Re: Interpretare la Bibbia, alla ricerca di un metodo condiv
Inviato: lunedì 21 settembre 2015, 20:06
lemoèd moadìym vakhètzy
per (un) tempo tempi e metà
Il vocabolo ebraico מוֹעֵד (moèd) indica principalmente un “incontro”, il momento e il tempo dell’incontro, in particolare quelli delle sante Feste di Dio. Si legge in Os 9:5: “Che farete nei giorni delle solennità [מֹועֵד לְיֹום (leyòm moèd), “in giorno incontro”] e nei giorni di festa del Signore?” (si noti il parallelismo: solennità = giorni di festa). La traduzione di NR in Sl 104:19 - “[Dio] ha fatto la luna per stabilire le stagioni [מֹועֲדִים (modadìym)]” – non ha molto senso; TNM traduce “per i tempi fissati”; se volessimo fare una traduzione moderna e altamente spirituale, diremmo che Dio ha creato la luna per scandire gli appuntamenti con lui, perché le Feste bibliche si basano sul calendario lunare.
Mantenendo il concetto di ‘tempo fissato’, TNM traduce Dn 12:7 così: “Sarà per un tempo fissato, tempi fissati e una metà”. Questa traduzione è conforme a quella della LXX greca, che ha εἰς καιρὸν καὶ καιροὺς καὶ ἥμισυ καιροῦ (eis kairòn kài kairùs kài èmisy kairù), “per (un) tempo definito e tempi definiti e metà di (un) tempo”.
A parte la questione della traduzione di מוֹעֵד (moèd), c’è anche la questione del plurale. Ritenere che il plurale מֹועֲדִים (modadìym) sia un duale, come fanno lo studioso di filologia classica Ernst Vogt (cfr. il suo Lexicon Linguae Aramaicae Veteris Testamenti, Roma, 1971, pag. 124) e il rabbino Abraham Ben Meir Ibn Ezra (1089 - 1164), è solo un’opinione. Di fatto il testo ebraico ha il plurale, non il duale. Quanto alla traduzione greca della LXX, è vero che il duale non si usava più nel greco comune del tempo, ma i traduttori avrebbero sempre potuto aggiungere ‘due’, se così avessero inteso. Interpretare il plurale modadìym come duale, sembra tuttavia la cosa giusta. Infatti, il plurale “tempi” è dovuto alla lettura che ne fecero i masoreti, che vocalizzarono in עִדָּנִין (iddanìyn). Questa parola può però essere anche letta con la desinenza duale: iddanàyn, “due tempi”.
In Dn 7:25 troviamo la stessa espressione:
Dn 7:25 aramaico עַד־עִדָּן וְעִדָּנִין וּפְלַג
ad-iddàn veiddanìyn uflàg
Dn 12:7 ebraico לְמֹועֵד מֹועֲדִים וָחֵצִי
lemoèd moadìym vakhètzy
Per interpretare questi tre tempi e mezzo ci può essere d’aiuto il passo apocalittico in cui abbiamo l’equivalenza di “un tempo, dei tempi e la metà di un tempo” (Ap 12:14): qui si parla della apocalittica donna messa al riparo nel deserto per il periodo indicato, e poco prima, in Ap 12:6 è detto che “la donna fuggì nel deserto, dove ha un luogo preparato da Dio, per esservi nutrita per milleduecentosessanta giorni”. Il mese biblico è preso nella sua durata media di 30 giorni, per cui 1260 giorni divisi per 30 danno 42 mesi. Il che mostra non solo che si tratta proprio di tre tempi e mezzo ma anche di tre anni e mezzo.
Una interpretazione è che il periodo si riferisca all’oppressione di Antioco IV Epifane, durata poco più di tre anni e mezzo (dal 168 e 165 a. E. V.) e terminata con la vittoria di Giuda Maccabeo. Ciò coinciderebbe grossomodo con le 2.300 sere e mattine di Dn 8:14 (se considerate come 1.150 giorni) e con i giorni di Dn 12:11. Tuttavia, questa interpretazione pone dei problemi in quanto le coincidenze non sono precise.
