Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittura”?
Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur
Si. Se io ti dico "leggi le Scritture", tu cosa capisci? Oggi, capiresti tutte le Scritture in genere, ossia la Bibbia inclusiva di VT e NT. Ma al tempo di Paolo, cosa significava parlare di Scritture? Significava far riferimento alla raccolta di 22 libri (secondo la testimonianza di Flavio) che compongono il Tanach. Una raccolta ben definita e accettata, che anche Yeshùa chiama "Scrittura".
Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur
Anche il sito https://biblehub.com/greek/1124.htm" onclick="window.open(this.href);return false; conferma quello che stiamo dicendo
once αἱ γραφαί comprehends also the books of the N. T. already begun to be collected into a canon, 2 Peter 3:16;
Dunque sembra proprio che questa lettera sia stata scritta da qualcun altro in epoca posteriore.
once αἱ γραφαί comprehends also the books of the N. T. already begun to be collected into a canon, 2 Peter 3:16;
Dunque sembra proprio che questa lettera sia stata scritta da qualcun altro in epoca posteriore.
Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur
Per molti studiosi è così. Anche per me, dopo aver esaminato le cose da vicino. Ed era considerata non genuina anche da molti nel II secolo, tanto che il Canone Muratoriano del 170 non la riporta e restò dibattuta anche in seguito. Per altri è genuina, ma forse tale convinzione è dettata più dal fatto che la lettera è accettata dalla chiesa cattolica e protestante più che dall'analisi obbiettiva. Tanto che la sua datazione è proposta dal 64 al 160... Ma la maggioranza degli studiosi propende per 100-160.
Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur
Comunque vi ringrazio di aver partecipato a questa discussione, che secondo me è importante per capire che ciò che conta veramente nell'analisi biblica è il ragionamento obbiettivo ed essere pronti a mettere in dubbio, sulla base di argomentazioni valide, ciò che è comunemente accettato per tradizione o per fede.
Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur
Grazie a te, perchè questi topic sono molto edificanti.
Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur
Infatti, Lucry. Indagando e ponendosi domande, si imparano tante cose. A volte possiamo essere intimiditi da certi temi, che sono accettati in modo indiscutibile. Ma è proprio quando si supera la barriera del dogma, che si apre un mondo. E se si sbaglia, si può sempre tornare indietro e percorrere un’altra via, ma con un bagaglio di conoscenza maggiore.
Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur
Antonio, non so se hai notato questi particolari. L´autore della lettera si presenta come testimone oculare della trasfigurazione di Gesù Cristo. “Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. Egli, infatti, ricevette da Dio Padre onore e gloria quando la voce giunta a lui dalla magnifica gloria gli disse: «Questi è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto». E noi l'abbiamo udita questa voce che veniva dal cielo, quando eravamo con lui sul monte santo 2. Pt 1:16-18.
Un´altra cosa interessante è che lui dice dell´apostolo Paolo “come anche il nostro caro fratello Paolo vi ha scritto” 2.Pt 3:15, facendo capire che era ancora vivo, altrimenti avrebbe scritto: “vi scrisse”.
Ora, se fosse stata, come tu dici, una pseudonimia scritta nel secondo secolo, come poteva, questo scrittore speranza di essere creduto e accolto? I libri che sono un pseudonimo
non nasconde di esserlo, altrimenti non sarebbero credibili. Quindi viene difficile pensare che questa lettera di Pietro sia un pseudonimia.
Per quando riguarda 2.Pt 3:16 che tu arrivi a concludere che sia il Corpus paolino. Non so se tu ci hai fatto caso, ma dal contesto fa capire che lui si riferisce alla venuta di Gesù, e questo porta a pensare che lui non stava parlando del Corpus paolino, ma solo delle Lettere dove viene trattato l´argomento della presenza del Signore, e queste sono la prima Lettera ai Tessalonicesi nei capitoli 4 e 5 e la seconda ai Tessalonicesi nel capitolo 2, e anche la prima ai Corinti capitolo 15. E quando parla dei “punti difficili” potrebbero riguardare anche altri particolari argomenti da far pensare a qualche altra lettera senza però arrivare ad una compiuta formazione del Corpus paolino che alcuni penserebbe sia avvenuta dal 140 in su.
Far risalire la Seconda Lettera di Pietro nel secondo secolo, non la vedo affatto credibile per i seguenti motivi.
