Questa premessa, pienamente condivisa da chiunque, quindi persino dai trinitari, porta con sé un errore di forma. Si suppone cioè che siccome i trinitari usano questo verso nell'esposizione della loro interpretazione dell'insegnamento biblico, allora questo significa che lo utilizzino per dimostrarne la natura trina del Dio della Bibbia. Questo è un errore dovuto al fatto che non si è approfondita correttamente la dottrina trinitaria così come esposta da tutti i cristiani che in essa credono.Certo, questo passo menziona tre entità, ma non dice che siano tre persone o che siano identiche fra loro.
Qualsiasi trinitario SERIO non affermerà mai che attraverso questo versetto si possa dimostrare la stessa natura tra le tre entità citate. Quindi tutti i trinitari saranno d'accordo con questo postulato che tu hai esposto Jwelix. In questo caso infatti, nell'esposizione della dottrina trinitaria si usa Matteo 28:19 a supporto della "pari autorità" delle tre entità, ma mi spiegherò meglio sulla base di quanto tu stesso hai correttamente esposto.
Interessante osservazione, come anche le seguenti osservazioni sull'identità dello Spirito Santo. Ma sono comunque anch'esse off topic.E poi: conosciamo il nome del Padre (Geova o Jahve) e del Figlio (Gesù), ma qual è il nome dello spirito santo? Se fosse una persona della trinità non dovrebbe anch'esso avere un nome? (Vedi Proverbi 30:4 e Rivelazione 14:1)
Mi limito a suggerirti un'osservazione molto semplice contro questa estrema razionalizzazione che vuoi tentare di applicare per smontare il principio di "reale personalità" dello Spirito Santo. I trinitari così come molti credenti biblici, non si sono mai posti sull'altare del "se non lo capisco non è reale". Un Dio comprensibile all'uomo è tecnicamente un falso Dio, proprio per il principio che l'uomo vive nella dimensione del naturale, mentre Dio invece vive nella dimensione del sovrannaturale. Quindi mi limito a risponderti che i teologici "trinitari" si sono nel tempo convinti della personalità dello Spirito Santo, perché con gli strumenti in loro possesso sono arrivati alla conclusione che le qualità e le azioni a Lui riferite, erano quelle tipiche di una persona. Sono arrivati a concludere che era anche "Dio" in qualche modo, perché alcune delle qualità a Lui attribuite e azioni a Lui riferite erano tipiche solo di Dio. Di conseguenza ecco l'accettazione teologica della persona dello Spirito Santo, per quanto questa realtà fosse "razionalmente incomprensibile". Domande come: "ma se è una persona non dovrebbe avere un nome come le prime due persone dell'ipotetica trinità?" sono lecite, ma un trinitario, che si basa su quella che viene chiamata teologia della rivelazione (dove la rivelazione è la Bibbia) si limiterebbe a dirti: "se Dio non ce lo ha rivelato questo nome, non è detto che dovevamo saperlo!".
Quindi il principio che un teologo studiando la Bibbia aveva non era: "Dio sicuramente mi ha detto cose che dovevo comprendere razionalmente", ma "Dio si rivela a noi tramite questo testo, quanto leggo lo accetto con piena fiducia perché derivante da Dio". Si cerca di comprenderlo ovviamente, ha una logica certamente. Ma se non è del tutto comprensibile (come è giusto che sia visto che si parla di un Dio che trascende le regole del naturale a noi conosciute) va bene così com'è, non lo metto in dubbio sulla base del fatto che non lo capisca pienamente. Questo è un principio di "umiltà" teologica e sottomissione al testo stesso. Il testo è sovrano, non il teologo.
E' questo principio di umiltà che non permette al teologo trinitario di annullare quanto nota in diversi punti la Bibbia e cioè che lo Spirito Santo venga presentato con classiche caratteristiche di una persona e prerogative proprie dell'unico Dio... comunque questo argomento è off topic.
