Yeshu'a è Dio?

marco
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Re: Yeshu'a è Dio?

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bgaluppi ha scritto: Caro Marco, sarebbe come dire di togliere dalla mente la dottrina filo-greca se si studia Platone, o quella filo-stilnovista se si studia Dante o Cavalcanti. E poi, pur facendo questa cosa assolutamente scorretta e illogica, dove trovo scritto che Yeshùa è Dio? Da nessuna parte.
Gianni ha scritto:.Infine, ti risponde bene Antonio quando dici che bisogna rinunciare alla mentalità ebraica di cui la Bibbia è impregnata: “Sarebbe come dire di togliere dalla mente la dottrina filo-greca se si studia Platone, o quella filo-stilnovista se si studia Dante o Cavalcanti”. Detto in altre parole, caro Marco, siamo al fai da te religioso. Per cambiare, prova a studiare seriamente la Sacra Scrittura, cominciando a conoscere proprio la mentalità ebraica di cui la Bibbia è impregnata.
Cari Antonio e Gianni, ho scritto dottrina filoebraica e non mentalità (semitica) ebraica. Sarebbe stato forse più comprensibile se avessi scritto: Prova a togliere dalla tua mente tutto il catechismo filoebraico acquisito in questi anni. Conoscere la mentalità ebraica è importante per comprendere i meccanismi biblici. Il problema sorge quando si insinuano subdolamente insegnamenti estranei alla Sacra Scrittura.
bgaluppi ha scritto: Sulla nascita di Yeshùa come narrata in Mt e Lc nutro delle riserve personali, perché i due vangeli più "autentici" - quello di Marco, il più antico, e di Giovanni, che ha fonti indipendenti - non ne parlano e perché in nessun altra parte delle Scritture Greche se ne fa menzione.
Per me tutti e quattro i Vangeli hanno la stessa autorità. Io non dubito. Dio ha protetto la Sua Parola nei millenni. Ha voluto che fossero questi i Testi con cui diffondere il messaggio di salvezza. Io non tolgo e non dubito neanche di una virgola di ciò che ci è stato tramandato. Se il Testo narra una vicenda significa, oltre ad essere vero, che Dio vuole che noi sappiamo e conosciamo una parte di verità. Se togli ciò che non vuoi digerire è come se togliessi tutto.
Gianni ha scritto:Caro Marco, tu fai notare che Yeshùa “è nato senza sperma umano, fecondato da Dio”. Poi domandi: “Quanti uomini sulla terra possono vantare tale concepimento?”.
Ti rispondo: uno: Adamo.
È per questo che Paolo chiama Yeshùa il nuovo Adamo.
Non è per questo motivo che Paolo chiama Gesù nuovo Adamo. Se tu vuoi assimilare Adamo a Cristo, come è lecito pensare per due uomini nati in continenti diversi, non mi trovi d’accordo. Dal mio punto di vista sono due figure diverse, accomunate da una cosa che dirò dopo. Il Padre di tutti e due è Dio ma uno è un figlio come lo saranno molti dopo di lui, l’altro è Il Figlio e anche dopo manterrà in esclusiva questo titolo. Alcune differenze, terra terra, tra i due ci sono. Adamo non nacque da donna. Gesù è stato partorito da Maria. Adamo fece esperienza in un luogo ovattato. Gesù si muoveva nella realtà della vita terrena. Adamo doveva generare figli. Gesù non ebbe neanche una donna. Adamo doveva lavorare la terra. Gesù aveva una missione da compiere. Adamo doveva fallire. Gesù ha vinto.
Ciò che unisce Gesù ad Adamo è legato al destino dell’uomo: come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo.
Per questo motivo Paolo chiama Gesù nuovo Adamo.
La figura di Adamo serve per la morte, quella di Cristo per la vita eterna. Paolo scrive un’altra cosa secondo me importante per comprendere la vera natura di Gesù.
Non vi fu prima il corpo spirituale, ma quello animale, e poi lo spirituale. Il primo uomo tratto dalla terra è di terra, il secondo uomo viene dal cielo. Quale è l'uomo fatto di terra, così sono quelli di terra; ma quale il celeste, così anche i celesti. Adamo nasce dalla terra Gesù viene dal cielo. Paolo, benchè consapevole della natura umana di Gesù, lo considera “celeste” addirittura si spinge a scrivere “il secondo uomo viene dal cielo”. Adamo essere carnale. Gesù essere spirituale.
Gianni ha scritto:
Dici che non sei un trinitario. E cosa sei, di grazia? Uno strano binitarista che ammette solo due persone divine e ambedue Dio?.
Che brutta parola! Credo che Dio possa essere qualsiasi cosa voglia essere: uno spirito che aleggia sulle acque, una nube di fuoco, un filo di silenzio sonoro, il Verbo che si fa carne. La Teofania del Signore può presentarsi in mille modi. Quella più grandiosa è stata in Gesù. In questo credo.
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Re: Yeshu'a è Dio?

