Interpretazione delle Scritture Ebraiche

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bgaluppi
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Auguri! :YMPARTY:
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Per Stella....... navigavo una volta, ora molto meno……anche se possiedo ancora una barca che usano tutti meno il sottoscritto che paga i conti….. :-(

La rappresentazione ha inizio con la creazione di figure umane, che noi riteniamo come anime incarnate nella dimensione materiale, il numero di queste anime non è citato, ma nel suo contrario la singolarità è predominante.

ויברא אלוהים הת האדם בצלמו בצלם אלהים ברא אתו זכר ונקבה ברא אתם
E Dio creò l’uomo a Sua immagine, lo creò a immagine di Dio; creò maschio e femmina”. (Bereshit 1/27)
Il significato delle parole sono ancora alla ricerca della giusta interpretazione, non è scritto che fu creato un solo essere, ma neanche due esseri, come l’uovo che è uno ma contiene tuorlo e albume. Adamàh “il terroso”, come ama definire Gianni non appartiene al numero, come la terra che è ovunque , da cui viene creata una forma che nella descrizione è assolutamente generica, anche se leggiamo che è stata fatta a immagine e somiglianza.
L’immagine è una sola, le somiglianze sono plurali e infinite quanto più ci allontana dall’immagine.
Ecco perché non si può prendere queste parte del racconto nel senso assoluto letterale.
L’insegnamento è profondo, gli individui muoiono ma la specie sopravvive.
Poi leggiamo che viene estratta Chavàh, la donna. La parola vuole dire “vivente” il senso della maternità e della fecondità …… una donna sola ? oppure come le uova dello storione che sono milioni ? Ci si può a questo punto preoccupare se il letto di Adamo è di buon legno?
Poi leggiamo di Khaìn, …… la storia prosegue

Adamàh e Chavà sono messi in confronto alla morte che la condizione base della materia nel regno di Malkut, ma essi si riavvicinarono , per la prima volta si parlarono, il testo scrive che Adamàh conobbe sua moglie, אשתו ותהר ותהר ותלך את קין והאדם ידע את חוה, la parola ebraica דעת , “daàt” “conobbe “ ha un significato più ampio di quello che esprime la traduzione, non si trattava di sola conoscenza fisica, ma di un qualche cosa di più.
Tramite la loro condizione diedero inizio alla vita, adempiendo anche loro al comandamento “crescete e moltiplicatevi”.
Tutto preordinato? Il Midrash suggerisce:
Parola di Rabbi Shimon : Tutto, quaggiù è ordinato secondo il pensiero celeste. Il filo d’erba spunta soltanto perché lassù , un angelo lo sprona e gli dice: spunta, perché questa è la volontà di Dio”.
Quando ci fu la caduta, le lettere della Torah dovettero assumere una dimensione materiale adatta al mondo di Adamo, un esempio è contenuto in Dvarim (deuteronomio), dove leggiamo la proibizione di portare vesti con fili di lana mischiati a fili di lino, la Torah celeste non poteva ancora contenere questo divieto, il corpo di Adamàh nel Gan Eden era rivestito di una luce spirituale , questo divieto non aveva ancora senso.
Le parole scritte nella Torah che possediamo sono :שעטנז צמר ופשתים,”sha’atnez tsemer u-fishtim” , che significa “ lana e lino tessuti insieme”, ma le consonanti erano in un altro ordine e poteva essere scritto:” satan-az metsar u-tofsim” il cui significato era un avvertimento per Adamàh affinché non sostituisse la veste originaria di luce, con quella di pelle. (Sholem).

Il pensiero è molto forte, la Torah è scritta con le stesse lettere di quella celeste, ma la loro disposizione è destinata a questo mondo, solo che la storia che viene narrata è diversa, solo con l’avvento del Messia le lettere cambieranno ancora una volta la loro disposizione e potremo leggerla in un altro modo.
la mia parola è come fuoco e un martello che frantuma la roccia” dice Geremia . Le schegge che si formano sono altre parole e che portano a altri significati, le parole rinascono di nuovo in 70 volti in un messaggio diverso con contenuti e rivelazioni diverse.


