto che Yeshùa essendo in morphè di Dio.........spogliò se stesso prendendo morphè di servo, divenendo simile (ομοιωματι) agli uomini!
Con assoluta ed inconfutabile chiarezza il verso 7 afferma e conferma il voluto cambiamento di Yeshùa (spogliò se stesso), divenendo ORA simile (ομοιωματι) agli uomini.........
Quindi: Se ciò che afferma il testo fosse vero, tale dichiarazione è disarmante per la tua trattazione! Poichè se di somiglianza si volesse parlare, questi è da ricercare in quella umana...........
In sintesi è giusto, corretto poter associare la parola demuwt (ebraico somiglianza, immagine) alla parola greca "ομοιωματι" 3667 (homoiōma), ma lo è del tutto fuori luogo per μορφή (morphe).
Se dovessimo avvalerci, come sostieni del nostro bel dizionario Ebraico-Greco, ovvero la versione dei LXX, per forza di cose e ragionevolmente dovremmo arrenderci all'evidenza che i due termini non hanno concordanza!
Quindi?......... Cosa riguarda questa morphè?
Abbiamo scoperto che al verso 7 del nostro brano, compare la parola greca che indica la somiglianza: "ομοιωματι" 3667, facendo riferimento alla "somiglianza con gli uomini" in divenire!
Che cosa significa?
Dal verso nel suo contesto sta ad indicare il fatto che Yeshùa essendo in morphè di Dio.........spogliò se stesso prendendo morphè di servo, divenendo simile (ομοιωματι) agli uomini!
Con assoluta ed inconfutabile chiarezza il verso 7 afferma e conferma il voluto cambiamento di Yeshùa (spogliò se stesso), divenendo ORA simile (ομοιωματι) agli uomini.........
Quindi: Se ciò che afferma il testo fosse vero, tale dichiarazione è disarmante per la tua trattazione! Poichè se di somiglianza si volesse parlare, questi è da ricercare in quella umana...........
In sintesi è giusto, corretto poter associare la parola demuwt (ebraico somiglianza, immagine) alla parola greca "ομοιωματι" 3667 (homoiōma), ma lo è del tutto fuori luogo per μορφή (morphe).
Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
Re: Filippesi 2:5-7
Caro Antonino, una interessante dissertazione su quest'inno cristologico è presente nell’opera monumentale di N. Capizzi dal titolo: L’uso di Filippesi 2,6-11 nella cristologia contemporanea.
Molto interessante è quello che si legge a pag.42:
Proprio su quest’ultimo punto ci è possibile cogliere il pensiero della maggioranza degli esegeti moderni: il termine μορφῇ esprime il modo con cui una cosa, restando quello che è in se stessa, si presenta all’osservazione. Una conferma a questo significato viene ricavato dall’altro solo passo del Nuovo Testamento, in cui è usato la parola μορφῇ: Marco 16:12. Nel brano evangelico accennato, l’autore, riassumendo in alcune parole l’apparizione di Gesù a due discepoli, scrive che “ apparve a due di loro ἐν ἑτέρᾳ μορφῇ mentre erano in cammino verso la campagna”: Gesù apparve con dei lineamenti, con delle fattezze che non erano quelle per cui egli veniva ordinariamente riconosciuto e in cui, di solito, si riflettevano le sue caratteristiche personali. Gesu, risuscitato dai morti, si presenta in una condizione diversa di quella in cui si presentava durante la sua vita terrena.Se, da questo testo evangelico, lo sguardo si dovesse allargare alle dieci presenze della radice μορφ nel Nuovo Testamento, sarebbe ulteriormente confermata l’idea di μορφῇ riferita a un’espressione esterna di un’identita profonda e reale.
I passi del Nuovo Testamento in cui ricorrono le dieci presenze con la radice μορφ sono: Rm 2:20, 12:2; 2 Tm 3:5; Rm 8:29; Fil 3:10, 3:21; Gal 4:19; Mt 17:2; Mc 9:2; 2 Cor 3:18.
Aggiungo che secondo l' autorevole Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento μορφῇ significa “forma, figura, aspetto visibile”.
Anche nel Dizionario Base del Greco del Nuovo Testamento di Carlo Buzzetti si legge “forma, modo, aspetto, condizione”.
Soddisfatto?
Molto interessante è quello che si legge a pag.42:
Proprio su quest’ultimo punto ci è possibile cogliere il pensiero della maggioranza degli esegeti moderni: il termine μορφῇ esprime il modo con cui una cosa, restando quello che è in se stessa, si presenta all’osservazione. Una conferma a questo significato viene ricavato dall’altro solo passo del Nuovo Testamento, in cui è usato la parola μορφῇ: Marco 16:12. Nel brano evangelico accennato, l’autore, riassumendo in alcune parole l’apparizione di Gesù a due discepoli, scrive che “ apparve a due di loro ἐν ἑτέρᾳ μορφῇ mentre erano in cammino verso la campagna”: Gesù apparve con dei lineamenti, con delle fattezze che non erano quelle per cui egli veniva ordinariamente riconosciuto e in cui, di solito, si riflettevano le sue caratteristiche personali. Gesu, risuscitato dai morti, si presenta in una condizione diversa di quella in cui si presentava durante la sua vita terrena.Se, da questo testo evangelico, lo sguardo si dovesse allargare alle dieci presenze della radice μορφ nel Nuovo Testamento, sarebbe ulteriormente confermata l’idea di μορφῇ riferita a un’espressione esterna di un’identita profonda e reale.
I passi del Nuovo Testamento in cui ricorrono le dieci presenze con la radice μορφ sono: Rm 2:20, 12:2; 2 Tm 3:5; Rm 8:29; Fil 3:10, 3:21; Gal 4:19; Mt 17:2; Mc 9:2; 2 Cor 3:18.
Aggiungo che secondo l' autorevole Dizionario Esegetico del Nuovo Testamento μορφῇ significa “forma, figura, aspetto visibile”.
Anche nel Dizionario Base del Greco del Nuovo Testamento di Carlo Buzzetti si legge “forma, modo, aspetto, condizione”.
Soddisfatto?

