I cherubini.

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Maurizio1
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Re: I cherubini.

Messaggio da Maurizio1 »

Lo stoccafisso è un prodotto trattato specificamente e ha un significato preciso in italiano, non è una traslitterazione.
Il termine stoccafisso no e' una traslitterazione da una altra lingua?
Ma hai fatto una ricerca sull'origine del termine per poterlo affermare?
Tuttavia, nella cultura religiosa di massa, il cherubino è un angelo, per cui il termine keruv – nei traduttori – viene a coincidere con malak (che non significa angelo, ma messaggero, traslitterazione del greco ànghelos), e ne specifica una categoria.

Scusa non capisco la frase: nei traduttori viene a coincidere con malak.
Ma se i traduttori come tu stesso hai detto non hanno tradotto il termine automaticamente non lo hanno fatto coincidere con nulla. Quindi rispettosamente non hanno imposto nessuna loro idea preconcetta e hanno dato al lettore la possibilita'di sedurlo solo dal contesto.
Più corretti di così...
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bgaluppi
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Re: I cherubini.

Messaggio da bgaluppi »

Scusa non capisco la frase: nei traduttori viene a coincidere con malak
Nel senso che keruv, tradotto con "cherubino", diventerebbe un messaggero (malak), un angelo (nella interpretazione cristiana). Ma il keruv non è un malak, e il malak non è un angelo. Mi sono espresso male.

Leggi Ez 28:14 nella traduzione NR:

“Eri un cherubino dalle ali distese, un protettore.”. E cosa sarebbe un cherubino? La spiegazione tradizionale di questo versetto è che il re di Tiro è paragonato ad un angelo protettore, un cherubino appunto.
noiman
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Re: I cherubini.

Messaggio da noiman »

sineddoche
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Maurizio1
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Re: I cherubini.

Messaggio da Maurizio1 »

bgaluppi ha scritto:
Nel senso che keruv, tradotto con "cherubino", diventerebbe un messaggero (malak), un angelo (nella interpretazione cristiana). Ma il keruv non è un malak, e il malak non è un angelo. Mi sono espresso male.
ok nell'interpretazione cristiana,ma non capisco in cosa consisterebbe l'eventuale colpa dei traduttori.

Leggi Ez 28:14 nella traduzione NR:

“Eri un cherubino dalle ali distese, un protettore.”. E cosa sarebbe un cherubino? La spiegazione tradizionale di questo versetto è che il re di Tiro è paragonato ad un angelo protettore, un cherubino appunto.
Quello che io ti voglio far capire come concetto, e' che non c'e' nulla di male a non tradurre un termine che non ha equivalenti diretti nella lingua di destinazione.
Se leggiamo un po' di piu' del brano da cui hai prelevato il versetto possiamo vedere che del re di Tiro viene detto che era un cherubino che stava sul monte Santo di Dio, anzi che Dio stesso aveva posto su quel monte.
tradurre "cherubino" semplicemente con "re" non fa giustizia del vero concetto che si vuole esprimere nel brano.
Dio aveva posto Il Re di Tiro in una posizione superiore agli altri uomini (ma non solo ai sudditi del suo regno) , lui pero si inorgoglisce , dimentica di essere un uomo e dice "io sono un dio, siedo su un trono di dei."
Quando il testo di Ezechiele dice "eri un Cherubino ma alla fine sei stato ridotto in cenere" e' molto facile riconoscere lo stesso tono sarcastico di Isaia quando parlando del re di Babilonia dice "Come mai sei caduto Lucifero figlio dell'aurora? come mai sei stato steso a terra signore di popoli ?"
Riassumendo, il termine cherubino non viene riservato da Ezechiele ad un semplice re ma un uomo potente che inorgogliendosi si pone sullo stesso piano di una divinita'.
Proprio per quello che questo uomo si immagina di essere ma non e' la bibbia lo definisce il "cherubino" che poi e' decaduto, utilizzando un termine che nell'immaginario comune dell'epoca o come credanza arcaica utilizzata per scopi simbolici (scelta di Ezechiele) si riferiva a una creatura a meta' strada tra gli uomini e Dio (o le divinita').
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bgaluppi
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Re: I cherubini.

