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Nella Bibbia ebraica vi sono più termini che, anche nelle elaborazioni successive delle varie religioni, sono stati collegati al concetto di anima.
Saadiah Gaon e Maimonide spiegano il classico insegnamento rabbinico sull'anima nel confronto e tramite la critica alla filosofia neo aristotelica. Il primo sostiene che l'anima è quella parte dell'uomo che è costituita di desideri fisici, emozioni e pensiero.[28] Nella Guida dei Perplessi il secondo intende l'intelletto sviluppato privo di "sostanza", natura intrinseca dell'anima; invero esiste un aspetto dell'anima, definito desiderio, che è oltre l'intelletto, lo trascende ed è rivolto a Dio così intensamente da essere paragonato al momento in cui, ai piedi del monte Sinai durante la proclamazione dei dieci comandamenti, l'anima dei figli di Israele li lasciò momentaneamente per l'effetto straordinario dell'esperienza divina estatica: è il desiderio estatico disinteressato rivolto a Dio al di là dei benefici ricevuti.
« L'anima si manifesta nella persona come Neshamah, il soffio vitale, la coscienza; Ruach, lo spirito, l'emozione; e Nefesh, l'integrazione del corpo, il nutrimento dell'anima. Le tre manifestazioni dell'anima accendono la persona come il fuoco illumina una lampada, Nefesh come lo stoppino, Ruach come l'olio e Neshamah come la fiamma, come sta scritto: Lo spirito dell'uomo è una fiaccola del Signore che scruta tutti i segreti recessi del cuore (Prov20,27) »
(Zohar)
Nella Qabbalah e nello Zohar (un trattato di mistica) l'anima è vista come composta da tre elementi basilari, Nefesh, Ruach e Neshamah, in rari casi con l'aggiunta dei più elevati Chayyah e Yechidah. Ruach e Neshamah sono parti dell'anima non presenti dalla nascita ma si creano lentamente col passare del tempo. Il loro sviluppo dipende dall'agire e dalle credenze dell'individuo mentre Chayyah e Yechidah si trovano solo negli Zaddiqim. Di esse si dice che esistano in forma completa negli individui spiritualmente avanzati. Essi sono solitamente spiegati in questi termini (la tabella vuole solo essere indicativa senza i canali che invece presenta il diagramma delle Sefirot):
Nèfesh (נפש in lingua ebraica) indica l'uomo come essere vivente. Nel canone ebraico la parola nèfesh ricorre 754 volte, la prima delle quali in Genesi 1.20. La costituzione dell'uomo come "Nefesh" è descritta in Genesi 2,7:
« Dio il Signore [YHWH] formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici l'alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente.[41] »
Riguarda la parte inferiore e le "funzioni animali" dell'anima ed è compito degli individui renderla divina, anche vincendo contro la cattiva inclinazione, lo yetzer arà, e non esserle più attaccato. Si riferisce agli istinti e funzioni vitali. Si trova in tutti gli uomini. Affine alla concezione della psiche è all'origine della natura fisica e riguarda soprattutto la vitalità del corpo, l'istinto, la psicologia più semplici e l'intelletto, la consapevolezza dell'esistenza e della Presenza divina nel Mondo e la facoltà di donare ed aiutare (cfr Ghemilut Chassadim): esse sono definite distintamente Nefesh Behamit, l'anima "animalesca", Nefesh Ha'sichlì, l'anima intellettuale, e Nefesh E-lokit, l'anima divina. Il livello di Nefesh haChayyah può essere raggiunto con lo studio approfondito della Torah.
Il nefesh non si identifica con il soffio di vita che proviene da Dio, ma indica il respiro. In questo senso l'essere animato [Nèfesh], quando ne viene incluso dopo la morte, è compreso nel luogo identificato con il Gan eden o Paradiso e con lo Sheol o Inferi. Si dice che al momento della morte nefesh rimanga con il corpo sino al definitivo completamento di esso nella tomba anche nel legame con Ruach e Neshamah: Nefesh, principalmente legata al corpo rimasto senza vita, si riunisce poi con le altre anime della persona deceduta già giunte alla destinazione prestabilita anche se una sua parte resta assieme al corpo: questo non esclude l'unità di ciò che viene definito "anima" in quanto la percezione ultraterrena della persona deceduta riguarda il proprio coinvolgimento nell'Unità divina.