Clemente Romano, che è uno dei più prossima alla seconda Lettere di Pietro in quando il suo Scritto è fatto risalire tra il 95-100 d. C. Nel suo scritto Clemente menzione 2.Pt 2,7-9. Inoltre,
Pietro presenta prossima la sua morte (2 Pt 1:14) e questo fa pensare che la sua Lettera è stata scritta poco prima del suo martirio, avvenuto secondo varie valutazioni tra il 64 e il 67. La data 67 d.C., è quella più indicata, infatti ne parla Girolamo, il quale dice che la morte di Pietro avvenne due anni dopo quella di Seneca (65), quindi sia l’anno 67. Come anche Eusebio, che pone la morte di Pietro al tredicesimo anno (54 + 13 = 67) dell’Impero di Nerone.
Penso che bisogna tenere in considerazione tutto questo prima di arrivare ad una conclusione.
Un´altra cosa interessante è che lui dice dell´apostolo Paolo “come anche il nostro caro fratello Paolo vi ha scritto” 2.Pt 3:15, facendo capire che era ancora vivo, altrimenti avrebbe scritto: “vi scrisse”.
Ora, se fosse stata, come tu dici, una pseudonimia scritta nel secondo secolo, come poteva, questo scrittore speranza di essere creduto e accolto? I libri che sono un pseudonimo
non nasconde di esserlo, altrimenti non sarebbero credibili. Quindi viene difficile pensare che questa lettera di Pietro sia un pseudonimia.
Per quando riguarda 2.Pt 3:16 che tu arrivi a concludere che sia il Corpus paolino. Non so se tu ci hai fatto caso, ma dal contesto fa capire che lui si riferisce alla venuta di Gesù, e questo porta a pensare che lui non stava parlando del Corpus paolino, ma solo delle Lettere dove viene trattato l´argomento della presenza del Signore, e queste sono la prima Lettera ai Tessalonicesi nei capitoli 4 e 5 e la seconda ai Tessalonicesi nel capitolo 2, e anche la prima ai Corinti capitolo 15. E quando parla dei “punti difficili” potrebbero riguardare anche altri particolari argomenti da far pensare a qualche altra lettera senza però arrivare ad una compiuta formazione del Corpus paolino che alcuni penserebbe sia avvenuta dal 140 in su.
Far risalire la Seconda Lettera di Pietro nel secondo secolo, non la vedo affatto credibile per i seguenti motivi.
Clemente Romano, che è uno dei più prossima alla seconda Lettere di Pietro in quando il suo Scritto è fatto risalire tra il 95-100 d. C. Nel suo scritto Clemente menzione 2.Pt 2,7-9. Inoltre,
Pietro presenta prossima la sua morte (2 Pt 1:14) e questo fa pensare che la sua Lettera è stata scritta poco prima del suo martirio, avvenuto secondo varie valutazioni tra il 64 e il 67. La data 67 d.C., è quella più indicata, infatti ne parla Girolamo, il quale dice che la morte di Pietro avvenne due anni dopo quella di Seneca (65), quindi sia l’anno 67. Come anche Eusebio, che pone la morte di Pietro al tredicesimo anno (54 + 13 = 67) dell’Impero di Nerone.
Penso che bisogna tenere in considerazione tutto questo prima di arrivare ad una conclusione.
Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur
Dalila, grazie per gli spunti, che esaminerò. Però non sono io a giungere a conclusioni, ma la maggioranza degli studiosi, che certamente non sono sprovveduti e conoscono la materia molto meglio di noi.
Prima di vedere le questioni che poni nel dettaglio, il fatto che l’autore sostenga di essere stato testimone oculare della risurrezione non è certo una prova di autenticità dello scritto, semmai può essere un artificio per rafforzare l'identità dell'autore e l'autenticità dello scritto. Tutti i falsi usano artifici simili (ad esempio, avvertire sulla presenza di falsi scritti e di falsi dottori). Poi, sulla testimonianza di Clemente, dovresti indicare l’opera e la frase in cui citerebbe 2Pt, perché se morì nel 100 E.V. e se gli studiosi propongono una datazione di 2Pt tra il 100 e il 160, o gli studiosi sono tutti dei dilettanti che non si sono accorti di Clemente, oppure c’è qualcosa che non quadra. Se hai appreso di questa testimonianza di Clemente da un sito, è una cosa, se l’hai verificata di persona sul testo, è un’altra. Comunque, se lo scritto di Clemente risale al 95-100 e la cita, la 2Pt poteva essere lo stesso un falso messo in circolazione dopo la morte di Pietro. Il fatto che fosse già in circolazione nel 95-100 non significa che fosse autentica. Comunque Ignazio (m. 110) e Policarpo (70-155) non la nominano neppure, ma Policarpo nomina la 1Pt.
