La "pienezza di Dio"
Inviato: sabato 30 gennaio 2016, 2:13
Molto spesso ci si riferisce a Col 2:9, in cui Yeshua è descritto possedere la "pienezza di Dio", per tentare di dimostrare la divinità del Messia. È necessario notare come la Scrittura affermi che anche i credenti possono essere ricolmi della "pienezza di Dio" (Ef 3:19). Tale affermazione, dunque, rende forse anche i credenti Dio? Certamente no. Bisogna capire, allora, cosa esprima esattamente il concetto concreto di "pienezza di Dio", per confutare ancora una volta chi si affida solo al senso superficiale reso spesso dalle traduzioni e non è capace di valutare la Scrittura secondo il modo di pensare ebraico, che è concreto e non astratto.
Il termine in questione è πλήρωμα (plèroma), che deriva da πληρόω (pleròo), che significa "riempio", "compio". Plèroma, dunque, significa "ciò di che si riempie", "riempimento". In Mr 6:43, il termine è usato in riferimento al riempimento fisico di un oggetto: “e si portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane”.
Il verbo pleròo è utilizzato nel celebre versetto di Mt 5:17, in cui Yeshua parla della legge: “io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento” (NR). Come abbiamo visto, il termine significa anche "compiere", ma nel senso di "riempire", "rendere pieno"; infatti, la Nuova Riveduta traduce con "portare a compimento", non semplicemente con "compiere". Una traduzione non necessariamente migliore ma piú letterale, dunque, sarebbe: “io sono venuto non per abolire la legge, ma per renderla colma”. Il dizionario di greco Rocci, rende il termine plèroma anche con il senso di "perfezione", proprio in riferimento al NT; il "rendere colmo", dunque, significa rendere completo e perfetto. L'avvento del Messia, secondo il significato proprio del termine, costituisce il “riempimento" della legge, il suo "renderla piena", ossia "perfetta".
Spesso, nella Scrittura, si parla anche di "pienezza del tempo", come in Gal 4:4, ad esempio (cfr. Ef 1:10): “quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio"; la "pienezza del tempo", indica un momento in cui un certo periodo storico è "ricolmo" e quindi "giusto" perché qualcosa accada. Si potrebbe dire "il tempo maturo". Rende bene l'idea la clessidra: quando il contenitre inferiore si è riempito è il momento di girarla. In Gal 4:4 il "tempo" è χρόνος (crònos), che si riferisce alla nostra "temporalità", ossia al tempo relativo e misurabile come noi uomini lo percepiamo nel mondo (non al concetto inesprimibile di "tempo" in senso assoluto); Dio stabilisce che in quel preciso momento storico, il tempo trascorso è "pieno", "perfetto", si potrebbe dire "maturo" perché il Messia venga.
Il termine plèroma è utilizzato anche in Rm 13:10: “l'amore quindi è l'adempimento della legge”. La Nuova Riveduta traduce qui con "adempimento". Ancora una volta, la traduzione italiana da sola non riesce a rendere bene il senso della frase: l'amore è il "riempimento" della legge, ossia ciò che la rende "colma" e quindi perfetta. Ecco perché Yeshua, in risposta alle provocazioni dei farisei che cercano di coglierlo in fallo, afferma:
“"Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti” — Mt 22:37-40 (cfr. Rm 13:8-10).
Alla luce del senso proprio del termine plèroma, dunque, possiamo stabilire che ciò che rende il Cristo "ricolmo" di Dio, e i credenti stessi, non è la "deità”, ossia l'essenza divina, ma è l'amore che proviene da Dio, poiché "Dio è amore" (1Gv 4:8). E “Chi non ama” non possiede la pienezza di Dio, poiché “non ha conosciuto Dio” (ibidem). Essere ricolmi d'amore, di amore incondizionato, significa essere ricolmi di Dio.
“Noi abbiamo conosciuto l'amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio è amore; e chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” — 1Gv 4:16
Il termine in questione è πλήρωμα (plèroma), che deriva da πληρόω (pleròo), che significa "riempio", "compio". Plèroma, dunque, significa "ciò di che si riempie", "riempimento". In Mr 6:43, il termine è usato in riferimento al riempimento fisico di un oggetto: “e si portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane”.
Il verbo pleròo è utilizzato nel celebre versetto di Mt 5:17, in cui Yeshua parla della legge: “io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento” (NR). Come abbiamo visto, il termine significa anche "compiere", ma nel senso di "riempire", "rendere pieno"; infatti, la Nuova Riveduta traduce con "portare a compimento", non semplicemente con "compiere". Una traduzione non necessariamente migliore ma piú letterale, dunque, sarebbe: “io sono venuto non per abolire la legge, ma per renderla colma”. Il dizionario di greco Rocci, rende il termine plèroma anche con il senso di "perfezione", proprio in riferimento al NT; il "rendere colmo", dunque, significa rendere completo e perfetto. L'avvento del Messia, secondo il significato proprio del termine, costituisce il “riempimento" della legge, il suo "renderla piena", ossia "perfetta".
Spesso, nella Scrittura, si parla anche di "pienezza del tempo", come in Gal 4:4, ad esempio (cfr. Ef 1:10): “quando giunse la pienezza del tempo, Dio mandò suo Figlio"; la "pienezza del tempo", indica un momento in cui un certo periodo storico è "ricolmo" e quindi "giusto" perché qualcosa accada. Si potrebbe dire "il tempo maturo". Rende bene l'idea la clessidra: quando il contenitre inferiore si è riempito è il momento di girarla. In Gal 4:4 il "tempo" è χρόνος (crònos), che si riferisce alla nostra "temporalità", ossia al tempo relativo e misurabile come noi uomini lo percepiamo nel mondo (non al concetto inesprimibile di "tempo" in senso assoluto); Dio stabilisce che in quel preciso momento storico, il tempo trascorso è "pieno", "perfetto", si potrebbe dire "maturo" perché il Messia venga.
Il termine plèroma è utilizzato anche in Rm 13:10: “l'amore quindi è l'adempimento della legge”. La Nuova Riveduta traduce qui con "adempimento". Ancora una volta, la traduzione italiana da sola non riesce a rendere bene il senso della frase: l'amore è il "riempimento" della legge, ossia ciò che la rende "colma" e quindi perfetta. Ecco perché Yeshua, in risposta alle provocazioni dei farisei che cercano di coglierlo in fallo, afferma:
“"Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente". Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti” — Mt 22:37-40 (cfr. Rm 13:8-10).
Alla luce del senso proprio del termine plèroma, dunque, possiamo stabilire che ciò che rende il Cristo "ricolmo" di Dio, e i credenti stessi, non è la "deità”, ossia l'essenza divina, ma è l'amore che proviene da Dio, poiché "Dio è amore" (1Gv 4:8). E “Chi non ama” non possiede la pienezza di Dio, poiché “non ha conosciuto Dio” (ibidem). Essere ricolmi d'amore, di amore incondizionato, significa essere ricolmi di Dio.
“Noi abbiamo conosciuto l'amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio è amore; e chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” — 1Gv 4:16