Filippesi 2:5-7

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Gianni
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Gianni »

“Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina”. - Gn 1:27.
ארמאנדו אלבנו
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da ארמאנדו אלבנו »

pongo una domanda che può sembrare anche ignorante

se l'uomo (e la donna) è stato fatto ad immagine e somiglianza di Dio allora perchè ha sbagliato? Dio non sbaglia. Invece l'uomo ha sbagliato. Come mai se è stato fatto ad immagine di Dio?
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Gianni
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Gianni »

Caro Armando Albano, somiglianza non significa uguaglianza. Dio non può peccare, ma l’essere umano non è Dio.
Se vogliamo dirla terra terra, un modellino della Ferrari può essere fatto a somiglianza dell’originale, in scala e con tutti i particolari. Ma nessuno domanderebbe come mai allora quel modellino non corre in F1. :?
noiman
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da noiman »

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Gianni
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Gianni »

Caro Noiman, hai perfettamente ragione. La traduzione che ho riportato è tratta dalla Nuova Riveduta, che uso di solito (se non indico diversamente la versione). Comunque, alla fine del versetto è detto:
בָּרָא אֹתֹו זָכָר וּנְקֵבָה בָּרָא אֹתָם
barà otò sachàr uneqevàh barà otàm
(scusa se metto la traslitterazione, ma è per chi non legge l’ebraico)
creò lui maschio e femmina creò loro.

Secondo me la lingua ha qui dei limiti (anche quella italiana), perché otò (“lui”) è in ebraico e in italiano maschile. Ma prima di essere maschio e femmina, come faceva adàm a essere già maschile? Il greco è più preciso, perché usa per adàm (אָדָם) il vocabolo ἄνθρωπος (ànthropos), che indica l’essere umano di per sé, maschio o femmina che sia. - Cfr. LXX.
Ne approfitto per domandarti perché dici “Adamàh” (lo avevo già notato altre volte). Il testo parla di אָדָם (adàm), quello masoretico, almeno.
noiman
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da noiman »

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Ultima modifica di noiman il sabato 11 ottobre 2014, 11:20, modificato 1 volta in totale.
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Antonino
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Antonino »

Gianni ha scritto:Quindi, caro Antonino, facciamo così: per solo amore di ragionamento proviamo a cancellare tutti i miei commenti. Come si dice: ammesso e non concesso. Ora, azzerando tutto per un momento, dacci tu la traduzione esatta del passo biblico, non trascurando di tradurre bene la parola morfè. Insieme alla tua traduzione dacci anche la tua esegesi ovvero la tua spiegazione del passo. Grazie.
La traduzione che abbiamo raggiunto e sulla quale siamo unanime è la seguente:
5τουτο φρονειτε εν υμιν ο και εν χριστω ιησου 6ος εν μορφη θεου υπαρχων ουχ αρπαγμον ηγησατο το ειναι ισα θεω 7αλλα εαυτον εκενωσεν μορφην δουλου λαβων εν ομοιωματι ανθρωπων γενομενος και σχηματι ευρεθεις ως ανθρωπος
Questo sentite fra voi che anche in Cristo Gesù che in "morphè" di Dio iniziante non ritenne avere autorità l'essere uguale a Dio piuttosto se stesso svuotò "morphè" di servo prendente in somiglianza di uomini avente iniziato a esistere e in figura essente stato trovato come uomo

Vorrei far notare da subito, come il nostro testo in analisi abbia in se stesso le due componenti della discordia di questa discussione. Evidenziandole, attribuendo il giusto valore già da se stesso, la si potrebbe archiviare qui!
I nostri termini sono:
1. l'oramai famosa μορφη (morphè), corrispondente all'Ebraico צלם (tselem) immagine, presente nei versi 6 e 7

2. ομοιωματι (homoiōma), corrispondente all'Ebraico דּמוּת (demuth) somiglianza, presente al verso 7.