- Gianni
- Site Admin
- Messaggi: 10440
- Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
- Località: Viareggio
- Contatta:
Re: Filippesi 2:5-7
Caro Gemello76, grazie per le tue citazioni. Ai significati che hai riportati possiamo aggiungerne altri tratti dal Rocci: statura, persona, bellezza, grazia, gesticolazione e altri (pag. 1253). Al di là dei vocabolari, che non vanno trascurati, occorre dire che per ciò che riguarda la Bibbia occorre tenere conto anche del senso, che può essere diverso dal significato. Il senso di una parola biblica si ricava dai contesti in cui appare.
La parola greca μορφή compare nelle Scritture Greche solo tre volte:
1. Mt 16:12, che è il passo che hai citato ma di cui non possiamo tener conto perché fa parte della cosiddetta conclusione lunga, presente nei manoscritti ACD e nelle versioni VgSyc,p, ma totalmente assente dai manoscritti אBSysArm, che sono i più autorevoli;
2. Flp 2:6: “in μορφή di Dio”, riferito a Yeshùa;
3. Flp 2:7: “μορφή di schiavo”, sempre riferito a Yeshùa.
Dagli unici due passi utili, possiamo fare una prima scrematura: “aspetto visibile” non è possibile applicarlo; infatti, Dio non ha un aspetto visibile e quindi Yeshùa non poteva avere l’aspetto visibile di Dio. Per quanto riguarda lo schiavo vale la stessa cosa: uno schiavo poteva certo essere riconoscibile anche dal suo aspetto, ma non Yeshùa, che aveva casomai l’aspetto - per certi versi (sottolineo: per certi versi) - di un benestante, tanto è vero che i soldati sotto la croce dovettero tirare a sorte per accaparrarsi la tua tunica, tessuta tutta d’un pezzo (al tempo molto costosa).
Va meglio con la definizione di “condizione”, la quale però non è necessariamente esteriore.
Vediamo ora gli altri passi che citi.
Mt 17:2: μετεμορφώθη. Qui sì che indica l’esteriorità: si tratta della trasfigurazione.
Mr 9:2: μετεμορφώθη. Idem come sopra.
Rm 2:20: qui troviamo μόρφωσις, che indica il formare, il plasmare, ma anche la sembianza; nel contesto si parla di un “educatore degli insensati, maestro dei fanciulli” che ha “nella legge la formula [μόρφωσιν] della conoscenza e della verità”. TNM traduce “ossatura”. Paolo se la sta prendendo con i giudei che sono orgogliosi della Toràh a parole, ma che poi la trasgrediscono. Ovviamente qui μόρφωσις ha un senso negativo, non applicabile a Yeshùa.
Rm 8:29: συμμόρφους, modellati conformemente. L’aggettivo σύμμορφος è composto da σύν (con, insieme) e da μορφή, indicando l’essere modellati conformemente a un modello. Nulla di esteriore ma casomai di interiore. In ogni caso non applicabile a Yeshùa che non fu modellato da Dio durante la sua vita ma iniziò già “in μορφή di Dio”.
Rm 12:2: qui abbiamo μεταμορφοῦσθε, un verbo composto, da cui deriva il nostro “metamorfosi”. Paolo sta esortando a “trasformarci” rinnovando la nostra mente. Nulla a che fare con il passo di Flp: Yeshùa era già “in μορφή di Dio”.
2Cor 3:18: μεταμορφούμεθα. Stesso verbo appena considerato
Gal 4:19: μορφωθῇ. Paolo dice: “Finché Cristo si formi [μορφωθῇ] in voi”. Nulla di esteriore. Fpl 3:10: συμμορφιζόμενος. Altro verbo composto; indica il rendere conformi. Si parla della morte del credente, “simile” a quella di Yeshùa; è esclusa l’esteriorità, perché è in implicato il significato e non il modo.
Fpl 3:21: σύμμορφον, conforme. Qui si parla del corpo del credente che sarà conforme al corpo glorioso di Yeshùa.
2Tm 3:5: qui si ha nuovamente μόρφωσις, di cui abbiamo già detto. Paolo qui parla di coloro che hanno la sembianza (μόρφωσιν) di devoti ma sono falsi. Passo interessante, tuttavia Yeshùa non aveva la μόρφωσιν di Dio ma era proprio “in μορφή di Dio” sin dal suo inizio.
Questa indagine non ci ha portato a granché. D’altra parte è il vocabolo μορφή che dobbiamo analizzare, non i suoi derivati.
Il senso di μορφή può essere colto in Gb 4:16 in cui la LXX usa μορφή per tradurre l’ebraico תְּמוּנָה (tmunàh), parola che anche nell’ebraico moderno significa “immagine” e può indicare un quadro, un ritratto. Anche דְּמוּת (dmut) significa “immagine” nell’ebraico moderno, e anche in quello biblico (cfr. Gn 1:26). Tutte le altre considerazioni le abbiamo già fatte.
La parola greca μορφή compare nelle Scritture Greche solo tre volte:
1. Mt 16:12, che è il passo che hai citato ma di cui non possiamo tener conto perché fa parte della cosiddetta conclusione lunga, presente nei manoscritti ACD e nelle versioni VgSyc,p, ma totalmente assente dai manoscritti אBSysArm, che sono i più autorevoli;
2. Flp 2:6: “in μορφή di Dio”, riferito a Yeshùa;
3. Flp 2:7: “μορφή di schiavo”, sempre riferito a Yeshùa.
Dagli unici due passi utili, possiamo fare una prima scrematura: “aspetto visibile” non è possibile applicarlo; infatti, Dio non ha un aspetto visibile e quindi Yeshùa non poteva avere l’aspetto visibile di Dio. Per quanto riguarda lo schiavo vale la stessa cosa: uno schiavo poteva certo essere riconoscibile anche dal suo aspetto, ma non Yeshùa, che aveva casomai l’aspetto - per certi versi (sottolineo: per certi versi) - di un benestante, tanto è vero che i soldati sotto la croce dovettero tirare a sorte per accaparrarsi la tua tunica, tessuta tutta d’un pezzo (al tempo molto costosa).
Va meglio con la definizione di “condizione”, la quale però non è necessariamente esteriore.