Khàin e Hèvel erano forse fratelli gemelli, in Bereshit è scritto che Adamàh conobbe sua moglie ed essa rimase incinta, partorì Khàin, poi leggiamo che partorì suo fratello Hèvel, non è scritto che rimase di nuovo incinta.
Il testo è poco descrittivo,
ויהאדם ידע את-חוה אשתו ותהר ותלדאת-קין ותאמר קניתי איש את-יהוה

L’uomo conobbe Chavà sua moglie ed essa rimase incinta, generò Khaìn e disse:ho acquistato un uomo con Il Signore” (Bereshit 4/1) viene menzionato solo Khaìn, nel versetto l’autore utilizza un gioco di parole קניתי “qà niti” “ho acquistato “ proviene dalla stessa radice קין, “acquistare” , con il senso di merito, quasi una attribuzione causativa.
I due fratelli sono nati lo stesso giorno, eppure Chavà menziona solo il primo nato, il testo è ancora interpretabile, קין “Khaìn” nasce con l’aiuto del Signore, del fratello Hevel viene solo detto che nasce dopo.
Potrebbero essere gemelli, oppure generati da ovuli diversi, anche la fase temporale è poco chiara.
Possiamo immaginare, una madre unica, due ovuli fecondati da padri diversi?
Quali sono questi padri? Quale significato dare alla frase:” Ho comprato un uomo con il Signore”? A parte il pensiero ebraico, l’immaginazione si è scatenata in una serie di ipotesi, compresa quella che considera Khàin è figlio del serpente.
Il Vangelo di Giovanni ne fa un breve accenno dove è scritto: ”Voi siete progenie del diavolo, ch’è vostro padre, e volete fare i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin dal principio e non si è attenuto alla verità, perché non c’è verità in lui”
(Giovanni 8/44).
L’apostolo che conosceva bene le tradizioni e il pensiero ebraico contemporaneo non ha fatto altro che riportare il pensiero di una tradizione orale , sicuramente discussa nell’ambiente farisaico.

In realtà la parola ebraica הבל “Hevel” significa “ soffio”, “ vapore”, quasi ha voler anticipare la sua breve esistenza.
Nelle disgrazie che seguiranno sarà solo Khaìn a vivere , è significativo che viene menzionata in seguito tutta la discendenza di Khàin fino a Lèmech, la scrittura è assolutamente reale , anche se Khaìn il padre di tutti gli assassini del futuro appartiene alla storia, questo significa che la sua discendenza deve essere ricordata, anche se vale il detto che “i figli hanno i denti legati a causa dei padri”
In Bereshit viene anche menzionata la discendenza di Adamàh, dopo che esso conobbe ancora sua moglie, qui il testo fa una introduzione :
Questa è l’enumerazione della posterità di Adamo . Quando Dio creò l’uomo lo fece a somiglianza di Dio, Li creò maschio e femmina, li benedisse e diede loro il nome di Adamo, nel giorno che furono creati.” questa precisazione sembra suggerire un ulteriore distacco dalla discendenza di Khaìn, come si volesse fare un distinguo tra le due discendenze.
Adamàh a cento e un anno genera un figlio, Seth, ancora una volta il testo si ripete : “generò un figlio a somiglianza e immagine propria e gli pose il nome Shet” anche per Shet viene menzionata la sua discendenza fino a Chanòch, (Enoc) , il decimo nella discendenza di Adamàh.
I numeri assumono speciali significati, l’intervallo di dieci generazioni lo ritroveremo in seguito.
La tradizione interpreta il nome, dopo aver trasgredito Adamàh perde la cognizione della lingua del Santo, tutte le lettere si ritirarono da lui , rimasero solo le due ultime lettere la ש la ת ma scritte in senso inverso e generano in nome di Shèt .
Questo fu concesso affinché si mantenesse ancora il collegamento con il mondo di sopra, e fu dunque שת “Shet” attraverso il suo nome a garantirne la discendenza dei giusti per il mondo terrestre.
In questo lungo elenco viene indicato anche quanto essi vissero.
Tutto il racconto e costruito da poche frasi, ricche di sottintesi e dense di significati che richiedono l’interpretazione.
Shalom
Noiman
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Le mescolanze.

Quello che chiede mimymattio è un argomento molto complesso, non entrando nel dettaglio di questa mitzvà posso fornire una piccola spiegazione.

