
Grazie Gianni!

Sicuramente voleva esprimere un concetto con un signignificato ben preciso e sotto questo punto di vista la narrazione storica passa in secondo piano.Perché lo scrittore biblico ha scritto ciò che ha scritto? A chi scriveva? Cosa voleva dire?
Questa è una domanda fondamentale. Credo che non si può parlare di un solo contesto, ma di tanti contesti sia dal punto di vista cronologico che dal punto di vista culturale. Il nuovo testamento essendo stato scritto in greco risente della cultura greca, mentre la stessa cosa non si può dire per il VT. La stessa parola ebraica come può essere lo Scheol nel corso del tempo muta di significato. Concordi?Qual è il contesto culturale e storico in cui si inquadra il testo?
Esatto, di questo se ne deve rendere conto e questo concetto si ricollega a quanto detto prima. La parola Sheol al tempo della diaspora aveva un significato diverso dal significato che gli attribuivano i coevi di Gesù. Quindi è assolutamente sbagliato assolutizzare il significato di un termine rendendono fisso e immobile sempre.Qual è il significato inteso al suo tempo? In che modo i suoi contemporanei capivano il testo?
Nei casi in cui un testo biblico è stato tramandato occorrerà allora vedere se il senso originale sia stata tradito, cosa dubbia che non puoi dare per scontata.
Come hai detto prima tu, bisogna chiedersi il perchè di ogni cosa. Se gli agiografi pensavano totalmente in aramaico, perchè mai scrivevano in greco?Quanto alle Scritture Greche, non puoi affatto concludere che essendo state scritte in greco risentano della cultura greca
. Un’attenta analisi dimostra che gli agiografi scrissero sì in greco ma mantenendo la loro mentalità ebraica.
Se fosse come dici tu, come è possibile che in Lc 16 quando il ricco morì andò giustamente dell'Ades e qui viveva uno stato di tormento?Ti citi la parola sheol asserendo che nel corso del tempo muterebbe di significato. Perché mai arrivi a questa strana conclusione? Il termine greco ades è utilizzato per tradurre l’ebraico sheol, proprio come aveva già fatto la LXX. La parola indica la tomba.
Perdonami caro Gianni. Ma tu pensi che a quei tempi ci fossero delle società editrici dedite alla pubblicazioni degli scritti biblici? Con tanto di traduttori madrelingua ebraica che traducevano in greco e viceversa?Tu domandi perché, se gli agiografi pensavano totalmente in aramaico, perché mai scrivevano in greco. Mi sembra una domanda ingenua, data la semplicità della risposta: per essere capiti dai loro destinatari.
Il tuo problema è che la pensi come la pensano tutti con la mentalità di oggi, come se prendere un aereo, studiare a livello accademo il greco, fosse una realtà a portata di molti nel tempo presente di due millenni fa. Ma non è affatto così.Facciamo la stessa cosa oggi. Se un italiano va a Londra, deve parlare inglese se vuol essere capito. Tuttavia, continua a pensare in italiano.
Io non ho mai studiato il greco, però da profano mi viene da fare questo ragionamento. Tu dici che Pietro in persona, da buon ebreo, non si sa quando, ma da pescatore che era di sera si era iscritto al CEPU per studiare greco a livello accademico (cosa ben diversa dal greco parlato come ben saprai); dopo l'ascesa al cielo di Gesù scriveva delle lettere a persone di cultura greca che non erano quindi ebrei. Nel fare questo pensava in aramaico, ma scriveva in greco cambiando il significato canonico delle parole greche secondo la sua cultura semitica. Mi spieghi cosa potevano mai capire i destinatari delle missive se conoscevano il significato delle parole greche secondo la loro cultura ellenica.Ti faccio un esempio biblico. In Mt 9:36 è detto che Yeshùa, “vedendo le folle, ne ebbe compassione”. Probabilmente qui tu non ci troverai nulla di strano. Devi sapere però che qui il traduttore ha tradotto due volte: sia in italiano che "in occidentale". Matteo dice che Yeshùa ἐσπλαγχνίσθη (esplanchìsthe), letteralmente “fu smosso negli intestini”. Se cerchi il verbo σπλαγχνίζομαι (splanchnìzomai) in un buon vocabolario di greco, troverai sotto questa voce l’annotazione “NT”, che sta per Nuovo Testamento. I classici greci mai avrebbero usato, né mai usarono, quel verbo in quel senso.
Giusto, infatti l'ermeneutica è fondamentale per comprendere il vero messaggio delle Scritture. Ma non deve essere per nulla facile fare buona ermeneutica se non di mettono apposto tutti i tasselli storici, culturali, sociali, ecc..Ecco allora che l’ermeneutica ci aiuta a capire. Infatti, per gli ebrei la sede delle emozioni era negli intestini. Matteo pensava in ebraico.
Esatto. Si capisce che l'Ades era già diventato qualcosa di molto vicino all'inferno odierno, mentre il seno di Abrano si avvicina a quello che oggi si chiama paradiso. A conferma quindi del mutamento da me presupposto prima. Solo se si parte dal presupposto che la Bibbia non è un testo dove tutto è vero e immutabile sempre si può arrivare a fare della buona ermeneutica, altrimenti si rischia di fare delle forzature enormi per far conciliare tutte le verità dei vari libri e quando la coperta è corta si può anche coprire una cosa, ma inevitabilmente se ne scopere un'altra. Un esempio classico di questo concetto lo ritroviamo nella teologia dei TdG, dove il NT viene rivoltato come un calzino per far quadrare i conti con la visione che emerge dal VT.Riguardo al ricco della parabola, che nell’ades si trovò nei tormenti, tu dimentichi che l’altro personaggio fittizio si trovò invece nel seno di Abraamo. Che vuol dire? L’ermeneutica ci permette appunto di capire ambedue le ambientazioni.
Caro Gianni, ti seguo con difficoltà nell'uso di questi termini più tecnici, non credi che sia il caso di esprimere i concetti con continui esempi come hai fatto prima?Comunque, caro Aldo, il miglior modo di mettere alla prova un metodo è di provarlo. Le domande chiave che ho segnalato sono in attesa di essere messe alla prova.
Occorre però conoscere prima altri elementi, come il senso biblico e i generi letterari. Porta pazienza e non essere critico per preconcetto. Ne vale la pena, credimi.