Autorità delle guide della chiesa, Eb 13:17
Inviato: giovedì 18 ottobre 2018, 19:16
Questo versetto della Lettera agli Ebrei sembra consolidare l’idea — diffusa in molte congregazioni religiose — che il fedele debba obbedire necessariamente ai capi della sua comunità, essendogli sottomesso. Leggiamolo come proposto da diversi traduttori:
“Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a loro, perché essi vegliano per le vostre anime come chi deve renderne conto, affinché facciano questo con gioia e non sospirando; perché ciò non vi sarebbe di alcuna utilità.” - NR
“Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a loro, perché essi vegliano sulle anime vostre, come chi ha da renderne conto, affinché facciano questo con gioia e non sospirando, perché ciò non vi sarebbe di alcun vantaggio.” - ND
“Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi, come chi ha da renderne conto; obbedite, perché facciano questo con gioia e non gemendo: ciò non sarebbe vantaggioso per voi.” - CEI
“Ubbidite a quelli che vi guidano e siate loro sottomessi, perché vegliano su di voi e dovranno renderne conto; affinché lo facciano con gioia e non sospirando, cosa che andrebbe a vostro discapito.” - TNM
Sembra certamente un comando: ubbidite alle vostre guide e siategli sottomessi. Sulla base di queste parole, estrapolate dal contesto del capitolo della lettera e dalla Bibbia, sarebbe possibile sostenere che “i conduttori” — ossia le guide della chiesa — avrebbero assoluta autorità sui fedeli e dunque si potrebbe giustificare l’esistenza di gradi di autorità diversi all’interno della comunità e persino una “successione apostolica” tanto cara a cattolici e protestanti. Chi sono i conduttori di cui parla la lettera? I conduttori potrebbero essere gli apostoli? In tal caso l'agiografo lo avrebbe specificato, chiamandoli appunto “apostoli”, in quanto nelle Scritture Greche essi sono sempre ben distinti dagli altri e chiaramente identificati (e mai chiamati “conduttori”); oltretutto, al v. 24, l'agiografo dice “Salutate tutti i vostri conduttori”, facendo riferimento in modo specifico ai conduttori dei destinatari dell'omelia, ossia alle guide di una comunità specifica (ma non identificabile). Gli apostoli erano le guide di tutte le comunità, erano i depositari della dottrina per l'intera chiesa sparsa nel mondo.
In Eb 13:17 si tratta di “quelli che guidano” (participio presente), “quelli che conducono” le varie comunità in quel tempo, certamente i “vescovi” (επίσκοποι, epìskopoi) ossia gli anziani (πρεσβύτεροι, presbùteroi, At 20:17), ai quali Paolo dice: “Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio” (At 20:28), avvertendoli anche che tra di loro si sarebbero introdotti “lupi rapaci” (v. 29). Questo avvertimento basterebbe per confutare un presunto principio di autorità imprescindibile delle guide della chiesa, che dunque non potevano certo essere apostoli. Ma esaminiamo la questione con più attenzione.
Il v.7 è importante. Qui, l'autore di Ebrei, parlando dei conduttori, invita i fedeli a “imitare la fede (dei conduttori)” tuttavia “osservando attentamente il risultato del loro comportamento (della loro condotta di vita)” e non “considerando quale sia stata la fine della loro vita”, come traduce la NR. ἀναθεωρέω (anatheorèo) è “osservo con attenzione” e ἀναστροφή (anastrofè) è “condotta di vita”, “comportamento”, mentre ἔκβασις (èkbasis) è il “risultato” di un'azione. Non c'è un invito a obbedire agli anziani sempre e comunque, ma piuttosto facendo attenzione alla loro condotta; dunque l'invito è certamente quello di obbedire (πείθεσθε, pèithesthe) ed essere sottomessi (ὑπείκετε, hypèikete) agli anziani imitando la loro fede, come comanda anche la Torah, ma qualora le loro opere siano conformi ad una giusta condotta secondo la parola di Dio, alla quale essi sono affidati (At 20:32, e non è la parola di Dio ad essere affidata a loro). È ovvio che nessun fedele dovrebbe mai obbedire ed essere sottomesso a chi non obbedisce e non si sottomette alla parola di Dio. Yeshùa insegnò: “Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono verso di voi in vesti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Li riconoscerete dai loro frutti.” (Mt 7:15,16). Il credente deve rispettare le guide anziane, ed imitarne la fede, ma osservandone con attenzione i frutti.
Se qualcuno utilizza questo versetto per giustificare a prescindere l'autorità dei “capi” di comunità, è palesemente in errore. In Ap 5:9,10, i ventiquattro anziani si prostrano davanti al Cristo e gli dicono: “Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai acquistato a Dio, con il tuo sangue, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e ne hai fatto per il nostro Dio un regno e dei sacerdoti; e regneranno sulla terra.”. Tutti i credenti sono sacerdoti dell’Altissimo, di pari livello, esattamente come Israele è “un regno di sacerdoti, una nazione santa” (Es 19:6).
“Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a loro, perché essi vegliano per le vostre anime come chi deve renderne conto, affinché facciano questo con gioia e non sospirando; perché ciò non vi sarebbe di alcuna utilità.” - NR
“Ubbidite ai vostri conduttori e sottomettetevi a loro, perché essi vegliano sulle anime vostre, come chi ha da renderne conto, affinché facciano questo con gioia e non sospirando, perché ciò non vi sarebbe di alcun vantaggio.” - ND
“Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi, come chi ha da renderne conto; obbedite, perché facciano questo con gioia e non gemendo: ciò non sarebbe vantaggioso per voi.” - CEI
“Ubbidite a quelli che vi guidano e siate loro sottomessi, perché vegliano su di voi e dovranno renderne conto; affinché lo facciano con gioia e non sospirando, cosa che andrebbe a vostro discapito.” - TNM
Sembra certamente un comando: ubbidite alle vostre guide e siategli sottomessi. Sulla base di queste parole, estrapolate dal contesto del capitolo della lettera e dalla Bibbia, sarebbe possibile sostenere che “i conduttori” — ossia le guide della chiesa — avrebbero assoluta autorità sui fedeli e dunque si potrebbe giustificare l’esistenza di gradi di autorità diversi all’interno della comunità e persino una “successione apostolica” tanto cara a cattolici e protestanti. Chi sono i conduttori di cui parla la lettera? I conduttori potrebbero essere gli apostoli? In tal caso l'agiografo lo avrebbe specificato, chiamandoli appunto “apostoli”, in quanto nelle Scritture Greche essi sono sempre ben distinti dagli altri e chiaramente identificati (e mai chiamati “conduttori”); oltretutto, al v. 24, l'agiografo dice “Salutate tutti i vostri conduttori”, facendo riferimento in modo specifico ai conduttori dei destinatari dell'omelia, ossia alle guide di una comunità specifica (ma non identificabile). Gli apostoli erano le guide di tutte le comunità, erano i depositari della dottrina per l'intera chiesa sparsa nel mondo.
In Eb 13:17 si tratta di “quelli che guidano” (participio presente), “quelli che conducono” le varie comunità in quel tempo, certamente i “vescovi” (επίσκοποι, epìskopoi) ossia gli anziani (πρεσβύτεροι, presbùteroi, At 20:17), ai quali Paolo dice: “Badate a voi stessi e a tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi, per pascere la chiesa di Dio” (At 20:28), avvertendoli anche che tra di loro si sarebbero introdotti “lupi rapaci” (v. 29). Questo avvertimento basterebbe per confutare un presunto principio di autorità imprescindibile delle guide della chiesa, che dunque non potevano certo essere apostoli. Ma esaminiamo la questione con più attenzione.
Il v.7 è importante. Qui, l'autore di Ebrei, parlando dei conduttori, invita i fedeli a “imitare la fede (dei conduttori)” tuttavia “osservando attentamente il risultato del loro comportamento (della loro condotta di vita)” e non “considerando quale sia stata la fine della loro vita”, come traduce la NR. ἀναθεωρέω (anatheorèo) è “osservo con attenzione” e ἀναστροφή (anastrofè) è “condotta di vita”, “comportamento”, mentre ἔκβασις (èkbasis) è il “risultato” di un'azione. Non c'è un invito a obbedire agli anziani sempre e comunque, ma piuttosto facendo attenzione alla loro condotta; dunque l'invito è certamente quello di obbedire (πείθεσθε, pèithesthe) ed essere sottomessi (ὑπείκετε, hypèikete) agli anziani imitando la loro fede, come comanda anche la Torah, ma qualora le loro opere siano conformi ad una giusta condotta secondo la parola di Dio, alla quale essi sono affidati (At 20:32, e non è la parola di Dio ad essere affidata a loro). È ovvio che nessun fedele dovrebbe mai obbedire ed essere sottomesso a chi non obbedisce e non si sottomette alla parola di Dio. Yeshùa insegnò: “Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono verso di voi in vesti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Li riconoscerete dai loro frutti.” (Mt 7:15,16). Il credente deve rispettare le guide anziane, ed imitarne la fede, ma osservandone con attenzione i frutti.
Se qualcuno utilizza questo versetto per giustificare a prescindere l'autorità dei “capi” di comunità, è palesemente in errore. In Ap 5:9,10, i ventiquattro anziani si prostrano davanti al Cristo e gli dicono: “Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e hai acquistato a Dio, con il tuo sangue, gente di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, e ne hai fatto per il nostro Dio un regno e dei sacerdoti; e regneranno sulla terra.”. Tutti i credenti sono sacerdoti dell’Altissimo, di pari livello, esattamente come Israele è “un regno di sacerdoti, una nazione santa” (Es 19:6).