Interpretazione delle Scritture Ebraiche

noiman
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Noi tutti siamo abituati a leggere le scritture quando vogliamo e quanto vogliamo, Oggi ovunque sono disponibili copie delle Bibbie, presenti in tutti i formati e nelle lingue che vogliamo, le trovi anche nei comodini nelle camere in tutti gli alberghi….. anche a Gerusalemme, Vangeli compresi.

Ma nei tempi biblici nell’era di Noàch queste non erano disponibili perché non esistevano, coloro che vissero prima di Moshè avevano solo le leggi Noachide di cui non è conosciuta una versione scritta , tutto quello che sappiamo è affidato alla tradizione orale. Queste leggi furono date a tutti gli uomini con lo scopo di controllare la violenza sociale e l’estrema conflittualità dell’umanità che viveva secondo il principio della predazione. Queste leggi non contemplavano l’adorazione divina, ne contenevano insegnamenti morali.
Ma se crediamo che la Torah è preesistente al nostro mondo perché non fu data agli uomini prima?
Per lo stesso motivo che mancarono dieci giusti a salvare il mondo dal diluvio,….li trovo Avrahàm ?
La mistica ebraica tira in campo il צדיק נסתר, “il giusto nascosto”, anzi i “ zadichim nistarìm” i sorveglianti del mondo che salvano il mondo dalla distruzione in virtù della loro saggezza e compaiono quando è necessario salvare l’umanità da disastri imminenti, queste persone sagge sono nel mondo sempre in numero di 36, chiamati i giusti del mondo essi sono celati a tutti, conosciuti solo da D-o e sconosciuti tra di loro.
I zaddichim nistarim prefigurano l’idea messianica che comparirà in seno all’ebraismo solo in epoca più tarda.
Secondo la tradizione Avrahàm sarebbe uno di questi giusti , forse anche Melkizedeq , figlio di Shem è uno di questi tzaddìch e lo possiamo intuire quando leggiamo del suo incontro con Avrahàm.
Abrahàm conosceva la Torah ? Forse si e lo possiamo dedurre da quello che è scritto in Bereshit :
עקב אשר שמע אברהם בקלי וישמר משמרתי מצותי חקותי ותורתי
“Come premio che Avrahàm mi obbedì, osservò i miei ordini, i miei comandamenti, i miei statuti e le mie leggi” (bereshit –toledòth 26/5) (genesi).
Da questo possiamo trarre l’insegnamento che prima di Moshè la Torah scritta e orale fu insegnata ad Avrahàm , ma questi insegnamenti rimasero a livello individuale .
Il Sefer ha –Bahir commenta più profondamente questo passo:

Che cosa significa i miei precetti? Così dice l’attributo della clemenza: Per tutti i giorni in cui Abramo fu al mondo, non dovetti compiere il mio lavoro, giacché Abramo stette colà al mio posto, e osservò i miei precetti. Poiché questo è il mio lavoro: Io giustifico il mondo; anche quando sono colpevoli, io li giustifico. E ancora, faccio sì che si pentano e induco il loro cuore a compiere la volontà del padre loro che è nei cieli”.E Abramo fece tutto questo come è scritto”E Abramo piantò una tamerice a Bersabea e li invocò il Nome del Signore Dio Eterno (Bereshit 21/33). Preparò il suo pane e la sua acqua per chiunque venisse: li giustificava, e parlava al loro cuore: “Chi servite?Servite il Signore, Dio del cielo e della terra. Predicava loro, finché non si pentivano. Da dove sappiamo che egli giustificava anche coloro che erano colpevoli?. Poiché è detto:”Nasconderò io ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo sta per diventare una nazione grande e potente e in lui saranno benedette tutte le nazioni della terra?(Bereshit 18/17-18).