Messaggio da bgaluppi »

Il problema è che la traslitterazione in italiano è ambigua, perché in italiano il cherubino è un angelo. Traducendo così, si fa dire al testo che il re di Tiro è paragonato ad una creatura sovrumana semidivina, cosa che il testo non dice affatto. Se il traduttore avesse voluto evitare di tradurre keruv (cosa peraltro non comprensibile, perché il termine è traducibile in quel contesto), avrebbe dovuto lasciare keruv, come si può fare con Gn 1:1, ad esempio: “Nel principio Elohim creò i cieli e la terra”. Ma, di nuovo, non ce ne sarebbe stato il bisogno, perché keruv è traducibile, come potrebbe mostrare Besasea.

Una nota: Isaia non parla di Lucifero, oltretutto come nome proprio, ma di “portatore di luce”, che è un titolo che si addice al re, come “figlio dell'aurora”. Anche i re pagani erano chiamati con questi epiteti. Lucifero è una traslitterazione dal greco al latino, da cui origina il medioevale personaggio Lucifero, non biblico.
noiman
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Re: I cherubini.

Messaggio da noiman »

Nessuno pare in grado di aggiungere qualche cosa di inedito?

Mi sono riletto nuovamente tutta la discussione , una lettura faticosa per le molte ripetizioni, un documento di circa 155 pagine A4. :-O
A parte le polemiche e gli attacchi personali di cui tutti siamo colpevoli è subito evidente che la discussione è condizionata da diversi livelli di approfondimento connessi alle conoscenze individuali, gran parte del contenuto dei vari post lo si può ritrovare sul web, pronto e cucinato in una cucina dove non si inventano piatti ma si copiano senza neanche valutare gli ingredienti, una specie di copia incolla globale, compresi errori di citazioni e ortografia, (meglio di battitura come qualcuno ci tiene a osservare), che si propagano come un virus e consentono addirittura volendo di poter mappare il loro percorso, strati di informazioni che risultano copie di copie, molte impostate sul banale, mi ricordano le vecchie ricerche di scuola media dove tutti noi copiavamo dall’enciclopedia Garzanti o da Conoscere della Fabbri Editori, solo i genitori più ricchi avevano una Treccani in casa, e quando tutti si presentavano il lunedi mattina con la ricerca ben scritta, l’unica differenza era se l’avevamo scritta noi o la mamma, questa è la prima sensazione che si ha leggendo tutto d’un fiato le oltre 30 cartelle della discussione.
Poi c’è un altro problema e per spiegarmi faccio un esempio:
Ricordo che molto tempo fa qualcuno chiese a un noto genetista di parlare della riproduzione umana , costui prima di mettere per scritto una relazione chiese al committente a chi era destinata, ad alunni di una scuola elementare piuttosto che i partecipanti di un corso post laurea in medicina, oppure per ricercatori nel campo dell’ingegneria genetica.
Appare ovvio l’enorme differenza nell’affrontare l’argomento tra i diversi livelli di conoscenza in materia partendo da un minimo delle nozioni contenute in un libro sussidiario delle elementari a un massimo delle pubblicazioni di Scientific Report, è ovvio che per salire di livello non si po' pescare nel web con un semplice motore di ricerca ma bisogna andare oltre.

Nella nostra discussione la difficoltà più evidente è quella di definire una figura biblica sospesa tra il mondo materiale e il trascendente, siamo quasi tutti d’accordo quando i keruvim sono descritti come forme sul kapporet, nonostante l’incertezza di come realmente apparissero e che le fonti ebraiche non forniscono informazioni precise .
Abbiamo anche convenuto faticosamente che i keruvim non erano oggetto di adorazione, credo che ne convengano anche coloro che sostengono che gli ebrei ancora oggi adorino un muro, fin qui quasi tutto bene, ma sicuramente andiamo in confusione quando queste immagini entrano nelle visioni , diventano mobili e si caricano di sembianze antropomorfiche , come volti di animali, cavalcature, parti di carri celesti , riteniamo un visionario Ezechiele che ne fece questa descrizione, abbiamo anche concluso che l’agiografo o gli agiografi usavano un linguaggio simbolico che oggi risulta incomprensibile ed estraneo, keruv/keruvim esprimevano un concetto ben preciso collegato al trascendente gradito e comprensibile ai lettori contemporaneo a profeta, ma noi che siamo materialisti e iconoclasti abbiamo difficoltà a percorrere il pensiero originario, siamo tutti figli e figliastri del pensiero greco e abbiamo una diversa cognizione del sovrannaturale e del trascendente rispetto allo scrittore biblico e diversa relazione tra il simbolo e l’immagine evocativa che lo rappresentano, soprattutto sia inadatti a comprendere il soprannaturale senza pensarlo in immagini a noi confacenti, nella discussione tutto si è complicato ulteriormente quando abbiamo sospettato che la parola keruvim nascondesse un mimetismo calcolato destinato a beffare il lettore, siamo finiti in un gioco impegnativo che come ho detto in altre occasioni non si può affrontare a mani vuote.
Cosa abbiamo concluso dopo cento pagine? :-O Che ” keruvim” è forse un trappolone semantico, una descrizione di una cosa a noi sconosciuta, una visione, una illusione, un simbolo, un filtro, un dispositivo meccanico ?

