Filippesi 2:5-7

Aldo
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Aldo »

Caro Antonio
Quando si parla di voler "essere Dio" non significa in senso letterale voler diventare Lui, semmai diventare dio di noi stessi. Devi leggere un po' oltre le parole... :-)
Scusa ma non ho capito il senso di queste tue parole. Che bisogna leggere oltre il significato letterale delle parole è quello che sto dicendo in tutte le salse.
Mi sembra invece che molti di voi si siano arroccati ad una lettura più "integralista" di questo passo di Genesi, mi sbaglio?
chelaveritàtrionfi
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Caro Aldo, anche io alle spalle ho ..in un certo senso una cultura scientifica. Riguardo alla verità, alla comprensione, la bibbia non è un libro scientifico... Le difficoltà che abbiamo nella comprensione sono principalmente 3:
1. lingua originale antica e composizione
2. traduzioni nn sempre corrette
3. Quantità di pagine , versetti, concetti ecc..
aggiungerei anche una quarta difficoltà, forse la principale:
se hai una cultura scientifica dovresti conoscere anche la possibilità ed il potere del condizionamento mentale. In campo religioso questo condizionamento, come in quello commerciale, influenza molto. Solo sgombrando la mente delle molte sciocchezze religiose che abbiamo accumulato nella nostra mente forse possiamo avere le idee più chiare.
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
Aldo
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Aldo »

Carissimo, è proprio questo razionalismo di tipo scientifico che ci accomuna a farci leggere la Bibbia con uno spirito diverso rispetto al sentire "comune".
E' proprio ragionando sul testo Sacro che mi accorgo di come certe letture esegetiche siano completamente campate in aria.
Prendiamo ad esempio l'uso improprio che si fa in questo passo del sostantivo "harpagmos". In base alle diverse letture esegetiche ricorrenti, questo termine può avere due significati completamente diversi:
1) L'atto di afferrare, stringere con forza qualcosa
2) L'atto di rubare
A parte il fatto che per indicare l'atto di rapinare nelle scritture greche si usa sempre il termine "harpagê" (Mt 23:25, Lc 11:39) e non si capisce perchè proprio qui bisogna utilizzare un sostantivo diverso.
Comunque secondo te è più logico dire che Gesù non volle tenersi tretta la sua uguaglianza con Dio, o che Gesù non volle rapinare queste uguaglianza?
Questo raffronto lo devi fare in funzione del senso del passo dato che Paolo sta esaltanto la grande umiltà dello stesso Gesù.
E' umile chi mette a disposizione qualche cosa che ha già, o chi cerca di rubare una cosa che non ha?
Come vedi la semplice logica non pone alcun dubbio: Gesù rinunciò alla sua uguaglianza con Dio. Solo chi è annebbiato dal preconcetto dottrinale di base riesce a sacrificare questo grande dono che Dio ci ha fatto per conoscerlo meglio!!!
Pace a te
Aldo
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Aldo »