Vediamo ora gli altri passi che citi.
Mt 17:2: μετεμορφώθη. Qui sì che indica l’esteriorità: si tratta della trasfigurazione.
Mr 9:2: μετεμορφώθη. Idem come sopra.
Rm 2:20: qui troviamo μόρφωσις, che indica il formare, il plasmare, ma anche la sembianza; nel contesto si parla di un “educatore degli insensati, maestro dei fanciulli” che ha “nella legge la formula [μόρφωσιν] della conoscenza e della verità”. TNM traduce “ossatura”. Paolo se la sta prendendo con i giudei che sono orgogliosi della Toràh a parole, ma che poi la trasgrediscono. Ovviamente qui μόρφωσις ha un senso negativo, non applicabile a Yeshùa.
Rm 8:29: συμμόρφους, modellati conformemente. L’aggettivo σύμμορφος è composto da σύν (con, insieme) e da μορφή, indicando l’essere modellati conformemente a un modello. Nulla di esteriore ma casomai di interiore. In ogni caso non applicabile a Yeshùa che non fu modellato da Dio durante la sua vita ma iniziò già “in μορφή di Dio”.
Rm 12:2: qui abbiamo μεταμορφοῦσθε, un verbo composto, da cui deriva il nostro “metamorfosi”. Paolo sta esortando a “trasformarci” rinnovando la nostra mente. Nulla a che fare con il passo di Flp: Yeshùa era già “in μορφή di Dio”.
2Cor 3:18: μεταμορφούμεθα. Stesso verbo appena considerato
Gal 4:19: μορφωθῇ. Paolo dice: “Finché Cristo si formi [μορφωθῇ] in voi”. Nulla di esteriore. Fpl 3:10: συμμορφιζόμενος. Altro verbo composto; indica il rendere conformi. Si parla della morte del credente, “simile” a quella di Yeshùa; è esclusa l’esteriorità, perché è in implicato il significato e non il modo.
Fpl 3:21: σύμμορφον, conforme. Qui si parla del corpo del credente che sarà conforme al corpo glorioso di Yeshùa.
2Tm 3:5: qui si ha nuovamente μόρφωσις, di cui abbiamo già detto. Paolo qui parla di coloro che hanno la sembianza (μόρφωσιν) di devoti ma sono falsi. Passo interessante, tuttavia Yeshùa non aveva la μόρφωσιν di Dio ma era proprio “in μορφή di Dio” sin dal suo inizio.
Questa indagine non ci ha portato a granché. D’altra parte è il vocabolo μορφή che dobbiamo analizzare, non i suoi derivati.
Il senso di μορφή può essere colto in Gb 4:16 in cui la LXX usa μορφή per tradurre l’ebraico תְּמוּנָה (tmunàh), parola che anche nell’ebraico moderno significa “immagine” e può indicare un quadro, un ritratto. Anche דְּמוּת (dmut) significa “immagine” nell’ebraico moderno, e anche in quello biblico (cfr. Gn 1:26). Tutte le altre considerazioni le abbiamo già fatte.
-
- Messaggi: 4130
- Iscritto il: venerdì 11 aprile 2014, 23:31
- Località: Italia
Re: Filippesi 2:5-7
Intervengo in ritardo
..dico la mia.
Innanzitutto da far notare che chi scrive è un umano e scrive in base a ciò che vede senza conoscere minimamente la dimensione spirituale. La mia domanda è : cosa vuole dire colui che scrive?
Yeshùa non era affatto come gli altri uomini poichè sua madre era umana e suo padre era Dio in persona. Yeshùa faceva miracoli ed in mezzo agli uomini che non riuscivano era sicuramente un dio (diremmo oggi). Per i greci che credevano negli dèi, i figli di questi e delle donne erano chiamati "semi dei" . Detto questo non capisco perchè discutere sulla parola "forma " o non forma. Io da scrittore se vedo un uomo che dicono sia figlio di Dio compiere cose che io non posso compiere ma che nello stesso tempo si rende umile, servo senza imporsi su tutti (poteva benissimo con le sue capacità) probabilmente avrei scritto in quel modo.
Quando si fa un'analisi, mi hanno insegnato , vanno presi tutti gli elementi ed ogni cosa deve tornare.
Tutto ciò in questi anni è stato considerato .....
Io non so, come nessuno credo, come sia la dimensione di Dio in realtà... ciò che conosciamo deriva da ciò che comprendiamo tramite la scrittura. Mi sono sempre fatto una domanda:
- un bambino che nasce è un nuovo corpo animato da una energia (spirito, alito di vita). E' un essere dotato di vita propria e di capacità proprie. Ora mi immagino che in questa creatura entri un essere spirituale. Quanti sono? Prendiamo l'esempio degli indemoniati, uomini che avevano in corpo spiriti. Gli spiriti e l'uomo erano però distinti.
Ora supponiamo che Yeshùa fosse in cielo (essere spirituale) prima di nascere. Maria concepisce un bambino e questo essere spirituale entra in lui. Abbiamo quindi il bambino + un essere spirituale = due esseri in un corpo di cui uno è il corpo stesso animato da energia come lo siamo noi.
A questo punto verrebbe da dire che il bimbo , essendoci in lui una creatura spirituale evoluta che conosceva , doveva essere dal punto di vista degli uomini di quel tempo un bambino prodigio .. ma la cosa si complica dopo. Alla morte di Yeshùa la creatura spirituale dove va? E l'uomo Yeshùa? Oggi in cielo quanti sono?

Innanzitutto da far notare che chi scrive è un umano e scrive in base a ciò che vede senza conoscere minimamente la dimensione spirituale. La mia domanda è : cosa vuole dire colui che scrive?
Yeshùa non era affatto come gli altri uomini poichè sua madre era umana e suo padre era Dio in persona. Yeshùa faceva miracoli ed in mezzo agli uomini che non riuscivano era sicuramente un dio (diremmo oggi). Per i greci che credevano negli dèi, i figli di questi e delle donne erano chiamati "semi dei" . Detto questo non capisco perchè discutere sulla parola "forma " o non forma. Io da scrittore se vedo un uomo che dicono sia figlio di Dio compiere cose che io non posso compiere ma che nello stesso tempo si rende umile, servo senza imporsi su tutti (poteva benissimo con le sue capacità) probabilmente avrei scritto in quel modo.