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bgaluppi ha scritto: Se Yeshùa fosse nato per concepimento miracoloso, è difficile credere che la sua famiglia lo ritenesse "fuori di sé".
Pietro ha assistito alla Trasfigurazione e ne rimase sconvolto. Dopo poco tempo imprecava contro la donna che l'ha riconosciuto come discepolo di Gesù. Se i familiari l'hanno preso per "pazzo", Pietro l'ha rinnegato sapendo benissimo chi era.
Questo è l'uomo.
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bgaluppi
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Re: Yeshu'a è Dio?

Messaggio da bgaluppi »

Marco, si sta facendo un altro discorso. Mt e Lc riportano una tradizione secondo cui Yeshùa è nato grazie ad un parto miracoloso. Non è tanto l'evento in sé che mi crea qualche dubbio, ma piuttosto il fatto che non esista menzione di tale nascita miracolosa in tutte le Scritture Greche, soprattutto in Mr e Gv. Altro fatto strano è che Miryam, dopo aver ricevuto rivelazione angelica sulla natura messianica di suo figlio, e dopo esser rimasta incinta per opera dello spirito, abbia poi ritenuto che fosse pazzo. Per questi motivi, mantengo delle riserve sulla genuinità di questa tradizione.

Sul terrestre e il celeste, si tratta di pura teologia paolina, bellissima, ma sempre teologia. Anche Nicodemo riteneva Yeshùa mandato da Dio, cioè "dal cielo" (cielo è un sostitutivo di Dio), ma di certo non lo riteneva Dio.

Anche Giovanni era mandato da Dio:

"Vi fu un uomo mandato da Dio, il cui nome era Giovanni." - Gv 1:6

"Io non sono venuto da me, ma è lui [Dio] che mi ha mandato" - Gv 8:42

Occorre capire queste espressioni attraverso il pensiero ebraico dell'autore, non quello cristiano che ancora manco esisteva. Questo lo si fa con tutti i testi antichi di tutte le culture. Prova a leggere i Veda col pensiero occidentale moderno, scoprirai storie di alieni con navi spaziali, dèi incarnati al pari di Yeshùa etc.
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Re: Yeshu'a è Dio?

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Caro Antonio, dove sta scritto che una vicenda biblica, per essere considerata autentica, debba essere ripetuta da molti autori?
L’autorevolezza degli Evangelisti non dovrebbe mai essere messa in discussione.
Prendiamo ad esempio il racconto della “lavanda dei piedi” raccontata solo da Gv. Secondo la tua tesi, siccome i tre sinottici non fanno minimamente menzione alla vicenda, il racconto potrebbe essere messo legittimamente in dubbio.
Immaginiamo la Bibbia come un muro a secco capace di proteggere la fede dagli attacchi del demonio. Ogni volta che, nella nostra mente entra un dubbio su di essa, inevitabilmente una pietra della base viene tolta. Il muro così facendo diventa sempre più debole. Considerando che, dall’altra parte, c’è una forza molto ma molto più forte di noi. Una potenza che agisce nella mente dell’uomo e che conosce bene le debolezze di ogni essere vivente. E’ nel dubbio che si insinua il Maligno.