I patriarchi non avevano ancora ricevuto la Torah, eppure essi mettevano in pratica tutte le mizvòt, nell’episodio narrato in Bereshit( 18) Avrahàm presenta le mazzòt agli angeli, compie la mizvà di Pesach prima ancora che gli ebrei fossero schiavi in Egitto; questo lo capiamo quando egli dice a Sarah: ””sbrigati” questo sbrigati non era riferito alla necessità di anticipare il pane agli angeli, ma l’urgenza è di impedire all’impasto di farina di diventare “chamez” cioè pane lievitato. Lo possiamo anche dedurre quando Avrahàm corre a prendere un animale che doveva rappresentare il Korban, il sacrificio di Pesàch .
I patriarchi non sono comandati, eppure essi eseguono le mizvòt.
Tutto questo che vi ho scritto è l’interpretazione delle parole “non c’è un prima o un dopo nella Torah”

Solo con la rivelazione sul monte Sinai viene consegnata la Torah a Israele , la tradizione ebraica ritiene che essa sia stata scritta da Moshè sotto dettatura di D-o.
I cinque libri che la compongono sono stati tutti scritti sul Sinai nello spazio di quaranta giorni, ma il loro contenuto doveva ancora avverarsi, gli avvenimenti narrati e non ancora avvenuti occupano trentanove anni.
Il paradosso è che Moshè apprese della sua morte mentre scriveva sotto dettatura del Santo. Su questo esiste un interessante midrash che magari in seguito vi riporterò.

Secondo la tradizione Moshè scrisse tutta la Torah , meno gli otto versi che parlano della sua sepoltura , ancora oggi nell’ultima lettura pubblica della parashà “Vezòth ha- Berachà” questi ultimo otto versi vengono ritenuti speciali e per tradizione non possono essere interrotti da due lettori differenti, a legger gli ultimi otto versi è il Chatàn Torah, “ lo sposo della Torah “colui che conclude il ciclo annuale della Torah che termina con l’ultima parola che è “ Israel” , un riconoscimento a Moshè che non fu in grado di scrivere gli ultimi otto versi.

Per il resto della Torah, ho già detto che la tradizione afferma che D-o dettava, Moshè ripeteva e poi scriveva. Per gli ultimi otto versi è mancata la fase della ripetizione prima della scrittura, perché egli era già con D-o.

“Ha detto il Maestro: ‘Jeoshua ha scritto il suo libro e gli (ultimi) otto versi nella Torà.’ Questa Baraità è stata insegnata secondo l’opinione che gli otto versi nella Torah li abbia scritti Jeoshua. Poiché è insegnato: ‘‘E morì lì Moshè servo del Signore…’ (Devarim 34) . È possibile che dopo esser morto Moshè
scriva: ‘E morì lì Moshè’? Allora fino a qui ha scritto Moshè, da qui in poi ha scritto Jeoshua.’ [….] parole di Rabbì Jeudà, ed alcuni dicono di Rabbì Nechemià. Gli disse Rabbì Shimon: ‘È possibile che al Sefer Torà [scritto da Moshè] mancasse una sola lettera? Ma è scritto: ‘Prendete questo Sefer Torà’ (Devarim 31/26) [Quindi il Sefer Torah doveva essere completo quando Moshè lo ha dato in consegna ai Leviti!] Allora fino a qui il santo Benedetto Egli Sia dettava e Moshè ripeteva e scriveva, da qui in poi il Santo Benedetto Egli Sia dettava e Moshè scriveva con le [sue] lacrime’.”
(Tb Bavà Batrà 15a)

Una altra tradizione (Baraità) sottolinea il tutto con l’affermazione: “Il Santo Benedetto Egli Sia, dettava e Moshè ripeteva e scriveva, poi fu il Signore a scrivere la fine con le lacrime di Moshè”.

Sappiamo leggendo Dvarim (deuteronomio) che la Torah fu consegnata da Moshè stesso al popolo :” Allorché Moshè terminò di scrivere su di un libro le parole di questa legge fino alla fine, Moshè stesso ordinò ai Leviti che portavano l’arca del Patto del Signore: ”prendete questo libro della legge e ponetelo da una parte entro l’Arca del patto del Signore vostro Dio e resti là per testimonianza” (Dvarim- va-jèlech 333/26) (deuteronomio)

La Torah era già tutta scritta fin dal momento che essa fu data sul monte Sinai in un unico suono , וידבר אלהים את כל הדברים האלה לאמר “Il Signore pronunciò tutte queste parole, dicendo così”(Shmot-Itrò 20/1) (esodo).
Nel testo troviamo la parola “ kol” כל che vuole dire “tutto”, essa è scritta con la “cof”, iniziale, il testo dice: ” col ha- devarim”, disse il Signore tutte le parole”
Significa che il testo era completo ma mancava l’ordine giusto tra le lettere
Man mano che le cose avvenivano…. rivelandosi le lettere presero l’ordine giusto, con tutti gli spazi e i tutti “tagghìm” le corone e i gusti per comprenderla e assaporarla. .