Poi ricorda che uno scritto poteva essere falsificato anche dopo la morte dell’autore e fatto “saltare fuori”, come avviene anche oggi (pensa ai falsi diari di Hitler, che hanno prodotto l’entusiasmo di molti storici, finché furono identificati come falsi molto posteriori alla morte del dittatore). Ti stupirai, ma nel I sec. circolava un’enorme quantità di falsi, per questo gli studiosi valutano bene le cose. Anzi, il fatto che l’autore non fosse più in giro per fare da garante dell’autenticità di scritti attribuiti a lui era un motivo in più per produrre falsi. Oltretutto, un falso, per essere credibile, doveva sembrare che fosse scritto nel tempo in cui visse l'autore; Pietro ci tiene a precisare che fu lui a scrivere già una prima volta (2Pt 3:1)... Sono tutti artifici comunemente utilizzati dai falsari.
Su 3:16 ho solo riportato quello che è un problema per la maggioranza degli studiosi e dovrebbe esserlo per tutti. Il problema non sono le lettere paoline, che circolavano e venivano certamente raccolte, ma il fatto che l’autore le consideri come parte delle Scritture. Al tempo di Pietro, le Scritture erano solo quelle ebraiche.
Se Pietro morì nel 67 o nel 64 non cambia molto. In quel periodo esisteva ancora una forte attesa messianica, perché Yeshùa disse: “Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli [il figlio dell’uomo] è vicino, proprio alle porte. Io vi dico in verità che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute.” (Mt 24:33-34). Nel 64 o 67, dunque, si attendeva ancora il ritorno del Cristo, perché quella generazione era ancora in vita (Giovanni morì dopo l’anno 100, secondo le testimoianze patristiche), ma dalla 2Pt traspare una situazione storica ben diversa e l’autore è costretto a dire che “per il Signore un giorno è come mille anni, e mille anni sono come un giorno” (3:8) per giustificare il ritardo; se la situazione fosse stata quella della generazione di Yeshùa e degli apostoli, non ci sarebbe stato ancora alcun ritardo. Il mancato adempimento delle aspettative iniziò a diventare problematico nella comunità in seguito alla morte degli apostoli. Per questo, alcuni pensano che la 2Pt fu scritta per instillare fiducia nei credenti; i credenti, che venivano a conoscenza della lettera e leggevano Pietro (o il presunto Pietro) affermare queste parole già decenni prima, ritrovavano la fiducia. Non è detto che sia posteriore all'anno 100, potrebbe essere anche antecedente, ma difficilmente è databile al 64-67, sempre secondo i critici.
Comunque ti risponderò con più precisione.
Prima di vedere le questioni che poni nel dettaglio, il fatto che l’autore sostenga di essere stato testimone oculare della risurrezione non è certo una prova di autenticità dello scritto, semmai può essere un artificio per rafforzare l'identità dell'autore e l'autenticità dello scritto. Tutti i falsi usano artifici simili (ad esempio, avvertire sulla presenza di falsi scritti e di falsi dottori). Poi, sulla testimonianza di Clemente, dovresti indicare l’opera e la frase in cui citerebbe 2Pt, perché se morì nel 100 E.V. e se gli studiosi propongono una datazione di 2Pt tra il 100 e il 160, o gli studiosi sono tutti dei dilettanti che non si sono accorti di Clemente, oppure c’è qualcosa che non quadra. Se hai appreso di questa testimonianza di Clemente da un sito, è una cosa, se l’hai verificata di persona sul testo, è un’altra. Comunque, se lo scritto di Clemente risale al 95-100 e la cita, la 2Pt poteva essere lo stesso un falso messo in circolazione dopo la morte di Pietro. Il fatto che fosse già in circolazione nel 95-100 non significa che fosse autentica. Comunque Ignazio (m. 110) e Policarpo (70-155) non la nominano neppure, ma Policarpo nomina la 1Pt.
