Filippesi 2:5-7

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Enigma
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Enigma »

Ciao, Marco. Ecco di seguito un studio di Gianni su Rm 9:5.

Ci sono poi traduzioni molto dubbie, in cui si gioca con la punteggiatura. Come dovrebbe essere noto, i codici antichi non segnavano la punteggiatura: i vocaboli si susseguivano uno attaccato all’altro senza nessuna spaziatura (il materiale su cui scrivevano era prezioso e lo spazio andava quindi risparmiato).

Rm 9:5 è uno di quei passi che può essere tradotto diversamente a seconda della punteggiatura che si mette. Il brano, letteralmente, è questo:

ἐξ ὧν ὁ χριστὸς τὸ κατὰ σάρκα, ὁ ὢν ἐπὶ πάντων θεὸς εὐλογητὸς εἰς τοὺς αἰῶνας ἀμήν

ecs on Christòs to katà sàrka o on epì pànton theòs euloghetòs èi tus aiònas amèn

da i quali il Cristo lo secondo carne l’essente sopra tutti Dio benedetto verso i secoli amen

Messo in un italiano più fluido, ma sempre letterale e senza punteggiatura, suona: “Dai quali [antenati di Israele] [venne] il Cristo secondo la carne colui che è sopra tutti Dio benedetto nei secoli amen”.

Se si mette un punto dopo “carne”, abbiamo: “Dai quali [è venuto] il Cristo secondo la carne. Colui che è sopra tutti, Dio, [sia] benedetto nei secoli, amen”.

Se si mette una virgola dopo “carne”, abbiamo: “Dai quali [è venuto] il Cristo secondo la carne, colui che è sopra tutti Dio benedetto nei secoli, amen”.

Se si mette un punto dopo “tutti”, abbiamo: “Dai quali [è venuto] il Cristo secondo la carne, colui che è sopra tutti. Dio [sia] benedetto nei secoli, amen”.

Questa terza ultima ipotesi non è preferibile: essendo questa una dossologia (una celebrazione) di esultanza semplice, sarebbe stato più logico (conformemente alla lingua greca) avere “benedetto [sia] Dio” che non “Dio [sia] benedetto” che appare nella lezione.

Siccome Paolo (autore della lettera ai romani) nelle sue lettere non chiama mai Yeshùa Dio, va scartata anche la seconda ipotesi.

Rimane quindi valida la prima ipotesi. Che sia quella giusta lo mostra il contesto stesso: Paolo ha appena detto che Yeshùa viene dalla discendenza degli israeliti, così tanto amati da Dio, “ai quali appartengono l’adozione come figli e la gloria e i patti e l’emanazione della Legge e il sacro servizio e le promesse; ai quali appartengono gli antenati e dai quali [sorse] il Cristo secondo la carne” (vv. 4,5, TNM); dopo aver menzionato tutte queste ricchezze che vengono da Dio e che culminano in Yeshùa, irrompe allora in un’esclamazione di gratitudine: “Colui che è sopra tutti, Dio, [sia] benedetto per sempre!” Che si tratti proprio di un’esclamazione di benedizione rivolta a Dio è confermato poi dalla parola finale: “Amen”.

Questo studio lo trovi nel suo sito: http://www.biblistica.it/wordpress/?page_id=3144
marco
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da marco »

Grazie caro Enigma. Un'altra cosa, perchè scrive Paolo: "secondo la natura umana"?
Se era uomo, Cristo, perché quella affermazione?
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Enigma
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Enigma »

In attesa che tu ricevere la risposta, provo a darti la mia brevissima veduta. Penso che “secondo la carne”, Paolo non stava mettere in evidenza la natura umana, ma il fatto che Yeshùa è sorto come messia dalla discendenza davitica: “riguardo al Figlio suo, che secondo la carne sorse dal seme di Davide”. - Rm 1:3.
Questo perché come ben sappiamo, Yeshùa non era realmente figlio di Giuseppe.
“Inoltre, Gesù stesso, quando cominciò [la sua opera], aveva circa trent’anni, essendo figlio, come si credeva, di Giuseppe, [figlio] di Eli … [figlio] di Davide …” (Luca 3,23-38).
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Antonino
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Antonino »

Vorrei precisare una cosa nell'ottima spiegazione di Gianni su Romani 9:5 e pregherei lo stesso che se sto per dire una fesseria di riprendermi!