בגד כלאים שעטנז לא יעלה עליך
ed una stoffa tessuta in due specie diverse, detta Shatnez, non venga indossata da te” (vayiqrà 19/19) (levitico)
לא תלבש שעטנז צמר ופשתים יחדיו “ Non indosserai vestiti shatnez, lana e lino tessuti insieme” (Dvarim 22/11) (deuteronomio).
La parola “shatnez “ significa “ibrido”, il risultato dell’unione di due specie diverse.
Questo divieto di mischiare cose diverse è profondamente indicato nella Torah, questo vale per i semi dei campi e per la riproduzione degli animali.
I divieti sono diversi: Kil’ei Behemà sono gli ibridi tra le varie specie di animali. La Torah vieta di ottenere ibridi tra animali di specie diversa.
Kil’ei ha-sadè, kil’ei ha-Kerem “sono anche gli ibridi ottenuti attraverso la semina del campo con diversi cereali.
Kil’ei be‘gadìm shatnez” sono gli ibridi degli indumenti , è vietato di mischiare lino e lana, cioè il prodotto animale con quello vegetale, il divieto intende anche parti cucite in un vestito di materiali diversi, ma non è vietato la sovrapposizione degli stessi, esempio la camicia in lino e la giacca in lana.
Si può indagare a lungo sul perché di questo proibizione, tuttavia anche gli ebrei più osservanti non cercano di spiegare questa mitzvà, ma anzi trovano essenziale e quasi piacevole osservare il precetto che adempie alla volontà di D-o.
Ramban sostiene che queste mizvòt a cui non troviamo spiegazione hanno una loro spiegazione ma che non è stata rivelata.
Tuttavia le interpretazioni non mancano, Nachmanide osserva che dare origine a una nuova specie contraddice il Signore che volle fin dall’inizio le specie divise.
lino e lana sono fili che si possono mischiare con facilità, una proveniente dal mondo vegetale e una dal mondo animale, anche le loro proprietà sono opposte.
Il lino respinge il sudore, mentre la lana che è di origine animale lo assorbe.
Lana e lino non possono essere mescolati perche essi rappresentano “bontà” e “giustizia” che non possono essere ne confuse ne mischiate , solo nel sacro è permessa questa unione perché esso appartiene ai mondi superiori
Eppure questa proibizione va interpretata, la Torah vieta di mischiare lana e lino, ma nel talled è concesso che lo zizzit contenga il lino, aggiunge rav. Dessler:
Secondo Ridbaz la mescolanza è negativa quando non è completezza, ma quando sono in completezza, allora sono abito di mitzvà, e per questo tale mescolanza e permessa per lo zizzit.Il lino ricorda la misura della giustizia che era la misura di Kain, e per questo offri del lino, e la lana simboleggia la bontà che è la forza di Evel

Gli abiti del Coen Gadol sono “Shaatnez” anche il Parochet la tenda del tempio era tessuta con lino e in alcune parti con la lana, l’insegnamento è solo D-o nella sua potenza creativa può rivedere la sua creazione.
Il divieto della mescolanza appartiene a un pensiero che vieta all’uomo di imitare D-o nella creazione, attraverso la manipolazione delle specie è possibile creare nuove creature che secondo il pensiero antico andavano a contrastare l’opera originale del creatore che ad un certo punto considerò l’opera conclusa e perfetta.
I divieti sono molteplici, come quello di non aggiogare insieme l’asino e il bue affinché essi non si uniscano , nello stesso tempo questo è anche un atto di misericordia verso due animali così diversi da non potere lavorare insieme.
Rav.Moshè Somekh in un suo studio pone delle interessanti osservazioni che voglio riportare integralmente:
Da’at Zeqenim (a Devarim): il divieto di indossare lana e lino è stato voluto da H. per evitare che gli uomini riproducessero per se stessi ciò che invece era prescritto negli arredi del Mishkan: la Parokhet era infatti confezionata di lana e lino. Il divieto sarebbe dunque parallelo a quello relativo all’incenso aromatico (qetòret), la cui riproduzione a fini profani è infatti proibita dalla Torah (Shemot 30, 37-38).

