I profeti non parlavano forse per conto di Dio? Sono chiamati infatti "bocca di Dio". Hanno predetto l'avvento dell'era messianica e di un re vittorioso certi che fosse Dio ad ispirarli a parlare. Ma se quell'era messianica e quel re non giunsero mai, devono forse essere ritenuti dei bugiardi? Certamente no, perché il loro scopo era un altro, scopo che hanno raggiunto perfettamente: quello di esortare Israele a restare saldo alla sua legge e al suo Dio, a tener duro durante i periodi difficili dell'esilio, in vista di una futura ed imminente retribuzione.quando uno crede di essere il figlio di Dio e parla da se stesso, e dice che invece lo ha mandato il Padre e che riferisce tutto quello che gli dice il padre e poi non è vero
Gesù, a suo modo, fa lo stesso. In un tempo molto travagliato per Israele, che dopo il periodo di indipendenza degli Asmonei si vide il territorio venir occupato di nuovo da un altro esercito, quello dei Romani, l'attesa messianica era fortissima tra tutti i gruppi religiosi. Gesù agisce all'interno di una determinata mentalità religiosa.
Poi bisogna calcolare che non tutto quello che leggi potrebbe essere farina del sacco di Gesù. I Vangeli, se letti come testi appartenenti ad autori umani diversi, riportano le tradizioni ereditate con parole diverse. Matteo non è simile a Marco, Marco non è simile a Luca, né Luca è simile a Giovanni; Giovanni non è simile a nessuno dei precedenti, né a Paolo, e Paolo non è come Giacomo etc. Siccome ciascuno di questi autori è diverso, non è corretto pensare che vogliano dire tutti la stessa cosa. Alcuni esempi concreti:
In Marco, Gesù vive il sacrificio di sé in modo angoscioso; dice ai discepoli di essere "triste sino alla morte", prega per tre volte di essere esentato da quel calice, è sempre silenzioso nel cammino verso il Golgota e nel momento prima della morte urla "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato".
Luca aveva a disposizione questa versione marciana, ma la modifica profondamente. Il passaggio sul turbamento di Gesù è eliminato; nella preghiera, chiede una sola volta che il calice gli sia allontanato e premette "se vuoi"; durante il tragitto verso il Golgota, non è silenzioso ma trova tempo per parlare ed insegnare; durante la crocifissione, non resta muto come in Marco, ma chiede a Dio di perdonare i responsabili "perché non sanno quello che fanno"; sulla croce continua a parlare con sicurezza e serena consapevolezza e dice ad uno dei ladroni che oggi sarebbe stato con lui nel Paradiso; nel momento della morte, non grida come in Marco le parole di sofferenza del salmista, ma dice con serenità "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito".
Ora, questi due Gesù non sono conciliabili in un unico "superracconto"; Marco presenta un Gesù molto diverso da Luca, e Luca, che scrive dopo e conosceva Marco, lo modifica seguendo una sua teologia personale. Le stesse cose accadono in Mt e Gv. È necessario che il lettore si renda conto di questa cosa, invece di pensare che i Vangeli dicano le stesse cose o presentino lo stesso Gesù. Certe frasi sono le stesse o possono essere armonizzate, ma Gesù non poteva essere burbero e duro e allo stesso tempo sereno e distaccato, oppure non poteva essere il Figlio dell'Uomo giudice implacabile e allo stesso tempo il Figlio di Dio misericordioso. Non poteva essere triste fino alla morte e disperato per il suo destino e allo stesso tempo distaccato e conciliante.