Premesso che personalmente concordo con questa spiegazione, non credo che, vista la precisione con il quale si cerca di muoversi in questo forum, sia correttissimo spiegare l'utilizzo dell'espressione "nel nome" originaria del testo biblico, con l'uso che se ne fa attualmente. In questo caso corrispondono e va bene, ma generalmente non si fa altro che ripetere che "oggi abbiamo una mentalità diversa da quella biblica" quindi simili accostamenti meglio evitarli.Le parole 'nel nome' significano l'autorità che il nome rappresenta. Nella Bibbia il nome sta per la realtà che c'è dietro il nome. Mentre "nel nome di" può significare "nell'autorità di". (Jewish New Testament Commentary © 1992 David H. Stern; pag. 86) Infatti, questo passo è anche tradotto con "immergendoli nella realtà del Padre…". (CJB)
Quando si arresta una persona si dice: "In nome della legge ti dichiaro in arresto". Quando diciamo "nel nome della legge" non ci riferiamo ad una persona, bensì a ciò che la legge rappresenta, alla sua autorità. La legge non è certo una persona, ma è l'autorità con la quale un ufficiale della legge può esercitare la sua funzione.
E questo va ancora d'accordo con la posizione trinitaria, anche se l'espressione che lo "Spirito ha origine" sarà sicuramente oggetto di "discussioni" e approfondimenti.Di Matteo 28:19 è stato detto: "Questo uso di nome (onoma) è comune nella Settanta e nei papiri nel senso di potere o autorità". (Word Pictures in the New Testament, 1930, A. T. Robertson, Vol. I, pag. 245) Perciò il battesimo 'nel nome dello spirito santo' implica il riconoscere che lo spirito ha origine da Dio ed esercita la sua funzione secondo la volontà divina.
Per la prima parte della frase, sono tutti d'accordo. Questo passo parla di PARI autorità, non EGUAL ESSENZA.Questo passo non dimostra che i tre siano uno. Abraamo, Isacco e Giacobbe sono menzionati insieme numerose volte, ma ciò non li rende una Trinità.
L'esempio invece che fai di Abramo, Isacco e Giacobbe è completamente fuorviante. Perché i tre sono citati spesso (o sempre) in virtù del loro stesso ed unico Dio, infatti si cita "il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe". Se invece si sta discutendo sul fatto che una citazione "triplice" non significhi che si citi un unità, siamo tutti d'accordo, è ovvio ed elementare e vorrei vedere chi potrebbe mai pensare una cosa simile.
Idem come sopra. Nessuno mai, trinitario o no, potrebbe mai affermare che la semplice citazione di tre persone o tre entità significhi che siano uno. Ma neanche alle scuole elementari fanno queste supposizioni.Pietro, Giacomo e Giovanni sono anch'essi menzionati insieme, ma ciò non li rende uno.
Idem come sopra. Questi tentativi di confutazione sono fallaci secondo il mio parere. Troppo ingenui, nessuno fa questo genere di osservazione o utilizzo strumentale della Scrittura. Quantomeno, nessuno di serio.Anche Dio, Cristo e gli angeli sono menzionati insieme (Matteo 24:36; Marco 8:38; 13:32; Luca 9:26; 2 Tessalonicesi 1:6-8; 1 Timoteo 5:21; Rivelazione 1:1, 2; 3:5; 5:6, 7) eppure anche loro (gli angeli) non sono Dio o parte di una Trinità... ...

Nessun trinitario dirà mai che la trinità è menzionata biblicamente. I trinitari affermano che si tratta di una verità "rivelata" deducibile dalle Scritture.Persino la formula battesimale che troviamo alla fine del Vangelo di Matteo e che viene continuamente bistrattata a questo proposito, non contiene alcuna considerazione riguardante la Trinità.
I trinitari sostengono che il termine trinità non è termine biblico, è un termine "inventato" per racchiudere un concetto sulla natura di Dio espressa dall'esame di tutta la Scrittura.
