Marcelle ha scritto: ↑mercoledì 21 giugno 2023, 11:05
Potresti farci un esempio di quelli individuati e quelli ancora oggi dibattuti? Ti leggo.
Uno dei documenti pseudoepigrafi più famoso – un vero e proprio falso scritto con lo scopo di introdurre certe dottrine nelle regole della chiesa – è il libro degli
Atti di Paolo, in cui l'autore – che si spaccia per Paolo, appunto – scrive che per raggiungere la vita eterna i discepoli erano chiamati ad astenersi dai rapporti sessuali anche nel matrimonio, che era sconsigliato in ogni caso. Chi lo scrisse era il capo di una chiesa dell'Asia Minore nel II secolo. Ne parla Tertulliano, il quale racconta ne “Il Battesimo” che il responsabile, dopo essere stato scoperto, fu processato e sollevato dal suo incarico. Ma Ippolito di Roma, teologo del III sec., considerava lo scritto come ortodosso...
(Fonte).
Un altro episodio interessante è quello delle
Costituzioni apostoliche, in cui l'autore si spaccia per Clemente, Padre della Chiesa e quarto vescovo scelto, si dice, direttamente da Pietro. Nel testo, in otto libri, vengono date molte indicazioni su come organizzare la comunità, addirittura attribuite agli apostoli e scritte in prima persona ("Io Pietro dico...", "Io Giovanni dico..."). In realtà, l'autore originale è ritenuto Giuliano di Silicia, lo stesso delle lettere pseudoepigrafe di Ignazio, che scriveva alla fine del IV sec. (cfr.
J.B. Lightfoot, The Apostolic Fathers. S. Ignatius, S. Polycarp, pp. 234 segg.;
Dieter e Ursula Hagedorn in
The Bulletin of the American Society of Papyrologists, vol. 22, n. 1-4 (1985), pp. 55-78;
Pierre Nautin in
Dizionario patristico e di antichità cristiane, Casale Monferrato, Marietti, 1983-1984, coll. 825-826).
La parte interessante del testo delle Costituzioni è soprattutto
l'espediente letterario che viene utilizzato per dare all'opera parvenza di autenticità: verso la fine,
l'autore invita i lettori a non leggere i libri che sostengono di essere stati scritti dagli apostoli, ma che in realtà non lo
sono. Lo stesso espediente potrebbe comparire nella
Seconda Lettera ai Tessalonicesi, dibattuta nella sua originalità dalla critica moderna, in cui, al v. 2:2, Paolo invita a non lasciarsi confondere da “qualche lettera data come nostra”, il che appare come una delle molte conferme della circolazione di falsi scritti paolini nelle comunità (il
Canone Muratoriano, nel 170, denuncia due lettere attribuite a Paolo come pseudoepigrafe: la
Lettera ai Laodicesi e la
Lettera agli Alessandrini, scritte probabilmente entrambe da Marcione o dai suoi seguaci). L'inserimento del consiglio di guardarsi dai falsi, che circolavano numerosi, veniva utilizzato proprio dai falsari per dare autorevolezza al loro scritto
convincendo I lettori che l'autore non stesse facendo esattamente ciò che condannava.
Alcuni studiosi hanno sostenuto che il falso a cui si riferiva la 2Tess altro non fosse che la 1Tess, ritenuta invece sicuramente autentica dalla critica! Qual era il problema? La mancata venuta di Cristo ancora nel II sec., che sarebbe dovuta accadere entro la generazione apostolica (Mt 24) e che, infatti, il vero Paolo annuncia come imminente. Nella 1Tess il giorno del Signore è dato come imminente, entro quella generazione (2:19; 3:13; 4:17). Ma l'autore della Seconda lettera ai Tessalonicesi, sostenendo di essere Paolo, afferma invece che
la fine, in realtà, non arriverà a breve, non la inquadra più entro quella generazione, ma la rimanda ad un tempo indefinito a seguito di un numero di eventi ed esorta i credenti a non farsi confondere da “qualche lettera data come NOSTRA” che circolava (e la 1Tess è scritta a tre mani, guardacaso). La 2 Tess prospetta prima la venuta di un empio, in un tempo imprecisato e dopo la morte degli apostoli (quindi, quando non si sa). Se l'autore della 2Tess è Paolo, che annuncia la NON imminenza della venuta del Signore e NON la inquadra in un periodo temporale preciso, come si spiega la prima? Come si evince anche dalla
Seconda Lettera di Pietro (3:3-4), anch'essa ritenuta pseudoepigrafica, la chiesa del II sec. doveva essere sull'orlo di perdere la fede, perché
la venuta del Signore – annunciata nei vangeli entro la generazione apostolica (Mt 24) – non si era verificata. Se fossero comparsi scritti firmati da Pietro e Paolo (e dunque retrodatati al I sec.) in cui si diceva che “per il Signore un giorno è come mille anni, e mille anni sono come un giorno” (2Pt 3:8), o come “[il giorno del Signore] non verrà se prima non sia venuta l'apostasia e non sia stato manifestato l'uomo del peccato” (2Tess 2:3), la comunità avrebbe creduto che, in fondo,
Pietro e Paolo lo avevano detto che il Signore avrebbe tardato e avrebbero perseverato nella fede (e questo è ciò che è accaduto). Ma ovviamente, Paolo non poteva dire che la venuta era imminente ed avrebbe trovato ancora in vita QUEI discepoli che leggevano e allo stesso tempo che in realtà non era imminente e non si sapeva quando si sarebbe verificata. Ed è questo uno dei principali motivi per cui l'autenticità di questa lettera è dibattuta.
C'è poi un ulteriore problema con la 2Tess, di natura tecnica. Come spiega
Bart Ehrman, che riporta l'opinione della critica che sostiene la non autenticità della 2Tess,
“Verso la fine l'autore dice di essere Paolo e fornisce una specie di prova : «Il saluto è di mia mano, di Paolo. Questo è il segno autografo di ogni mia lettera; io scrivo cosÌ» (3, 17). Ciò significa che "Paolo" avrebbe dettato la lettera a un copista che l'aveva materialmente scritta, fino alla fine, dove Paolo la firma di proprio pugno. I lettori potevano vedere il cambiamento di grafia e riconoscere quella di Paolo, che autenticava la lettera come sua, diversamente da quella contraffatta di cui parla in 2:2. È singolare che l'autore dichiari che questa era la sua pratica abituale, ma non sia quello che accade nella maggioranza delle lettere sicuramente autentiche di Paolo, fra cui la Prima ai Tessalonicesi.”.
Le lettere paoline dibattute sono Colossesi e Seconda Tessalonicesi, mentre quelle considerate non autentiche dalla maggioranza della critica sono Efesini, Timoteo 1 e 2, Tito. Le lettere certamente accettate come autentiche sono Prima Tessalonicesi, Corinzi 1 e 2, Filemone, Filippesi, Galati, Romani.
Le argomentazioni che gli studiosi riportano, oltre a quelle squisitamente tecniche relative a lessico e stile, sono davvero varie ed interessanti e meritano certamente di essere lette. Bart Ehrman ne fa un ottimo sunto, ma varrebbe la pena leggerle direttamente dalle opere degli studiosi che hanno affrontato la questione e applicarle ai testi.