A quanto equivalgano i tre tempi e mezzo lo spiega Dn 12:11.
per (un) tempo tempi e metà
Il vocabolo ebraico מוֹעֵד (moèd) indica principalmente un “incontro”, il momento e il tempo dell’incontro, in particolare quelli delle sante Feste di Dio. Si legge in Os 9:5: “Che farete nei giorni delle solennità [מֹועֵד לְיֹום (leyòm moèd), “in giorno incontro”] e nei giorni di festa del Signore?” (si noti il parallelismo: solennità = giorni di festa). La traduzione di NR in Sl 104:19 - “[Dio] ha fatto la luna per stabilire le stagioni [מֹועֲדִים (modadìym)]” – non ha molto senso; TNM traduce “per i tempi fissati”; se volessimo fare una traduzione moderna e altamente spirituale, diremmo che Dio ha creato la luna per scandire gli appuntamenti con lui, perché le Feste bibliche si basano sul calendario lunare.
Mantenendo il concetto di ‘tempo fissato’, TNM traduce Dn 12:7 così: “Sarà per un tempo fissato, tempi fissati e una metà”. Questa traduzione è conforme a quella della LXX greca, che ha εἰς καιρὸν καὶ καιροὺς καὶ ἥμισυ καιροῦ (eis kairòn kài kairùs kài èmisy kairù), “per (un) tempo definito e tempi definiti e metà di (un) tempo”.
A parte la questione della traduzione di מוֹעֵד (moèd), c’è anche la questione del plurale. Ritenere che il plurale מֹועֲדִים (modadìym) sia un duale, come fanno lo studioso di filologia classica Ernst Vogt (cfr. il suo Lexicon Linguae Aramaicae Veteris Testamenti, Roma, 1971, pag. 124) e il rabbino Abraham Ben Meir Ibn Ezra (1089 - 1164), è solo un’opinione. Di fatto il testo ebraico ha il plurale, non il duale. Quanto alla traduzione greca della LXX, è vero che il duale non si usava più nel greco comune del tempo, ma i traduttori avrebbero sempre potuto aggiungere ‘due’, se così avessero inteso. Interpretare il plurale modadìym come duale, sembra tuttavia la cosa giusta. Infatti, il plurale “tempi” è dovuto alla lettura che ne fecero i masoreti, che vocalizzarono in עִדָּנִין (iddanìyn). Questa parola può però essere anche letta con la desinenza duale: iddanàyn, “due tempi”.
In Dn 7:25 troviamo la stessa espressione:
Dn 7:25 aramaico עַד־עִדָּן וְעִדָּנִין וּפְלַג
ad-iddàn veiddanìyn uflàg
Dn 12:7 ebraico לְמֹועֵד מֹועֲדִים וָחֵצִי
lemoèd moadìym vakhètzy
Per interpretare questi tre tempi e mezzo ci può essere d’aiuto il passo apocalittico in cui abbiamo l’equivalenza di “un tempo, dei tempi e la metà di un tempo” (Ap 12:14): qui si parla della apocalittica donna messa al riparo nel deserto per il periodo indicato, e poco prima, in Ap 12:6 è detto che “la donna fuggì nel deserto, dove ha un luogo preparato da Dio, per esservi nutrita per milleduecentosessanta giorni”. Il mese biblico è preso nella sua durata media di 30 giorni, per cui 1260 giorni divisi per 30 danno 42 mesi. Il che mostra non solo che si tratta proprio di tre tempi e mezzo ma anche di tre anni e mezzo.
Una interpretazione è che il periodo si riferisca all’oppressione di Antioco IV Epifane, durata poco più di tre anni e mezzo (dal 168 e 165 a. E. V.) e terminata con la vittoria di Giuda Maccabeo. Ciò coinciderebbe grossomodo con le 2.300 sere e mattine di Dn 8:14 (se considerate come 1.150 giorni) e con i giorni di Dn 12:11. Tuttavia, questa interpretazione pone dei problemi in quanto le coincidenze non sono precise.
A quanto equivalgano i tre tempi e mezzo lo spiega Dn 12:11.