Quindi anche queste confutazioni, lasciano il tempo che trovano. Nel caso di Matteo infatti, non si sostiene assolutamente che il testo CONFERMI la trinità. Si dice piuttosto che vi è una stranezza che il battesimo cristiano dovesse seguire una formula battesimale "NEL NOME DEL PADRE, DEL FIGLIO E DELLO SPIRITO SANTO". E' per dare risposta a questo ed altri interrogativi simili che nasce la risposta trinitaria.
Banalmente si tratta dello stesso principio che spinge molti di voi su questo forum a chiamare Gesù Cristo, Giosuè, cioè Yeshùa. Sulla base di cosa lo si fa visto che il Nuovo Testamento non riporta il nome in originale ma riporta il nome tradotto in greco? Se biblicamente fosse stato così importante, Dio avrebbe sicuramente ispirato a riportare il nome in originale. Invece non viene fatto. Però seguendo una serie di "lugubrazioni" testuali, alcuni di voi sul forum ritengono giusto utilizzare il nome originale nel menzionare l'unto di Dio crocifisso per i peccati degli uomini. Quindi pur nonostante il testo biblico non riporti il nome Yeshùa, molti di voi hanno delle loro motivazioni per continuare ad utilizzarlo. Allo stesso modo, pur nonostante il testo biblico non riporti il termine trinità, molti teologi biblici hanno delle motivazioni per credere a questa realtà sulla natura di Dio.
Il principio è lo stesso: la ricerca della Verità biblica cercando di mettere insieme quanto esposto nell'intero testo biblico.
Tutti pienamente d'accordo ripeto, anche i trinitari. Il problema sta nel fatto dell'uso dell'espressione "nel nome di..." che pone nella stessa autorità "le tre entità".Infatti, l'esortazione <<battezzateli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo>> (Mt. 28, 19) accosta certamente Dio, Cristo e Spirito Santo, ma non contiene alcuna riflessione circa il loro reciproco rapporto…
Questa parte è l'unica parte che ritengo personalmente coerente alla discussione in oggetto, ossia l'attendibilità testuale del verso di Matteo.C'è anche da dire che alcuni studiosi reputano questo passo dubbio perché si trova scritto in maniera diversa in diverse citazioni di alcuni Padri della chiesa e cioè "nel mio nome", "nel nome di Cristo" al posto di "nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". Può essere che questo passo sia stato aggiunto. Manca nei sinottici e in Giovanni.
Quando dici che manca nei sinottici, significa che manca anche nei ritrovamenti in nostro posse di Matteo oppure si tratta della completa assenza negli altri 2 sinottici e in Giovanni?
Perché se il testo MANCA in Luca e Marco, ma è presente in Matteo... allora questa confutazione lascia il tempo che trova. Sono molti i versi o i racconti completamente assenti nell'uno o nell'altro Vangelo. Questo non ne conferma né annulla la validità e l'attendibilità. Dio ha voluto preservare 4 Vangeli con diverse sfumature testuali proprio per dei motivi. Se avesse voluto darci "un unica versione dei fatti", ci avrebbe fatto arrivare "UN SOLO" Vangelo.
E' strano dal punto di vista di chi?È strano che un comando così importante come questo non sia riportato dagli altri scrittori del Nuovo Testamento.
Significa che ogni comando o ogni testo biblico per essere "normale" e non strano deve essere riportato almeno tre volte (uno per ogni sinottico)?
Il concetto di strano è puramente soggettivo.