Moshè fu colui che realizzò per la prima volta l’ opera e pare che non avesse nessun dubbio, gli fu detto “[carattere=]Farai due keruvim d’oro[/carattere]”, non gli fu detto ”fatti due forme, sculture o altro a sembianza di keruvim, l’ordine era di fare due keruvim , solo successivamente vengono precisati i particolari, la posizione del volto ( da non confondere con il viso) le ali e successivi altri dettagli , il materiale da impiegare, come e dove posizionarli.
Chi costruì l’aron sapeva esattamente che cosa erano i keruvim , non li confondeva con i malachim, la confusione nasce dopo e solo successivamente vengono interpretati come angeli alati o meno, rimane da chiedersi se Moshè rabbenu avesse mai sentito parlare dei keruvim che custodivano l’albero della vita.

Un incontro ravvicinato di terzo tipo, forse anche di quarto tipo? D-o cavalca i keruvim, questo lo apprendiamo leggendo II° Samuele (12/11), Ezechiele li identifica come creature viventi con facce di leone, bue, aquila e d’uomo, quattro immagini simboliche che si complicano quando leggiamo che fornite di ali e di piedi sostengono il carro divino, le descrizioni sono associate al movimento e suggeriscono una connessione alla mobilità divina intesa nel suo divenire, e manifestarsi.
Chi ha scritto queste pagine? Ezechiele un uomo sicuramente istruito e socialmente evoluto ma che noi riteniamo un visionario ma che ha usato parole molto simili a “Lo spazio dentro a lor quattro contenne un carro, in su due rote, triunfale, ch'al collo d'un grifon tirato venne.”
Dante si ispira a Ezechiele e immagina quattro animali che circondano un carro trionfale con due ruote trainato da un grifone che porta il giogo sul suo collo, le due ali del grifone si ergono tra la lista luminosa al centro e le altre tre da ciascun lato, salendo tanto in alto da non essere viste, l'animale ha delle parti da uccello di colore dorato, altre di colore bianco e rosso.(qui ho copiato !) :YMAPPLAUSE:
Tra questi viene a collocarsi un carro trionfale a due ruote (la Chiesa, che poggia sull’Antico e sul Nuovo Testamento), tirato da un grifone con le ali tese verso l’alto, con la testa e le ali dorate e le altre membra di un colore misto di bianco e rosso (Cristo nella duplice natura umana e divina), alla destra del carro danzano tre donne vestite di bianco, verde e rosso , (fede, speranza e carità, le tre virtù teologali), mentre alla sinistra vi sono altre quattro donne vestite di color porpora (le virtù cardinali: giustizia, fortezza, temperanza e prudenza, raffigurata con tre occhi). Vi sono infine due vecchi, uno vestito da medico (gli Atti degli Apostoli), l’altro da guerriero con una spada luminosa in mano (le Lettere di san Paolo), e quattro personaggi di umile aspetto (le Epistole di Giacomo, Pietro, Giovanni e Giuda). La processione allegorica è chiusa da un vecchio solo, che rappresenta
l’Apocalisse* di san Giovanni. (fonte Accademia. Edu).
Nessuno ha avuto difficoltà a interpretare Dante in chiave teologica, lo stesso Dante scriveva in chiave teologica, anche per lui nessuna difficoltà.

