Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiviso

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Giorgia
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Giorgia »

Che bello! Sto cominciando a capire pure io! :d
Grazie Gianni! :YMHUG:
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Gianni
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Gianni »

Mi hai fatto sorridere di simpatia, Giorgia! :-) Sono contento.
Aldo
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Aldo »

Caro Gianni
Perché lo scrittore biblico ha scritto ciò che ha scritto? A chi scriveva? Cosa voleva dire?
Sicuramente voleva esprimere un concetto con un signignificato ben preciso e sotto questo punto di vista la narrazione storica passa in secondo piano.
Però prima di questo, saprai sicuramente che i testi biblici non sono stati scritti da una mano in un momento temporale preciso. Per lo più si tratta di racconti orali tramandati magari per generazioni che arrivati ad un certo punto sono stati formalizzati e messi per iscritto.
Qual è il contesto culturale e storico in cui si inquadra il testo?
Questa è una domanda fondamentale. Credo che non si può parlare di un solo contesto, ma di tanti contesti sia dal punto di vista cronologico che dal punto di vista culturale. Il nuovo testamento essendo stato scritto in greco risente della cultura greca, mentre la stessa cosa non si può dire per il VT. La stessa parola ebraica come può essere lo Scheol nel corso del tempo muta di significato. Concordi?
Qual è il significato inteso al suo tempo? In che modo i suoi contemporanei capivano il testo?
Esatto, di questo se ne deve rendere conto e questo concetto si ricollega a quanto detto prima. La parola Sheol al tempo della diaspora aveva un significato diverso dal significato che gli attribuivano i coevi di Gesù. Quindi è assolutamente sbagliato assolutizzare il significato di un termine rendendono fisso e immobile sempre.
Saluti
Aldo
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Gianni
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Gianni »

Caro Aldo, di ciò che dici occorre tener conto, tuttavia le domande con cui iniziare a fare ermeneutica rimangono valide. Nei casi in cui un testo biblico è stato tramandato occorrerà allora vedere se il senso originale sia stata tradito, cosa dubbia che non puoi dare per scontata.

Quanto alle Scritture Greche, non puoi affatto concludere che essendo state scritte in greco risentano della cultura greca. Un’attenta analisi dimostra che gli agiografi scrissero sì in greco ma mantenendo la loro mentalità ebraica.

Ti citi la parola sheol asserendo che nel corso del tempo muterebbe di significato. Perché mai arrivi a questa strana conclusione? Il termine greco ades è utilizzato per tradurre l’ebraico sheol, proprio come aveva già fatto la LXX. La parola indica la tomba.
Aldo
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Aldo »

Caro Gianni
Nei casi in cui un testo biblico è stato tramandato occorrerà allora vedere se il senso originale sia stata tradito, cosa dubbia che non puoi dare per scontata.

Non mi riferivo a questo concetto così drastico. Affermo semplicemente che il senso originale magari è mutato secondo quello che è un cambio di paradigma. Nelle scienze fisiche non accade mai che una teoria venga soppiantata da un'altra, ma semplicemente viene incamerata cambiato la prospettiva che si è nel frattempo allargata. Non a caso oggi gli scienziati parlano di unificare le quattro forze fondamentali della natura. Allargado la prospettiva non sono più quattro entità distinte e avulse l'una dall'altra, ma sono la stessa realtà di base viste da prospettive diverse. Non so se rendo l'idea.
Quanto alle Scritture Greche, non puoi affatto concludere che essendo state scritte in greco risentano della cultura greca
Come hai detto prima tu, bisogna chiedersi il perchè di ogni cosa. Se gli agiografi pensavano totalmente in aramaico, perchè mai scrivevano in greco?
. Un’attenta analisi dimostra che gli agiografi scrissero sì in greco ma mantenendo la loro mentalità ebraica.

