buon giorno ...sono sempre sola soletta ,...
vedo che dietro le quinte ci siete ,..

ho capito che volete lasciare solo a me '''il palco '''
oggi ho pensato un po' di attualita ,mahh no ho trovato un bel racconto preso da (Scintille dell’Anima, Yarona Pinhas)...ma foto della mia cara indimenticabile sorella maggiore RICCARDA M. G.
Lo strappo, qeri’à קריעה
“Dio Disse poi: Sia una distesa, raqia’( רקיה)in mezzo alle acque che separi le une dalle altre. Dio fece la distesa e separò le acque che sono al di sotto della distesa da quelle che sono al di sopra di essa… Si riuniscano le acque che sono al di sotto del cielo in un sol luogo sì che apparisca l’asciutto” (Genesi 1:6-9). Allegoricamente ritroviamo un’immagine di nascita.
Dissero i saggi: “Dio con il suo mignolo lacerò in due parti la distesa. Non leggere, raqia’, firmamento, ma qeri‘à, lacerazione” (Midràsh ha-Gadòl Genesi 6).
Qeri‘à, קריעה lacerazione e raqia’, רקיע (stesse lettere in ebraico), la distesa del cielo: dallo strappo nasce una nuova vita.
Per qeri‘à s’intende la rottura delle acque al momento della nascita e lo stesso termine indica l’apertura del mar Rosso. Mosè con il suo bastone crea il passaggio nelle acque del mare. In ebraico, il termine usato per "spartizione delle acque" è qri'at yam suf, ,קריעת ים סוף che potrebbe essere letto “lo strappo del mare finito (sof)”: l'uomo può percepire il finito-limitato e non l'infinito-illimitato. Il popolo camminò all’asciutto verso la Terra Promessa, verso il cielo aperto: raqia’. Mosè fu l’ “ostetrico” del popolo d’Israele, dal verbo masha, “estrarre”.
Tutt’altro tipo di separazione è il rito della qeri‘à in un funerale ebraico quando ai parenti prossimi del defunto viene strappato un lembo dell’abito. Chi rimane in terra è sovrasto dal dolore, e dalla disperazione, uno strappo al cuore, uno strappo alla famiglia, uno strappo alla comunità.
Per questa ragione non si usa salutare una persona in lutto con “Shalom”, poiché questa parola deriva dalla radice shalem, completezza: una parte di me non c’è più, si è rotta l’integrità familiare.
Il rito della qeri’à ha un significato delicato e pietoso: è il viatico verso i cieli, raqia’ per l’anima di chi ci ha lasciato. Quel che rimane è un vuoto, chalal, (anche morte) quello stesso vuoto cosmico che anticipò la Creazione “Perché io sono povero e misero, e il mio cuore è vuoto (come morto) dentro di me, velibbi chalal bekirbi” (Salmi 109:22).
Cosa fare con questo strappo? C’è chi vorrà "ricucirlo” al più presto, c’è chi vivrà lo strappo anche dopo un lungo periodo di lutto e c’è chi invece trova nello strappo stesso una via d’uscita verso la vita.
Il criterio da seguire è questo: "leggere lo strappo". In ebraico si tratta di scambiare due lettere: la 'ayin di qeri'à, קריעה, strappo, con l'alef di qeria, קריאה, lettura, chiamata. Quando si ha conoscenza e metodo di lettura per capire gli eventi che accadono nella nostra vita, troviamo senso alle difficoltà e questo diventa fonte di vitalità. Quando invece, non si trova un filo conduttore agli eventi, allora la vita è percepita come priva di senso e scopo ed è vissuta con amarezza.
“Il neonato, tinoq, תינוק viene al mondo piangendo poiché si è distaccato, nituq, ניתוק dalla dimensione divina. Lo scopo della vita nella dimensione terrestre è fare esperienza, acquisire consapevolezza, espandere la coscienza per rettificare tiqùn, תיקון ciò che è infranto.
Queste parole sono composte dalle stesse lettere: neonato, tinoq, תינוק distacco, nituq, ניתוק e rettificazione tiqùn, תיקון
Finito il compito, imparata la "lezione" ci si distacca dal mondo fisico e si ritorna a Casa.
L'esistenza del corpo è chiamata chayyé sha'à, vita dell'ora (del momento), mentre quella dell'anima è nominata chayyé netzach, la vita eterna. Il cimitero in ebraico è chiamato anche eretz hachayyim, la terra dei viventi, poiché "morte" non è il termine contrario di "vita" ma di "nascita". La vita consiste in due momenti contrapposti: nascita e morte”