Andiamo all'esegesi del testo:

τουτο φρονειτε εν υμιν ο και εν χριστω ιησου
Questo sentite fra voi che anche in Cristo Gesù


Chiaramente Paolo invita i credenti dell'adunanza di Filippi a emulare il sentimento dell'Unto e non ovviamente le sue doti e caratteristiche, le quali sono uniche e presenti soltanto in Lui.
Quindi, decisamente un invito a emulare il suo stesso sentimento! Invito che viene preceduto dalle parole dell'Apostolo scritte nei versi precedenti:
Rendete perfetta la mia gioia, avendo un medesimo pensare, un medesimo amore, essendo di un animo solo e di un unico sentimento. Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a se stesso, cercando ciascuno non il proprio interesse, ma {anche} quello degli altri. (Lettera ai Filippesi 2:2-4 NR06)

ος εν μορφη θεου υπαρχων ουχ αρπαγμον ηγησατο το ειναι ισα θεω
che in "morphè" di Dio iniziante, non ritenne avere autorità l'essere uguale a Dio


L'utilizzo che si fa in questo verso della parola morphè è inerente all'avere autorità (ηγησατο), della quale Yeshùa sin dal concepimento verginale ne fu investito (Luca 1:31-33).
Quindi il testo afferma:
Yeshuà che iniziante in morphè di Dio, non ritenne l'avere autorità (comando,governo) essere uguale a Dio..........
Quindi, verosimilmente dobbiamo tradurre tale vocabolo con il significato che gli è stato da sempre attribuito e del quale si può avere riscontro anche nel verso successivo.
La morphè indica come i dizionari biblici scrivono:
1. Forma con cui una persona o cosa colpisce la vista
2. Aspetto esteriore
Attenzione però ad attribuire a questi significati qualcosa che va oltre ad essi!
Dio non ha una forma, perchè conosciamo benissimo la scrittura che dice:
Ma è proprio vero che Dio abiterà sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non ti possono contenere; quanto meno questa casa che io ho costruita! (‭Primo libro dei Re‬ ‭8‬:‭27‬ NR06)

Tuttavia è pur scritto:
Poiché al Padre piacque di far abitare in lui tutta la pienezza (‭Lettera ai Colossesi‬ ‭1‬:‭19‬ NR06)

perché in lui abita corporalmente tutta la pienezza della Deità; (‭Lettera ai Colossesi‬ ‭2‬:‭9‬ NR06)

Quindi che dire riguardo a questa morphè?
Yeshùa avendo iniziato in forma visibile come un dio; cioè avendo ricevuta nel suo corpo autorità Divina da poter esercitare su tutta la creazione, Egli fece qualcosa di meraviglioso e della quale Paolo esorta i Filippesi e non solo ad emulare!........
Yeshùa svuotò se stesso di tale autorità, facendosi servo invece di Signore (comandante, capo, giudice, dio).

1. Questo sentite fra voi che [fu] anche nell'Unto Yeshùa. Il quale iniziò in aspetto di dio (nel senso di comando alla maniera dei Giudici, vedi Giovanni 10:22-38; Salmi 82), non ritenne avere autorità essere uguale a Dio.

2. Piuttosto [preferì] svuotare se stesso, prendendo l'aspetto di un servo [anziché quello datogli di Signore/dio].

3. Quindi iniziò ad esistere in somiglianza d'uomo, trovato in tutto come uomo.

Il testo poi continua con la Sua esaltazione da parte di Dio a motivo della sua volontaria umiliazione! Questo è ciò che Dio Yhwh gradisce e al quale Paolo esorta i credenti in Yeshùa!
Abbiate il Suo stesso sentimento!

Non è difficile pensare che Yeshùa essendo stato creato direttamente dallo Spirito avesse qualità e autorità fuori dal comune, fuori dal nostro modo di essere! Eppure volle spogliarsi (vuotò se stesso; Fil 2:7), al fine di divenire servo anzichè Signore!
Una scelta la Sua coraggiosa, piena di rischio, visto che non poteva sapere se fosse riuscito a sconfiggere le maligne tentazioni che sono intrinseche nella natura umana!
Eppure con tutti i rischi del caso egli ne uscì vincitore!
Shalom fratelli. Datemi un vostro parere!
Anche tu, fratello Noiman! ;)
Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
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Gianni
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Gianni »

Caro Antonino, prima di tutto ti ringrazio per la tua esposizione, che non deve essere stata facile, sia per le difficoltà intrinseche del testo sia per il fatto che ci sei arrivato dopo settimane e settimane in cui hai anche cambiato le tue interpretazioni.
Ben lungi dal voler criticare negativamente o distruggere la tua esegesi, mi limito a fare alcune domande.