Recanati: Colui che indossa mescolanze come lo sha’atnez (< satan ‘az) unisce insieme due forze del male che H. ha voluto separare affinché non portassero a livello di coscienza le trasgressioni di Israel. Il divieto di sha’atnez è connesso con il Midrash sull’episodio in cui Qayin e Hevel hanno voluto recare un’offerta a H. Qayin recò “del frutto della terra” e il Midrash commenta che si trattò di lino; Hevel recò “dei primogeniti del suo gregge e del loro grasso” e il Midrash afferma che si trattò di lana. L’accettazione da parte di H. del dono di Hevel e il Suo rifiuto del dono di Qayin portò al primo fratricidio nella storia dell’umanità. Da qui si evince che lana e lino simboleggiano due elementi inconciliabili.
Bereshit 4,2-8: …Hevel era pastore di greggi e Qayin lavorava la terra. Dopo un certo tempo avvenne che Qayin recò a H. un’offerta dai prodotti del terreno. Hevel portò anch’egli dai primogeniti del suo gregge e dal loro grasso. H. mostrò di gradire Hevel e la sua offerta, mentre non mostrò gradimento per Qayin e la sua offerta. Qayin si irritò molto e il suo volto era abbattuto… Qayin si levò contro suo fratello Hevel e lo uccise.
Midrash Tanchumà, Bereshit, 9:
Qayin recò… dai frutti della terra”, dall’avanzo del suo cibo".
I nostri Maestri dicono che erano semi di lino. Hevel “recò anche lui dai primogeniti del suo gregge e dal loro grasso”, perciò è stato proibito di indossare lana e lino.” Tratto da ( Mescolanze proibite, da un Commento alla parashàt Mishpatim 5776).

L’osservanza di questi precetti è ha garanzia che il cosmo e tutta la materia rivelata mantenga l’aspetto che il Santo ha voluto dare nella sua opera creativa , questo implica che esiste una profonda relazione e corrispondenza tra i mondi superiori e quelli inferiori, questo rapporto è stabile e riconosciuto da entrambi le parti, ogni azione che avviene nel nostro mondo materiale ha implicazioni nel mondo superiore, addirittura è contemplata la possibilità che i meccanismi che inducono un seme o una pianta a crescere sulla terra riceva l’istruzione dal mondo superiore.

Le due emanazioni, quella superiore e quella inferiore sono profondamente connesse in pace e in equilibrio, il concetto di mescolare arbitrariamente variando gli equilibri stabiliti significa distruggere o alterare profondamente l’equilibrio raggiunto.
La stessa ricerca scientifica si occupa da molto tempo di studiare le forze fisiche che mantengono questo universo , gli studi si sono già da tempo confrontati con queste energie e riconosciute fondamentali nel mantenimento di questi equilibri.
Shalom
Noiman
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Gianni
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Ringrazio Noiman per le sue interessanti (come sempre) delucidazioni.
Quando ha citato le parole di Ridbaz - “Il lino ricorda la misura della giustizia” -, mi è venuto alla mente Ap 19:8, in cui è detto che “il lino fino sono le opere giuste dei santi”. Per certi versi è emozionante vedere quanto l’idea rabbinica che collega il lino alla giustizia sia antica; era già presente nel giudeo Giovanni, che collegò alla giustizia il lino, che era già usato da più di un millennio e mezzo per gli indumenti personali (mutande, veste e turbante) del sommo sacerdote e dei sotto-sacerdoti (che avevano un copricapo al posto del turbante). - Es 28:39-42.

A proposito del divieto di indossare tessuti misti di lana e di lino insieme (Dt 22:11; cfr. Lv 19:19), è spiegato nell’Encyclopaedia Judaica: “L’abbigliamento dei sacerdoti si distingueva perché era esentato dal divieto dello shaatnez. In Esodo 28:6, 8, 15 e 39:29 è prescritto che vari capi siano fatti di un tessuto misto di lino e lana … Se ne ricava che il divieto generale dipendeva dal carattere esclusivo di tale mescolanza, riservata alla sfera del sacro”.
noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

לוחות הברית

E un po’di tempo che non intervengo più sul forum ma spesso vi leggo , oggi approfitto per scrivervi un commento alle scritture che riguarda un argomento che anche se conosciuto da tutti può ancora riservare qualche punto di osservazione inedito.

Lukot, tavole della legge.

