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“Poi udii un’altra voce dal cielo che diceva: ‘Uscite da essa, o popolo mio, affinché non siate complici dei suoi peccati e non siate coinvolti nei suoi castighi; perché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo e Dio si è ricordato delle sue iniquità’” (Ap 18:4,5).
Poco prima (vv. 2,3), si legge che un angelo grida a gran voce:
“È caduta, è caduta Babilonia la grande! È diventata ricettacolo di demòni, covo di ogni spirito immondo, rifugio di ogni uccello impuro e abominevole. Perché tutte le nazioni hanno bevuto del vino della sua prostituzione furente, e i re della terra hanno fornicato con lei, e i mercanti della terra si sono arricchiti con gli eccessi del suo lusso”.
Leggendo questi versetti, sembrerebbe che Babilonia sia una città o una nazione. E soprattutto quando Ap 18:10 dice: “"Ahi! ahi! Babilonia, la gran città, la potente città! Il tuo giudizio è venuto in un momento!"”. Ma nei vv. precedenti (4,5), non può riferirsi ad una città, altrimenti l'angelo (in vece di Dio, "popolo mio") parlerebbe solo ai credenti in essa residenti. E poi, dove potrebbero mai andare? Forse in un luogo deserto o in una grotta come facevano gli Esseni?
Babilonia è “LA MADRE DELLE PROSTITUTE E DELLE ABOMINAZIONI DELLA TERRA” (Ap 17:5). Ma si può dire che esista un luogo, una città, una denominazione religiosa o una nazione che sia "madre di tutte le abominazioni?". Bisogna invece chiedersi chi è che fa cadere Babilonia e cosa è che cade esattamente. “Voi, santi, apostoli e profeti, rallegratevi perché Dio, giudicandola, vi ha reso giustizia” (18:20); è stata resa giustizia tramite la caduta di una città?
Mi pare che il simbolismo di Babilonia sia utilizzato in modi diversi e a seconda del contesto e del messaggio che il testo presenta.