Il Talmud amplia l’interpretazione di questi otto versi che Moshè non scrisse mai:

“Disse rabbi Jeudà :
nell’ora in cui Moshè è salito nell’eccelso ha trovato il Santo Benedetto Egli Sia che sedeva e legava delle corone sulle lettere (della Torah). Disse dinnanzi a lui: “Padrone del mondo, chi te lo fa fare ? Gli disse “ C’è un uomo destinato a vivere alla fine di molte generazioni, il suo nome è Akivà figlio di Josef, che ricaverà da ogni punto e punto (delle corone), mucchi e mucchi di Halachot (leggi).”Disse dinnanzi a Lui: “padrone del Mondo, fammelo vedere”. Gli disse:”Voltati”. Andò e si sedette dietro a otto file (di studenti) e non sapeva che cosa dicevano e si senti mancare. (Moshè). Quando giunsero a parlare di un certo argomento gli disse uno dei discepoli (a rabbì Akivà): “ maestro, da dove lo impari?”. Disse loro:”E una regola (data) a Moshè sul Sinai ,(al che Moshè si riprese). E tornato dinnanzi al Santo Benedetto Egli sia ed ha detto: “Padrone del mondo, hai un uomo del genere e Tu dai la Torah per mezzo mio?. “Disse lui:”Taci! Così ho deciso”. Disse dinnanzi a lui: Padrone del Mondo, mi hai fatto vedere la sua Torah, fammi vedere la sua ricompensa”. Gli disse: “Voltati”. Si voltò e vide che pesavano la sua carne (di Rabbì Akivà) al mercato bovino. Disse dinnanzi a lui: “Questa è la Torah e questa è la sua ricompensa? “Disse lui: “Taci. Così ho deciso.” ( Tb Menachot 29b).
Gli ultimi otto versi sono rappresentati dagli otto banchi della yeshivà virtuale in cui siede Moshè . Una separazione che non lo introduce nel mondo superiore e lo separa anche dalla terra di Israele . Gli ultimi otto versi della Torah nel libro di Dvarim raccontano della morte di Moshè, che egli non poté scrivere essendo mortale.
Gli otto banchi che separano Moshè dal maestro sono i suoi limiti, l’impossibilità di narrare la propria morte.
Il limite di Moshè è di possedere le lettere che concludono la Torah ma con la limitazione di non saperle comporre.
Otto banchi separano Moshè da rabbi Akìva che fu scorticato vivo dai romani perché non volle rinnegare la Torah come gli fu imposto.

Il resto del Tanach non era stato ancora scritto perché nulla del seguito era ancora accaduto.
Shalom
Noiman.
Ultima modifica di noiman il domenica 14 maggio 2017, 19:21, modificato 2 volte in totale.
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bgaluppi
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Noiman, hai ragione sul voto "00" per la permissività dei moderatori nei confronti di argomenti che poco hanno a che fare con la Scrittura e, soprattutto, con il tema della cartella. Certi commenti, da te citati, mostrano incomprensione su cosa sia Israele e cosa rappresenti, e lasciano intendere un certo pregiudizio. Ma qualche volta è necessario e utile lasciar correre e, invece di moderare, rispondere. Certe volte è meglio confrontarsi su certi argomenti, piuttosto che soffocarli; nei limiti della decenza e della tolleranza, naturalmente.

Questo lo scrivo in verde solo per evidenziare che sto parlando da moderatore. Se ti ritieni offeso da certi commenti, segnalali utilizzando il punto esclamativo rosso (in alto a destra sopra il commento); cosí facendo, tu come tutti gli altri ci darete un grosso aiuto nella difficile impresa della moderazione. :-) Kalebh è un professionista della segnalazione, e il suo apporto ci è molto utile.

Conosco persone che avevano pregiudizi sugli ebrei perché nessuno li aveva mai confrontati in modo serio sull'argomento; dopo il confronto, il pregiudizio era sparito. Se soffochiamo la comunicazione, non andiamo da nessuna parte; è necessario, invece, confrontarsi in modo pacato, pur restando saldi nelle proprie convinzioni. Questo è un concetto che ho imparato proprio da un ebreo, Jacob Neusner.

