D-o uccide?

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Gianni
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Re: D-o uccide?

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Caro Besaseà, prova a valutare la possibilità che il prefisso הַ (ha) del participio passivo שְּׁדוּדָה (shedudàh) sia un relativo (“che”). Lo troviamo, ad esempio, in Gs 10:24: “Giosuè chiamò tutti gli uomini d'Israele, e disse ai capi dei guerrieri che erano andati [הֶהָלְכוּא (hehalchù)] con lui”. Ciò spiegherebbe perchè molti traducono "che [devi essere] distrutta"

Se poi si fa una ricerca sull’espressione “figlio/a/i/e di” si può vedere (quando ovviamente non è letterale) che non indica mai qualcosa di diverso dalla “genitorialità”. Così, proprio nei Salmi, la “figlia di Sion” altro non è che Gerusalemme. In più, la “figlia di Babilonia” è in Is (una volta), in Ger (due volte) e In Zc (una volta) sempre la Babilonia, mai la Giudea!
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Re: D-o uccide?

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Mi domando anche se quel participio passivo non sia un "participio di necessità" che denota un'azione che deve essere fatta, assimilabile al gerundivo. Si avrebbe allora: הַשְּׁדוּדָה (hashedudàh) = “che devi essere distrutta”, in piena sintonia con le profezie sulla distruzione della Babilonia.
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Re: D-o uccide?

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Confrontato. Tuttavia la forma verbale המעשקה (hameushaqàh) è un participio attivo femminile singolare puàl e il prefisso è proprio l’articolo.

Ritenere ora che i babilonesi chiamassero il territorio giudaico “Babilonia distrutta” mi pare oltremodo fantasioso. In più, è fuori contesto che i babilonesi si augurassero che i bimbi giudei fossero sfracellati contro la roccia. Fuori contesto perché nella vicenda riportata dal Sl i babilonesi fanno del sarcasmo e non appaiono per nulla minacciosi (erano i vincitori, del resto). Inoltre, perché augurarsi quel male? Potevano farlo e basta! E ancora, è fuori contesto, questa volta storico, perché ciò lo avevano già fatto loro ai bimbi giudei.
Con la legge del taglione si spiega però bene l’augurio dei giudei che, rimettendo tutto nelle mani di Dio, chiedono la giusta retribuzione per i loro aguzzini.
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Re: D-o uccide?

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Ma tu a chi attribuisci quell'augurio orrendo circa i bambini?
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Re: D-o uccide?

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Besaeà, e gli edomiti non sono forse i babilonesi? Non ho capito perché ti sei stupito che io abbia parlato di babilonesi.
Comunque, visto che hai pazienza, spiegami una cosa. Nel tuo intendimento, quelle cose dette dagli edomiti quando sono dette? Lo furono nel giorno di Gerusalemme oppure durante l'esilio dei giudei?
Se vuoi, apprezzerei molto anche una tua traduzione molto libera, diciamo in “occidentale moderno”, traducendo i termini “edomiti”, “giorno di Gerusalemme” e “figlia di Babilonia” in corrispettivi italiani che ne chiariscano il senso.
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Re: D-o uccide?

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Besaseà, ignoro la tua provocazione e ti prego di rispondere per intero alla mia domanda. Ti risponderò poi anche sugli edomiti.
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Re: D-o uccide?

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Sleale?
Comunque, domani ti risponderò.
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Re: D-o uccide?

Messaggio da Gianni »

Espongo la mia analisi completa del Sl 137, che potremmo intitolare “il canto degli esuli rimpatriati” e i cui vv. 8 e 9 rientrano nelle imprecazioni tipiche dei salmi cosiddetti imprecatori.

Stilisticamente, il Sl 137 è un capolavoro di poesia. Sin dal primo versetto il lettore è preso da forte emozione:
“Lungo i fiumi, laggiù in Babilonia,
sedevamo e piangevamo
al ricordo di Sion.
Ai salici lungo le rive
avevamo appeso le nostre cetre”. – Vv 1,2, TILC.
I fiumi babilonesi sono il Tigri e l’Eufrate con i suoi molti e ampi canali. I salici potrebbero essere in realtà pioppi (cfr. Lv 23:40), comunque alberi che crescono presso l’acqua; l’ebraico ha עֲרָבִים (aravìm).