In Mr 3,21 sono i parenti a ritenerlo “fuori di sé” e non la madre e i fratelli. Infatti il testo dice al versetto 31 che la famiglia (madre e fratelli) giunse in un secondo momento. E’ un errore interpretativo asserire che la famiglia lo considerava un pazzo. I fratelli, con a capo la madre, piena d’amore materno, cercano di proteggere quell’anima pura dalle cattiverie della gente. Agli occhi degli studiosi, l’atteggiamento di Maria verso Gesù, viene interpretato come dubbioso. Però loro non comprendono che, prima di tutto, Maria è la mamma di Gesù. Nel suo cuore di mamma sono passati trent’anni dalla visione e adesso vede il figlio in serio pericolo. Di li a poco vedrà compiersi i suoi peggiori incubi.
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Re: Yeshu'a è Dio?

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Caro Marco, la traduzione di Mr 3:21 va rivista sul testo originale greco, che dice letteralmente: “E aventi udito quelli con lui uscirono per prendere lui, dicevano infatti che è fuori di sé”. “Parenti” è un’interpretazione del traduttore.

Al v. 31 è detto che “giunsero sua madre e i suoi fratelli; e, fermatisi fuori, lo mandarono a chiamare”. Il loro atteggiamento è quello tipico della madre o dei fratelli che vanno a prendere il loro congiunto che sta dando spettacolo per riportarlo a casa. E lo fanno pure con grande imbarazzo, perché non lo chiamano direttamente ma lo mandano a chiamare.

Gv 7:5 conferma che “neppure i suoi fratelli credevano in lui”.

Quanto a Miryàm, lei nutriva grandi speranze, come le avevano preannunciato l’angelo Gabriele, ma poi dovette rimane delusa: il tempo passava e lui, invece di ripristinare il regno davidico, parlava di pace! Infatti, non lo seguiva come le altre numerose donne al suo seguito. D’altra parla, Gabriele le aveva pure detto: “A te stessa una spada trafiggerà l'anima” (Lc 2:35). La spada va riferita al cuore personale di Miryàm. Ma non certo nel senso dato in ambito cattolico, secondo cui verrebbe profetizzata la sofferenza di Miryàm con Yeshùa e quindi la sua presunta con-redenzione. Tale idea, tutta e solo cattolica, risale a Paolino da Nola e ad Agostino; fu molto diffusa nel medioevo con questa formula: “Durante la passione di Gesù, Maria soffrì con lui i dolori della passione, poiché in quel momento una spada le trapassò la sua stessa anima. In tal modo ella fu associata alla passione, lo aiutò nella redenzione e divenne madre di una nuova nascita” (Alberto Magno, Quaestiones super Evangelium, 29). Biblicamente le cose non stanno così.
Che si tratti di pensieri risulta chiaro dal fatto che l’espressione è inclusa in un brano che tratta dei pensieri di Miryàm suscitatile dall’angelo. Sembra quindi del tutto scritturalmente logico che la spada abbia a che fare con i pensieri di Miryàm che ella metterà a nudo. La spada è qui quella “spada a doppio taglio, e penetrante fino a dividere l'anima dallo spirito, le giunture dalle midolla; essa giudica i sentimenti e i pensieri del cuore”. - Eb 4:12.

Anche Miryàm durante la vita di Yeshùa dovette soffrire dei dubbi: suo figlio era veramente il consacrato, il Messia? Come mai agiva così diversamente da quello che l’angelo aveva profetizzato annunciandogli il trono di Davide? Come mai subiva tanta opposizione e non era accolto dal popolo degli ebrei? Come mai non liberava Israele dai romani (secondo la concezione allora diffusa che gli stessi apostoli mantenevano nonostante gli anni in compagnia di Yeshùa – At 1:6)? Era stato davvero Dio a mandare quell’angelo? I Vangeli ci mostrano molti episodi d’incomprensione da parte di Miryàm. Lei non comprende il comportamento del figlio dodicenne (Lc 2:50); va con gli altri suoi figli a prendere Yeshùa mentre predica, perché non lo capiscono (Mr 3:21,31,sgg.); Yeshùa stesso si lamenta perché un profeta non è onorato nella sua casa (Gv 7:5) e perché i suoi peggiori nemici sono proprio quelli di casa sua. - Mt 10:36.

Miryàm per quanto tempo non si scostò dai fratelli spirituali di Yeshùa? Dai dati precedenti e dal silenzio verso di lei durante tutta la predicazione di Yeshùa pare che ella non armonizzasse troppo con lui. O, almeno, aveva dei dubbi angosciosi circa l’attività del figlio.