Un abbraccio, amico mio. :YMHUG:
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Gianni
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Sinceramente, sin dall'inizio io non ho neppure letto gli interventi in questa discussione. Per essere più preciso, appena letto il titolo (Interpretazione ebraica delle Scritture Ebraiche), ne fui molto attratto, ma vedendo da chi era proposta desistei e non mi ci inoltrai neppure. Pregiudizio, il mio? Forse, ma sia chiaro che non ho nulla contro la persona in sè. Ho avuto però la netta sensazione di trovarmi di fronte ad argomentazioni ... come dire? Come se un fariseo parlasse di Yeshùa oppure l'apostolo Giovanni di filosofia greca oppure l'apostolo Paolo di cucina giapponese.
Tema interessantissimo l'interpratazione ebraica del Tanàch. Ci sarebbe tanto, tantissimo, da imparare. Ma ad esporla dovrebbe essere un ebreo.
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Giorgia
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Giorgia »

Proposta: Visto che il l'argomento potrebbe essere veramente bellissimo... E se Noiman ci regala un po' del suo sapere, non potrà che diventare una perla di conoscenza, che ne dite se facciamo cadere questa discussione nell'oblio e ne apriamo un'altra identica (magari identificandola con un numero) dove poter approfondire?

Se siete d'accordo provvedo subito!:d

P.S. E davvero, non abbiate paura di segnalare. Purtroppo gli argomenti sono tanti e non solo, anche la sensibilità è diversa, per questo qualcosa, pur non volendo, ci può sfuggire...
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Gianni
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Giorgia, tu hai osato dire ciò che io speravo in segreto, che cioè sia il nostro caro Noiman a trattare la questione. :-) Se accetta di farlo, prego tutti di non fare i saccenti e di pretendere di insegnare, ma di porgli casomai domande per sapere, perchè tutti abbiamo necessità di imparare, ricordando che - come scrisse un ebreo come lui - agli ebrei "appartengono l'adozione, la gloria, i patti, la legislazione, il servizio sacro e le promesse". - Rm 9:4.
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bgaluppi
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Io seguirò molto volentieri. :-)
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Israel75
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Israel75 »

Vi seguo in sordina.

Cit.Frederick Forsyth (Scrittore e Giornalista britannico)
“Per i mercanti dell’odio esistono quattro livelli di individui cui rivolgere la loro avversione. Forse penserai che i cristiani siano al livello più alto. Non è così, perché anche voi credete nell’unico vero DIO e quindi, come gli Ebrei, siete un Popolo del Libro.”
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
noiman
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

14 e 15 parte
I “zaddichim nistarim” appartengono alla mistica ebraica, esattamente come nel cristianesimo compare ad un certo punto “l’angelo custode” che veglia sulla nostra individualità. Come ho scritto queste presenze appartengono alla cultura ebraica, quella che si raccontava nelle lunghe sere di inverno accanto al fuoco, quindi una specie di incoraggiamento antidoto ai mali del mondo.
La leggenda parte dalla osservazione che compare sul Talmud in commento dei giusti che mancando nel tempo di Noàch furono meno di dieci per salvare il mondo dal diluvio, Avrahàm ha suo tempo fece un conto, nel tempo della distruzione del mondo attraverso il diluvio, c’erano Noàch , sua moglie , i loro figli con le loro mogli; totale otto persone, D-o è il nono, questo non bastò ecco perché nasce il concetto che per salvare “un mondo”, una città e anche considerare lecita le lettura della Torah in una comunità occorrono dieci ebrei, che possono anche “incredibilmente” non giusti, il che giustifica il detto che:” nove rabbini colti non fanno “minian ”, mentre dieci ebrei ignoranti lo fanno. “

Non posso dirti se è vero che nel mondo esistono 36 giusti a salvarci, ma è bello crederci. Riguardo la “clemenza” questo è una parola che non appartiene all’interpretazione ebraica nel senso biblico, eppure la “clemenza” è un insegnamento che appartiene alla applicazione della “Legge”, invece esistono due definizioni importanti una si chiama Din la “giustizia nel rigore”, poi esiste Rachamim , che è la misericordia…….”giustizia e misericordia sono le forze che mantengono in equilibro il mondo, qualche volta è una a prevalere sull’altra, ma di fatto il mondo sussiste per il loro equilibrio.