Si notino nel testo ebraico i tempi al passato: “sedemmo”, “piangemmo”, “appendemmo”. Ora i giudei non sono più lì. Ecco perché è meglio intitolare questo salmo “il canto degli esuli rimpatriati” e non dei deportati come fanno diversi commentatori. Ora rimpatriati, alcuni giudei (probabilmente leviti riuniti per una liturgia) rivanno con la mente ad un ricordo incancellabile: là a Babilonia la loro tristezza era resa più profonda perché non solo non potevano cantare i canti gerosolimitani in terra straniera (renderli pubblici per il divertimento degli idolatri sarebbe stata una profanazione), ma venivano perfino derisi dai loro aguzzini:
“Laggiù, dopo averci deportato,
ci invitavano a cantare;
esigevano canti di gioia
i nostri oppressori.
«Cantate», dicevano,
«un canto di Sion».
Ma come cantare i canti del Signore
in terra straniera?”. – Vv. 3,4, TILC.

A questo punto si ha il tempo presente: “Se dimentico te, Gerusalemme, …” (v. 5, TILC). Gli esuli, ricordando quelle tragiche circostanze, prorompono ora in un canto molto accorato in cui applicano a se stessi la legge del taglione: là tra gli idolatri non potevano cantare i canti della città santa, ma adesso “se dimentico te, Gerusalemme, si paralizzi la mia mano; la mia lingua si incolli al palato se non sei il mio continuo pensiero, il colmo della mia gioia, Gerusalemme”. – Vv. 5,6, TILC; cfr. Ger 51:50; Sl 121:1.
Con questo impegno veemente esplode anche la collera che chiede giustizia conformemente al costume dei tempi. Ciò assume però un valore simbolico perché quei tristi eventi sono ormai passati da tempo.

Ed eccoci al punto, ai vv. 7 e 8, così tradotti da Besaseà:
“Ricorda Hashem agli edomiti il giorno di Gerusalemme
I quali dicono: spogliate spogliate fino al suo fondamento
o Figlia di Babilonia, depredata (distrutta)
felice chi ti ripaga quello che ti spetta come hai fatto con noi
felice chi afferra e sfracella i tuoi neonati sulla roccia”.
Mi permetto alcune osservazioni su questa traduzione. Il prefisso לִ (li) di לִבְנֵי (livnè) potrebbe avere il valore di “per ciò che riguarda”, per cui il v. 7 potrebbe essere tradotto: “Ricorda, Adonày, riguardo a figli di Edom il [l’articolo non c’è ma si ha et (אֵת) che indica l’accusativo specifico] giorno di Gerusalemme, i dicenti …”. Viene insomma rivolta ad Hashèm la preghiera di non dimenticarsi degli edomiti, i quali incitavano alla distruzione. Mi pare più corretto tradurre letteralmente l’ebraico “dicenti”, perché “dicono” fa pensare che dicano al presente. Il contesto riferisce invece l’incitamento degli edomiti al passato, perché chiaramente riferito temporalmente al giorno di Gerusalemme, che è passato. Il participio attivo “dicenti”, nella forma qal (אֹמְרִים, omrìm) e munito di articolo (הָ, ha), si comporta come un aggettivo, tanto che è al maschile plurale. Come controprova si ha il fatto che quei rimpatriati giudei stanno rievocando il passato e solo dal v. 6 parlano al presente. Al v. 7 siamo ancora al presente, quello del salmista che dopo aver rievocato prega Hashèm: “Ricorda” (sechòr), all’imperfetto qal (cfr. Ec 12:1); si tratta di un imperfetto iussivo da tradursi con il presente: “ricorda” ora, adesso. E cosa deve ricordare Haschèm? Che al tempo tragico di Gerusalemme gli edomiti incitavano i babilonesi a distruggere completamente la città santa.

