Colossesi 2:14,15

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bgaluppi
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Re: Colossesi 2:14,15

Messaggio da bgaluppi »

Poiché io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. [...] Oltre al legalismo farisaico Yeshùa ci mette in guardia dagli Scribi gente legata al VT. La nostra giustizia deve superare il legalismo e "l'aria" che era contenuta nel VT.
Nelle frase di Yeshùa che citi, nota una cosa: Yeshùa non dice che gli scribi e i farisei erano ingiusti, dice ai discepoli che se vogliono entrare nel Regno devono superare gli scribi e i farisei quanto a giustizia. Quindi, non ci mette in guardia da loro, come se fossero dei pericolosi criminali; il succo del discorso è sul come si mette in pratica la giustizia, non sul quanto. Gli scribi e i farisei erano giusti da un punto di vista legalistico, ma ciò non è sufficiente per entrare nel Regno di Dio. E, in base a quanto ho esposto nel commento precedente, non dice che la legge "contiene aria". Yeshùa afferma la superiorità e la necessarietà della giustizia per fede, basata sulle opere, e condanna la giustizia legalistica. Ma le opere sono comunque alla base:

“Insensato! Vuoi renderti conto che la fede senza le opere non ha valore?” — Gia 2:20
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Gianni
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Re: Colossesi 2:14,15

Messaggio da Gianni »

Eccomi a valutare le affermazioni di Marco, a cui ha già ben risposto Antonio con la sua sempre lucida e attenta analisi.

È indubbio che Yeshùa disse di non essere venuto ad abrogare la Toràh ma a πληρῶσαι (pleròsai), renderla piena, riempirla completamente, farla abbondare, riempirla fino alla cima affinché non manchi nulla. – Mt 5:17.

Dire che “il suo fu un riempirla della Parola di Dio” è un non senso perché la Toràh è già tutta parola di Dio. Usando l’esempio di un contenitore che non si trova nello stato della pienezza, Marco afferma che oltre al liquido c’è una parte di aria che viene tolta quando il liquido satura tutto lo spazio disponibile nel contenitore. Arriva così ad affermare che le norme sulla purità, sui cibi e sulle feste sono l’aria che viene tolta.
E qui c’è un grandissimo errore di logica e quindi di ragionamento. Se Yeshùa avesse tolto “l’aria”, avrebbe di fatto tolto qualcosa e quindi l’avrebbe abrogato.
Intanto non era in suo potere abrogare proprio nulla, e poi lui stesso garantì che non intendeva farlo. In verità, se si esamina il suo discorso sulla montagna, si nota come egli diede uno stretto giro di vite, altro che allentare! Come esempio basti il suo insegnamento sul comandamento di non commettere adulterio. Egli disse che bastava uno sguardo malizioso e solo il pensiero illecito per infrangerlo! E questo è un esempio di cosa significa “riempire completamente, far abbondare, riempire fino alla cima affinché non manchi nulla”.

Chiarito ciò, occorre capire più in profondità la santa Toràh di Dio. Abbiamo già capito, perché è evidente, che la sua osservanza alla maniera farisaica è del tutto inutile. I farisei credevano e insegnavano che bastava compiere le prescrizioni alla lettera per ottenere la dichiarazione di giustizia da parte di Dio. Paolo si scagliò contro tale modo, chiamandolo “opere della legge”. Il suo pensiero, perfettamente in armonia con quello di Yeshùa, è espresso in un versetto che è totalmente manipolato dalle traduzioni bibliche. Si tratta di Gal 2:16, così tradotto: “L'uomo non è giustificato per le opere della legge ma soltanto per mezzo della fede in Cristo Gesù”. A cosa si arriva pur di cercare di eliminare la santa Toràh di Dio! Si manipola il testo!
Ecco il testo originale:
εἰδότες δὲ ὅτι οὐ δικαιοῦται ἄνθρωπος ἐξ ἔργων νόμου ἐὰν μὴ διὰ πίστεως Χριστοῦ Ἰησοῦ
eidòtes de òti u dikaiùtai ànthropos ecs èrgon nòmu eàn mè dià pìsteos christù Iesù
sapenti poi che non è giustificato uomo da opere di legge se non attraverso fede di consacrato Yeshùa
Opere della legge sì oppure no? Assolutamente no, se sono alla maniera farisaica. Assolutamente sì, se sono fatte con fede. Opere della legge come richiesta di giustizia, no; opere della legge come risposta alla giustificazione donata da Dio, assolutamente sì perché doverose. Ecco perché Giacomo afferma: “Non per la fede soltanto” (Gc 2:24). Se non si capisce ciò, si mettono in contrapposizione Paolo e Giacomo, che invece dicono la stessa cosa. Giacomo afferma che la fede senza opere è vuota, del tutto inutile.