Moshè Chaym Luzzato ha una intuizione da condividere . Egli scrive che la tensione tra Din e Rachamim su cui si basa il mondo è diversamente interpretata dalle religioni del Libro: il cristianesimo è tutto Rachamim, mentre l’Islam è tutto Din. Diversamente da queste l’ebraismo coglie l’essenza della questione: il mondo è in realtà mediazione:” Rachamim she-ba-din” o “ Rachamim mi-tokh Din”.
Quale è la via per ottenere la mediazione? L’esercizio della “Da’at “ !
la conoscenza.
Il calendario
si basa sul medesimo principio.
Il sole che dà la luce è Rachamim, mentre la luna che la riceve è Din.
Il calendario cristiano è solare è “Rachamim”.
Il calendario musulmano si basa invece sulla luna, essendo una cultura dominata interamente dal “Din”.
Il calendario ebraico è definito invece luni-solare, nel senso che introduce un raccordo fra i mesi lunari e le stagioni solari. E’ il raccordo cosmico fra Din e Rachamim.
E’ la Misericordia esercitata attraverso la Legge. In che modo? Tramite il da’at.’ Usando il da’at , chi ha sbagliato può essere reintegrato.
( rav. Somekh).

Per ultimo ti rispondo sulla domanda:
come viene valutata nel giudaismo la presenza di molteplici tradizioni riguardanti lo stesso tema? Ha una influenza sulla halachá o rappresentano artifici letterari con scopo educativo?”
“L’ebraismo non è un sistema di idee, è una casa in cui discute “
Le discussioni impegnano i singoli, ma l’edificio è sano, ben stratificato attraverso i commenti che sono fonte di meditazione e di studio, anche quando non tutti sono d’accordo.
Shalom
Noiman
____________________________________________________________________
15 parte

כי ינגנב-איש שור או-שה וטבחו או מכרו המשה בקר ישלם תחת השור וארבע-צאן תחת השה :
מן שמות-משפטים(21-37esodo (
Se un uomo ruba un toro o un agnello, poi lo macella e lo vende, pagherà cinque tori a compenso del toro rubato e quattro agnelli a compenso per l’agnello”

La prima interpretazione di Shmot 21/37 è il testo originale, poi di seguito la traduzione leggermente addomesticata , partendo da questo testo in italiano il lettore inizia a leggere e ha interpretare cioè comprendere attraverso gli e automaticamente entra in azione tutto l’insieme di cui siamo fatti, l’età che abbiamo, il livello di conoscenza (livello di studio), il tipo di società in cui viviamo, l’ambiente in cui viviamo, la nostra convinzione religiosa, il lavoro che facciamo, se per ipotesi il lettore è anche un contadino e possiede un toro o un agnello ci sarà comunque differenza di interpretazione con il cittadino metropolitano che pensa che il toro è solo marito della vacca.
Il lettore contadino e allevatore , sa attribuire il giusto significato al suo toro, sicuramente destinato solo alla riproduzione o per qualche fiera di paese , sicuramente sostituito da un trattore per spostare carichi pesanti; il cittadino da parte sua concepisce il toro in modo generico, l’agnello rimane confinato nell’ immagine bucolica del giovane animale indifeso e belante e forse dimentica che ne dispone di un quarto nel congelatore in garage.

Ma stiamo leggendo il libro dell’esodo nei capitoli di mispatim che sono le leggi che Moshè impartì a Israele. Sappiamo che siamo lontani oltre tremila anni da quegli avvenimenti, ma siamo buoni lettori e ci piace leggere il libro di Esodo.
Il nostro leggere ci conduce a capire in modo automatico che ci sono dei tori e degli agnelli e un ladro , facciamo questa connessione senza il minimo sforzo e dopo aver identificato soggetti e oggetti in modo semi automatico entriamo nella seconda parte della comprensione che deriva dalle impressioni della prima lettura, attenzione… non stiamo leggendo due volte, è sempre la stessa lettura che ha come soggetto un uomo che ruba degli animali , tutto fila nella norma perché il nostro pensiero consequenziale e associativo conduce a sensazioni che si sono attivate in modo automatico in virtù del nostro interpretare abilissimo a confezionare secondo le informazioni che riusciamo a metabolizzare in pochi istanti e scartando tutto quello che non si conosce o non si vede.
Quello che viene fuori è un risultato coerente con tutto quello che noi siamo e capiamo e ci rende comprensibile questa affermazione nel modo più facile e meno faticosa che ci conferma quello che abbiamo sotto gli occhi.