Quando si fa un'analisi, mi hanno insegnato , vanno presi tutti gli elementi ed ogni cosa deve tornare.
Tutto ciò in questi anni è stato considerato .....
Io non so, come nessuno credo, come sia la dimensione di Dio in realtà... ciò che conosciamo deriva da ciò che comprendiamo tramite la scrittura. Mi sono sempre fatto una domanda:
- un bambino che nasce è un nuovo corpo animato da una energia (spirito, alito di vita). E' un essere dotato di vita propria e di capacità proprie. Ora mi immagino che in questa creatura entri un essere spirituale. Quanti sono? Prendiamo l'esempio degli indemoniati, uomini che avevano in corpo spiriti. Gli spiriti e l'uomo erano però distinti.
Ora supponiamo che Yeshùa fosse in cielo (essere spirituale) prima di nascere. Maria concepisce un bambino e questo essere spirituale entra in lui. Abbiamo quindi il bambino + un essere spirituale = due esseri in un corpo di cui uno è il corpo stesso animato da energia come lo siamo noi.
A questo punto verrebbe da dire che il bimbo , essendoci in lui una creatura spirituale evoluta che conosceva , doveva essere dal punto di vista degli uomini di quel tempo un bambino prodigio .. ma la cosa si complica dopo. Alla morte di Yeshùa la creatura spirituale dove va? E l'uomo Yeshùa? Oggi in cielo quanti sono?
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
- Gianni
- Site Admin
- Messaggi: 10440
- Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
- Località: Viareggio
- Contatta:
Re: Filippesi 2:5-7
Caro Naza, la cosa è ancora più complessa. Esiste una categoria biblica chiamata preesistenza. Gli ebrei biblici, sempre molto concreti, per mettere in stretta connessione una realtà importante con Dio, dicevano che preesisteva in cielo presso Dio. Così per la Toràh, che era in cielo e di cui a Mosè fu data copia. Così per il Tempio: quello vero era in cielo e quello di Gerusalemme ne era una copia. Anche il Messia rientra in questa categoria. Se analizziamo bene la “preesistenza” di Yeshùa, vediamo che è l’uomo Yeshùa tutto intero che preesiste. Concetto difficile da capire per un occidentale. Ma tant’è.
Re: Filippesi 2:5-7
Prima di tutto! Ringrazio Gemello 76 per il suo contributo e anche Nazareno che è sempre acuto nelle sue riflessioni.......
Gemmello 76 porta a nostra conoscenza un elemento che io avevo trascurato! Ovvero la presenza della parola morphè nel vangelo di Marco:
adesso vorrei fare un passo indietro a ciò che Gianni qualche intervento prima mi aveva scritto:
In questo momento la tua esegesi non mi convince in virtù della tua forzatura.
Ora, mi si contesta e con ovvie ragioni il fatto che ziyv non può e non deve essere applicato nella similitudine che fa Paolo tra morphe di Dio e morphe di servo. Come poter appianare questo apparentemente insormontabile quesito?
Nella mia esegesi al passo in questione avevo così commentato:
3)ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini
Paolo afferma e conferma che Yeshùa, ripieno dello Splendore di Yhwh, svuoto se stesso, prendendo forma di servo! Meglio dire mutò di splendore! Da quello divino a quello di servo...
Il passo chiave insieme al prossimo è proprio questo. Paolo come affermato nei versi precedenti, invita i Filippesi ad esser servitori gli uni degli altri e porta come esempio quello massimo, il più significativo!
Yeshùa, avendo infinita gloria e lo splendore di Yhwh, svuota se stesso (perdendo splendore), prendendo forma (morphe) di servo, divenendo simile agli uomini!
Il testo non afferma che Yeshùa prese lo splendore di un servo! Come viene fatto notare: "Quale splendore avrebbe un servo?"
Meglio dire che rinunciò allo splendore Divino! Divenendo da servito a servitore prendendo sembianze umane!
Del resto il tutto avrebbe una logica per niente assurda, perché se si considerasse il figlio di Dio concepito direttamente dalla sua potenza in Maria, coLui che era degno di ricevere gli onori da parte di tutto il mondo ed invece si fece servo trovando la morte e morte di croce..............
Il testo greco riporta nei versi 5-7:
abbiate lo sentimento in voi che anche in Consacrato Gesù il quale in "morphe" di Dio essendo non qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente considerò l'essere uguale a Dio ma se stesso spogliò "morphe" di servo prendendo simile agli uomini divenendo.........
Ora non ho con me l'interlineare del vianello che verificherò il prima possibile! Ma già questa interlineare può far comprendere il senso del mio argomentare.
"Abbiate lo stesso sentimento che fu nel Consacrato Yeshùa il quale essendo splendore di Dio non considerò qualcosa di cui vantarsi la sua uguaglianza! Ma spogliò se stesso del suo splendore divenendo servo! Simile agli uomini"
Ovviamente il tutto è da valutare e ponderare con la dovuta attenzione! Ma tale paragone credo sia più calzante e in armonia con questa benedetta "morphe" e il significato che le scritture riportano!
A Naza: Risponderò dopo alle tue argomemtazioni (non le ho lette bene)......
A Gianni e il resto del forum: Aspetto un tua/vostra risposta! Grazie e Shalom

Gemmello 76 porta a nostra conoscenza un elemento che io avevo trascurato! Ovvero la presenza della parola morphè nel vangelo di Marco:
Questa "illuminante" dichiarazione apportata dal valido Gemello è contestata da Gianni:GEMELLO76 ha scritto:Una conferma a questo significato viene ricavato dall’altro solo passo del Nuovo Testamento, in cui è usato la parola μορφῇ: Marco 16:12. Nel brano evangelico accennato, l’autore, riassumendo in alcune parole l’apparizione di Gesù a due discepoli, scrive che “ apparve a due di loro ἐν ἑτέρᾳ μορφῇ mentre erano in cammino verso la campagna”: Gesù apparve con dei lineamenti, con delle fattezze che non erano quelle per cui egli veniva ordinariamente riconosciuto e in cui, di solito, si riflettevano le sue caratteristiche personali. Gesu, risuscitato dai morti, si presenta in una condizione diversa di quella in cui si presentava durante la sua vita terrena.Se, da questo testo evangelico, lo sguardo si dovesse allargare alle dieci presenze della radice μορφ nel Nuovo Testamento, sarebbe ulteriormente confermata l’idea di μορφῇ riferita a un’espressione esterna di un’identita profonda e reale.