Definendo la Toràh perfetta, Giacomo dice che “chi guarda attentamente nella legge perfetta, cioè nella legge della libertà, e in essa persevera, non sarà un ascoltatore smemorato ma uno che la mette in pratica; egli sarà felice nel suo operare” (Gc 1:25). E Paolo: “Annulliamo dunque la legge mediante la fede? No di certo! Anzi, confermiamo la legge”. – Rm 3:31.

Eppure (si presti bene attenzione, per favore), la Toràh, che è perfetta, aveva un grande difetto. Quale? Proprio la sua perfezione! Lo dice Paolo: “La legge è santa, e il comandamento è santo, giusto e buono. Ciò che è buono, diventò dunque per me morte? No di certo! È invece il peccato che mi è diventato morte, perché si rivelasse come peccato, causandomi la morte mediante ciò che è buono; affinché, per mezzo del comandamento, il peccato diventasse estremamente peccante. Sappiamo infatti che la legge è spirituale; ma io sono carnale, venduto schiavo al peccato”. - Rm 7:12-14.
L’unica soluzione di questa inconciliabilità sta nell’azione salvifica di Dio: “Ciò che era impossibile alla legge, perché la carne la rendeva impotente, Dio lo ha fatto; mandando il proprio Figlio in carne simile a carne di peccato e, a motivo del peccato, ha condannato il peccato nella carne, affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito”. – Rm 8:3,4.

Siamo stati liberati dalla condanna della Legge, non dalla Legge! Un delinquente non viene graziato abolendo il codice penale. Questo rimane assolutamente in vigore. E il delinquente graziato dovrà rispettarlo più che mai. Così i credenti: sono stati graziati e ora ne sono talmente grati che ubbidiscono all’Insegnamento (è questo che significa la parola Toràh) di Dio. Ciò è in netto contrasto con la fede parolaia delle religioni, che non è vera fede ma solo una cosa morta, come la definisce Giacomo.

Infine va chiarita una grande confusione che le religioni fanno. È detto in Eb 7:11,12 che se “la perfezione fosse stata possibile per mezzo del sacerdozio levitico (perché su quello è basata la legge data al popolo), che bisogno c'era ancora che sorgesse un altro sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec e non scelto secondo l'ordine di Aaronne? Poiché, cambiato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un cambiamento di legge”.
La Toràh ha una parte normativa e una parte cerimoniale. “Cambiato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un cambiamento di legge”. Non un’abrogazione, ma un cambiamento. E unicamente per la parte cerimoniale. Oggi non c’è più il Tempio, non c’è più il sacerdozio levitico e non ci sono più i sacrifici animali. Tutto ciò è cambiato col sacerdozio spirituale di Yeshùa.
Ma i Comandamenti non fanno parte del cerimoniale. E neppure le sante Feste di Dio.
GEMELLO76
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Re: Colossesi 2:14,15

Messaggio da GEMELLO76 »

Pongo alla vostra attenzione questo studio di Matteo Manzella su Matteo 5:17. Nel sito ci sono altri studi abbastanza interessanti.
Buona lettura!
https://sites.google.com/site/13sett/ho ... -biblica-9" onclick="window.open(this.href);return false;
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bgaluppi
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Re: Colossesi 2:14,15