Occorrerà aspettare la morte di Yeshùa per trovare Miryàm in compagnia della prima chiesa a pregare con i discepoli.
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bgaluppi
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Re: Yeshu'a è Dio?

Messaggio da bgaluppi »

Marco, naturalmente per un critico o uno storico maggiori sono i manoscritti o le fonti (interne ed esterne) che riportano una lezione, maggiore è la probabilità che quella lezione sia vera. Ma esistono altri criteri che gli storici utilizzano per capire se una lezione è probabilmente genuina o probabilmente fantasiosa. Una lezione che soddisfa questi criteri aumenta le sue probabilità di corrispondere a fatti reali. I criteri sono questi che seguono.

1. Credibilità contestuale. Se un racconto si adatta al contesto storico-culturale in cui è collocato, è probabile che sia genuino. Il racconto sulla lavanda dei piedi che citi, ad esempio, è un rito molto diffuso nell'ambiente storico-culturale in cui è vissuto Yeshùa. Non ho controllato, ma sono certo che esistono molte fonti antiche del periodo che attestano la diffusione di quella pratica. Altrettanto non può dirsi della nascita da una vergine, evento molto più improbabile di una lavanda dei piedi da maestro a discepolo, e tema che ricorre piuttosto nella mitologia straniera che in quella giudaica, ad esempio greco-romana o egizia. Tuttavia, il tema della nascita "per volontà di Dio" di un personaggio importante ricorre anche nel giudaismo antico (si pensi a Sara), ma fu sviluppato teologicamente da Filone d'Alessandria (contemporaneo di Yeshùa) sulla scia del contesto culturale ellenistico; secondo lui Sara, Lia, Rebecca e Sefora (rappresentando delle virtù) concepirono virginalmente (Trattato dei Cherubini). Ecco, quindi, che il racconto sulla nascita virginale di Yeshùa potrebbe benissimo essere una elaborazione teologica successiva atta ad esaltare Yeshùa.

2. Attestazioni multiple. Se un fatto compare su molteplici fonti indipendenti è molto probabile che sia storicamente attendibile. I Vangeli non sono propriamente da considerarsi fonti indipendenti, perché Mt e Lc trassero molti racconti dal più antico Mr; fonti indipendenti sono Q, M, L, Gv e le sue fonti, le lettere di Paolo e le altre lettere, certi scritti apocrifi, Flavio Giuseppe e Tacito, ad esempio (tutti scritti che risalgono ad un periodo prossimo alla morte di Yeshùa). La nascita virginale di Yeshùa non compare su queste fonti, dunque la sua attendibilità è poco probabile.

3. Criterio della dissomiglianza. Questo criterio si basa sull'idea che un racconto non sia plausibilmente autentico se serve a rafforzare faziosamente una certa tesi o dottrina. Ad esempio, le storie sull'infanzia di Yeshùa riportate dal Vangelo di Tommaso, non rispondono a questo criterio e non sono storicamente attendibili perché assolvono faziosamente al fine cristiano di dimostrare che Yeshùa era il potente messia anche prima del suo ministero. Esempio contrario: la provenienza da Nazaret. Dal momento che Nazaret era un centro talmente insignificante da aver a malapena lasciato tracce storiche, è inverosimile che il Messia fosse fatto provenire da lì, dunque questa informazione soddisfa il criterio della dissomiglianza. La stessa cosa non si può dire della nascita virginale, tema caro alla teologia cristiana successiva che sostiene non solo la sua messianicità ma addirittura la sua divinità. Invece, nel contesto storico-culturale del tempo sarebbe stato meglio che Yeshùa avesse avuto una genealogia precisa che lo riconducesse a Davide, piuttosto che fosse nato da una vergine (e sai bene quanti problemi esistano con le due genealogie di Mr e Lc, che sembrano scritte per far discendere Yeshùa da Davide ad ogni costo).

Un criterio che non si può assolutamente utilizzare su un piano critico e storico è la convinzione che un testo sia genuino solo perché una organizzazione religiosa afferma che lo sia o perché i padri della chiesa lo dicono o perché noi lo crediamo sulla base della fede. Stabilire la probabile o improbabile genuinità di un racconto è molto importante, perché ci aiuta a delineare con più precisione lo Yeshùa storico e la veridicità del suo insegnamento, dal momento che nessuno vorrebbe riporre la propria fede su informazioni che potrebbero essere inventate o essere pura elaborazione teologica. Per stabilire la genuinità di un testo antico che è il frutto di molteplici ricopiature nel corso di due o tre secoli è fondamentale quindi seguire questi criteri.