Se però qualche cosa non corrisponde a questa logica , esempio qualche cosa che appartiene al testo e per noi appare illogico, scatta l’allarme e ci dissocia dalla facile e dovuta comprensione.
Se un uomo ruba un toro o un agnello, poi lo macella e lo vende, o lo porta in riva al lago di Tiberiade, pagherà cinque tori a compenso del toro rubato e quattro agnelli a compenso per l’agnello” Che cosa centra il lago di Tiberiade? Allora rileggiamo la frase con attenzione, e il toro appare un po’ meno toro e l’agnello meno belante.
Ops ! Word si è sbagliato , il lago di Tiberiade era un copia incolla mal riuscito di una prenotazione per un viaggio in Israele scritta questa mattina.
Allora tutto torna a posto e la frase ritorna: “Se un uomo ruba un toro o un agnello, poi lo macella e lo vende, pagherà cinque tori a compenso del toro e quattro agnelli a compenso per l’agnello”. tiriamo un sospiro di sollievo.

Ma perché mai se uno ruba un toro ne deve restituire a titolo di indennizzo cinque, invece chi ruba una pecora è chiamato a restituirne solo quattro? Sarebbe come a dire: ……. mi rubano una Mercedes e il giudice condanna il ladro a restituirne cinque, mi rubano una Panda e il giudice fissa come indennizzo al proprietario la restituzione di quattro Panda?
Allora è vero che non c’è giustizia i ricchi trionfano sempre !
Allora bisogna cercare perché Moshè ha così scritto. E per fare questo dobbiamo ritornare a quel modo arcaico dove al posto del trattore si usava il toro.

Rashi commenta ," rabbì Meir disse :”quanto è importante il valore del lavoro:un bue che è stato allontanato dal suo lavoro vale, quale risarcimento, cinque capi, mentre l’agnello che non è stato allontanato dal lavoro, il risarcimento corrisponde a quattro capi”( da Rashi Commento al libro di Shmot).
Questo è stato abbastanza semplice e il nostro pensiero più lento lo ha compreso.
Ma c’è anche scritto “, poi lo macella e lo vende, pagherà cinque tori a compenso del toro e quattro agnelli a compenso per l’agnello” E se non lo vende e lo macella cosa succede? Perché il testo fa questa distinzione? Ma qui è facile , noi abbiamo la risposta pronta:” se è macellato o venduto non c’è più” logico…… ma chi scrisse la regola intendeva sottolineare che il ladro con la macellazione o la vendita poteva aver fatto del profitto, se il Toro valeva per il suo legittimo padrone, poteva valere anche di più per il ladro, poi, la macellazione e la vendita eliminavano la possibilità della restituzione.
Poi c’è anche scritto “a compenso del toro rubato cinque tori e quattro agnelli a compenso per l’agnello” perché questa ripetizione, sempre Rashi ci fa notare che questo genere di risarcimento vale solo per questi animali e non per gli altri.

Poi c’è un ragionamento alla rovescia che Rashi fa traendo un passo dal Talmud:
”Disse Rabban Jochanan ben Zaccai: L’Onnipotente ha riguardo per la dignità delle creature; un bue, che cammina sulle sue gambe, per cui il ladro non si degrada a portarlo sulle spalle, viene risarcito con cinque capi. Nel caso di un agnello, viene risarcito con quattro capi perché il ladro si è abbassato di dignità a portarlo sulle spalle”
Questo ragionamento ci crea qualche difficoltà, la dignità per le creature comprende anche i ladri? Sembra di si! Questo ragionamento è lontanissimo dal nostro modo di interpretare questo passo, queste parole sono un segnale che va oltre alle parole e da cui si può trarre l’insegnamento che il “piccolo imbarazzo” di un ladro può essere un argomento di riflessione, ma questa è un’altra storia
Shalom
Noiman
Ultima modifica di noiman il domenica 14 maggio 2017, 19:27, modificato 2 volte in totale.
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Gianni
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Carissimo Noiman, hai espresso il più importante e basilare principio di ermeneutica. :YMAPPLAUSE:
noiman
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Re: Interpretazione Ebraica delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

16
Quindi ho affermato che la lettura e lo studio della Torah era limitato ai singoli causa l’estrema difficoltà di accedere alle copie del testo e alla complessità di poterle leggerle.