Scusa tanto Gianni ma qui devo contestare! Anche se il passo in questione è facente parte della conclusione lunga, la sua attendibilità al fine evangelistico a noi poco importa..... Quello che importa è propriamente il "valore" che tale vocabolo assume nello scritto! Qui il suo compositore, che a quanto pare non è l'autore originale, comunque usa "μορφή" per indicare un'aspetto esteriore........... Ripeto che alla fine la sua attendibilità al fine evangelico pur se non attendibile comunque attesta prepotentemente l'uso consueto che tale vocabolo ha nella letteratura greca, in piena simbiosi con quanto analizzato prima e parallelamente constatato tra LXX e testo ebraico/aramaico.Gianni ha scritto:1. Mr16:12, che è il passo che hai citato ma di cui non possiamo tener conto perché fa parte della cosiddetta conclusione lunga, presente nei manoscritti ACD e nelle versioni VgSyc,p, ma totalmente assente dai manoscritti אBSysArm, che sono i più autorevoli;
adesso vorrei fare un passo indietro a ciò che Gianni qualche intervento prima mi aveva scritto:
Preciso che il mio scrivere non è sintomo di orgoglio dottrinale ne pretesa di ragione a priori di fatti concreti e facilmente contestabili. Io scrivo per capire e comprendere, scrivo per provare e sopratutto non ho nessuna propensione ad annuire su qualsiasi concetto (figurarsi in concetti così altamente delicati e spirituali), senza aver pienamente capito il suo significato.Gianni ha scritto:E qui veniamo alla tua spiegazione. Associando la parola greca morfè a quella caldaica siv, tu la interpreti come splendore. Così facendo, devi però attribuire lo stesso valore anche alla “morfè di schiavo”. E quale splendore avrebbe mai uno schiavo? Tu traduci: “Il quale essendo splendente come Dio”. Se traduci così, devi pero continuare in questo modo: ‘Il quale essendo splendente come Dio … divenne splendente come uno schiavo’. A questo punto immagino che tu stesso ti renda conto che la cosa non sta in piedi. La parola caldaica siv non può quindi essere associata alla greca morfè di Flp. Questa deve avere un valore applicabile sia a Dio che a uno schiavo; in più non deve trattarsi di qualcosa di specifico in sé perché in ambedue i casi manca l’articolo.
In questo momento la tua esegesi non mi convince in virtù della tua forzatura.
Ora, mi si contesta e con ovvie ragioni il fatto che ziyv non può e non deve essere applicato nella similitudine che fa Paolo tra morphe di Dio e morphe di servo. Come poter appianare questo apparentemente insormontabile quesito?
Nella mia esegesi al passo in questione avevo così commentato:
3)ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini
Paolo afferma e conferma che Yeshùa, ripieno dello Splendore di Yhwh, svuoto se stesso, prendendo forma di servo! Meglio dire mutò di splendore! Da quello divino a quello di servo...
Il passo chiave insieme al prossimo è proprio questo. Paolo come affermato nei versi precedenti, invita i Filippesi ad esser servitori gli uni degli altri e porta come esempio quello massimo, il più significativo!
Yeshùa, avendo infinita gloria e lo splendore di Yhwh, svuota se stesso (perdendo splendore), prendendo forma (morphe) di servo, divenendo simile agli uomini!
Il testo non afferma che Yeshùa prese lo splendore di un servo! Come viene fatto notare: "Quale splendore avrebbe un servo?"
Meglio dire che rinunciò allo splendore Divino! Divenendo da servito a servitore prendendo sembianze umane!
Del resto il tutto avrebbe una logica per niente assurda, perché se si considerasse il figlio di Dio concepito direttamente dalla sua potenza in Maria, coLui che era degno di ricevere gli onori da parte di tutto il mondo ed invece si fece servo trovando la morte e morte di croce..............
Il testo greco riporta nei versi 5-7:
abbiate lo sentimento in voi che anche in Consacrato Gesù il quale in "morphe" di Dio essendo non qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente considerò l'essere uguale a Dio ma se stesso spogliò "morphe" di servo prendendo simile agli uomini divenendo.........
Ora non ho con me l'interlineare del vianello che verificherò il prima possibile! Ma già questa interlineare può far comprendere il senso del mio argomentare.
"Abbiate lo stesso sentimento che fu nel Consacrato Yeshùa il quale essendo splendore di Dio non considerò qualcosa di cui vantarsi la sua uguaglianza! Ma spogliò se stesso del suo splendore divenendo servo! Simile agli uomini"
Ovviamente il tutto è da valutare e ponderare con la dovuta attenzione! Ma tale paragone credo sia più calzante e in armonia con questa benedetta "morphe" e il significato che le scritture riportano!
A Naza: Risponderò dopo alle tue argomemtazioni (non le ho lette bene)......
A Gianni e il resto del forum: Aspetto un tua/vostra risposta! Grazie e Shalom


Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
Re: Filippesi 2:5-7
Antonino ha scritto:Quello che importa è propriamente il "valore" che tale vocabolo assume nello scritto! Qui il suo compositore, che a quanto pare non è l'autore originale, comunque usa "μορφή" per indicare un'aspetto esteriore........... Ripeto che alla fine la sua attendibilità al fine evangelico pur se non attendibile comunque attesta prepotentemente l'uso consueto che tale vocabolo ha nella letteratura greca, in piena simbiosi con quanto analizzato prima e parallelamente constatato tra LXX e testo ebraico/aramaico.
Chiedo scusa se mi intrometto senza titolo e soprattutto senza le qualità che state dimostrando con questa discussione. Vorrei far notare però come ad esempio in Atti 14:11 venga usato, parlando di un aspetto esteriore(forma), la parola ὁμοιωθέντες.