Ho scritto che le descrizioni delle creature celesti che appartengono alla visione di Ezechiele appaiono in una forma dinamica legata al movimento e connesse al manifestarsi di D-o nella sua Gloria, gli attributi divini che esprimono il senso dell’azione , non si può non notare che la radice krv è connessa a rkv, keruv e rakav confluiscono in merkevàh, il carro celeste.
Abbiamo keruvim statici e keruvim dinamici , le due immagini sono evocative e sovraccaricate da significati aggiuntivi comuni, come la condizione di non poter essere visibili direttamente, i keruvim del tempio sono celati all’interno e nascosti dalla nuvola che li attenua in certi momenti, sappiamo che un solo uomo, il Cohen Gadol li poteva scorgere sul kapporet nel giorno del Yom kippur , esiste una relazione tra kippur e kapporet , non solo sono semanticamente connessi ma rappresentano il senso di “copertura” e nascondimento.
Che cosa doveva nascondere.
Allora i keruvim vanno reinterpretati, sono tutto sommato figure sobrie che diventano importanti solo quando capiamo che la loro funzione è connessa allo spazio che occupano e quello che delimitano attraverso la posizione simmetrica sui bordi del kapporet , la loro posizione è forse una chiave di lettura del loro ruolo ma con qualche distinguo, ma facendo innanzitutto attenzione a non confondere la parola viso, volto, con faccia, l’espressione pne’i, “facce” in (Shmòt 25/20) esiste solo nella forma plurale che non si può rendere al singolare, prima ancora abbiamo letto “u-pne’ hem, “(Shmòt 25/20) , “e le loro facce”, “ queste parole sono connesse con un’altra importante espressione “panim el panim” “faccia contro faccia “ quando Moshè parlava con D-o (Shmòt 33/11) parole che sono di notevole ambiguità linguistica, a riguardo si è scritto molto, anche in questo forum , non è il caso di ripetersi, voglio solo sottolineare che questa espressione è un semitismo biblico che ha il suo aspetto teologico nella rivelazione divina come misurazione di prossimità, cioè la distanza tra l’intelletto dei profeti e quella del D-o vivente, l’espressione “panim el panim” rappresenta il minimo di questa distanza che consente speculazioni ad effetto e aspetti teologici unici, anche se questo è in apparente contraddizione con quello che è anche scritto “Non puoi vedere il mio volto, perché l’uomo non può vedermi e vivere”(Shmòt 33/20) , affermazione in aperta antinomia con Shmòt 33/11 “E il Signore parlava a Moshè faccia a faccia come parla un uomo al suo prossimo”
In realtà l’espressione di Shmòt 33/20 ויאמר לא תוכל לראת את-פני כי לא-יראני האדם וחי
E disse [a Moshe] non potrai vedere la mia faccia poiché non vedrà l’uomo e vivrà”
Sono fuori tema.
Quindi esiste una relazione distanziale tra i volti dei kheruvim e quello di Moshè che parlava con D-o , quanto era questa questo spazio, sappiamo che essi lasciavano uno spazio libero dove la voce sorgeva , la posizione dei loro bordi estremi del volto è come una cornice in attesa del dipinto, sappiamo anche che quando re Salomone ricostruì il Tempio vennero stravolte le misure dei keruvim , la stessa realizzazione dell’opera appare del tutto diversa dal disegno primario, nonostante queste diversità vennero mantenute le condizioni di separazione e la delimitazione di questo spazio, parochet e masach sono presenti in entrambi i templi, il velo è un dispositivo per l’occultamento, come nella visione di Ezechiele le facce delle chajòt sono velature, come le ali che sostengono il trono divino e coprono le creature stesse, Ramban conclude che i keruvim posti sull’arca rappresentano quelli delle visioni di Ezechiele:”Poiché Egli aveva comandato che i cherubini stendessero le ali in alto, ma non aveva detto perché dovevano essere fatti del tutto, e quale funzione avrebbero dovuto servire nel tabernacolo, e perché dovevano essere in quella forma, ora disse “ e metterai la copertura dell’ Arca con cherubini, poiché sono uniti “sopra l’arca” e nell’arca metterai la Testimonianza che ti darò, cosi cha sia per me un trono di gloria, perché là incontrerò te e farò dimorare su di loro la Mia gloria,” e parlerò con te dall’alto del kapporet, tra i due keruvim, poiché essa è l’arca della Testimonianza”
“I keruvim non sono oggetti di adorazione e neanche troppo menzionati nella tradizione ebraica, la stessa liturgia ebraica ricca di citazioni bibliche tratte dal Tanach è sobria nel nominare il keruvim , vengono menzionate più volte le altre figure angeliche.
שבח נותנים לו כל צבא מרום תפארת וגדולה שרפים ואופנים וחיות הקדש
Gli rivolgono elogi, gloria e grandezza i Serafini, gli Ofannim e i santi Chaiòt “, (fonte ספר תפלה )
I keruvim non sono malachim ne serafim , non parlano e non compiono azioni umane, come ruote di una macchina che nessuno nota, anche quando la macchina si muove, le ruote portano la macchina o la macchina porta le ruote.
Shabbat Shalom
Noiman
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Maurizio1
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Re: I cherubini.