La lettura della Torah era un precetto e perché esso fosse adempiuto occorreva che essa venisse letta ogni tre giorni, da questa necessità nacque la lettura pubblica secondo le norme date a Moshè sul Sinai.
Ma allora come oggi il leggere non bastava e neanche solo ascoltare, era necessario lo studio del testo , il commento dei significati, e trarre dalle parole un insegnamento.

Questo presupposto è importante e costituisce la base della interpretazione ebraica. Oggi come allora non è cambiato nulla.
Nell’epoca in cui fu consegnata la Torah la ricerca dei significati oltre il senso letterario era affidata principalmente a tre metodi: “ il sogno, la profezia e la sorte”
Quest’ultima era codificata dalla Torah , si ricorreva alle sorti in molte circostanze , le goralòt” “le sorti “, erano interpretate tramite gli Urim e i Thummim, le pietre o gemme che erano poste sul pettorale del Cohen Ha- Gadol.
In seguito alla fine della monarchia davidica l’uso di consultare le sorti fu in parte abbandonata per la forte deriva idolatrica.
Esemplare è la sorte di Giona sulla nave Tarshish dove si cerca di individuare tra le 71 persone chi porta sfortuna.
L’estrazione o la sorte viene ripetuta più volte e sempre il nome di Giona viene estratto, quindi non si può parlare di casualità, nella nostra cultura qualcuno potrebbe dire che il risultato è stato truccato.
In realtà per i marinai della nave questo era un prodigio, una precisa indicazione della manifestazione divina, esattamente come i filistei compresero che la sottrazione dell’arca a Israele era la causa delle loro disgrazie, nessuno metteva in discussione la validità del metodo che rappresentava una forma di interpretazione legale e accettata, il risultato era la rivelazione della volontà divina, su questa base di ragionamento si poteva tranquillamente buttare a mare un uomo e rimanere perfettamente tranquilli con la propria coscienza.
Per comprendere il mondo arcaico in cui sono inseriti i testi che costituiscono la base della nostra interpretazione dobbiamo renderci conto che l’analogia era anche identità, le due cose spesso si confondevano, solo nella nostra cultura l’ analogia è diversa dalla realtà: “ A” rimane se stesso ed è sempre diverso da “B”.
Ma nel pensiero antico l’analogia diventava realtà, il reale e il sovrannaturale si univano e si intrecciavano, le azioni materiali avevano influenza nel mondo spirituale, ogni cosa era protesa oltre se stessa, i significati si moltiplicavano.
Ecco perché noi non riusciamo a interpretare ma neanche spesso comprendiamo.

L’atteggiamento del pensiero del xx secolo è come un fosso che ci separa dalla fonte del pensiero del mondo antico e rende incomprensibile ogni espressione che sono alla base delle tradizioni tali verifiche spingono l’uomo moderno a voler comprendere il “perché” di ogni cosa , ma pretende che il “perché” sia esteriore e facile da come quello dei fenomeni “scientifici” … vuole risposte a livello delle proprie esperienze; e siccome queste sono puramente materiali, la sua coscienza si chiude anticipatamente a tutto ciò che la supera. (Shuon- Le stazioni della saggezza).

Nei testi antichi leggiamo storie veramente incredibili e paradossali, quando entriamo in contatto con il sovrannaturale abbiamo le prime difficoltà di interpretazione, perché subito cerchiamo un riferimento con il nostro sapere, e pretendiamo di fare una separazione tra le storie degli uomini e i fenomeni sovrannaturali, vedi le piaghe di Egitto, l’apertura del Mare dei Giunchi , le colonne di fuoco ecc.
Negli anni sessanta sono comparsi alcuni testi che cercavano di spiegare attraverso l’osservazione scientifica alcune di queste manifestazioni sovrannaturali, ne ricordo uno in particolare: “ La Bibbia aveva ragione”, forse il più conosciuto.
Per sostenere la tesi che ogni avvenimento sovrannaturale descritto nella Bibbia era comprensibile attraverso la conoscenza scientifica , ogni manifestazione sovrannaturale biblica del VT fu analizzata, spiegata attraverso la logica del nostro sapere.

