Re: L'anima
Inviato: venerdì 11 aprile 2014, 11:48
Faccio un appunto circa questa dichiarazione: “Negli insegnamenti della Torah, nell'Ebraismo, nella letteratura rabbinica classica, è possibile trovare diverse descrizioni dell'anima dell'uomo”. Non metto in dubbio che negli insegnamenti dell’ebraismo e nella letteratura rabbinica si trovi il concetto di anima. Metto però decisamente in dubbio che lo si trovi nella Toràh e in tutta la Sacra Scrittura. Meglio sarebbe stato dire: ‘Nelle interpretazioni degli insegnamenti della Toràh’. Sarebbe insomma come leggere in trattati teologici cattolici che ‘negli insegnamenti della Bibbia si trova la trinità’, quando sarebbe più corretto dire ‘nelle interpretazioni cattoliche degli insegnamenti della Bibbia’.
La teoria dell’immortalità dell’anima fu formulata dai filosofi greci Socrate e Platone. La stessa Encyclopaedia Judaica afferma: “Solo in epoca postbiblica una credenza salda e ben definita nell’immortalità dell’anima si affermò . . . e divenne una delle pietre angolari della fede ebraica e di quella cristiana”; “Nel periodo biblico la persona era considerata tutt’uno. Quindi l’anima non era nettamente distinta dal corpo”.
Nel 4° secolo prima di Yeshùa Alessandro il Grande conquistò gran parte del Medio Oriente. Entrando in Gerusalemme fu accolto dai giudei a braccia aperte. Dopo Alessandro, i suoi successori continuarono nell’ellenizzazione, diffondendo la lingua, la cultura e la filosofia greca in ogni dove. Avvenne così la fusione della cultura ebraica con quella greca. All’inizio del 3° secolo prima di Yeshùa la Bibbia ebraica fu tradotta in greco. I giudei presero man mano confidenza con il pensiero greco. Gli ebrei furono oltremodo affascinati dalla filosofia greca, per loro un’assoluta novità. Alcuni ebrei divennero addirittura loro stessi filosofi. Uno di questi fu Filone alessandrino, del secolo anteriore a Yeshùa.
Filone stravedeva per Platone. Fu Filone che pretese di spiegare l’ebraismo impiegando i termini della filosofia greca. Mischiando Bibbia e filosofia platonica, si fece strada l’idea di anima, che contaminò l’ebraismo e la successiva cristianità. Per Filone la morte ristabiliva la presunta anima nella sua condizione originaria, quella presunta anteriore alla nascita. Altri pensatori ebrei che credevano nell’immortalità di una presunta anima furono nel 10° secolo Isacco ben Salomon Israeli e, nel 18° secolo, il filosofo ebreo Moses Mendelssohn.
Quanto al Talmud, che fu redatto tra il 2° secolo e il Medioevo, non poteva che esserne influenzato. Dichiara ancora l’Encyclopaedia Judaica: “I rabbi che redassero il Talmud credevano che l’anima continuasse a vivere dopo la morte”.
La Qabalah, che è la mistica ebraica di epoca successiva, insegna perfino la reincarnazione. Si legge nella New Standard Jewish Encyclopedia: “Pare che l’idea abbia avuto origine in India. . . . Nella Cabala essa compare per la prima volta nel libro Bahir, e quindi, dallo Zohar in poi, fu comunemente accettata dai mistici, svolgendo un ruolo importante nella credenza e nella letteratura hasidica”.
Quella del concetto di anima, del tutto assente nella Sacra Scrittura, fu uno dei gravi danni arrecati all’ebraismo e alla successiva cristianità dall’influenza della filosofia greca.
La teoria dell’immortalità dell’anima fu formulata dai filosofi greci Socrate e Platone. La stessa Encyclopaedia Judaica afferma: “Solo in epoca postbiblica una credenza salda e ben definita nell’immortalità dell’anima si affermò . . . e divenne una delle pietre angolari della fede ebraica e di quella cristiana”; “Nel periodo biblico la persona era considerata tutt’uno. Quindi l’anima non era nettamente distinta dal corpo”.
Nel 4° secolo prima di Yeshùa Alessandro il Grande conquistò gran parte del Medio Oriente. Entrando in Gerusalemme fu accolto dai giudei a braccia aperte. Dopo Alessandro, i suoi successori continuarono nell’ellenizzazione, diffondendo la lingua, la cultura e la filosofia greca in ogni dove. Avvenne così la fusione della cultura ebraica con quella greca. All’inizio del 3° secolo prima di Yeshùa la Bibbia ebraica fu tradotta in greco. I giudei presero man mano confidenza con il pensiero greco. Gli ebrei furono oltremodo affascinati dalla filosofia greca, per loro un’assoluta novità. Alcuni ebrei divennero addirittura loro stessi filosofi. Uno di questi fu Filone alessandrino, del secolo anteriore a Yeshùa.
Filone stravedeva per Platone. Fu Filone che pretese di spiegare l’ebraismo impiegando i termini della filosofia greca. Mischiando Bibbia e filosofia platonica, si fece strada l’idea di anima, che contaminò l’ebraismo e la successiva cristianità. Per Filone la morte ristabiliva la presunta anima nella sua condizione originaria, quella presunta anteriore alla nascita. Altri pensatori ebrei che credevano nell’immortalità di una presunta anima furono nel 10° secolo Isacco ben Salomon Israeli e, nel 18° secolo, il filosofo ebreo Moses Mendelssohn.
Quanto al Talmud, che fu redatto tra il 2° secolo e il Medioevo, non poteva che esserne influenzato. Dichiara ancora l’Encyclopaedia Judaica: “I rabbi che redassero il Talmud credevano che l’anima continuasse a vivere dopo la morte”.
La Qabalah, che è la mistica ebraica di epoca successiva, insegna perfino la reincarnazione. Si legge nella New Standard Jewish Encyclopedia: “Pare che l’idea abbia avuto origine in India. . . . Nella Cabala essa compare per la prima volta nel libro Bahir, e quindi, dallo Zohar in poi, fu comunemente accettata dai mistici, svolgendo un ruolo importante nella credenza e nella letteratura hasidica”.
Quella del concetto di anima, del tutto assente nella Sacra Scrittura, fu uno dei gravi danni arrecati all’ebraismo e alla successiva cristianità dall’influenza della filosofia greca.