Romani 9:5 si spiega da se stesso anche per la declinazione con cui è riportata la parola Dio "θεός" (theos).
Infatti se "theos", si dovesse riferire a Yeshùa come continuazione della frase dovremmo averlo al dativo "θεω" che fa riferimento a chi o che cosa. Quindi sarebbe del tutto lecita la traduzione che propone la maggioranza cristiana:
ai quali appartengono i padri e dai quali proviene, secondo la carne, il Cristo, che è sopra tutte le cose (che cosa?/θεω) Dio benedetto in eterno. Amen! [Romani 9:5 INR]

Il problema sta proprio nel fatto che Dio (Theos) è riportato al nominativo (soggetto) "θεος" e quindi non può essere un complemento di specificazione "θεω".
Gianni è corretto?
Shalom
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Antonino
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Antonino »

Gianni ha scritto:Caro Antonino, tu continui a dimenticare che tutto ciò che è detto nel contesto che Yeshùa fece e non fece, egli lo fece o non fece essendo in morfè di Dio. Tale era e tale rimase. Se comprendi questo aspetto, tutto il resto scorre.
Mi dispiace Gianni ma non possiamo dare per buona questa tua affermazione.
La mia teoria su "splendore" è stata scartata proprio per la necessità di applicare alla parola "morphè" lo stesso significato.
Ora, rileggendo nuovamente la nostra bella frase, dovremmo cercare di essere il più obbiettivi e sinceri (con se stessi) possibile.

Siamo arrivati tramite analisi grammaticale a questa conclusione:
Abbiate a cuore ciò che anche in Cristo Gesù che in "morphè" di Dio iniziante non rapina reputò l'essere uguale a Dio ma se stesso svuotò "morphè" di servo prendente in somiglianza di uomini avente iniziato a esistere e in figura essente stato trovato come uomo
Lascio il lettore, libertà nell'apporre a "morphè" il termine che più gli aggrada, visto che al momento non siamo giunti ad una incontrovertibile traduzione del termine in analisi.
Comunque, se dovessimo applicare alla parola, valore "immagine" il testo risulterebbe così:
Abbiate a cuore ciò che anche in Cristo Gesù che in immagine di Dio iniziante non rapina reputò l'essere uguale a Dio ma se stesso svuotò immagine di servo prendente in somiglianza di uomini avente iniziato a esistere e in figura essente stato trovato come uomo

Non ci vuole certo un grande conoscitore della grammatica per comprendere che il testo afferma un cambiamento di immagine! Da quella Divina a quella di servo......... Quindi, quello che affermi nella citazione sopra non può essere accolto, a rigor di logica!
In ogni caso dovresti revisionare la tua posizione, visto e considerato che immagine ti trova spiazzato in uno dei tuoi punti dottrinali.
Shalom
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Gianni
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Gianni »