Ma nei tempi antichi non esistevano testi che trattassero l’osservazione della natura senza includere osservazioni metafisiche e sovrannaturali.
Anche chi fu testimone diretto dei miracoli possenti del D-o di Israele non cercava spiegazioni che non comprendesse il mondo di sopra profondamente integrato con il modo di sotto, gli ebrei del tempo testimoni oculari di mari che si aprivano e montagne che si schiantavano non si posero mai il problema di interpretare tutto questo in modo sconnesso tra natura e mondo divino.
Per questo motivo nell’attimo in cui tutto questo apparve loro sospeso o sottratto , incapaci di attendere per quaranta giorni Moshè, cercarono attraverso la costruzione del vitello d’oro di ricollegarsi con D-o .
Oggi le cose sono divise, la scienza è scienza, la cultura è un brodo dove trovi di tutto, il sovrannaturale è diventato religione.
Dunque per riconoscere i significati originali in quelle parole, bisogna ripercorrerle tramite una esperienza metafisica, esplorando il loro contenuto con pensieri diversi dalla certezza logica e materiale del pensiero scientifico a cui siamo abituati, bisogna sforzarsi di relegare il razionalismo a un ruolo minore, escludendo il metodo sistematico, perché quello che fu scritto non è racchiudibile in un sistema decifrabile attraverso la comprensione orizzontale, perché fu scritto per essere compreso tramite un pensiero verticale.
La struttura di questo pensiero arcaico è associativo , valido per analogie, come la poesia dove tutto è permesso.
Ecco perché esiste una interpretazione ebraica rimasta indenne attraverso il tempo, per merito della tradizione che si sforza di ripercorrere il ragionamento di chi dimorava in tende e non conosceva il mondo ne la globalizzazione.

Anni fa, intorno al 2000, appariva alla televisione una pubblicità molto particolare , sotto un cielo stellato veniva mostrata una giovane donna seduta accanto a un fuoco, vestita con un vestito tradizionale , come sfondo un deserto in una notte stellata.
Il senso che voleva sottolineare la pubblicità era quello di fornire una immagine di una donna contemporanea ma appartenente a una tribù beduina, il luogo poteva essere ovunque: Iraq, Algeria, Tunisia, ma questo non conta molto.
La suggestione che suggeriva questa immagine era tranquillizzante: una donna sorridente in costume tradizionale, seduta accanto al fuoco in un deserto, la giovane donna stringeva tra le mani un telefono di ultima generazione (nel tempo in cui fu girato questo spot) ) , attraverso le immagini fornite da un ipotetico internet nel deserto essa osservava quello che accadeva nel mondo occidentale , connessa tramite internet un mondo lontano migliaia di chilometri si rivelava alla giovane donna, immagini e suoni in gran quantità, ogni tipo di sensazione con disponibilità immediata e infinita, senza veli e censure. E’ quello che vediamo ogni giorno dal piccolo schermo
Attraverso queste immagini ebbi due pensieri separati ma contigui.

Mi domandai : “cosa potrà capire questa fanciulla di un mondo lontano millenni dalla sua cultura “? …..Poi cercai di immaginare : “i possibili effetti collaterali per un osservatore che scorge il mondo occidentale solo attraverso la sua esteriorità, da una finestra virtuale rimasta aperta, senza un libretto di istruzioni che spieghi come in questo caso , a una nomade tuareg che cosa è il mondo occidentale .

Pensai: se questa donna è forte nella sua identità, è possibile che pur non comprendendoci essa non ci sia ostile, invece se invidia il nostro balsamo per i capelli o la quantità d’acqua che buttiamo via per sciacquare una caffettiera, il suo sentimento potrà diventare risentimento, se poi la sua natura è gelosa forse ci odierà per quello che vede, non comprende ma ambisce.
Era una pubblicità girata in qualche studio nel mondo, ma questo è solo un dettaglio.

Secondo voi questa ultima parte è attinente allo studio dell’interpretazione ebraica delle scritture ebraiche ?
Shalom
Noiman
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Ultima modifica di noiman il domenica 14 maggio 2017, 19:29, modificato 2 volte in totale.
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