"La folla, veduto ciò che Paolo aveva fatto, alzò la voce, dicendo in lingua licaonica: «Gli dèi hanno preso forma umana, e sono scesi fino a noi»."
Atti 14:11
Il SIGNORE è il mio pastore: nulla mi manca.
- Gianni
- Site Admin
- Messaggi: 10440
- Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
- Località: Viareggio
- Contatta:
Re: Filippesi 2:5-7
Caro Antonino, non penso davvero che le tue argomentazioni siano dovute a orgoglio. Se lo pensansi, non ti avrei neppure mai risposto. Ho invece lodato la tua capacità d’analisi.
Devo darti ragione sul passo dubbio di Mt 16:12. Anche se il passo non fosse ispirato, rimane pur sempre una testimonianza dell’uso della parola morfè. È indubbio che qui si riferisca all’esteriorità. Tuttavia, come abbiamo visto nella mia disamina dei passi citati da Gemello, il vocabolo morfè ha tante sfaccettature che comprendono l’esteriorità, l’interiorità e la condizione. Come sempre il contesto è determinante.
Il tuo errore – se mi consenti di chiamarlo così -, diciamo la tua esagerazione, è di ritenere questo passo marciano “illuminante”. In pratica, tu lo prendi come chiave assoluta per stabilire un significato univoco di morfè. Questo non è corretto, proprio perché il vocabolo morfè assume diversi significati.
Così, riprendendo di nuovo la parola caldaica siv, fai un piccolo pasticcio con salti di logica. Rifletti bene su questa tua dichiarazione: “Yeshùa, avendo infinita gloria e lo splendore di Yhwh, svuota se stesso (perdendo splendore), prendendo forma (morphe) di servo, divenendo simile agli uomini!”.
Ovviamente questa tua non è una traduzione ma un tentativo di spiegazione, tuttavia ti mostro gli errori insiti nel commento. Inizi con dire che Yeshùa aveva infinita gloria e lo splendore di Yhvh. La prima tua dichiarazione sull’infinita gloria non è scritturale. In Eb 2:9 si parla di “Gesù, coronato di gloria e di onore a motivo della morte che ha sofferto”, quindi la gloria gli fu concessa da Dio dopo la sua morte. Infatti, in Dn 7:14 era profetizzato: “Gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero”. Yeshùa, quindi, non aveva gloria, né tantomeno infinita, ma gli fu data da Dio per la sua ubbidienza fino alla morte. Aveva allora lo splendore di Dio? Che non possiamo intendere così la parola morfè, è già stato mostrato. Tu devi coerentemente dire che prese lo splendore di uno schiavo, ma ciò non regge. Tu stesso, infatti correggi il tiro, dicendo: “Meglio dire che rinunciò allo splendore divino”. Però, non puoi cavartela così, perché è detto proprio che prese morfè di schiavo, non solo che rinunciò alla morfè divina. Tra l’altro, non rinunciò a quella morfè, perché irrinunciabile. Paolo dice infatti: “Benché … in morfè di Dio …”.
Purtroppo, più avanti, tu fai proprio una traduzione! Che è questa: “Abbiate lo stesso sentimento che fu nel Consacrato Yeshùa il quale essendo splendore di Dio non considerò qualcosa di cui vantarsi la sua uguaglianza! Ma spogliò se stesso del suo splendore divenendo servo! Simile agli uomini”.
Prima di tutto, stravolgi il testo. Tu abbini il suo essere in morfè di Dio alla sua uguaglianza con Dio. Ciò è antiscritturale. Yeshùa è sempre presentato come inferiore a Dio, perfino alla fine dei tempi, anzi più che mai alla fine dei tempi, quando si sottometterà completamente a Dio rimettendogli il Regno. Molto meglio TNM con la sua perfetta punteggiatura: “Il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio”. In più, Yeshùa non era splendore di Dio ma in morfè di Dio. La tua traduzione ha infine il difetto di nascondere la morfè di schiavo.
Grazie, Emiliano, per la tua precisazione.
Riporto la spiegazione del prof. Salvoni, che condivido in tutto:
Se si vede in questo inno soltanto un riferimento storico alla vita terrena di Cristo, tutte le difficoltà svaniscono.
Ora questa interpretazione è proprio quella che ci viene suggerita dall’esame del passo. Le prime due strofe, tra loro parallele, riguardano la vita terrena del Cristo presentata come quella del nuovo Adamo.
Vediamo anzitutto il senso della prima parte della prima strofa: « essendo in immagine (morfén) di Dio ». Generalmente si dice con il Lightfoot che " morfén " indica la « sostanza, la natura » di Dio (p. 110). Ma in realtà se esaminiamo il valore che questa parola ha nella versione dei LXX, vediamo che essa equivale all’ebraico " demuth", che è equivalente al greco " omòioma ". Entrambi questi vocaboli traducono l’ebraico " demuth " = immagine, figura, aspetto, impronta (cf Eb 1, 2 s), che non è usato per indicare " sostanza, natura " :
a) In Dt 4, 12 i LXX hanno omòioma, ma Simmaco ha morfén (ebr. temunah, altrove to’ar, tabnit)(6) .
b) Morfé in Dn 3, 19 traduce l’aramaico celem, altrove l’ebraico celem è tradotto in greco con omòioma (1 Sm 6, 5).
c) la versione siriaca Peshitta traduce morfé con "demutha " (immagine).
Prendendo questa parola nel senso di "immagine", tutto procede chiaro: Adamo era ad immagine di Dio, ma egli volle divenire uguale a Dio per rapina, disobbedendo ed autoelevandosi. Al contrario Gesù, fatto lui pure "ad immagine di Dio", come il primo Adamo (con la sua nascita verginale), non volle rapire l’uguaglianza a Dio, l’autorità divina, il dominio sull’universo con la disubbidienza, bensì con l’ubbidienza e l’umiliazione (cf le tentazioni di Mt 4). Si avrebbe qui la presentazione di Gesù come nuovo Adamo, che anche altrove si trova nella Bibbia (cf Rm 5, 12 ss; 1 Co 15, 45).