Sulla tua traduzione:
Perché traduci υπαρχων con iniziante? Paolo usa il verbo ὑπάρχω anche in Flp 3:20, dove ha il significato di “essere/esistere”. Con questo stesso significato Paolo usa questo verbo in 1Cor 7:26;11:7,18;12:22;13:3; 2Cor 8:17;12:16; Rm 4:19; Gal 1:14;2:14. Mi sono limitato a citare i passi paolini (che non sono pochi!) per rimanere nello stile di Paolo, ma anche presso Pietro, Luca, l’omileta di Eb, Matteo e Giacomo il verbo ha la stesso significato. Non dovrebbe quindi essere tradotto anche qui “essente/esistente in morfè di Dio”?
Perché traduci αρπαγμον con “autorità”? Il vocabolo ἁρπαγμός significa “furto”. È vero che si tratta di un hapax legomenon (un vocabolo che appare una sola volta in tutta la Bibbia), ma fa fede il vocabolario. Non dovrebbe quindi essere tradotto “che essente/esistente in morfè di Dio non prese in considerazione un furto”?

Sulla tua esegesi:
Perché tu dici “avendo iniziato in forma visibile come un dio”? Il testo dice “essente/esistente in morfè di Dio”. Tu spieghi così la tua traduzione: “Cioè avendo ricevuta nel suo corpo autorità Divina da poter esercitare su tutta la creazione”. Dove vedi nel testo tale autorità? Forse per la tua errata traduzione di αρπαγμον?
Come puoi dire poi che “egli fece qualcosa di meraviglioso e della quale Paolo esorta i Filippesi e non solo ad emulare!”? Non è una contraddizione? Se fosse vera la tua interpretazione che egli ricevette “nel suo corpo autorità Divina da poter esercitare su tutta la creazione”, come potrebbero mai i filippesi emulare qualcosa per loro impossibile? Per emulare il suo esempio – ammesso che la tua interpretazione sia corretta -, non avrebbe dovuto avere loro pure nel corpo tale autorità divina?
Inoltre, la tua interpretazione non contrasta con Mt 28:18? Qui Yeshùa dice: “Ogni autorità [ἐξουσία e non αρπαγμον!] mi è stata data in cielo e sulla terra” (TNM), ma lo dice dopo che era stato risuscitato. Anche nel nostro passo, ai vv. 9 e 10 è detto che tale autorità gli fu data dopo la sua risurrezione.
Tu dici che “Yeshùa svuotò se stesso di tale autorità”, e io ti domando: come poteva svuotarsi di un’autorità che ancora non aveva? E ti domando ancora: perché dici che si svuotò di tale autorità? Quale autorità? La parola autorità non è neppure presente nel testo. È presente solo il concetto di autorità, ma dopo la sua risurrezione (vv. 9,10). Non dice, invece, forse il testo che svuotò ἑαυτὸν cioè “se stesso”?
Tu dici ancora: “Facendosi servo invece di Signore (comandante, capo, giudice, dio)”. Domanda: Ma se, come dici, aveva “in forma visibile come un dio”, come avrebbe potuto perdere tale presunta “forma visibile”? Al massimo (ammesso e non concesso), non avrebbe potuto comportarsi da servo pur mantenendo tale presunta “forma visibile”? Si può rinunciare a una presunta “forma visibile”? E, se si può rinunciare, come fa a essere visibile? Altra domanda: se scegli di tradurre morfè con “forma visibile”, non dovresti usare lo stesso metro anche per la morfè di schiavo? E, in tal caso, come si può passare dalla “forma visibile come un dio” alla “forma visibile” di schiavo? Dobbiamo supporre un trasformismo?
Altre domande: siccome il testo dice che Yeshùa iniziò “in somiglianza di uomini”, quando avrebbe trasformato la sua presunta “forma visibile come un dio” in “forma visibile” di schiavo? Se fu prima della nascita, come poté iniziare “in somiglianza di uomini”? Casomai, non avrebbe dovuto in tal caso iniziare in somiglianza di schiavi? Il testo però dice che prese la morfè di schiavo dopo la nascita. Ma allora ritorna il quesito: come poteva, dopo la nascita, passare dalla “forma visibile come un dio” alla “forma visibile” di schiavo? E quando sarebbe avvenuto ciò, in quale momento della sua vita? E ancora: cambiò forse “forma visibile”? Si può immaginare la “forma visibile” di uno schiavo, ma quando mai sarebbe stata visibile in Yeshùa? E, prima, che forma avrebbe avuto? Com’è fatta, poi, la presunta “forma visibile come un dio”?