Presente ancora un'interpretazione secondo cui anche gli oggetti inanimati e quindi la Natura sono dotati di una sorta di nefesh non paragonabile però a quella degli animali o a quella degli esseri umani, essa è infatti minore e con modalità riconoscibili differenti.
Ruach (ebr. רוח): il termine Ruach, da cui Ruach haQodesh (Spirito Santo), è in greco pnéuma e in latino spiritus. Pnèuma deriva dal verbo pnèo, che significa "respirare" o "soffiare", e si ritiene che anche l'ebraico rùach derivi da una radice che ha lo stesso significato, ed indica l'alito vitale comunicato da Dio all'uomo. Per Ruach Chayim Nishmat si intende lo spirito "succhiato dalla Shekhinah". Abramo Abulafia fu a conoscenza del mistero del Ruach Ruchot.
L'anima mediana, o spirito. Essa consiste nelle virtù morali e nella capacità di distinguere il bene dal male. Nel linguaggio moderno è analoga alla psiche o all'ego. Riguarda principalmente le emozioni.
Ruach può essere raggiunta con lo studio della Torah e l'osservanza delle Mizvot.
Ruach assume la sembianza del corpo della persona quando era in vita, il Talmud infatti narra episodi in cui vennero viste persone decedute.
Neshamah (ebr. נשמה): è l'anima superiore, il sé più elevato. Essa distingue l'uomo da tutte le altre forme di vita. Riguarda aspetti più elevati dell'intelletto e permette all'uomo di godere e beneficiare dei livelli superni della vita dell'aldilà.[42]
Questa parte permette una consapevolezza maggiore dell'esistenza e presenza di Dio ed è stretta alla sapienza delle modalità divine.
La Torah insegna che durante il giorno santo del Sabato ogni Ebreo riceve un'anima aggiuntiva che lo fa entrare nella solennità di questo giorno, chiamato patto tra Me ed i figli d'Israele e giorno della fede: in ebraico il nome dell'anima supplementare dello Shabbat è Neshamah yeterà, aspetto eccelso della Neshamah che permette di legarsi alla comprensione ed alla percezione spirituali ed intellettuali più alte della fede, della Torah nei suoi segreti più nascosti, l'approccio delle quali si fa più sottile ed ampio anche nel godimento consapevole della delizia di questo giorno santo e buono. La concessione della Neshamah yeterà permette quindi all'Ebreo di legarsi a Dio ed alle Sue parti eccelse delle fonti spirituali e questo sia spiritualmente sia intellettualmente; Neshamah è anche collegata a Nefesh ed a Ruach ma nello Shabbat essa si eleva infatti vengono aperti tutti i cancelli superni della Torah.
Molti studiosi del Talmud ritengono che l'infusione dell'anima nell'embrione avvenga non prima del quarantesimo giorno.
Chi ne abbia il privilegio può raggiungere Ruach a partire dall'età di 13 anni e Neshamah dai 20 anni di età, come già detto Nefesh è già presente anche alla nascita.
Si ritiene che Nefesh risieda nel fegato, in ebraico kaved, Ruach nel cuore, lev, e Neshamah nel cervello, moach: le iniziali di queste tre parole formano la parola melekh che significa re e riguarda il livello raggiunto dalla persona in cui vi siano le tre anime suddette e che permette di essere considerata come un re per il grado di sapienza, conoscenza ed intelligenza, per la consapevolezza ed il controllo delle emozioni e degli istinti.
L'anima pervade comunque tutto il corpo.
Secondo i Mequbbalim di ogni epoca l'anima è prevalentemente spirituale ma, poiché pervade tutto il corpo, assume in esso e per esso prerogative sensoriali quali l'udito, la vista, l'olfatto e tutte le facoltà inerenti, come ancora il discorso, in corrispondenza al corpo in quanto espressioni del legame tra i due; anche il movimento del corpo, come ad esempio quello degli arti, avviene grazie alle funzioni intermediarie e sorto nel legame e dall'apporto dell'anima.
Anche il tatto e la percezione tattile sono resi possibili grazie al pervadere dell'anima tutto il corpo; oltre a ciò il riso e la vera gioia sono irradiazioni dell'anima.[43]
Chi capace e particolarmente elevato spiritualmente può elevare Nefesh oltre il livello semplice della vitalità delle funzioni vitali fisiche ed includerla in modo completo nella santità, la Qedushah.