Caro Antonino, facciamo insieme l’analisi logica di Rm 9:5.
“Da essi [è] il Cristo”: qui abbiamo un soggetto, al nominativo, che è “il Cristo”. C’è poi la frase “l’essente sopra tutti Dio benedetto per i secoli”; qui il soggetto è Dio, al nominativo. Se theòs, “Dio”, si dovesse riferire a “Cristo”, sarebbe ugualmente al nominativo.
Non c’è alcun motivo per avere theò al dativo, che casomai sarebbe complemento di termine e non di specificazione.
La grammatica, quindi, non ci aiuta a interpretare il passo. È la punteggiatura che esprime l'interpretazione corretta. Tenuto conto che i manoscritti non riportano mai la punteggiatura, tutto il periodo suona così: “Da essi [è/viene] il Cristo il secondo la carne l’essente sopra tutti Dio benedetto per i secoli”. Come porre la punteggiatura? È il traduttore che ha questo compito. Ma egli deve attenersi non solo a ciò che il testo suggerisce, ma anche alla costruzione greca del periodo. Ora, si noti attentamente (sempre in Rm) 1:25: “Servirono la creatura anziché il creatore òs estin [“il quale è”] benedetto per i secoli”. Per avere l’identificazione di Dio con Yeshùa in Rm 9:5 dovremmo avere: “Da essi [è/viene] il Cristo il secondo la carne” òs estin [“il quale è”] “sopra tutti Dio”. Invece abbiamo o òs, “l’essente”. È quindi del tutto ovvio, sintatticamente, che la frase “l’essente sopra tutti Dio” non è una frase relativa dipendente dalla precedente ma è una frase principale a sé stante. Ecco perciò la punteggiatura esatta: “Da essi [dagli ebrei] [è/viene] il Cristo secondo la carne. Benedetto per i secoli Dio, l’essente sopra tutti!”.
Quest’ultima traduzione è perfettamente in armonia con la teologia biblica. La traduzione trinitaria (già di per sé sintatticamente errata) è invece contraria alla teologia biblica perché fa dire al testo che Dio sarebbe “secondo la carne”, che è una bestemmia. In più, è anche priva di senso, perché – anche ammesso per un momento, solo per amore di ragionamento – che Paolo stesse bestemmiando attribuendo a un presunto Cristo-Dio l’essere “secondo la carne” e in più il provenire dagli ebrei!, lì dovrebbe fermarmi, così: ‘Da essi [è/viene] il Cristo il secondo la carne l’essente sopra tutti Dio’. Che mai c’entrerebbe qui l’espressione “benedetto per i secoli”?
Paolo sta invece parlando degli ebrei, del popolo di Dio, e ricorda che a loro appartengono la Toràh, il culto e le promesse divine; poi dice che proprio da loro proviene il Messia, che è un uomo (“secondo la carne”). Dopo tutto ciò innalza un’esclamazione di lode: “Sia benedetto Dio, colui che è sopra tutti!”.

Rm 9:5 dovrebbe essere d’aiuto anche per comprendere il passo di Flp. Appurato che Yeshùa non è Dio – fatto che non solo Rm afferma ma l’intera Bibbia -, è da escludersi del tutto che la morfè di Dio con cui Yeshùa iniziò sia la natura divina. Che senso dare allora a morfè? Intanto non è esatto dire che ci fu un cambiamento di immagine o morfè, dalla morfè di Dio alla morfè di schiavo. Non un cambiamento ma casomai l’assunzione di un ulteriore immagine. L’immagine di Dio, che ogni essere umano ha, è irrinunciabile. Possiamo comportarci da animali, ma non saremo mai animali, perché siano stati creati a immagine di Dio, non delle bestie. Adamo, che indubbiamente era a immagine di Dio, in demùt di Dio (Gn 1:16), peccò, e lo fece pur essendo a immagine di Dio. Anzi, ne approfittò per tentare di rapinare Dio del suo esclusivo diritto di essere Dio, volendo essere simile a lui. Yeshùa, che è il secondo Adamo, fece l’opposto: si fece schiavo. Yeshùa iniziò in morfè di Dio, non pretese di diventare simile a Dio e assunse la morfè di schiavo. Non è un cambiamento ma un orientamento. Se possiamo tentare un misero esempio, è come se il figlio di un ricco e potente industriale, erede legittimo, entrasse nell’industria del padre ma non lo facesse come padrone (cercando di prendere il posto del padre) ma da usciere, umilmente. Detto biblicamente, chi si umilia sarà esaltato.
In ogni caso, caro Antonino, non hai ancora dato un senso alla parola morfè. Che mai vorrà dire? Prova tu a tradurre il vocabolo. Ti rammento solo che la tua traduzione deve rispettare due requisiti irrinunciabili: essere in armonia con il contesto e con l’intesa Sacra Scrittura.
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Antonino
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Antonino »

Carissimo! Cercherò di armonizzare!
Volevo farti una domanda:
Secondo l'intendimento di chi dovrei armonizzare?
Non darmi per favore l'ovvia risposta: "secondo Dio" oppure "secondo le scritture".
Visto è considerato che l'intendimento della varia e vasta religione così detta "cristiana", afferma di essere tutti secondo Dio e secondo le scritture!