Messaggio da bgaluppi »

Grazie Gemello, sempre ricco di riferimenti. Ho letto lo studio e non sono affatto d'accordo, perché il Manzella scrive che il termine greco è plêrôsai e "significa “compiere”, “adempiere”", il che è vero ma nel senso di "rendere pieno", "riempire completamente", "rendere completo" qualcosa. Questo è il significato proprio del termine. Inoltre, anche adempiere significa propriamente "colmare un vuoto" (vedi foto sotto). Lui gli attribuisce il senso di "avverare" di profezie o di "accadere" di eventi, cosa che il termine esprime in un contesto preciso in cui è nominata la profezia o l'evento che deve accadere o che si è avverato (Mt 1:22; 2:15;17; 8:17; 13;35; Lc 1:20; Gv 13:18; 19:36; etc.). Altrimenti, il termine assume il suo significato proprio, che è quelo di "rendere pieno", "rendere completo" (13:48; 23:32), e in Matteo questa differenza è sempre molto chiara (usa il termine spesso col senso proposto dal Manzella ma indica sempre la scrittura profetica di riferimento). È sempre il contesto che suggerisce il senso preciso del verbo. E comunque, ciò non cambia il fatto che la Scrittura non è abolita, poiché Yeshùa lo dice chiaramente e perché nei versetti successivi spiega che neppure una minima lettera di essa sarà cambiata finché siano passati il cielo e la terra. Fino ai nuovi cieli e alla nuova terra la Scrittura non sarà adempiuta, quindi, semmai, Yeshùa ha adempiuto ciò che poteva adempiersi fino a quel momento. Ma, ripeto, nel contesto in questione, il verbo non assume il senso di "far avverare", perché non è usato in riferimento ad una precisa scrittura o profezia. Anche se volessimo dargli il senso proposto dal Manzella, negli insegnamenti che seguono e che confermano il senso di "rendere colmo" — meglio esprimibile in italiano con "applicare perfettamente" — Yeshùa spiega ai discepoli il senso profondo, "pieno" e "perfetto" degli insegnamenti della Torah e dei maestri di Israele. E ciò conferma il senso proprio del termine.

È davvero incredibile come certe persone, dotate di intelligenza e conoscenza, riescano a perdersi in un bicchier d'acqua pur di sostenere una dottrina. :-)

Poi fa dei ragionamenti che sono confutati dal mio penultimo commento.
Allegati
Adempiere, etimologia
Adempiere, etimologia
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Israel75
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Re: Colossesi 2:14,15

Messaggio da Israel75 »

Tempo fà mi imbattei in una traduzione del passo in questione di Matteo, il quale mi fù spiegato a suo tempo da un anziano di una congregazione evangelica (che sostiene la validità della Torah) di cui non faccio il nome : "...non sono venuto per abolire la Legge, ma per restaurarne il suo vero spirito..." . Insieme agli studi eccellenti di Gianni non potei fare a meno di notare come 2 persone che non si sono mai conosciute siano arrivate alla stessa conclusione.

Quello che ho capito e che pure mi sembra estremamente logico si può anche spiegare con una metafora:
La Torah o l'Insegnamento di DIO è come un opera di Michelangelo o Leonardo , un quadro perfetto. Dunque? Cosa successe?
E' accaduto che ossessionata dalla rigida osservanza una parte della corrente farisaica la "appesantì" con dei fardelli legalistici al punto che certi aspetti come la pietà , il perdono e la misericordia passarono addirittura in secondo piano.
Il quadro perfetto e giusto e santo venne così screpolato ed incrinato.
Ma colui che lo restaura non può nemmeno immaginare di cambiare un colore o un dettaglio, ma bensì riportarlo al suo antico splendore.

Yeshua fece questo e gli apostoli continuarono la sua opera applicandola alle genti.