Nello Zohar si dice che, dopo la morte, si dissolve l'apporto di Nefesh al corpo pur restando ad esso legato per un periodo, il Ruach si trasferisce in una sorta di stato intermedio dove è sottoposto ad un processo di purificazione ed entra in una specie di "paradiso transitorio", mentre Neshamah ritorna alla sua fonte divina. Si ritiene che dopo la resurrezione Ruach e Neshamah, anima e spirito, si riuniscano in una forma definitiva trasmutata.
Questi tre livelli sono necessari per giungere alla ricezione di quelli della profezia. La Sefirah principalmente correlata a Nefesh è Malkhut, le sei, da Chessed a Yessod, a Ruach mentre Binah a Neshamah; talvolta la correlazione avviene tra Binah e Nefesh, Tiferet e Ruach, Malkhut e Neshamah.
Con riferimento all'anima soffiata nelle narici del primo uomo, Adamo, lo Zohar insegna che la Neshamah derivò dalla Shekhinah Superiore, Ruach è legato a Zeir Anpin mentre Nefesh venne dalla Shekhinah Inferiore.
Anche secondo Chaim Luzzatto (Derech haShem) anche alcuni non-ebrei possono giungere sino al livello di Neshamah.
Shneur Zalman sul Tanya (Iggheret haQodesh, 5), come anche Chaim Vital ed il Raaya Meheimna, un trattato cabbalistico pubblicato assieme allo Zohar, aggiungono due parti ulteriori all'anima umana: Chayyah e Yechidah. Gershom Scholem scrive che essi sono considerati i livelli più sublimi della cognizione intuitiva e si trovano solo in pochi individui eletti:
Chayyah (ebr. חיה): chiamata anche Neshamah di Neshamah è la parte dell'anima che permette la consapevolezza della forza della vita divina stessa;
Yechidah (ebr. יחידה): il livello più elevato dell'anima, nella quale si raggiunge la più intima unione con Dio; anche secondo l'Arizal in Yechidah non è presente il male.
Secondo Chaim Luzzatto (138 Aperture di Saggezza) Nefesh, Ruach e Neshamah sono i livelli di luce celeste esterno, intermedio ed interno mentre Chayyah e Yechidah riguardano la luce circondante (cfr Chalal e Mondo futuro).
Quelli dell'anima sono livelli cui l'uomo può generalmente accedere nel corso della propria vita per gradi ed elevazioni nella coscienza, nella consapevolezza, nella spiritualità e nella santità. Dio dona Nefesh al principio della vita dell'individuo ed è compito di essa dirigere la propria interiorità, le proprie intenzioni, le proprie azioni ed i propri coinvolgimenti verso la spiritualità nell'atto di portare l'aspetto materiale verso la meta della spiritualità. Una volta raggiunto ciò e purificatosi in questa predisposizione Dio lo prepara per ricevere Ruach che domina Nefesh e gli permette di conseguire intenzioni più elevate con una coscienza più ampia; la persona così elevata attraverso Nefesh e Ruach, ormai raggiunte le dinamiche e le forme del servizio spirituale per Dio, se questo sarà buono e corretto, può raggiungere Neshamah che, un livello più alto, comunque secondo la natura della persona stessa, è ancora più santo e domina gli altri livelli. Il livello di Neshamah permette di raggiungere Binah ed in tale individuo sono predisposte le attitudini e le modalità delle Sefirot: solo così egli potrà essere definitivamente nominato adorato del Santo Benedetto Egli sia.
I progressi e le ascese spirituali vertono anche sul miglioramento nella buona inclinazione, lo yetzer tov, ed il dominio di quella cattiva per arrivare a non cedervi più.
In coincidenza con le Haqqafot un Siddur Sefardita con le Tefillot dei giorni di Sukkot contiene dei riferimenti a tutte le cinque anime.
I maestri ebrei spiegano che durante il sonno l'anima giunge a Dio divenendo così purificata nuovamente, ritemprata e "pulita" sino a quando ritorni con il risveglio dell'individuo; questo aspetto è diverso dalla morte ed effettivamente l'anima rimane comunque continuamente legata al corpo.
Nell'unione tra anima e corpo, nel bene, vi sono soprattutto Qedushah, purità, pace e sapienza, intelligenza e conoscenza e quindi la verità: queste vengono vissute quindi nel legame con le Sefirot ed infatti ve ne sono qui alcune citate.