Ok fratelli, ce l'ho fatta a mettere tutto insieme (spero). Questo mio studio e' piuttosto lungo e articolato, quindi, prima di leggerlo, vi prego di assicurarvi di avere il tempo necessario per leggerlo in tranquillita'.
La traduzione utilizzata in questo studio e' quella CEI 2008
A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. 1Cor 12:7-10
Al versetto 13:8 Paolo non dice che tutti i carismi saranno (o potranno essere) aboliti, ma parla in modo specifico solo di tre:
profezia, lingue e conoscenza. Le domande da farsi, quindi, sono: gli altri doni sono ancora validi? Perche' solo quei tre specifici dovrebbero essere aboliti? Si tratta di capire esattamente il significato di quel versetto dal contesto. Iniziamo quindi ad esaminare tutto il passaggio sui doni dello spirito, versetto per versetto, cominciando da 12:4:
4 Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; 5 vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; 6 vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.
Lo spirito e' uno, ma i doni che esso da' sono diversificati; dietro le diverse manifestazioni e' sempre Dio che opera negli uomini.
7 A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: 8 a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza [σοφία, sofi'a, sapienza in senso lato, suprema intelligenza]; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza [γνῶσις, gno'sis, conoscenza da esperienza, conoscenza applicata]; 9 a uno, nello stesso Spirito, la fede [πίστις, pi'stis]; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni [ἴαμα, i'ama]; 10 a uno il potere dei miracoli [ἐνεργήματα δυνάμεων, energhe'mata duna'meon]; a un altro il dono della profezia [προφητεία, profete'ia]; a un altro il dono di discernere gli spiriti [διακρίσεις πνευμάτων, diakri'seis pneuma'ton, spiriti al plurale, non lo spirito]; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. 11 Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
Esaminiamo bene questi doni dello spirito uno ad uno per capire esattamente cosa sono e come si differenziano.
I primi due sono σοφία (4678, sofi'a), la sapienza in senso lato, o suprema intelligenza, e γνῶσις (1108, gno'sis), la conoscenza per esperienza, o la conoscenza applicata. In questo caso sono usati insieme. Scrive il Thayer Greek Lexicon:
"Quando γνῶσις e σοφία sono usate insieme, quest'ultima sembra essere la sapienza di per se', la prima la conoscenza mostrata in azione: Rm 11:33; 1 Cor 12:8; Colossians 2:3. "γνῶσις e' semplicemente intuitiva, σοφία e' anche raziocinante; γνῶσις si applica primariamente nella comprensione delle verita', σοφία aggiunge il potere del ragionamento riguardo alle verita' e traccia le relazioni tra di esse" (Lightfoot su Col 2:3).
Il terzo e' πίστις, fede (4102, pi'stis),
"che e' sempre un dono di Dio, e mai qualcosa che possa originare dall'uomo. In sostanza, pistis ("fede") per il credente e' "la divina persuasione di Dio" - e quindi e' distinta dal semplice "credere" dell'uomo (confidenza, fiducia), ma allo stesso tempo lo rende partecipe [il credere]. Il Signore continuamente rende viva la fede nel credente che gli si affida, cosicche' conosca la Sua volonta', vale a dire la persuasione del Suo volere (1Gv 5:4)." (Helps Word Studies)
Il quarto e il quinto sono ἴαμα (2386, i'ama), il dono delle guarigioni, e ἐνεργήματα δυνάμεων (energhe'mata duna'meon), da ἐνέργημα (1755, ene'rghema, effetto) e δύναμις (1411, du'namis, potere). Quest'ultimo, nel caso specifico con ἐνέργημα al plurale, significa "il potere dei miracoli". Quindi non c'e' una singola parola da tradurre con "miracoli". Si tratta del potere attivo di Dio, che puo' manifestarsi in molti modi e che provoca effetti non producibili dall'uomo.
