Vittorio ha scritto:Gianni, potresti illustrarci le tue conclusioni? sembra tu stia girando attorno al punto a cui vuoi arrivare. Se volessimo conoscere i vari metodi di ermeneutica biblica, li potremmo tranquillamente leggere in un saggio. Esistono anche il metodo psicanalitico, sociologico, femminista, ecc. Penso sia noioso illustrare tutti i metodi che nella storia si sono susseguiti. Arriva alle tue conclusioni.
penso che l'obiettivo di Gianni sia quello di fare un ragionamento comune in cui ad esprimersi non sia solo l'autore(G.) ma anche i lettori della discussione.molto costruttivo ed educativo a mio dire.
caro Vittorio ogni cosa a suo tempo
"Ora un servo del Signore non deve contendere, ma deve essere mite verso tutti, atto ad insegnare e paziente" (2 Tim 2:24)
Gianni finora hai trattato
1)la letterale
2)l'allegorica
3)la critica
giusto?o mi sono persa...
il nostro nemico non è né l'ebreo né il cristiano
il nostro nemico è la nostra stessa ignoranza
Do anche il mio contributo nell’elencare i metodi di mia conoscenza, in alcuni dei quali confluiscono quelli già trattati:
1) Metodo storico-critico
2) Analisi retorica
3) Analisi narrativa
4) Analisi semiotica
5) Approccio canonico
6) Approccio mediante il ricorso alle tradizioni interpretative giudaiche
7) Approccio attraverso la storia degli effetti del testo
8) Approccio sociologico
9) Approccio attraverso l’antropologia culturale
10) Approcci psicologici e psicanalitici
11) Approccio liberazionista
12) Approccio femminista
13) Lettura fondamentalista (in questo forum è il metodo più usato)
Infine c’è il metodo cattolico, ovvero l'interpretazione nella Tradizione della Chiesa, che è quello che uso e che preferisco, ovviamente.
Potremmo trattarli tutti uno per uno, ma il discorso sarebbe lungo.
Bellissima questa discussione. Dopo cio' che avete detto, credo che per effettuare una giusta ermeneutica, quindi utilizzare un giusto metodo di analisi, e poi poterlo applicare per l'esegesi (estrapolazione del significato), si debba conoscere ed essere in grado di utilizzare tutti i metodi ermeneutici. L'abilita' dello studioso, oltre che nell'avere un bagaglio metodologico completo, sta nel saperlo applicare ai diversi passi biblici in modo corretto, onde non utilizzare, ad esempio, la scuola allegorica dove e' necessaria la scuola letterale o viceversa.
PS. Mi interesserebbe sapere, secondo Gianni, che tipo di ermeneutica ho applicato, inconsapevolmente, in questo mio approfondimento:
Il rischio, Antonio, è che studiando e conoscendo perfettamente tutti questi metodi, si pensi di aver raggiunto la verità del messaggio di Dio. Non è assolutamente così, perché tutti gli studiosi non sono sempre d'accordo nell'interpretare i vari brani, anzi ci sono talvolta profonde differenze nelle conclusioni, ed ogni studioso pensa di essere più bravo degli altri, magari per riuscire a vendere più libri.
Non credo sia la strada giusta per capire il messaggio di Dio contenuto nella Bibbia, diventare esperto di ognuno di questi metodi. La cosa può senz'altro essere molto utile, ma in definitiva tutti questi metodi possono anche portare ad illudersi di aver trovato la corretta interpretazione. Gli apostoli non conoscevano quasi nessuno di questi metodi, che appartengono prevalentemente all'epoca moderna.
Vittorio, tu dici: "Il rischio, Antonio, è che studiando e conoscendo perfettamente tutti questi metodi, si pensi di aver raggiunto la verità del messaggio di Dio". In realta', questo non accade se a studiare e' un uomo di fede. Infatti, come ci ha insegnato Yeshua, la conoscenza deve essere proporzionale all'umilta'. Piu' si studia, piu' ci si accorge di quanto piccoli siamo davanti alla Maesta'.
Certo, Antonio, condivido quello che dici, la cosa più importante, prima dello studio, è la fede. Altrimenti la comprensione del messaggio di Dio sarebbe riservata solo a pochi studiosi. E' la fede, ed unicamente la fede, il criterio ultimo per la corretta comprensione, non le lauree.
E' la fede, ed unicamente la fede, il criterio ultimo per la corretta comprensione, non le lauree.
Non ho detto questo. Ho detto che chi studia e' avvantaggiato se ha fede, in risposta alla tua idea che la comprensione avviene per fede. La fede non implica la comprensione delle Scritture, e la comprensione non e' lo scopo della fede. La fede e' un dono di Dio, ma senza le opere e' morta (Giacomo 2:17). Ma la fede richiede anche le opere. E le opere si raffinano attraverso lo studio delle Scritture e l'applicazione pratica. La perfezione e' un cerchio.
La salvezza non viene dallo studio, ma qui non si parla di fede e salvezza, solo di metodologia ermeneutica. Restiamo in tema.
Noto che nessuno ha espresso un parere diretto rispetto alla scuola della critica.
Personalmente, da quello che ho letto in generale, mi sembra che questa metodica di analisi ermeneutica sia estremamente oggettiva. Essa tratta però con distacco le Sacre Scritture sottoponendole ad un esame come una qualsiasi opera letteraria umana. Non tiene conto infatti che quest'opera, seppur redatta da uomini, è Scrittura divinamente ispirata.