Poi ricorda che uno scritto poteva essere falsificato anche dopo la morte dell’autore e fatto “saltare fuori”, come avviene anche oggi (pensa ai falsi diari di Hitler, che hanno prodotto l’entusiasmo di molti storici, finché furono identificati come falsi molto posteriori alla morte del dittatore). Ti stupirai, ma nel I sec. circolava un’enorme quantità di falsi, per questo gli studiosi valutano bene le cose. Anzi, il fatto che l’autore non fosse più in giro per fare da garante dell’autenticità di scritti attribuiti a lui era un motivo in più per produrre falsi. Oltretutto, un falso, per essere credibile, doveva sembrare che fosse scritto nel tempo in cui visse l'autore; Pietro ci tiene a precisare che fu lui a scrivere già una prima volta (2Pt 3:1)... Sono tutti artifici comunemente utilizzati dai falsari.
Su 3:16 ho solo riportato quello che è un problema per la maggioranza degli studiosi e dovrebbe esserlo per tutti. Il problema non sono le lettere paoline, che circolavano e venivano certamente raccolte, ma il fatto che l’autore le consideri come parte delle Scritture. Al tempo di Pietro, le Scritture erano solo quelle ebraiche.
Se Pietro morì nel 67 o nel 64 non cambia molto. In quel periodo esisteva ancora una forte attesa messianica, perché Yeshùa disse: “Così anche voi, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che egli [il figlio dell’uomo] è vicino, proprio alle porte. Io vi dico in verità che questa generazione non passerà prima che tutte queste cose siano avvenute.” (Mt 24:33-34). Nel 64 o 67, dunque, si attendeva ancora il ritorno del Cristo, perché quella generazione era ancora in vita (Giovanni morì dopo l’anno 100, secondo le testimoianze patristiche), ma dalla 2Pt traspare una situazione storica ben diversa e l’autore è costretto a dire che “per il Signore un giorno è come mille anni, e mille anni sono come un giorno” (3:8) per giustificare il ritardo; se la situazione fosse stata quella della generazione di Yeshùa e degli apostoli, non ci sarebbe stato ancora alcun ritardo. Il mancato adempimento delle aspettative iniziò a diventare problematico nella comunità in seguito alla morte degli apostoli. Per questo, alcuni pensano che la 2Pt fu scritta per instillare fiducia nei credenti; i credenti, che venivano a conoscenza della lettera e leggevano Pietro (o il presunto Pietro) affermare queste parole già decenni prima, ritrovavano la fiducia. Non è detto che sia posteriore all'anno 100, potrebbe essere anche antecedente, ma difficilmente è databile al 64-67, sempre secondo i critici.
Comunque ti risponderò con più precisione.
Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur
Dalila, ti rispondo più nel dettaglio.
Per quanto riguarda gli scritti di Clemente Romano, l'unica lettera a lui attribuita è la "Prima lettera di Clemente", ai Corinzi. Non la conosco e non ne ho letto il testo, per cui non ho potuto verificare con certezza che citi la 2Pt. Se la lettera di Clemente è originale ed è databile al 90-100 e se cita la seconda lettera di Pietro, allora certamente la 2Pt è databile a prima del 90-100, ma ciò non significa che sia originale, perché di falsi ne giravano anche nel I secolo già ai tempi della primissima comunità.
In generale, la 2Pt presenta differenze linguistiche e stilistiche rispetto alla 1Pt, quindi non sono scritte dalla stessa mano. Ipotizzando che la prima sia stata redatta da Silvano - anche se per come è presentato sembra più colui che recapitò la lettera alle comunità -, Silvano non può essere l'autore della seconda, il quale è indicato come Pietro. Pietro, da analfabeta, non poteva scriverla e difficilmente può averla dettata in aramaico a un segretario che la scriveva direttamente in greco forbito, superando in tempo reale tutti gli ostacoli linguistici e semantici che sussistono tra le due lingue. È difficile scrivere direttamente in inglese sotto dettatura in italiano, figuriamoci dall'aramaico al greco. In ogni caso, il redattore avrebbe dovuto essere nominato, come fa Paolo.
Per finire, il fatto che ancora nel II e III secolo (e fino al IV) fosse molto dibattuta, fa capire che non era un testo usato dalla prima comunità dei discepoli, cosa che rappresenta un criterio di canonicità.