Come vedi, le domande sono molte. In attesa che tu possa chiarire i quesiti suscitati dalla tua traduzione e dalla tua esegesi, non posso fare a meno di notare che tutto si gioca ancora una volta sulla parola morfè.
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Antonino
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da Antonino »

Ciao Gianni!
Carissimo,noto con piacere che la mia esegesi ha provocato in te un vulcano di domande. Queste se dovessero rimanere senza risposta, sarebbe una vera tragedia per coloro che ci hanno seguito fino a questo punto ;) .
Comunque sarebbe stato meglio come hai suggerito tu diverse volte affrontare un interrogativo alla volta, mentre in questa maniera rischiamo sicuramente di andare in confusione!
Personalmente voglio che i concetti siano abbastanza chiari per tutti e quindi risponderò superficialmente a quelle domande che ritengo vaghe e fuorvianti. Mentre cercherò di approfondire nei temi centrali. Ricordando ovviamente che sia le mie e tue sono solamente supposizioni che possono trovare più o meno validità attraverso i dati oggettivi che le scritture propongono.
Gianni ha scritto:Perché traduci υπαρχων con iniziante? Paolo usa il verbo ὑπάρχω anche in Flp 3:20, dove ha il significato di “essere/esistere”. Con questo stesso significato Paolo usa questo verbo in 1Cor 7:26;11:7,18;12:22;13:3; 2Cor 8:17;12:16; Rm 4:19; Gal 1:14;2:14. Mi sono limitato a citare i passi paolini (che non sono pochi!) per rimanere nello stile di Paolo, ma anche presso Pietro, Luca, l’omileta di Eb, Matteo e Giacomo il verbo ha la stesso significato. Non dovrebbe quindi essere tradotto anche qui “essente/esistente in morfè di Dio”?
Si potrebbe fare una revisione delle scritture proposte, ma il tutto richiederebbe tempo e allungherebbe l'intervento di molto, pena la difficoltà di lettura da parte degli altri utenti.
Mi limito ad affermare che il termine ὑπάρχω (hyparchō), ha il significato di:

1. cominciare sotto, per fare un inizio, per iniziare
2. per venire alla luce, quindi, di essere lì, essere pronti, a portata di mano
3. essere
Come si può ben vedere il significato di essere non è quello primario del vocabolo. quindi si desume il fatto che, quando direttamente compatibile è bene usare il significato primario del vocabolo e non un suo largo sinonimo. Comunque resta il fatto che si potrebbe usare anche "essere/esistere" rimanendo invariato il senso del verso.
Quindi possiamo ben tradurre:

Questo sentite fra voi che [fu] anche nell'Unto Yeshùa. Il quale esistendo in aspetto di dio (nel senso di comando alla maniera dei Giudici, vedi Giovanni 10:22-38; Salmi 82), non ritenne avere autorità essere uguale a Dio.
Quindi passiamo alla seconda domanda:
Gianni ha scritto:Perché traduci αρπαγμον con “autorità”? Il vocabolo ἁρπαγμός significa “furto”. È vero che si tratta di un hapax legomenon (un vocabolo che appare una sola volta in tutta la Bibbia), ma fa fede il vocabolario. Non dovrebbe quindi essere tradotto “che essente/esistente in morfè di Dio non prese in considerazione un furto”?
Sia chiaro che non ho tradotto con autorità il vocabolo αρπαγμον (harpagmos).
Ciò che ho tradotto con autorità, è il vocabolo ἡγέομαι (hēgeomai).
Il testo greco così riportato è questo:
ὃς ἐν μορφῇ θεοῦ ὑπάρχων οὐχ ἁρπαγμὸν ἡγήσατο τὸ εἶναι ἴσα θεῷ,
Il quale in aspetto di Dio esistendo non rapina (harpagmos) autorità (hēgeomai) l'essere uguale a Dio.
Successivamente chiarirò questo aspetto, al momento mi limito al fatto che non ho scritto castronerie. Mi fermo qui tempo finito! Chiedo di non intervenire sino almomento della risposta di tutte le domande fatte da Gianni
Lascio agli altri la convinzione di essere migliori, per me tengo la certezza che nella vita si può sempre migliorare!
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Re: Filippesi 2:5-7

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Ragazzi dopo decine di pagine il senso di quel versetto è che Yeshùa nonostante poteva benissimo essere un dio tra gli uomini scelse di non esserlo. Questa spiegazione non è stata presa in considerazione ed ecco le decine di pagine come se fosse qualcosa di davvero complicato che il comune lettore della Bibbia non è in grado di capire. Questo messaggio spinge poi la gente ad affidarsi alle religioni..tanto ognuno dice la sua e nessuno può comprendere non essendo studiosi e biblisti.
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
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