Il sesto e' προφητεία (4394, profete'ia),
la profezia. Con profezia si intende normalmente il parlare o scrivere di eventi futuri attraverso lo spirito del Padre, che comunica agli uomini cose che, altrimenti, essi non potrebbero conoscere. Questo hanno fatto i profeti e, tra gli apostoli, solo Giovanni. Ma la profezia puo' anche essere qualcosa di diverso, almeno a giudicare dal significato della parola greca. προφητεία (profete'ia), oltre che "profezia" in senso stretto di "veggenza", puo' essere tradotto anche
"ispirazione divina, per istruire, per spiegare le Scritture, e profetare" (Rocci). Puo' essere anche
"discorso emanato per divina ispirazione e dichiarante gli scopi di Dio, sia per riprendere ed ammonire gli ingiusti, che per confortare gli afflitti, che per rivelare cio' che e' nascosto" (Thayer). La προφητεία non e' necessariamente la parola di Dio che esce dalla bocca del profeta e diventa insegnamento sacro, ma anche l'ispirazione che giunge tramite lo spirito e che ci consente di confortare e spiegare, oltre che annunciare.
Il settimo e' διακρίσεις πνευμάτων (diakri'seis pneuma'ton), da διακρίσις (1253, diakri'sis, atto di discernimento, il distinguere) e πνεῦμα (4151, pne'uma, spirito, vento, respiro, soffio), che al plurale significa propriamente "spiriti" nel senso di spiriti maligni, demoni.
L'ottavo e il nono sono la capacita' di parlare lingue diverse e quella di saperle interpretare (comprendere e tradurre).
Tutti questi doni procedono da un unico spirito, quello del Padre, che li distribuisce come vuole. Procediamo dal v.12.
12 Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. 13 Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
Qui Paolo introduce il concetto di chiesa come corpo di Cristo, in cui ognuno rappresenta una parte del corpo e svolge una funzione specifica. Si potrebbe iniziare a domandarci se questa chiesa di cui parla sia quella delle origini o piu' in generale l'assemblea di tutti i rinati in Cristo, presenti e futuri. Ma per adesso continuiamo a leggere il testo. Dal v.14 al v.30, Paolo invita i fedeli a non sentirsi superiori o inferiori a seconda del dono ricevuto, poiche' il corpo non puo' fare a meno di nessuna delle sue membra: "17 Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato?". Invece, ognuno sia onorato al pari degli altri, poiche' se soffre un membro del corpo, inevitabilmente soffriranno anche gli altri. Questo discorso ricorda vagamente i discepoli che argomentavano su chi di loro fosse il maggiore, e Yeshua li riprese dicendo: "per voi non dev'essere così; anzi il più grande tra di voi sia come il più piccolo, e chi governa come colui che serve." Luca 22:26
Poi, al versetto 31, introduce quella che lui chiama "la via piu' sublime" da seguire per il credente: "Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.".
Capitolo 13
1 Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita. 2 E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla. 3 E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe. 4 La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, 5 non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6 non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. 7 Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
Da questo passaggio si evince che l'amore (carita') non e' qualcosa che il fedele puo' dare per scontato; rinascere in Cristo, consacrarsi a lui, non necessariamente e automaticamente ci rendera' partecipi dell'amore. Tutti i carismi possibili e le opere che possiamo mettere in pratica sono nulle se non si possiede l'amore. Yeshua ci ha detto: "Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri." (Gv 13:34). L'amore per Dio innanzitutto, poi l'amore per il prossimo: " 'Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente'. Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: 'Ama il tuo prossimo come te stesso'. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti." (Mt 22:37-40).
Dunque, Paolo insegna che l'obbiettivo primo per il fedele deve essere l'amore; negli anni della formazione della chiesa, in cui gli apostoli mettevano in pratica tutti i carismi dello spirito, mostrando opere strabilianti, l'esaltazione deve essere stata grande. A giudicare dal racconto, possiamo immaginare quanto facile dovesse essere restare tentati nello scoprire di avere doni particolari, elargiti dallo spirito di Dio: tutti volevano essere profeti, o apostoli (conoscenza e parlare in lingue) e Paolo, pur confermando l'importanza di questi doni, mette in guardia i fedeli dal desiderarli sopra all'amore, che deve sempre restare l'obbiettivo principale per chi segue le orme di Cristo.