Eusebio era un autore cristiano con derive teologiche Ariane. Nel suo tempo il canone della Scrittura non era definito. Circolavano infatti numerosi manoscritti falsi: false epistole, falsi Vangeli. L'esigenza di creare un canone biblico e l'esigenza di definire chiaramente il credo cristiano, nacque proprio dal caos di scritti e teorie sul tema cristiano e sui fondamenti, che sempre di più venivano influenzati dalle diverse culture. Le opere apologetiche così come la definizione delle dottrine cristiane in modo puntuale, nascono proprio in quegli anni per far fronte a queste problematiche. Che testo pensate che volesse utilizzare un uomo che aveva una posizione ariana? Non poteva averne usato uno errato a sua volta?Si deve tener conto che per ben "(diciassette volte), Eusebio cita Matteo 28:19 sotto questa forma: <<Andate, fate discepoli in tutte le nazioni, nel mio nome>>…Dunque, è certo che Eusebio conoscesse una forma contratta del testo matteano, nel quale le parole <<battezzandole nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo>> erano rimpiazzate dalla semplice formula << nel mio nome>>. È ancor più difficile trascurare questa testimonianza di Eusebio di Cesarea, in quanto è sostenuta da Giustino l'apologeta. Nel suo Dialogo con Trifone (39,2), composto verso il 150, egli scrisse che se Dio ritardava il suo giudizio finale lo faceva sapendo che ogni giorno <<alcuni, essendo stati fatti discepoli [mathèteuomenous] nel nome del suo Cristo>> abbandonavano la via dell'errore…Peraltro…la formula non costituisce una prova ineluttabile della fede in Dio-Trinità…La formula <<essere battezzato nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo>>, dunque, poteva essere una formula non trinitaria, ma semplicemente ternaria, in quanto la relazione Padre/Figlio era di tipo adottivo". (All'alba del cristianesimo - Prima della nascita dei dogmi. Marie-Emile Boismard (2000) Edizioni PIEMME; pagg. 142-144, 149)
La prova dell'inattendibilità di questa spiegazione l'ha ben fornita l'utente Salvatore, che espone il testo della didachè, redatto in anni precedenti, che presenta la formula trinitaria.
Questa affermazione è stata contraddetta esponendo l'inattendibilità del testo della didachè senza fornire prove tecniche a supporto. Quindi rimane valida l'affermazione che la Didachè, testo ben precedente ad Eusebio e quindi scevro da qualsiasi influenza ariana (quindi eretica) rimanga più attendibile.
Inoltre, come ho scritto sopra ma vedo che è stato sottovalutato, il principio che si cerca di presentare dietro questa metodologia di analisi è profondamente sbagliato. Cioè si tenta di utilizzare uno scritto "extra scritturale" per dubitare dell'attendibilità del testo biblico in sé (e quindi di come è stato costruito sulla base dei ritrovamenti in nostro possesso). Questa metodologia è fallimentare in sé. Se la si accettasse significherebbe accettare la possibilità di prendere qualsiasi testo di qualsiasi altro studioso biblico degli inizi del movimento cristiano e, tenendo conto delle sue considerazioni, annullare tutti i testi biblici che questi non considerava validi. Ho fatto l'esempio di Marcione che è il più evidente ma ve ne sono molti altri.
Il controsenso di questo modo di fare è evidente. Infatti se si accetta il canone biblico così come oggi lo abbiamo, ritenendolo ispirato da Dio, che senso ha prendere come riferimento di attendibilità i testi di coloro che il canone non lo avevano ancora e giudicavano ispirati alcuni testi e altri no?
Avrebbe senso prendere come riferimento le affermazioni di Marcione per stabilire se un testo biblico in nostro possesso è da considerarsi realmente ispirato oppure no?
Ha davvero senso dubitare del testo biblico sulla base di contraddizioni fatte da persone che non avevano il canone come lo abbiamo noi oggi?
Secondo me si tratta di un principio completamente sbagliato se si sostiene che la Bibbia che abbiamo in mano (in termini di manoscritti a noi oggi pervenuti) sia attendibile. Ovvio se si vuole discutere anche quella... allora possiamo tranquillamente NEGARE il canone attualmente utilizzato da voi stessi. Potremmo annullare le scelte fatte dai cristiani in precedenza, e quindi RICOSTRUIRE la Bibbia secondo questo genere di lugubrazioni mentali. Insomma bisognerebbe ripartire da capo, con l'unica differenza che a questo punto sarebbe impossibile ricostruire come stanno effettivamente le cose cercando di tener conto di tutte le citazioni fatte da chiunque nel corso dei secoli.