Perché vengono menzionati gli edomiti? Essi solo l’elemento che indica la coalizzazione di tutte le forze malefiche per sterminare il popolo di Dio. Così, subito dopo si cita la Babilonia e la sua empietà più odiosa. La contrapposizione tra le due città (la città santa di Dio, Gerusalemme, e la malvagia Babilonia) raggiungerà il culmine nell’apocalisse giudaica che chiude il cosiddetto Nuovo Testamento.
Al tempo della catastrofe di Gerusalemme (587 a. E. V.) gli edomiti si erano uniti ai babilonesi nel saccheggio. - Si confronti Ez 25:12 e la profezia contro gli edomiti in Ez 35; cfr. anche Abd 10,11.

Dopo aver menzionato gli edomiti, Sl 137:8 nomina bat-bavèl, la “figlia di Babilonia”, definendola hashedudàh. Is 47:1 ci obbliga, oltre al modo espressivo ebraico stesso, a riferire l’epiteto proprio a Babilonia. In Ger 50 e 51 troviamo la profezia contro Babilonia. Per la profezia contro Edom si veda Lam 4:21,22 e cfr. Am 1:11.
Si noti Lam 4:21: “Anche su te [גַּמ־עָלַיִךְ (gam-alaych)]”, su Edom; “anche”, oltre alla Babilonia. In Lam 4:22 è menzionata la “figlia di Sion” e la “figlia di Edom”, così come in Sl 137:8 è menzionata la “figlia di Babilonia”.

Per l’orrenda usanza dei popoli pagani di sfracellare contro la roccia anche i bambini dei vinti, si veda 2Re 8:12, Os 10:14 e Na 3:10.
Le antiche nazioni presenti in Palestina o nei dintorni ricorrevano alla mutilazione, all’accecamento, all’uccisione dei prigionieri di guerra e allo sventramento di donne incinte, oltre al fatto che sfracellavano i bambini dei vinti contro un muro o una pietra. - Gdc 1:7; 16:21; 1Sam 11:1, 2; 2Re 8:12.
Il popolo ebraico non fece mai assolutamente nulla di simile.

Nella sua preghiera ad Hashèm il salmista gli chiede non lasciare invendicato il suo popolo e di ricordarsi di ciò che quei pagani gli fecero. Il salmista si impegna a tenersi stretto alla città santa e, per rendere più che certo il suo impegno, applica a sé la legge del taglione; allo stesso modo chiede che essa venga applicata ai babilonesi quale ricompensa di ciò che fecero. Ciò era conforme alla giustizia perché la legge del taglione garantiva un limite. Il salmista auspica la giustizia e non intende affatto la vendetta come Lamec (77 volte).

Riguardo agli edomiti rimando a: La nazione sorta da Esaù (http://www.biblistica.it/wordpress/wp-c ... %C3%B9.pdf" onclick="window.open(this.href);return false;).
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Israel75
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Re: D-o uccide?

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Il termine “israelita” innanzitutto significa, figlio d’Israele (Giacobbe), cioè tutti i discendenti dei dodici figli del patriarca Giacobbe, chiamato anche Israele (Genesi 32, 29). In secondo luogo “israelita” è un abitante del regno d’Israele, costituitosi con la frattura del regno unitario avvenuta dopo la morte di Salomone (ca. 922 a.C.) dove risiedevano dieci delle dodici tribù, escluse Giuda e Beniamino. Con la conquista del Regno d’Israele ad opera degli assiri nel 722 a.C., i suoi abitanti furono deportati o assimilati. Dal periodo dell’emancipazione (XIX sec.), il termine “israelita” fu impiegato come sostituto di “ebreo”. Oggi, per esempio, le comunità ebraiche locali sono chiamate anche “Comunità Israelitiche”.

Il termine “israeliano” indica esclusivamente un cittadino dello Stato d’Israele, la cui fondazione risale al 1948.

Non tutti gli ebrei sono perciò israeliani, né tutti gli israeliani sono ebrei. Esiste infatti oltre un milione di israeliani (cittadini dello Stato d’Israele, appunto) di religione musulmana e, in misura molto minore, israeliani appartenenti a varie denominazioni cristiane e ad altre religioni. (Piero Stefani, Gli ebrei, Il Mulino, Bologna 2006)


Cit. Ghesher "Servizio evangelico per le relazioni con Israele"
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
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Gianni
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Re: D-o uccide?

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Caro Besaseà, temo che rimarremo ciascuno della propria opinione. (Mi vuoi bene lo stesso? :-) ).
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