Partiamo da un principio: tutti quanti in virtù delle personali conoscenze, attitudini, modo di essere, socializzare e altri fattori; pensa di essere nel giusto!
Volendo avere un metro di paragone incontrovertibile ed inconfutabile. Secondo la tua esperienza su quale parametro biblico, potremmo porre fondamento, in modo da poter tradurre morphè?
Saluti
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Gianni
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Gianni »

Caro Antonino, io ti ho invitato a dare un senso alla parola greca morfè, provando a tradurla. Quando ho detto che nel tuo tentativo di traduzione devi rispettare l’armonia con il contesto e con l’intesa Sacra Scrittura, intendevo dire proprio Sacra Scrittura, non le sue interpretazioni. Siccome nel passo di Flp si parla della relazione tra Yeshùa e Dio, non possiamo non tenere conto di due verità attestate dalla Bibbia:
1. Dio e uno e unico, superiore a chiunque.
2. Yeshùa è sottomesso a Dio e sempre lo sarà.
Queste due verità sono chiare. Perfino i trinitari (che identificano il loro “Gesù” con Dio) sono costretti a spiegare la sudditanza di Yeshùa a Dio, e ricorrono alla strana idea che Yeshùa era sottomesso solo in quanto uomo. Vuoi seguire questa strada? Va bene, se vuoi. Faremo un giro lungo per appurare se è sostenibile questa spiegazione dei trinitari. Ma poi arriveremo allo stesso punto di ora.
Comunque, se vuoi, spiega pure il senso della parola morfè secondo l’intendimento religioso che preferisci (cattolico-protestante o dei Testimoni di Geova). Lo metteremo alla prova con la Scrittura.
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Si chiama "dimostrazione per assurdo" . Si sostituisce il termine che si crede corretto e quindi la frase (in questo caso) prende un significato. Quel significato qui determina la figura di Yeshùa. Questa figura (chiamiamola di confutazione) la si va a sostituire quindi in tutta la bibbia. Se tutto torna , allora molto probabilmente la supposizione era corretta e l'ipotesi è verificata. Se esiste almeno un elemento che cozza, l'ipotesi va rivista. Se sono più di un elemento che cozzano, allora l'ipotesi è da scartare.

A questo punto però ho una semplice domanda. Ma si può stabilire una identità da una singola parola? Mi sembra troppo riduttivo senza chiedersi con quella frase l'autore cosa ci vuole dire.

Ci sono anche delle considerazioni. Mi accorgo che i brani di Paolo sono presi come contesto per svelare , ridimensionare o addirittura cambiare ciò che in altri passi sembra affermare diversamente. Si prende Paolo come certezza. Addirittura nella negazione del sabato TdG prendono colossesi 2:16 interpretandolo a modo loro e sostituenso "sabati" con "sabato". Questo al mio paese si chiama forzatura.
Ora, nonostante si possa leggere le lettere di Paolo con punti di vista diversi, esiste almeno un punto di vista che è in linea con tutta la scrittura stessa.
Fino a qualche tempo fa si davano per certe alcune interpretazioni di passi che adesso sono stati considerati aggiunti, per esempio quello della testimonianza in cielo del padre del figlio e dello spirito santo che ancora si trova sulla Diodati vecchia edizione. _Nell'800 ed anche dopo però questa informazione - interpretazione era scontata. Oggi se ne ridiscute. Nella bibbia ci hanno messo mano i cattolici. Se oggi noi studiamo la bibbia è perchè questa conoscenza l'hanno portata avanti gli esponenti di quella chiesa. E' vero che possiamo risalire ai rotoli più antichi da dove la bibbia è stata tradotta quindi alla fine in epoche successive, se non per via di traduzione si è potuto cambiare poco, ma quel che si è potuto si è modificato ...cambiato. Basta cambiare una parola, una virgola. Tanto il 99 % delle persone non potrà mai leggere i testi originali e deve affidarsi alla traduzione.
Oggi , almeno rispetto ai testi più antichi , è possibile fare un pò di pulizia e risalire alla scrittura più genuina , a ciò che effettivamente sta scritto sui testi più antichi.