Veniamo ora al fatidico versetto 8.
8 La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. 9 Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. 10 Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. 11 Quand’ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho eliminato ciò che è da bambino.
Riprendiamo il testo originale in greco, per averlo sotto gli occhi, senza la punteggiatura:
Ἡ ἀγάπη οὐδέποτε πίπτει εἴτε δὲ προφητεῖαι καταργηθήσονται εἴτε γλῶσσαι παύσονται εἴτε γνῶσις καταργηθήσεται.
Le traduzioni che vorrei prendere in esame sono due. Quella accettata da praticamente tutti i traduttori, in questo caso la ND (1) e quella che ho proposto io (2):
1) L'amore non viene mai meno; ma le profezie saranno abolite, le lingue cesseranno e la conoscenza sarà abolita.
2) L'amore non viene mai meno, anche se le profezie saranno rese vane, le lingue finiranno, la conoscenza sara' resa inefficace.
Ho gia' ampiamente parlato del valore ipotetico di εἴτε ripetuto e quindi vorrei cercare di concentrarmi sul significato di questo versetto all'interno del contesto, esaminando ambedue le possibili traduzioni. Per capire meglio, proseguiamo nella lettura e poi torniamo indietro.
Al v.9 Paolo mette in evidenza il fatto che la conoscenza e la profezia degli uomini e' imperfetta, o incompleta. Nel far questo, utilizza la particella
γάρ (ga'r), che ha valore dichiarativo e si traduce con
poiche', infatti, e serve a confermare qualcosa che si e' detto nella frase precedente. Ma che senso ha dire "poiche' (o infatti) noi conosciamo e profetizziamo in modo incompleto" successivamente a "le profezie saranno abolite etc."? Sarebbe come dire: "siccome noi conosciamo e profetizziamo in modo incompleto, profezie, lingue e conoscenza saranno abolite" (o potranno anche essere abolite). Ecco che forse si inizia a intravedere il senso del discorso. Andiamo ancora avanti.
12 Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. 13 Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!
Paolo dice che adesso (
ἄρτι, a'rti, n
el momento presente) la nostra conoscenza (pur avendo ricevuto rivelazione) e' incompleta e imperfetta, ma allora (
τότε, to'te,
in quel tempo) [sara']
"faccia a faccia" (
πρόσωπον πρὸς πρόσωπον, pro'sopon pro's pro'sopon, come in Gn 32:30 e Gdc 6:22), poiche' conosceremo (
ἐπιγνώσομαι, epigno'somai, futuro indicativo di
ἐπιγινώσκω, epighino'sco,
conoscere con certezza, completamente, venire a conoscere) come anche noi siamo conosciuti. Da chi siamo conosciuti? Da Dio, ovviamente, e noi allora (in quel tempo) conosceremo lui come lui conosce noi adesso: "Quando ogni cosa gli sarà stata sottoposta, allora anche il Figlio stesso sarà sottoposto a colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti." (1Cor 15:28). Il tempo in cui conosceremo indicato da τότε (in quel tempo) e' nel futuro, poiche' il verbo ἐπιγινώσκω e' al futuro; e quale potra' essere il tempo in cui conosceremo "faccia a faccia" come siamo conosciuti, se non quello in cui saremo con Dio nel suo regno e lui sara' tutto in tutti?
Poi conclude, dicendo che ora (
νυνί, nuni',
in questo esatto momento, adesso) perdurano (
μένει, me'nei,
persistono, sono salde) la fede, la speranza e l'amore, ma innanzi tutto l'amore. Quindi, nel momento in cui saremo con Dio conosceremo completamente e perfettamente, mentre adesso, nel presente, mentre siamo in vita, conosciamo in modo imperfetto, in quanto uomini mortali per i quali la verita' completa e' inconoscibile.
Torniamo al v.8.