Almeno è quello che ho capito. :-)
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
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bgaluppi
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Re: Colossesi 2:14,15

Messaggio da bgaluppi »

Una tradizione libera ma molto bella, che rende il senso del discorso di Yeshùa e si sposa perfettamente con i versetti che seguono.
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Gianni
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Re: Colossesi 2:14,15

Messaggio da Gianni »

Concordo con i commenti di Bgaluppi e di Israel75. E sono grato a Gemello76 per aver citato il pensiero di Matteo Manzella, che ci offre lo spunto – al di là della singola questione - per stabilire il modo corretto di affrontare un testo biblico e, nel contempo, di evitare molti comuni errori di faciloneria.

Il Manzella dice che Yeshùa “si riferisce a un'altra cosa: alla sua messianicità”.
Ed ecco il primo passo da fare – sempre – per una corretta interpretazione: stabilire il contesto. E nel far ciò ci troviamo subito di fronte ad una difficoltà perché le parole di Yeshùa che vogliamo indagare sono riferite solo da Matteo e sappiamo che Matteo ha raggruppato tutti i discorsi di Yeshùa in cinque grandi blocchi, per cui non è possibile stabilirne il contesto. Siamo costretti quindi a rinunciare ad un più ampio contesto per limitarci al contesto immediato.
Il contesto immediato rivela che Yeshùa parlava ai suoi discepoli: è a loro che dice: “Voi siete il sale della terra … Voi siete la luce del mondo … risplenda la vostra luce davanti agli uomini” (Mt 5:13-16). Le sue parole in Mt 5:17,18 furono perciò rivolte al pubblico ristretto dei suoi discepoli.
Da ciò possiamo arrivare ad una prima conclusione: non avrebbe senso che Yeshùa si riferisse alla sua messianicità come sostiene il Manzella. Nel contesto immediato ciò sarebbe come i cavoli a merenda. Infatti, Yeshùa sta incoraggiando e indirizzando i suoi discepoli. Costoro già sapevano e già avevano creduto che lui era il Messia. Ribadirlo in quel contesto non avrebbe alcun senso.
In più, ammesso e non concesso che così fosse, perché mai usare un’esposizione così contorta per riferirsi alla sua messianicità? Nel caso avrebbe casomai detto semplicemente che le profezie della Toràh lo additavano e lui le avrebbe adempiute, senza menzionare la non abrogazione.
Seguendo invece il filo del discorso, vediamo che Yeshùa dice prima ai discepoli che devono dare sapore, illuminare e far risplendere la luce così che gli uomini vedano le loro buone opere e diano gloria a Dio. È a questo unto che dice loro: “Non crediate che …” (Mt 5:17). Yeshùa non porta una nuova dottrina: egli non intende affatto abrogare la Toràh o i Profeti, ma rendere tutto più pieno. Infine dice ai discepoli: “Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli” (v. 20). In tutto ciò della sua messianicità neppure l’ombra. Egli vuole che si faccia meglio degli scribi e dei farisei.
Si noti infine che Yeshùa menziona solo due blocchi del Tanàch: Toràh e Profeti.
Per chi non lo sapesse, la parola Tanàch è un acronimo formato dalle tre iniziali T (che sta per Toràh), N (che sta per Neviìm, Profeti) e K (che sta per Ketuvìm, Scritti). È nella Toràh e nei Profeti che si trovato le prescrizioni di Dio, ovvero quello che Yeshùa intende rendere pieno dando loro un giro di vite per renderle ancor più vincolanti (come mostra il suo insegnamento sulla montagna). Se si trattasse di “adempiere”, come sostiene il Manzella, perché Yeshùa non menzionò anche i Ketuvìm? Tra di loro c’è Daniele, e li ce ne sono di cose che “adempì”.
Infine, accettando – solo per amore di ragionamento - la traduzione “adempiere”, che mai c’entrerebbe il non abrogare la Toràh o i Profeti? Yeshùa avrebbe detto semplicemente che era venuto per “adempierli”, anche se in tal caso non si capirebbe perché non disse che doveva “adempiere” anche i Ketuvìm, che pure parlano del Messia (si pensi ai Salmi messianici, oltre che a Daniele).