Messaggio da Maurizio1 »

bgaluppi ha scritto:Il problema è che la traslitterazione in italiano è ambigua, perché in italiano il cherubino è un angelo.
La traslitterazione non l'abbiamo solo in italiano, ma praticamente in tutte le lingue e quel tipo di definizione anche.
Se apri una bibbia inglese leggerai "cherub", una francese leggerai "chérubin",tedesco"cherub",spagnolo"querubìn".
Nei dizionari di tutte le suddette lingue, puoi scommetterci, leggerai che per cherubino (o termine simile che abbiano usato) si intende creatura angelica, sovrumana, spirituale o mitologica.
Quindi, una cosa e' sicura, non c'e' nessun approccio caratteristico della lingua italiana nel tradurre questo termine, quindi nessun problema del tipo che tu supponi.
Caso mai puoi dire che TU trovi ambigue le definizioni dei vocabolari (di tutto il mondo?) ma questo dipende dal semplice fatto che da buon Besasea follower, ormai ti sei fatto la convinzione che la bibbia non usa il termine keruv per riferirsi a essere celesti a meta strada tra l'uomo e Dio.
Traducendo così, si fa dire al testo che il re di Tiro è paragonato ad una creatura sovrumana semidivina, cosa che il testo non dice affatto.
No. Quello che vuol dire il testo ce lo hanno detto coloro che lo hanno commentato.
Leggendo solo la traduzione, noi semplicemente prendiamo atto che il traduttore ha incontrato,sin da subito, un termine ebraico che (secondo il suo giudizio) non aveva corrispondente nella lingua di destinazione.
Da li ,nella storia, la palla e' passata a coloro a cui e' spettato l'onere di commentarli i testi.
E' a loro casomai ,(compreso Giuseppe Flavio che non aveva bisogno di traduzioni) che devi imputare la responsabilita' di avere diffuso l'idea che il termine si riferisse a creature sovrumane.
I commentatori nella storia hanno avuto tutto il tempo che gli serviva per dirci cosa significava tale termine e confermare se la scelta della traduzione di ricorrere a un prestito linguistico si rivelava azzeccata o meno.
Quello che noi troviamo nella definizione di cherubino nei moderni dizionari non dipende dalla scelta antica di come e' stato tradotto il termine, ma dalla tradizione religiosa,dai commentatori,dagli storici, e in ultima istanza dal contributo degli studi accademici di epoca recente.
...cosa che il testo non dice affatto.
Be il testo non si impegna mai nel dirti chiaramente cosa sono i cherubini, tutt'al piu' ti fornisce qualche indizio per fartelo capire. Poi ognuno dopo avere esaminato attentamente il contesto fa la sua scelta.



Se il traduttore avesse voluto evitare di tradurre keruv (cosa peraltro non comprensibile, perché il termine è traducibile in quel contesto), avrebbe dovuto lasciare keruv,
come si può fare con Gn 1:1, ad esempio: “Nel principio Elohim creò i cieli e la terra”.
Perche dici lasciare? Aveva forse il traduttore gia pronto il termine ,esattamente come l'hai scritto tu, da qualche parte?
Abbandonando i caratteri ebraici per sostituirli con quelli di un altro alfabeto (traslitterazione) ci si trova giocoforza davanti a delle scelte.
Dipende as esempio dal traduttore decidere se scrivere Keruv o cheruv a seconda per esempio dalla presenza o meno della K nella lingua di destinazione.
Dipende anche sempre dal traduttore se optare per kerub o keruv a secondo di come legge la beth.
Trascurando l'approssimazione della Beth resa con "b" (come del resto viene fatto per le parole Eber o Abramo) ,l'inserimento delle vocali finali , e il singolare adattato dal plurale come nelle parole (beduino,beduini) le parole (cherubino/cherubini) sono ottenute sostanzialmente per traslitterazione.
Nell'antichita' era piu difficile che in caso di prestito linguistico i vocaboli non subissero almeno quell'adattamento minimo per rendere la pronuncia piu' agevole nella lingua di destinazione.