I primi due capitoli di Mt riportano anche altre storie che sono oggetto di forte critica da parte di storici e studiosi perché non soddisfano i criteri sopra esposti, vedi la stella, la visita dei sacerdoti zoroastriani, il censimento e il viaggio in Egitto. Gli interi primi due capitoli, dunque, potrebbero essere inattendibili, e infatti Mr non riporta i fatti descritti, né Giovanni, né ne esiste accenno nelle lettere paoline o nelle altre lettere, e neppure nelle fonti esterne del periodo. Anzi, da un esame accurato, ad esempio, si capisce che il censimento generale descritto da Luca è molto probabilmente un'invenzione atta a giustificare il passaggio da Betlemme, perché non esiste alcuna fonte che lo attesti (il censimento generale di Quirino avvenne nel 6 E.V.) e perché, se Yeshùa è nato durante il regno di Erode, non avrebbe potuto accadere durante il periodo in cui Quirino governava la Siria perché sono due periodi diversi.

Esistono molte spiegazioni date per armonizzare e avvalorare i primi due capitoli di Mt e la nascita virginale, ma sono tutte spiegazioni basate su ipotesi non dimostrabili storicamente e formulate da studiosi credenti o religiosi, ed è naturale che per un credente sia difficile anche solo pensare di mettere in dubbio certe cose. Però bisogna capire cosa si vuol fare: teologia, studio biblico del testo come si presenta, o un'indagine più approfondita che tocca anche l'ambito storico e critico. In quest'ultimi due casi bisogna anche esaminare con attenzione le motivazioni degli storici e dei critici che non sono religiosi né credenti. Insomma, finché si studia in modo da avere una visione completa è importante sentire tutte le campane e indagare per capire se lo Yeshùa della religione corrisponde effettivamente a quello dei Vangeli e se quest'ultimo corrisponde probabilmente a quello storico, altrimenti saremo semplicemente influenzati da una credenza che non ha alcuna base di fondatezza, se non il dogma. Ma per quello bastano la religione e la sua dottrina, non occorre lo studio dei testi e l'indagine storico-critica. E va pur bene. Oppure ci si può fermare allo studio del testo per come si presenta oggi, senza indagare oltre, e va pur bene.
marco
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Re: Yeshu'a è Dio?

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Gianni ha scritto:Caro Marco, la traduzione di Mr 3:21 va rivista sul testo originale greco, che dice letteralmente: “E aventi udito quelli con lui uscirono per prendere lui, dicevano infatti che è fuori di sé”. “Parenti” è un’interpretazione del traduttore.
Caro Gianni, chiunque si celi dietro questa fumosa frase, di certo, non sono i fratelli e la madre del Signore.
La certezza viene palesata dal versetto 31 in cui è detto che “giunsero sua madre e i suoi fratelli”.
Quindi chiunque fosse quel gruppetto non erano certamente i familiari stretti.
Possiamo adesso affermare con certezza che mai Maria considerò suo figlio “fuori di sé”.
Gianni ha scritto: Al v. 31 è detto che “giunsero sua madre e i suoi fratelli; e, fermatisi fuori, lo mandarono a chiamare”. Il loro atteggiamento è quello tipico della madre o dei fratelli che vanno a prendere il loro congiunto che sta dando spettacolo per riportarlo a casa. E lo fanno pure con grande imbarazzo, perché non lo chiamano direttamente ma lo mandano a chiamare.
Io do una interpretazione diversa dalla tua. Ci troviamo all’inizio della sua predicazione. Maria e i suoi fratelli, non erano ancora abituati a vedere folle oceaniche (Dalla Giudea e da Gerusalemme e dall'Idumea e dalla Transgiordania e dalle parti di Tiro e Sidone una gran folla, sentendo ciò che faceva, si recò da lui Mr3,8) che circondavano letteralmente Gesù (Allora egli pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero.Mr3,9) Nell’episodio della casa assaltata dalla folla in cui, come al solito, Gesù non risparmia stoccate agli scribi, si palesa in quella città il pericolo di ordine pubblico. Ecco secondo me perché la madre e i fratelli vanno a prendere Gesù, che ai loro occhi, questa volta, l’aveva combinata troppo grossa. Immagino la scena: Maria appena viene a sapere del parapiglia intorno a suo figlio, il suo cuore si strugge, e chiamati i figli come aiuto, si precipita alla ricerca del figlio. Quando lo trova, con la delicatezza a cui l’aveva sicuramente abituata Gesù, non si fa largo tra la folla serrata, spingendo e urlando, ma con un passaparola, fa sapere al figlio che lei è lì, per lui. Povera Maria, abituata alle risposte dure del figlio (che c’è tra me e te o donna?) ne riceve un’altra che da una parte le causa dolore ma dall’altra le ricorda la messianicità del figlio (Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio) infatti Gesù dice a gran voce che sua madre è chiunque fa la volontà di Dio.
Maria come qualsiasi madre sensata del mondo non può provare imbarazzo per suo figlio. Il sentimento più vicino potrebbe essere la compassione. Ma mai imbarazzo. E poi signori... che figlio!
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Re: Yeshu'a è Dio?