Il significato preciso del testo di Mt. 5:17 non si può dedurre meglio nella traduzione Riveduta di Giovanni Luzzi, come pretende il Manzella, ma dal testo biblico vero, che è quello greco, e dal suo immediato contesto.

Il Manzella confonde poi le carte quando si riferisce a “coloro che affermano che qui (in Mt. 5,17) Gesù avrebbe inteso dire che egli è venuto a confermare e a perfezionare la Legge”. Perfezionare? E da dove mai tira fuori questo verbo? La Toràh è perfetta di suo. Yeshùa dice che intende renderla piena nel senso di farla risplendere e di pretendere che venga applicata fino in fondo. Bastino come esempio i successivi versetti 21,22: “Voi avete udito che fu detto agli antichi: «Non uccidere: chiunque avrà ucciso sarà sottoposto al tribunale»; ma io vi dico: chiunque si adira contro suo fratello sarà sottoposto al tribunale; e chi avrà detto a suo fratello: «Raca» sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli avrà detto: «Pazzo!» sarà condannato alla geenna del fuoco”. Ciò si chiama “rendere pieno”, pleròsai, non adempiere nel senso di far avverare una profezia.
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Re: Colossesi 2:14,15

Messaggio da marco »

La Torah è perfetta?
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bgaluppi
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Re: Colossesi 2:14,15

Messaggio da bgaluppi »

Certo, Marco, perché come è stato già detto, è parola ispirata di Dio, che è perfetto, quindi non può essere imperfetta (ma certamente contiene un insegnamento che è stato rivelato a uomini in tempi storici precisi, dunque "adatto" alla morale e alla società degli uomini del tempo); l'insegnamento "completo" che Yeshùa rivela è già contenuto nella Torah, se pur non "sintetizzato". Troverai distribuito nella Torah tutto ciò che Yeshùa "sintetizza" e rivela in insegnamenti precisi e spiritualmente profondi. È come se l'insegnamento divino contenuto nella Torah fosse coperto da un velo, che Yeshùa toglie. Bisogna stare molto attenti a non concepire la Torah come imperfetta o originante da uomini, restando ingannati dal velo che copre l'insegnamento in essa contenuto.

“Ogni Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia” — 2Tim 3:16

Quando qui Paolo parla di Scrittura, si riferisce all'unica Scrittura che esisteva al suo tempo, quella ebraica, ossia il Tanàch (perché le Scritture Greche non erano ancora riconosciute come tali e parte integrante del libro che oggi chiamiamo Bibbia). Nota come Paolo affermi che ogni Scrittura sia ispirata da Dio, non solo alcune parti di essa; se ci fidiamo di Paolo, non è possibile affermare che parti della Scrittura non siano ispirate; e se tutto è ispirato da Dio, significa che tutta la Scrittura è perfetta, poiché origina da una fonte perfetta. Oppure dovremmo ammettere che 1. Paolo dice una falsità, e quindi dubitare di tutto il resto, 2. il Dio perfetto insegna cose imperfette, quindi non può essere perfetto.
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Re: Colossesi 2:14,15

Messaggio da bgaluppi »

Vedi ad esempio quando Yeshua afferma che fu Mosè a concedere il ripudio. Ma Mosè era comunque ispirato da Dio, in quel preciso momento storico. È necessario chiedersi lo scopo di quell'insegnamento (“per la durezza dei vostri cuori”, Mt 19:8), inquadrandolo nel periodo di Mosè. Ma come fa notare Yeshùa, non annullando l'insegnamento ispirato di Mosè, la Scrittura afferma anche che i due coniugi si uniscono in una sola carne. Lui, nel suo tempo, porta il suo insegnamento, che già esiste in Genesi.
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