Certo, mantennero la loro mentalità ebraica del tempo che era una cultura frutto dell'incrocio della cultara semitica con quella ellenica. Sbaglio o si parla di giudaesimo ellenico?
Ti citi la parola sheol asserendo che nel corso del tempo muterebbe di significato. Perché mai arrivi a questa strana conclusione? Il termine greco ades è utilizzato per tradurre l’ebraico sheol, proprio come aveva già fatto la LXX. La parola indica la tomba.
Se fosse come dici tu, come è possibile che in Lc 16 quando il ricco morì andò giustamente dell'Ades e qui viveva uno stato di tormento?
Pensi che Ecclesiaste vissuto diversi secoli prima avrebbe mai compreso queste parole di Gesù?
Un caro saluto
scapin michele
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da scapin michele »

Grazie Gianni,
incomincio un po a entrare nel tema.
Ma prima di continuare ce un particolare che non mi entra in testa, mi chiedo che cosa spinge uno studioso in ermeneutica , accostarsi al testo bibblico al di fuori del proprio cammino di fede, ci sono molti altri testi storici da prendere in considerazione perchè proprio la bibbia ?
Non riesco dividere le due cose, Bibbia e fede, forse il tuo è solo un esempio per farci capire meglio cosa vuoi dire , o conosci veramente qualcuno che si accosta al testo bibblico come ci si accosta a qualsiasi altro libro antico ?
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Gianni
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Gianni »

Caro Aldo, tu dici che il senso originale magari è mutato secondo quello che è un cambio di paradigma. Vero in parte. Ciò vale, ad esempio, per la cosmologia biblica, che cambia secondo l’epoca. Cambia, in questo caso, il sistema in cui è inquadrato il nostro pianeta (poggiante su colonne o sospeso nel vuoto, secondo l’epoca), ma il senso della parola “terra” non cambia.

Tu domandi perché, se gli agiografi pensavano totalmente in aramaico, perché mai scrivevano in greco. Mi sembra una domanda ingenua, data la semplicità della risposta: per essere capiti dai loro destinatari.
Facciamo la stessa cosa oggi. Se un italiano va a Londra, deve parlare inglese se vuol essere capito. Tuttavia, continua a pensare in italiano.
Ti faccio un esempio biblico. In Mt 9:36 è detto che Yeshùa, “vedendo le folle, ne ebbe compassione”. Probabilmente qui tu non ci troverai nulla di strano. Devi sapere però che qui il traduttore ha tradotto due volte: sia in italiano che "in occidentale". Matteo dice che Yeshùa ἐσπλαγχνίσθη (esplanchìsthe), letteralmente “fu smosso negli intestini”. Se cerchi il verbo σπλαγχνίζομαι (splanchnìzomai) in un buon vocabolario di greco, troverai sotto questa voce l’annotazione “NT”, che sta per Nuovo Testamento. I classici greci mai avrebbero usato, né mai usarono, quel verbo in quel senso.
Ecco allora che l’ermeneutica ci aiuta a capire. Infatti, per gli ebrei la sede delle emozioni era negli intestini. Matteo pensava in ebraico.

Riguardo al ricco della parabola, che nell’ades si trovò nei tormenti, tu dimentichi che l’altro personaggio fittizio si trovò invece nel seno di Abraamo. Che vuol dire? L’ermeneutica ci permette appunto di capire ambedue le ambientazioni.

Comunque, caro Aldo, il miglior modo di mettere alla prova un metodo è di provarlo. Le domande chiave che ho segnalato sono in attesa di essere messe alla prova.
Occorre però conoscere prima altri elementi, come il senso biblico e i generi letterari. Porta pazienza e non essere critico per preconcetto. Ne vale la pena, credimi.

Rispondo a Scapin.
Caro Michele, sì, ci sono persone che accostano il testo biblico senza fede. Ti cito un personaggio conosciuto: il filosofo Cacciari. Non è un credente, ma conosce bene la parte greca della Bibbia. Se lo senti discutere con teologi cattolici, ti accorgi come sa metterli in difficoltà.