Tuttavia non tutto è da considerarsi negativo. Per esempio ci permette una valutazione oggettiva del contesto storico e culturale ebraico. Ci permette di conoscere le usanze e la mentalità semitica.
In conclusione, come per le altre scuole, tale scuola ha anche essa degli elementi di aiuto da fornire allo studioso.
Antonio, mi scuserai se non entro nel merito del tuo approfondimento, ma ciò ci porterebbe fuori tema.
Vittorio non crede sia la strada giusta per capire il messaggio di Dio contenuto nella Bibbia diventare esperto di ognuno di questi metodi. Ha ragione.
Io li sto solo passando in rassegna per avere un quadro completo. In ciò sto seguendo il metodo che ho personalmente ricavato da questo episodio della vita di Yeshùa: “Gesù, giunto nei dintorni di Cesarea di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «Chi dice la gente che sia il Figlio dell'uomo?» Essi risposero: «Alcuni dicono Giovanni il battista; altri, Elia; altri, Geremia o uno dei profeti». Ed egli disse loro: «E voi, chi dite che io sia?»” (Mt 16:13-15). Il metodo consiste nel trattare una questione iniziando a valutare tutte le ipotesi: Tizio dice che, Caio dice che, Sempronio dice invece che ... Alla fine si tirano le somme.
Dopo aver letto gli ultimi commenti, vorrei sgombrare il campo da un equivoco. Mi sembra infatti di capire che qualcuno abbini l’ermeneutica alla ricerca della Verità in assoluto. Questo è un errore.
La corretta ermeneutica ci permette di capire i passi biblici poco chiari. E qui si ferma. In un precedente commento, rispondendo a Gigi, l’ho illustrato con l’espressione biblica “sedere alla destra”. Lo stesso identico salmista dice in un salmo che Dio è alla sua destra e in un altro che Dio fa sedere alla sua destra il suo consacrato. Se non si capisce cosa significa “sedere alla destra”, ciò che dice il salmista può apparire scandaloso. Infatti, solo una certa persona scelta da Dio può sedere alla sua destra, ma poi il salmista mette Dio alla propria destra!
Ecco, l’ermeneutica ci aiuta a venirne a capo.
Comprendere l’espressione “sedere alla destra” è alla base. Può capirlo un non credente e può non capirlo un credente. La fede non è implicata.
Antonio dice che chi studia è avvantaggiato se ha fede, mentre Vittorio sostiene che la comprensione avviene per fede. Qui c’è lo stesso grosso equivoco.
Di che comprensione parliamo? Della comprensione del testo biblico o della Verità? Sono due cose del tutto diverse.
Dice benissimo Antonio: La fede non implica la comprensione delle Scritture, e la comprensione non è lo scopo della fede. La fede è un dono di Dio.
Detto molto chiaramente: si può essere credenti approvati da Dio anche senza conoscenza biblica, anche essendo analfabeti. E si può avere un’ottima conoscenza biblica anche senza fede.
Davanti a Dio conta molto di più chi pratica l’ubbidienza con fede senza avere conoscenza che chi ha conoscenza senza fede.
Noi però non dobbiamo scegliere tra la fede ignorante e la conoscenza incredula. C’è anche chi può avere conoscenza e fede.
Dice quindi ancora bene Antonio: “La salvezza non viene dallo studio, ma qui non si parla di fede e salvezza, solo di metodologia ermeneutica”.
Akragas ci riporta sapientemente in tema e dice che nella scuola ermeneutica critica non tutto è da considerarsi negativo. Ha ragione.
Dai metodi della scuola critica possiamo pure trarre spunti importanti. La critica delle forme, senza portarla all’estremo, ci aiuta a entrare nella mentalità mediorientale e semita, più in particolare in quella ebraica, così importante per capire usi e costumi dei tempi biblici, illuminando la comprensione di espressioni e gesti che non sarebbero altrimenti comprensibili a noi occidentali. La critica delle fonti ci dice come sia assurdo cercare a forza presunte fonti anteriori al testo biblico, tuttavia ci aiuta a anche a ricostruire, dove sia possibile, la nascita nel testo biblico. La critica della redazione può aiutarci a capire i motivi degli autori ovvero perché hanno scritto; è importante per noi sapere il perché del loro messaggio, accogliendolo. Il contributo di ogni scrittore biblico completa il quadro dell’intera Scrittura, lo arricchisce e lo rende pieno. Lo strutturalismo o semiotica ci aiuta a conoscere e capire gesti propri dei semiti e del loro sistema culturale, così che possiamo comprenderne il significato vero. La critica della risposta del lettore non la useremo mai per interpretare il testo biblico a modo nostro, ma ci è utilissima per meditare sulla Scrittura, domandandoci ogni volta: Cosa significa ciò per me personalmente? Come cambia la mia concezione? Che cambiamenti devo apportare alla mia vita per renderla più conforme al volere di Dio? Anziché usare il testo come pretesto per affermare le nostre convinzioni, faremo il contrario: ci lasceremo modellare dal messaggio biblico. Anziché proiettare le nostre attese sul testo, cercheremo di essere all’altezza delle attese che Dio ha.