Ma Gesù non solo è simile a Dio, è anche della stessa discendenza del primo Adamo; ha quindi da lui la stessa immagine, lo stesso aspetto umano: egli è pure ad "immagine" dell’uomo. Anche qui la parola "omòioma" traduce la terminologia dell’Antico Testamento, dove si parla di Set come discendente di Adamo. Adamo generò Set « nella sua propria identità» (bidemutho: kata ten eidéan) e « secondo la sua immagine» (keçalmo = kata tèn eikòna).
Ora anche qui si vuol dire che Gesù ebbe la natura umana come quella dei discendenti di Adamo; contro la tendenza a farne un angelo o un’apparenza, si dice che lui "fu uguale a un uomo" completamente "identico alla immagine di Adamo", come si afferma di Set.
Si può trovare un perfetto parallelismo con il nostro passo nel testo greco dei LXX a riguardo di Adamo e Set: «Dio fece Adamo secondo la immagine di Dio (kateikona) e lo chiamò Adamo. . . . Adamo generò secondo la sua forma (eidéan) e secondo la sua immagine (eikòna) e lo chiamò Set » (Ge 5, 1-3).
L’espressione "omòioma" attribuita a Cristo sembra voler presentare costui come il figlio di Adamo.
Gesù pur essendo, come secondo Adamo, fatto ad immagine di Dio, non si comportò in modo da divenire uguale a Dio per rapina, ma anzi annichilì sé stesso sino a divenire lo schiavo del Signore, assumendo l’aspetto del servo ubbidiente predetto da Isaia.
Devo darti ragione sul passo dubbio di Mt 16:12. Anche se il passo non fosse ispirato, rimane pur sempre una testimonianza dell’uso della parola morfè. È indubbio che qui si riferisca all’esteriorità. Tuttavia, come abbiamo visto nella mia disamina dei passi citati da Gemello, il vocabolo morfè ha tante sfaccettature che comprendono l’esteriorità, l’interiorità e la condizione. Come sempre il contesto è determinante.
Il tuo errore – se mi consenti di chiamarlo così -, diciamo la tua esagerazione, è di ritenere questo passo marciano “illuminante”. In pratica, tu lo prendi come chiave assoluta per stabilire un significato univoco di morfè. Questo non è corretto, proprio perché il vocabolo morfè assume diversi significati.
Così, riprendendo di nuovo la parola caldaica siv, fai un piccolo pasticcio con salti di logica. Rifletti bene su questa tua dichiarazione: “Yeshùa, avendo infinita gloria e lo splendore di Yhwh, svuota se stesso (perdendo splendore), prendendo forma (morphe) di servo, divenendo simile agli uomini!”.
Ovviamente questa tua non è una traduzione ma un tentativo di spiegazione, tuttavia ti mostro gli errori insiti nel commento. Inizi con dire che Yeshùa aveva infinita gloria e lo splendore di Yhvh. La prima tua dichiarazione sull’infinita gloria non è scritturale. In Eb 2:9 si parla di “Gesù, coronato di gloria e di onore a motivo della morte che ha sofferto”, quindi la gloria gli fu concessa da Dio dopo la sua morte. Infatti, in Dn 7:14 era profetizzato: “Gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero”. Yeshùa, quindi, non aveva gloria, né tantomeno infinita, ma gli fu data da Dio per la sua ubbidienza fino alla morte. Aveva allora lo splendore di Dio? Che non possiamo intendere così la parola morfè, è già stato mostrato. Tu devi coerentemente dire che prese lo splendore di uno schiavo, ma ciò non regge. Tu stesso, infatti correggi il tiro, dicendo: “Meglio dire che rinunciò allo splendore divino”. Però, non puoi cavartela così, perché è detto proprio che prese morfè di schiavo, non solo che rinunciò alla morfè divina. Tra l’altro, non rinunciò a quella morfè, perché irrinunciabile. Paolo dice infatti: “Benché … in morfè di Dio …”.
Purtroppo, più avanti, tu fai proprio una traduzione! Che è questa: “Abbiate lo stesso sentimento che fu nel Consacrato Yeshùa il quale essendo splendore di Dio non considerò qualcosa di cui vantarsi la sua uguaglianza! Ma spogliò se stesso del suo splendore divenendo servo! Simile agli uomini”.
Prima di tutto, stravolgi il testo. Tu abbini il suo essere in morfè di Dio alla sua uguaglianza con Dio. Ciò è antiscritturale. Yeshùa è sempre presentato come inferiore a Dio, perfino alla fine dei tempi, anzi più che mai alla fine dei tempi, quando si sottometterà completamente a Dio rimettendogli il Regno. Molto meglio TNM con la sua perfetta punteggiatura: “Il quale, benché esistesse nella forma di Dio, non prese in considerazione una rapina, cioè che dovesse essere uguale a Dio”. In più, Yeshùa non era splendore di Dio ma in morfè di Dio. La tua traduzione ha infine il difetto di nascondere la morfè di schiavo.
Grazie, Emiliano, per la tua precisazione.
Riporto la spiegazione del prof. Salvoni, che condivido in tutto:
Se si vede in questo inno soltanto un riferimento storico alla vita terrena di Cristo, tutte le difficoltà svaniscono.
Ora questa interpretazione è proprio quella che ci viene suggerita dall’esame del passo. Le prime due strofe, tra loro parallele, riguardano la vita terrena del Cristo presentata come quella del nuovo Adamo.
Vediamo anzitutto il senso della prima parte della prima strofa: « essendo in immagine (morfén) di Dio ». Generalmente si dice con il Lightfoot che " morfén " indica la « sostanza, la natura » di Dio (p. 110). Ma in realtà se esaminiamo il valore che questa parola ha nella versione dei LXX, vediamo che essa equivale all’ebraico " demuth", che è equivalente al greco " omòioma ". Entrambi questi vocaboli traducono l’ebraico " demuth " = immagine, figura, aspetto, impronta (cf Eb 1, 2 s), che non è usato per indicare " sostanza, natura " :
a) In Dt 4, 12 i LXX hanno omòioma, ma Simmaco ha morfén (ebr. temunah, altrove to’ar, tabnit)(6) .
b) Morfé in Dn 3, 19 traduce l’aramaico celem, altrove l’ebraico celem è tradotto in greco con omòioma (1 Sm 6, 5).
c) la versione siriaca Peshitta traduce morfé con "demutha " (immagine).