Ma, di nuovo, non ce ne sarebbe stato il bisogno, perché keruv è traducibile, come potrebbe mostrare Besasea.
Besasea fa semplicemente la sua proposta di traduzione, ma questo non significa che dobbiamo riternerla corretta a priori,
Dal mio punto di vista,prima di considerare lecito il poter tradurre "cherubino" con "re" bisognerebbe domandarsi come mai il Tanach quando parla del faraone d'Egitto o di tutti i piccoli re che hanno tentato di ostacolare il passaggio nel deserto non succede mai che venogono chiamati keruvim, che non leggiamo che gli Israeliti andarono da Samuele a chiedere un keruv, che Saul, Davide ,Salomone o qualcuno dei 40 re tra Giuda e Israele fossero mai stati o chiamati da qualcuno Keruv, insomma non viene usato tale termine una sola volta a fronte di migliaia di occasioni in cui necessita di un termine col significato inequivocabile di re.
Se keruv fosse sinonimo e quindi alternativa possibile a melek, io mi aspetterei di vederlo comparire almeno qualche volta nel Tanach, tieni conto che meleh ricorre quasi 2000 volte.

Una nota: Isaia non parla di Lucifero, oltretutto come nome proprio, ma di “portatore di luce”, che è un titolo che si addice al re, come “figlio dell'aurora”. Anche i re pagani erano chiamati con questi epiteti. Lucifero è una traslitterazione dal greco al latino, da cui origina il medioevale personaggio Lucifero, non biblico.
Il mio riferimento al brano di Isaia non era per dire che anche il termine Lucifero indica una creatura spirituale, ma soltanto per evidenziare come spesso la Bibbia ami prendere un po in giro la pretesa umana di elevarsi al di sopra degli altri uomini pretendendo da essi di essere onorati quasi fossero divinita'.
Le invettive canzonatorie ironiche a seconda del grado di ironia possono assumere questi toni:
"Ma come, non eri l'uomo piu' potente del mondo? Come mai hai fatto questa fine?"
oppure:
"Ma come non eri un essere divino? Come ti sei potuto ridurre cosi?
La Bibbia vuole fare capire che quando un uomo raggiunge un livello superiore a tutti gli altri uomini e semplicemente perche Dio lo ha permesso.
Magari faceva comodo a Dio che per un determinato tempo fosse cosi perche faceva parte dei suoi piani di intervento nella storia.
Ritornando al re di Tiro e' fondamentale leggere bene il contesto e capire che gli viene detto "tu eri cherubino posto sul monte Santo."
E' un po come dire Dio aveva permesso che raggiungesse livelli di potenza che normalmente (nell'immaginario arcaico di quel popolo) erano riservati a quelle creature considerate piu' vicine a Dio e al di sopra degli altri uomini.
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Maurizio1
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Re: I cherubini.

Messaggio da Maurizio1 »

come nella visione di Ezechiele le facce delle chajòt sono velature, come le ali che sostengono il trono divino e coprono le creature stesse,
Una domanda per Noiman (ma che non e' preclusa a nessuno):
Con questa affermazione si intende dire che quando Ezechiele riferisce di vedere delle facce e delle ali in realta' non sta vedendo parti anatomiche?
Sono i lettori o gli interpreti meno esperti che pensano si parli di parti anatomiche perche' sottavalutano il largo campo semantico di tali termini?
Ma allora se Ezechiele non vede nessuna parte anatomica in base a cosa puo dire di scorgere delle creature viventi?
noiman
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Re: I cherubini.