Possiamo andare avanti?
Aldo
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Aldo »

Caro Gianni
Tu domandi perché, se gli agiografi pensavano totalmente in aramaico, perché mai scrivevano in greco. Mi sembra una domanda ingenua, data la semplicità della risposta: per essere capiti dai loro destinatari.
Perdonami caro Gianni. Ma tu pensi che a quei tempi ci fossero delle società editrici dedite alla pubblicazioni degli scritti biblici? Con tanto di traduttori madrelingua ebraica che traducevano in greco e viceversa?
La stragrande maggioranza della gente era analfateta e non conoscesca nè l'aramaico e ne il greco scritto. Da più parti sento dire che per esempio la lettera di Pietro non fu scritta da lui in persona e che il processo di redazione scritta ebbe luogo all'interno di vere e proprie scuole di pensiero che di fatto facevano capo alla tradizione risalente agli apostoli e agli evengelisti canonici che conosciamo. Quindi di cosa stiamo a parlare se è quasi certo che il Vangelo di Giovanni è stato redatto per come lo conosciamo (e neanche totalmente visto che ci sono arrivati dei frammenti dai vari papiri) in una ambiente culturale lontanto dalla Terra Santa di matrice ellenica?
Facciamo la stessa cosa oggi. Se un italiano va a Londra, deve parlare inglese se vuol essere capito. Tuttavia, continua a pensare in italiano.
Il tuo problema è che la pensi come la pensano tutti con la mentalità di oggi, come se prendere un aereo, studiare a livello accademo il greco, fosse una realtà a portata di molti nel tempo presente di due millenni fa. Ma non è affatto così.
Ti faccio un esempio biblico. In Mt 9:36 è detto che Yeshùa, “vedendo le folle, ne ebbe compassione”. Probabilmente qui tu non ci troverai nulla di strano. Devi sapere però che qui il traduttore ha tradotto due volte: sia in italiano che "in occidentale". Matteo dice che Yeshùa ἐσπλαγχνίσθη (esplanchìsthe), letteralmente “fu smosso negli intestini”. Se cerchi il verbo σπλαγχνίζομαι (splanchnìzomai) in un buon vocabolario di greco, troverai sotto questa voce l’annotazione “NT”, che sta per Nuovo Testamento. I classici greci mai avrebbero usato, né mai usarono, quel verbo in quel senso.
Io non ho mai studiato il greco, però da profano mi viene da fare questo ragionamento. Tu dici che Pietro in persona, da buon ebreo, non si sa quando, ma da pescatore che era di sera si era iscritto al CEPU per studiare greco a livello accademico (cosa ben diversa dal greco parlato come ben saprai); dopo l'ascesa al cielo di Gesù scriveva delle lettere a persone di cultura greca che non erano quindi ebrei. Nel fare questo pensava in aramaico, ma scriveva in greco cambiando il significato canonico delle parole greche secondo la sua cultura semitica. Mi spieghi cosa potevano mai capire i destinatari delle missive se conoscevano il significato delle parole greche secondo la loro cultura ellenica.
E' come se ci fosse un cinese che scrive in italiano pensando ai suoi idiomi in cinese, secondo te si capirà mai nulla di quello che ha scritto in italiano se chi legge non conosce il cinese?
Ecco allora che l’ermeneutica ci aiuta a capire. Infatti, per gli ebrei la sede delle emozioni era negli intestini. Matteo pensava in ebraico.
Giusto, infatti l'ermeneutica è fondamentale per comprendere il vero messaggio delle Scritture. Ma non deve essere per nulla facile fare buona ermeneutica se non di mettono apposto tutti i tasselli storici, culturali, sociali, ecc..
Riguardo al ricco della parabola, che nell’ades si trovò nei tormenti, tu dimentichi che l’altro personaggio fittizio si trovò invece nel seno di Abraamo. Che vuol dire? L’ermeneutica ci permette appunto di capire ambedue le ambientazioni.
Esatto. Si capisce che l'Ades era già diventato qualcosa di molto vicino all'inferno odierno, mentre il seno di Abrano si avvicina a quello che oggi si chiama paradiso. A conferma quindi del mutamento da me presupposto prima. Solo se si parte dal presupposto che la Bibbia non è un testo dove tutto è vero e immutabile sempre si può arrivare a fare della buona ermeneutica, altrimenti si rischia di fare delle forzature enormi per far conciliare tutte le verità dei vari libri e quando la coperta è corta si può anche coprire una cosa, ma inevitabilmente se ne scopere un'altra. Un esempio classico di questo concetto lo ritroviamo nella teologia dei TdG, dove il NT viene rivoltato come un calzino per far quadrare i conti con la visione che emerge dal VT.
Comunque, caro Aldo, il miglior modo di mettere alla prova un metodo è di provarlo. Le domande chiave che ho segnalato sono in attesa di essere messe alla prova.
Occorre però conoscere prima altri elementi, come il senso biblico e i generi letterari. Porta pazienza e non essere critico per preconcetto. Ne vale la pena, credimi.
Caro Gianni, ti seguo con difficoltà nell'uso di questi termini più tecnici, non credi che sia il caso di esprimere i concetti con continui esempi come hai fatto prima?
Comunque andiamo avanti.... :-)
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Gianni
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da Gianni »