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Gianni ha scritto:perché i suoi peggiori nemici sono proprio quelli di casa sua. - Mt 10:36.
Per amore alla verità, la frase non è riferita direttamente alla sua famiglia e soprattutto a sua madre. Gesù non disse che i suoi peggiori nemici sono quelli di casa sua.
Ecco il testo intero:
Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa.
Il soggetto sottinteso è la santità che per forza maggiore separa le persone fino dentro le case.
Gesù non può spingere la figlia contro la madre perchè andrebbe contro il 5 comandamento.
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Re: Yeshu'a è Dio?

Messaggio da bgaluppi »

Marco, Gv 7:5, che ti ha citato Gianni, toglie ogni dubbio che la sua famiglia non credesse in lui: "infatti neppure i suoi stessi fratelli avevano fede [ἐπίστευον] in lui".

Il v.3:21 riporta οἱ παῥ αὐτοῦ (hoi par'autù), che il Thayer Greek Lexicon traduce con “quelli di famiglia”. Il Rocci spiega che tale costruzione può indicare amici, familiari o messi. Il v.20 utilizza un verbo al plurale (μὴ δύνασθαι, me dùnastai, "non potevano" mangiare), che indica che Yeshùa era in compagnia di qualcuno, probabilmente i discepoli appena scelti. Poi abbiamo "hoi par'autù" che "partirono [cioè uscirono di casa] per prenderlo", dunque non erano con lui ma "uscirono fuori" da un altro luogo per andare dove lui era. Il verbo ἐξέρχομαι è molto preciso e significa "andare o venire fuori da" e "farsi avanti" da un posto per andare in un altro. Il versetto dice "I suoi parenti, udito ciò, uscirono [di casa] per prenderlo, dicendo: «È fuori di sé»". Avevano udito ciò che stava accadendo e andarono a prenderlo. Al v.31 arrivano: "Arrivano sua madre e i suoi fratelli; e, fermatisi fuori, lo mandarono a chiamare".

Perché, dunque, i suoi familiari dicevano "è fuori di sé"? Perché "non avevano fede in lui", altrimenti - se avessero avuto la certezza e la convinzione che fosse il Messia - non avrebbero certo potuto pensare che fosse "fuori di sé" e anzi avrebbero creduto in lui.
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Re: Yeshu'a è Dio?

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Giusto, Antonio. Si tratta di un’espressione tipica: letteralmente “i suoi” (espressione che si usa anche in italiano per indicare i familiari). La sequenza è questa: Yeshùa e i Dodici entrano in una casa (senza articolo in greco, quindi non una casa specifica) e sono assediati da una grande folla (Mr 3:20); quando “i suoi” vengono a saperlo escono [da casa loro] per andare a prenderlo perché pensano che sia uscito di testa (v. 21); nel frattempo arrivano gli scribi che pure ritengono che straparli e lo accusano di essere indemoniato (v. 22); alla fine arrivano “i suoi”, sua madre e i suoi fratelli, che lo mandano a chiamare ritenendolo appunto uscito di senno. – V. 31.
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