Messaggio da noiman »

Ciao Maurizio, in attesa che Antonio risponda o Gianni, provo a riprendere la discussione , vedo che ti sta molto a cuore, tuttavia non puoi fare meno di notare che ci stiamo ripetendo , fa lo stesso :-) …..provo a risponderti per quello che è la mia competenza in materia, ti ricordo ancora che prima che tu introducesti questa discussione dissi che non mi ero mai posto il problema di cosa fossero esattamente i keruvim, adesso costretto a stare al passo con tutti voi ….( mi pare che siamo rimasti solo noi due :-O ), ho dovuto cercare qualche risposta e ulteriori approfondimenti uscendo dagli schemi prefissati .

L’origine dei termini, keruvim,malachim, serafim, ecc. sono connessi con una precisa visione teologica nata nell’ebraismo biblico e poi estesa al cristianesimo soprattutto in quello apocalittico, all’inizio non fu così, le manifestazioni teofaniche trovavano il loro spazio naturale all’interno della mistica ebraica che a sua volta traeva ispirazione dalla scrittura.

Quando fu necessario tradurre le scritture in altri idiomi non si è sempre trovato nelle lingue di destinazione una collocazione con significato preciso, “ il pompiere” è diventato “il guardia fuochi”, non si poteva rendere con una sola parola un concetto complesso come il manifestarsi divino, forse neanche Giuseppe Flavio che si intendeva di guerre conosceva direttamente l’immagine dei keruvim dentro il tempio perché non gli era concesso di entrare, il buon Giuseppe Flavio però sicuramente conosceva il libro di Shmòt che ne dava la descrizione e anche i libri successivi, forse fino a questo punto penso che possiamo essere d’accordo,
scrivi:
Se apri una bibbia inglese leggerai "cherub", una francese leggerai "chérubin",tedesco "cherub",spagnolo"querubìn ," è ovvio che la parentela linguistica ha determinato questo effetto semantico, i vocabolari dovrebbero tradurre e interpretare meno,

Quanto poi possiamo stiracchiare una radice trilittera come questa alla ricerca di altri significati connessi?
Bisogna essere prudenti nelle estensioni semantica rischiamo che poi non sia cosi, c’è differenza tra suono e carattere scritto, hai citato la “bet” con e senza daghesh leggero, se ci affidiamo al solo aspetto acustico anche la parola “karov”tradotto come “prossimo” potrebbe essere simile a keruv, anche se קרוב, non è scritta con la כ, ma con una ק, si può anche dire che nessuno che conosca l’ebraico si possa ingannare e credo che sia cosi, ma avete mai sentito gli ebrei spagnoli quando leggono diversificare la “samekh” dalla “sin” o/e dalla “shin”.

Non si traduce quello che non si comprende, nel caso delle presenze angeliche il vocabolario è diventato un bestiario, allora perché a questo punto non traduciamo anche il tetragramma, quando gli ebrei incappano in queste quattro lettere, mica pensano di leggerlo. No! lo contemplano come un quadro del Botticelli, avete mai sentito parlare di immagine acustica? Poi se capita di trovare il tetragramma preceduto (o raramente seguito) dalla parola Adonai scritta per intero, allora il tetragramma deve essere letto”Elohim” per non pronunciare due volte “Adonai” , esempio Isaia 65/13 dove si legge “Adonai Elohim”.
Ezechiele vede con gli occhi o con l’intelletto, tramite l’estasi o l’allegoria? Questa potrebbe essere la domanda, Ezechiele ligio al monoteismo ebraico ha descritto la gloria divina attraverso una struttura organizzata, il carro celeste, identificando una serie di creature dinamiche identificate in kavod, …..forme nelle forme, il toro, l’aquila, il leone e infine l’uomo, il resto della visione sono i bulloni che tengono insieme il carro
Rimane da chiarire se il “vedere” è tramite gli occhi o attraverso uno stato estatico, la visione è reale o allegorica?
La visione divina nel monoteismo ebraico si deve moderare fino a confondere il lettore, D-o si fa vedere solo di schiena attraverso il buco di una serratura , Egli passa veloce a meno di un centimetro dalla serratura , scopriamo pure che nella toppa della serratura vi è la chiave.
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Re: I cherubini.

Messaggio da Gianni »

Dopo tanto dire, credo che scriverò uno studio completo sulla parola כְּרוּב (kerùv). :-)
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