Caro Aldo, stai andando molto fuori tema. Potrei liquidare le tue obiezioni dicendo che l’ermeneutica si occupa del testo così come ci è pervenuto.
Visto però che hai posto obiezioni, faccio una parentesi e ti rispondo, invitandoti nel contempo a porre obiezioni quando cercheremo di mettere in partica su qualche testo biblico il metodo ermeneutico che stiamo elaborando.

Riguardo a 1Pt, ciò che dici concerne la paternità dello scritto e non l’ermeneutica.
Riguardo a Gv, il greco non buono del testo ne testimonia la paternità giovannea, dato che Giovanni era scolasticamente ignorante.
Di nuovo ti faccio presente che tutto ciò non ha a che fare con l’ermeneutica.

Riguardo alla tua obiezione che i destinatari delle missive potevano capire il significato delle parole solo secondo la loro cultura, potrei risponderti domandatoti a mia volta perché mai allora gli agiografi scrissero in greco. Dalle lettere paoline, tutte scritte in greco, non risultano incomprensioni circa la lingua a parte dei destinatari. Ti faccio un altro esempio biblico. In Gc 2:19 è detto che “anche i demòni lo credono [che c’è un solo Dio] e tremano”. Anche qui abbiamo una traduzione “in occidentale”. Giacomo dice che i demòni φρίσσουσιν (frìssusin), letteralmente “hanno i peli irti”. Noi diremmo che si rizzano i capelli o che si accappona la pelle. Anche se l’espressione non è certo da greco letterario, i destinati capivano. Così come capiresti tu, si spera, se un israeliano che parla italiano ma continua a pensare in ebraico ti offrisse del vino dicendoti che si tratta di vino “figlio di 10 anni” per intendere “invecchiato per 10 anni”.

Per il resto poni problemi dottrinali che nulla hanno a che fare con la parabola del ricco e di Lazzaro.

Sinceramente non capisco tutte queste tue obiezioni. Sembrerebbe quasi che tu abbia paura di usare l’ermeneutica.

Rimaniamo in tema, per cortesia.
Attendo conferma da chi mi legge per sapere se posso proseguire con l’ermeneutica. Se poi l’argomento non interessa, non ho problemi a smettere qui.
Grazie.
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bgaluppi
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Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv

Messaggio da bgaluppi »

Aspetta Gianni, sono rimasto un po' indietro...
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