I doni di profezia, lingue e conoscenza sembrano essere collegati tra loro e i piu' desiderati dai membri della chiesa, ecco forse perche' Paolo ci parla di questi tre e non degli altri; perche', infatti, abolire questi tre e non anche gli altri? Significa che il dono dei miracoli o quello delle guarigioni non sono stati aboliti? I tre doni da lui citati, dopo attenta analisi, sono tutti legati all'insegnamento e alla diffusione delle verita' nascoste che devono essere rivelate e sono interdipendenti tra di loro. Siccome, pero', noi non comprendiamo ancora in modo completo, questi doni, alla fin fine, non sono cosi' fondamentali e anche se fossero aboliti non costituirebbe un grosso danno. Nel qual caso, al momento presente, oggi, ora, restano invece salde fede, speranza e amore, e soprattutto l'amore, poiche' esso non verra' mai meno. Spesso si sente dire " i doni sono stati aboliti", e "i miracoli oggi non esistono": quali doni sarebbero aboliti? Profezia, lingue e conoscenza, ma non i miracoli; e che senso ha abolire questi tre doni e non gli altri? Potrebbe aver anche senso poiche' (il famoso ga'r) comunque noi conosciamo e quindi profetizziamo in modo incompleto e imperfetto, ma se Dio rendesse inefficace fede, speranza e amore, saremmo completamente perduti. I tre doni sono comunque influenzati, cioe' limitati, dalla nostra conoscenza attualmente imperfetta, ecco perche' cita quei tre e non gli altri ed ecco perche' subito dopo ci parla del fatto che al momento non siamo in grado di comprendere tutto. Cita quei tre doni anche perche' erano i piu' desiderati e vuol far capire ai fedeli che nella chiesa non esistono doni maggiori e minori, ma ognuno e' importante tanto quanto gli altri; anzi, quei tre doni sono semmai minori, poiche' relativi alla conoscenza, ma la nostra conoscenza e' ancora limitata, mentre l'amore e' illimitato. E potrebbero anche essere aboliti, ma l'amore non verra' mai meno.
22 Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; 23 e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, 24 mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, 25 perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre.
Nel capitolo 14 prosegue invitando i fedeli ad aspirare ai doni dello spirito, soprattutto alla profezia prima che al dono di parlare lingue diverse. Dopo aver messo in disparte questi doni, li tira di nuovo in ballo. Perche? Nel capitolo 13 lui parla ai Corinzi, ma anche a tutti i membri della chiesa presente e futura; infatti, dice che "vedremo faccia a faccia", e quindi parla a tutti coloro che saranno salvati. Invece, nel capitolo 14, si rivolge prettamente alla chiesa del suo tempo: "Così anche voi, poiché desiderate i doni dello Spirito, cercate di averne in abbondanza,
per l’edificazione [costruzione, οἰκοδομὴν, oikodome'n] della comunità." (14:12).
Quindi, dopo quanto esposto, torno a ribadire che i miracoli oggi non esistono non perche' sono stati aboliti (Paolo infatti non dice questo), ma perche' scarseggiano
fede, speranza e amore. Cio' significa, cari fratelli, che rinascere veramente in Cristo e' piu' difficile di quello che sembra. Come abbiamo visto dalla definizione della parola fede, non basta un battesimo simbolico, credere che Cristo e' il Messia e mettere in atto le opere: dobbiamo avere fede, che significa essere certi di essere in Dio e che Dio sia con noi. La fede e' certezza assoluta ed e' dono di Dio, ma deve essere raffinata, rafforzata, consolidata. Infatti sta scritto: "chi ha visto me, ha visto il Padre" (Gv 14:9) e "beati quelli che non hanno visto e hanno creduto" (Gv 20:29). Allora, fratelli, dedichiamoci a rafforzare la nostra fede attraverso si le opere, si la lettura delle Scritture, ma soprattuto attraverso l'amore assoluto, quello che si ha per Dio e per i propri fratelli. Se non amiamo, non potremo mai camminare veramente sulle orme di Cristo.
Un abbraccio a tutti voi e che il Padre ci benedica e ci guidi sempre.