Gianni, nella discussione sull'ermeneutica, parlava correttamente di concordanza. Giustamente affermava che il significato di un termine è da mettere in relazione all'uso che se ne fa nel costesto di altri brani e chiaramente bisogna tenere conto della lingua originale (greco o ebraico) e tralasciare quindi le traduzioni nelle lingue moderne come l'italiano.
Belle parole queste ampiamente condivisibili, ma da lui stesso disattese nella spiegazione del passo in questione. Infatti la parola greca "morfê" lui la rende con "immagine", dicendo che siccome nella Settanta si usava morfê per rendere immagine, allora è giusto rendere questo passo paolo in questo modo.
Caro Gianni, e la corcordanza? Non volendo entrare nel merito di quello che dici per la trudzione della Settanta dato che non conosco l'ebraico, non credi che l'emeneutica suggerisca prima di tutto di adare a vedere l'applicazione di morfê nel contesto del NT che è il più prossimo a questa lettera paolina? Perchè scomodare un altro contesto e un'altra cronologia così lontanta dal NT?
Seguendo quindi questo criterio vediamo che morfê viene applicato in Mc 16:12 (l'unica caso alternativo rispetto a qui) dove viene reso con "forma". Delresto perchè tradurre con "immagine" se per questo termine nel NT in genere si usa il termine "eikôn" come in Coloss. 1:15. Lo stesso Paolo, nella lettera ai Filippesi, perchè non ha usato "eikôn", come fa nelle altre sue lettere come 1 Cor. 11:7, 2 Cor. 4:4, Romani, 1:23, Ebr. 10:1, ecc..
Non è strano che giusto giusto in Filippesi devida di cambiare termine?
Quindi una corretta ermeneutica suggerisce di tradurre questo passo di Filippesi con "forma" o "condizione" di Dio.
Trdurre con "immagine" è contraddittorio, dato che serve sicuramente a negare la divinità di Cristo, ma diventa oscuro per l'applicazione successiva che Paolo fa in riferimento al "servo".
Infatti rendere i termini "morfê doulos" con immagine di servo non signifca nulla dato che Gesù si fece di fatto servo a tutti gli effetti, cioè assunse pienamente la forma o condizione di servo, così come prima è giusto rendere in "forma di Dio" perchè di fatto il Logos era uguale a Dio.
Che ne pensi caro Gianni? :-?
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Gianni
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Gianni »

Caro Aldo, la parola greca μορφή (morfè) compare nella parte greca della Bibbia unicamente in Flp 2:6.
Il passo di Mr 16:12, da te citato, fa parte della cosiddetta conclusione lunga di Mr (16:9-19), che manca nel manoscritti più importanti (אBSysArm), essendo presente solo in pochi manoscritti meno importanti (ACD). È per questo motivo che l’edizione critica più aggiornata, quella di Nestle-Aland, pone quella sezione tra doppie parentesi quadre, cosa che già avevano fatto i critici testuali Westcott e Hort.
Per stabilire il senso di μορφή (morfè) abbiamo dunque solo il vocabolario di greco e la letteratura comparata.
La prova più schiacciante della corretta traduzione di μορφή (morfè) ci è data dalla traduzione in ebraico delle Scritture Greche. Ti allego la foto da cui puoi vedere che gli ebrei hanno tradotto μορφή (morfè) con demùt.

P.S.: Quando gli ebrei mettono mano al cosiddetto Nuovo Testamento, ci capiscono molto di più che tanti studiosi “cristiani”.
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Aldo »

Caro Gianni, perdonami (non sono uno studioso di Bibbia come te), ma questa tua conclusione continua a fare acqua da tutte le parti.
Io non ho messo in discussione la corrispondenza della Settanta con il testo Mesoterico, il punto è che tu stai applicando un metodo comparativo al NT che non ha nessun corrispondente in aramaico. Prima quindi di ricorrere alla Settanta devi capire l'uso di morfê nel contesto del NT e non te ne puoi uscire dicendo che il passo marciano è un'aggiunta posteriore, perchè questo non inficia certo l'uso del greco in sede neotestamentaria, in quanto il significato delle parole non può che essere lo stesso anche quando qualcuno come te considera il finale lungo apocrifo. Inoltre,come detto prima, perchè Paolo non usa il termine ricorrente "eikôn" (che lui stesso usa sempre nelle altre lettere) per rendere la parola "immagine"? Proprio nella lettera ai Filippesi deve usare "morfê"? Per quale motivo?
Aldo
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Aldo »