Come dicevo prima, questo non è un fattore a favore dell'autenticità, ma semmai a sfavore. Se la lettera non presentasse i problemi che presenta, che ho elencati, andrebbe anche bene; tuttavia, sussistendo diversi problemi, questa dichiarazione assume l'aspetto di un artificio atto a rafforzare la credibilità dello scritto. Questa opinione non è mia, ma di esperti dei falsi nel mondo antico. Stessa cosa accade in 3:1, in cui l'autore dice "questa è già la seconda lettera che vi scrivo", per rafforzare la paternità pietrina. Ma, come sappiamo, Pietro non può aver scritto mezza riga, perché era analfabeta. Tuttavia, l'autore qui e nell'incipit afferma di essere Pietro e non cita uno scriba, come invece fa Paolo e come era prassi comune.L´autore della lettera si presenta come testimone oculare della trasfigurazione di Gesù Cristo
L'aoristo esprime un'azione nel passato che può essere anche lontano.Un´altra cosa interessante è che lui dice dell´apostolo Paolo “come anche il nostro caro fratello Paolo vi ha scritto” 2.Pt 3:15, facendo capire che era ancora vivo, altrimenti avrebbe scritto: “vi scrisse”.
In realtà sono moltissimi i testi pseudoepigrafi esclusi dal canone. Ti facevo l'esempio dei diari di Hitler, autenticati da uno dei massimi esperti del Führer e acquistati per diversi milioni di dollari dalla rivista tedesca "Stern" e poi da Rupert Murdoch. In realtà, si rivelarono dei falsi abilmente fabbricati decenni dopo da Konrad Kujau. I falsi nel mondo antico erano molto diffusi. Tra gli scritti della chiesa delle origini ci sono moltissimi testi pseudoepigrafi; il Vangelo di Pietro, addirittura, racconta nel dettaglio la crocifissione. Negli Atti di Paolo, l'apostolo insegna ad astenersi dall'attività sessuale, cosa che richiama abilmente 1Cor 7, che però insegna tutt'altro. Tutti questi scritti sono pseudoepigrafi, cioè firmati da un autore che non è l'autore. Dunque sono essenzialmente dei falsi. Molti di essi furono scartati subito, altri furono accettati, altri erano molto dibattuti. Tra i dibattuti (antilegomena) c'è proprio la 2Pt. L'Apocalisse di Pietro fu quasi per essere inclusa nel canone; fino al IV secolo alcuni capi ne sostenevano l'autenticità, altri la rigettavano. Questo per farti capire che la questione dei falsi non era affatto semplice.Ora, se fosse stata, come tu dici, una pseudonimia scritta nel secondo secolo, come poteva, questo scrittore speranza di essere creduto e accolto? I libri che sono un pseudonimo
non nasconde di esserlo, altrimenti non sarebbero credibili.
Per quanto riguarda gli scritti di Clemente Romano, l'unica lettera a lui attribuita è la "Prima lettera di Clemente", ai Corinzi. Non la conosco e non ne ho letto il testo, per cui non ho potuto verificare con certezza che citi la 2Pt. Se la lettera di Clemente è originale ed è databile al 90-100 e se cita la seconda lettera di Pietro, allora certamente la 2Pt è databile a prima del 90-100, ma ciò non significa che sia originale, perché di falsi ne giravano anche nel I secolo già ai tempi della primissima comunità.
In generale, la 2Pt presenta differenze linguistiche e stilistiche rispetto alla 1Pt, quindi non sono scritte dalla stessa mano. Ipotizzando che la prima sia stata redatta da Silvano - anche se per come è presentato sembra più colui che recapitò la lettera alle comunità -, Silvano non può essere l'autore della seconda, il quale è indicato come Pietro. Pietro, da analfabeta, non poteva scriverla e difficilmente può averla dettata in aramaico a un segretario che la scriveva direttamente in greco forbito, superando in tempo reale tutti gli ostacoli linguistici e semantici che sussistono tra le due lingue. È difficile scrivere direttamente in inglese sotto dettatura in italiano, figuriamoci dall'aramaico al greco. In ogni caso, il redattore avrebbe dovuto essere nominato, come fa Paolo.
Per finire, il fatto che ancora nel II e III secolo (e fino al IV) fosse molto dibattuta, fa capire che non era un testo usato dalla prima comunità dei discepoli, cosa che rappresenta un criterio di canonicità.
Re: Pietro pensava che le lettere di Paolo fossero “Scrittur
Buongiorno a tutti.
Allora mi sono messa alla ricerca ed ho trovato spunti interessanti.