E torniamo a Paolo. Partendo da un punto fermo che i testi antichi dicono ciò che è scritto e che sono venuti fuori tutti i taroccamenti, partendo dal punto fermo che la storia di Paolo è vera , mi sono sempre chiesto se tutto ciò che ha scritto è impeccabile oppure alcune cose sono sue spiegazioni. In alcuni punti egli afferma chiaramente che ciò che dice è un suo consiglio , non di Dio, come ad esempio quello di sposarsi o non sposarsi.
Dalla Bibbia comprendiamo che Paolo era un romano di origine, che perseguitava i Cristiani e solo dopo la morte di Yeshùa cambiò... e cambiò da un incontro speciale. Ciò che mi chiedo è semplicemente questo. Paolo , a differenza degli altri apostoli, non ha vissuto anni di esperienza diretta con Yeshùa. Non apprese direttamente come tutti gli altri a meno chè non era un discepolo. Ma se perseguitava i Cristiani non so quanto poteva esserlo e quando Yeshùa parlava alle genti dov'era. Forse era li che ascoltava, non so. Non avendo quindi fatto il percorso degli altri, tutto ciò che in seguito conobbe da dove veniva? NOn può avere appreso tutto con un incontro. E' vero che è un autore ispirato da Dio perchè la scritttura è ispirata da Dio.. è vero che le cose le conosceva perchè sta scritto che in ogni caso con gli altri andava in giro a predicare e se è stato accolto a fare ciò vuol dire che le cose le conosceva.... mi chiedo semplicemente come.
Riepilogo le due domande.
1) tutto ciò che scrive Paolo è esente da interpretazioni e visioni personali?
2) Come apprese Paolo la sana dottrina?
Tutto ciò è per fare più chiarezza su ciò che scrive Paolo, non che sia errato o messo in discussione perchè delle certezze su Paolo e di cosa fece le abbiamo.
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
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Gianni
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Gianni »

Caro Naza, tu mostri (e non è la prima volta) di avere le capacità di un biblista. Hai infatti capacità di analisi, anche in profondità, attenendoti alla logica raziocinante.
La tua “dimostrazione per assurdo” è una strada che può dare risultati. Chissà cosa saresti in grado di fare in campo biblico se studiassi logica pura, in particolare i metodi di deduzione, induzione e abduzione! Hai mai pensato di studiare Scienze Bibliche? :)
Riguardo alle tue due domande, va precisato intanto che Paolo non era romano di origine. Egli aveva un nome ebraico, quello del primo re d’Israele: Shaùl. Era della tribù di Beniamino, quindi era non solo israelita ma giudeo. Di romano aveva la cittadinanza, non le origini.
1) Tutto ciò che scrive Paolo è esente da interpretazioni e visioni personali?
Da interpretazioni personali, sì; da visioni personali, no. Pietro dice che nelle lettere di Paolo “ci sono alcune cose difficili a capirsi, che gli uomini ignoranti e instabili travisano a loro perdizione come anche le altre Scritture” (2Pt 3:16). Nota come Pietro, che disse che “nessuna profezia della Scrittura proviene da un'interpretazione personale” (2Pt 1:20), include le lettere paoline tra le Scritture. Paolo ebbe visioni e rivelazioni personali. - Cfr. Ef 3:3.
2) Come apprese Paolo la sana dottrina?
Risponde lui stesso: “Vi ho prima di tutto trasmesso, come l'ho ricevuto anch'io, che …”. - 1Cor 15:3.
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