Prendendo questa parola nel senso di "immagine", tutto procede chiaro: Adamo era ad immagine di Dio, ma egli volle divenire uguale a Dio per rapina, disobbedendo ed autoelevandosi. Al contrario Gesù, fatto lui pure "ad immagine di Dio", come il primo Adamo (con la sua nascita verginale), non volle rapire l’uguaglianza a Dio, l’autorità divina, il dominio sull’universo con la disubbidienza, bensì con l’ubbidienza e l’umiliazione (cf le tentazioni di Mt 4). Si avrebbe qui la presentazione di Gesù come nuovo Adamo, che anche altrove si trova nella Bibbia (cf Rm 5, 12 ss; 1 Co 15, 45).
Ma Gesù non solo è simile a Dio, è anche della stessa discendenza del primo Adamo; ha quindi da lui la stessa immagine, lo stesso aspetto umano: egli è pure ad "immagine" dell’uomo. Anche qui la parola "omòioma" traduce la terminologia dell’Antico Testamento, dove si parla di Set come discendente di Adamo. Adamo generò Set « nella sua propria identità» (bidemutho: kata ten eidéan) e « secondo la sua immagine» (keçalmo = kata tèn eikòna).
Ora anche qui si vuol dire che Gesù ebbe la natura umana come quella dei discendenti di Adamo; contro la tendenza a farne un angelo o un’apparenza, si dice che lui "fu uguale a un uomo" completamente "identico alla immagine di Adamo", come si afferma di Set.
Si può trovare un perfetto parallelismo con il nostro passo nel testo greco dei LXX a riguardo di Adamo e Set: «Dio fece Adamo secondo la immagine di Dio (kateikona) e lo chiamò Adamo. . . . Adamo generò secondo la sua forma (eidéan) e secondo la sua immagine (eikòna) e lo chiamò Set » (Ge 5, 1-3).
L’espressione "omòioma" attribuita a Cristo sembra voler presentare costui come il figlio di Adamo.
Gesù pur essendo, come secondo Adamo, fatto ad immagine di Dio, non si comportò in modo da divenire uguale a Dio per rapina, ma anzi annichilì sé stesso sino a divenire lo schiavo del Signore, assumendo l’aspetto del servo ubbidiente predetto da Isaia.
Re: Filippesi 2:5-7
Devo dire che sono molto compiaciuto di questa discussione!
Carissimo Emiliano, avevo iniziato a rispondere e si è cancellato tutto! Quindi sono costretto a risponderti in maniera breve:
Il termine da te citato:
ὁμοιωθέντες: deve essere fatto come, a paragonare, confrontare, illustrare i confronti
Come puoi vedere indica il paragone e non la forma e l'aspetto esteriore.
Questi non ha nessuna concordanza con demuwt tra la LXX e il testo Ebraico.
Infatti uno dei nostri capi saldi di questa discussione è proprio che demuwt non traduce mai la forma esteriore o l'aspetto..... Se così fosse cadremmo in contraddizione
La parole in diretta concordanza con demuwt è ὁμοίωμα g3667 che indica: ciò che è stato fatto a somiglianza di qualcosa, una figura, immagine, somiglianza, la rappresentazione, somiglianza cioè somiglianza, come quantità quasi alla parità o di identità
Questi ha diverse concordanze tra LXX e Il testo Ebraico!
Due al volo: 2Re 16:10; Isa 13:14; Ezc 1:5,16,22.
Ti ringrazio per il tuo contributo che ho apprezzato tantissimo
grazie di cuore.......
Ps: Gianni non ho ancora finito con te! :mrgreen: (questa è una minaccia :mrgreen: ). Ho letto con interesse i tuoi ultimi interventi e sto preparando il mio
spero a Dio piacendo di rispondere a breve.
Pace a voi

Carissimo Emiliano, avevo iniziato a rispondere e si è cancellato tutto! Quindi sono costretto a risponderti in maniera breve:
Il termine da te citato:
ὁμοιωθέντες: deve essere fatto come, a paragonare, confrontare, illustrare i confronti
Come puoi vedere indica il paragone e non la forma e l'aspetto esteriore.
Questi non ha nessuna concordanza con demuwt tra la LXX e il testo Ebraico.
Infatti uno dei nostri capi saldi di questa discussione è proprio che demuwt non traduce mai la forma esteriore o l'aspetto..... Se così fosse cadremmo in contraddizione

La parole in diretta concordanza con demuwt è ὁμοίωμα g3667 che indica: ciò che è stato fatto a somiglianza di qualcosa, una figura, immagine, somiglianza, la rappresentazione, somiglianza cioè somiglianza, come quantità quasi alla parità o di identità
Questi ha diverse concordanze tra LXX e Il testo Ebraico!
Due al volo: 2Re 16:10; Isa 13:14; Ezc 1:5,16,22.
Ti ringrazio per il tuo contributo che ho apprezzato tantissimo

Ps: Gianni non ho ancora finito con te! :mrgreen: (questa è una minaccia :mrgreen: ). Ho letto con interesse i tuoi ultimi interventi e sto preparando il mio

Pace a voi
Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
- Gianni
- Site Admin
- Messaggi: 10440
- Iscritto il: giovedì 12 marzo 2009, 10:16
- Località: Viareggio
- Contatta:
Re: Filippesi 2:5-7
Caro Antonino, sono belle queste minacce!
Diciamo sfide, fraterne e amichevoli, per approfondire meglio le Scritture. Mi puoi dire intanto per favore qual è la tua convinzione riguardo a Yeshùa? Per te era ed è Dio oppure una creatura spirituale preesistente? Ciò è fondamentale, perché è anche in questo contesto che occorre valutare il passo di Flp. Converrai con me che le possibilità sono solo tre: Yeshùa o è Dio o una creatura spirituale preesistente o un uomo speciale con uno specifico incarico di Dio e poi da Dio esaltato. Personalmente propendo per la terza. Tu invece? Grazie. 