Sempre in riferimento alla trattazione fatta da Gianni in merito a questo passo paolino, Lui all'inizio cita diverse traduzioni bibliche che rendono il termine "harpagmos" con trattenere stretta (l'uguaglianza con Dio). Alla fine della sua discussione, come se nulla fosse, Gianni attribuisce al sostantivo in questione il significato che gli dà la TNM, e cioè fare una rapina (dell'uguaglianza con Dio), che cambia completamente il significato di partenza.
Chiedo quindi a Gianni:
1) Perchè non hai trattato l'argomento;
2) Come mai attribuisci al sostantivo harpagmos lo stesso significato che gli danno i tdG, se nel resto del NT il termine per indicare la rapina è invece "harpagê" (Mt 23:25, Lc 11:39)? Il metodo comparativo non dovrebbe giustificare la resa di molte Bibbie secondo cui Gesù non volle tenersi stretta la sua uguaglianza con Dio?
Grazie,
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Gianni »

Caro Aldo, la parola greca εἰκών (eikòn), da cui il nostro “icona”, indica una “immagine” come quella di Cesare sulle monete (Mt 22:20) oppure le immagini idolatriche (Rm 1:23; Ap 13:14;15:2;16:2), ma può indicare anche la somiglianza (Rm 8:29) e la condizione di essere a immagine di Dio (1Cor 11:7; 2Cor 3:18;4:4; Col 3:10), l’immagine di Adamo (1Cor 15:49).
Un passo interessante per capire la sfumatura di questo vocabolo greco è Eb 10:1, in cui la parola greca è tradotta “realtà” da NR e da CEI, “sostanza” da TNM. Diodati rispetta il senso letterale del vocabolo e traduce “immagine viva”.

Ti ho citato tutti i passi in cui compare εἰκών (eikòn). Il Rocci conferma il significato di qualcosa di materiale: “figura, pittura, statua, ricamo” e ne dà anche un significato interessante per noi: “archetipo, modello”. Questo è il senso che potremmo applicare ai passi che parlano della somiglianza con Dio. Il pensiero ebraico, sempre concreto e mai astratto, utilizza l’idea del modello. Per gli ebrei la realtà vera era in cielo e sulla terra se ne aveva solo un’ombra.

Quanto al vocabolo ἁρπαγμός (arpargmòs), indica un furto. Un suo sinonimo è ἁρπαγή (arpaghè), che troviamo proprio con il senso di “furto/rapina” in Mt 23:25; Lc 11:39; Eb 10:34
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Aldo »

No Gianni, non li hai citati tutti, ti sei dimenticato di Colossesi 1:15, dove Paolo applica eikôn a Gesù. Mi sembra francamente strana questa tua dimenticanza visto il tuo grado di conoscenza della Bibbia. Quindi la mia domanda è sempre valida: perchè Paolo non usa "eikôn" in Filipp. 2:5-7 al pari di quello che ha fatto in Coloss. 1:15 ?
Perchè secondo te non si può invece rendere morfê con forma o condizione che è il significato più immediato?
Su "harpagmos" i dizionari esegetici dicono che indichi anche l'azione di afferrare con forza un oggetto mentre in genere per indicare il furto come atto di strappare qualcosa a qualcuno si usa harpagê. Sbagliano gli esegeti a pensarla in questi termini? Perchè?
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Gianni »

Hai perfettamente ragione, Aldo. Mi era sfuggito Col 1:15, che comunque può essere abbinato a 2Cor 4:4. Anzi, lo chiarisce perfino meglio!
Nel passo di Col 1:15 Yeshùa è definito l’εἰκών (eikòn) del Dio invisibile. Nella concretezza del pensiero ebraico Yeshùa viene definito, per usare la traduzione fornita dal Rocci, “figura, pittura, statua”. Dio, che è invisibile, si reso visibile in Yeshùa.

Io non so davvero dirti perché in Flp 2:6 Paolo usa morfè e non eikòn, e non credo che esista persona al mondo che possa risponderti. Al massimo qualche studioso potrà fare congetture. Comunque, morfè non indica affatto la condizione, come tu dici.

Come detto, il vocabolo ἁρπαγμός (arpargmòs) indica un furto. È vero comunque che indica anche l’atto di afferrare con forza un oggetto.
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