Sappiamo che Pietro morì molto probabilmente all'epoca di Nerone, durante la persecuzione dei cristiani. Allora se 1 Pietro fu scritto da Simon Pietro, probabilmente doveva essere stato scritto tra il 62 e il 64 d.C. e Paolo doveva essere stato imprigionato nel 60-62 d.C. e non menzionò mai Pietro. Allo stesso modo, Pietro non dice mai che Paolo era a Roma con lui. Solo Silvano e Marco erano con Pietro 1 Pet. 5: 12-13. Ciò suggerisce che 1 Pietro era dopo il 62 d.C., quando Paolo fu imprigionato e rilasciato per un certo periodo, ma in un momento precedente a 2 Pietro. Io ritengo che sia 1 Pietro che 2 Pietro furono scritti da una prigione. L'autore di 2 Pietro sa che sta per morire presto mentre scrive; 2 Pietro 1:14. La data della stessa sembra essere 67 dC durante il regno di Nerone (54-68 d.C.). 2 Pietro è stato scritto dopo 1 Pietro per cui la datazione di 1 Pietro risale tra il 62-67 d.C. Penso che si possa dire che 1 Pietro fu scritto intorno al 65 dC e 2 Pietro poco prima della sua morte nel 67 d.C. Se consideriamo questo tipo di ragionamento possiamo dedurre che le lettere siano davvero state scritte da Pietro. Anche perchè ricordo uno studio che avevo fatto poco tempo fa, che evidenziava il fatto, che quando le lettere venivano scritte da un'altra persona sotto dettatura, poi l'autore, chi aveva dettato, faceva delle postille accanto ad ogni foglio, come per autenticare la veridicità dello scritto stesso. Portava l'esempio delle lettere di Paolo scritte sotto dettatura. Se trovo lo studio lo posto nel forum. Se si fosse usato questo metodo, di mettere delle postille sul margine del foglio, è inverosimile che gli scritti di Pietro, possano essere stati redatti da un'altra persona. Questo ragionamento, non smonta il mio pensiero che tutti gli autori delle scritture greche, non scrivevano con la consapevolezza di scrivere un testo sacro.
Allora mi sono messa alla ricerca ed ho trovato spunti interessanti.
Sappiamo che Pietro morì molto probabilmente all'epoca di Nerone, durante la persecuzione dei cristiani. Allora se 1 Pietro fu scritto da Simon Pietro, probabilmente doveva essere stato scritto tra il 62 e il 64 d.C. e Paolo doveva essere stato imprigionato nel 60-62 d.C. e non menzionò mai Pietro. Allo stesso modo, Pietro non dice mai che Paolo era a Roma con lui. Solo Silvano e Marco erano con Pietro 1 Pet. 5: 12-13. Ciò suggerisce che 1 Pietro era dopo il 62 d.C., quando Paolo fu imprigionato e rilasciato per un certo periodo, ma in un momento precedente a 2 Pietro. Io ritengo che sia 1 Pietro che 2 Pietro furono scritti da una prigione. L'autore di 2 Pietro sa che sta per morire presto mentre scrive; 2 Pietro 1:14. La data della stessa sembra essere 67 dC durante il regno di Nerone (54-68 d.C.). 2 Pietro è stato scritto dopo 1 Pietro per cui la datazione di 1 Pietro risale tra il 62-67 d.C. Penso che si possa dire che 1 Pietro fu scritto intorno al 65 dC e 2 Pietro poco prima della sua morte nel 67 d.C. Se consideriamo questo tipo di ragionamento possiamo dedurre che le lettere siano davvero state scritte da Pietro. Anche perchè ricordo uno studio che avevo fatto poco tempo fa, che evidenziava il fatto, che quando le lettere venivano scritte da un'altra persona sotto dettatura, poi l'autore, chi aveva dettato, faceva delle postille accanto ad ogni foglio, come per autenticare la veridicità dello scritto stesso. Portava l'esempio delle lettere di Paolo scritte sotto dettatura. Se trovo lo studio lo posto nel forum. Se si fosse usato questo metodo, di mettere delle postille sul margine del foglio, è inverosimile che gli scritti di Pietro, possano essere stati redatti da un'altra persona. Questo ragionamento, non smonta il mio pensiero che tutti gli autori delle scritture greche, non scrivevano con la consapevolezza di scrivere un testo sacro.
Ultima modifica di Lucry il lunedì 4 marzo 2019, 14:46, modificato 1 volta in totale.