Alcune domande , qualche risposta e considerazioni su “lukot ha-brit”, le tavole della Legge.
Israele ricevette due volte le tavole della legge, forse l’unico caso riportato nella storia dei popoli della terra.
Una domanda che ci si pone sempre riguarda il contenuto delle prime tavole spezzate da Moshè quando Israele si costruì il vitello d’oro, divinità egiziana.
Le prime tavole contenevano un testo diverso da quelle ricevute successivamente ?
Perché Moshè ruppe le prime tavole, possiamo attribuire questo gesto a una condizione emozionale di rabbia e delusione , oppure possiamo immaginare una motivazione più complessa ?

E fu ,quando Moshè si avvicinò all’accampamento e vide il vitello ed i balli, e si adirò Moshè, e mandò dalle sue mani le Tavole e le ruppe sotto il monte”.

Il Midrash interpreta :
E si adirò Moshè, e mandò dalle sue mani le Tavole”, egli voleva dire che non c’è nessuna santità e questione divina affatto tranne l’Essenza del creatore, Benedetto sia il Suo Nome.
E se avesse portato le Tavole, avrebbero sostituito il vitello con le tavole e non si sarebbero distolti dal loro errore., invece quando ha rotto le tavole videro che non erano giunti all’obbiettivo della fiducia del Signore, e nella sua Torà Pura …. Questo spiega perché le (seconde tavole) e i pezzi rotti (delle prime Tavole) sono riposti nell’Arca (Tb Bavà Batrà 14b), per insegnare che le prime che “erano opera di D-o, che Egli stesso le ha fatte (Rashi), esse sono rotte; e le Tavole tagliate da Moshè, esse sono intere! Per insegnare che non c’è in effetti nella creazione altra Santità che da parte dell’osservanza di Israele della Torà secondo la volontà del Creatore, Benedetto sia il Suo Santo Nome, il Vero Essere, il Creatore del tutto
.”
(da Meshech Chochmà) ,

Furono spezzate perché Moshè temeva che essendo le tavole scritte da D-o avrebbero potuto sostituire il vitello d’oro in una adorazione impropria , Moshè per evitare una condizione peggiore le spezzò ai piedi del monte, questa precisazione testuale precisa che questo avvenne nel luogo consacrato da D-o ai piedi del monte Sinai, molto prossimo all’accampamento di Israele .
In seguito le tavole spezzate e quelle successive non verranno più direttamente menzionate, sono sottratte agli occhi del mondo, chiuse nell’arca e nessuno , forse compreso il Cohen Gadol le poteva vedere .
Occorre ancora soffermarsi su alcuni aspetti che riguardano la distruzione delle tavole, se questo racconto fosse appartenuto alla mitologia greca o nordica, sicuramente le cose potevano andare diversamente, per volere divino attraverso qualche azione soprannaturale , la divinità le avrebbe ricomposte per poi riconsegnate nelle mani di Moshè, invece nel nostro racconto tutto questo non avviene, non si torna indietro , esse rimangono spezzate.
L’insegnamento è traversale , le lukot come materia non valgono nulla , la pietra non possiede nessuna santità anche se per toccata dal dito di D-o, l’insegnamento successivo è che si ritengono valide quelle scritte da Moshè.
La tradizione ipotizza che le prime tavole provenivano dall’albero della vita e comprendevano la redenzione di Israele, il contenuto era per un mondo redento.
In Shmot 32/16 leggiamo :

והלחת מעשה אלהים המה והמכתב מכתב אלהים הוא חרות על- הלחת
Queste tavole erano opera divina e la scrittura era scrittura scolpita di Dio.

Il pensiero rabbinico interpreta queste parole, חרות“charut ” “scolpita” può anche essere letta come “cherut ” “ libertà”.
Lo Zohar sostiene che la redenzione passa attraverso la prima coppia delle tavole,
un’altra interpretazione suggestiva la fornisce lo Sfat Emet:
Per questo quando fu ricevuta la loro teshuvà e gli furono restituite le tavole, queste furono in maniera diversa, giacché la Torà si è dovuta rivestire di midrashot ed di aggadot che sono chiamati i misteri della saggezza.
E prima era tutto rivelato nella luce che è cosa buona. E per questo sono stati scritti prima i tredici attributi che sono come le tredici regole attraverso le quali la Torà si interpreta ed è scritto nei testi che il tredici attributi sono la radice delle tredici regole attraverso le quali si interpreta la Torà. Ed è tutta una sola questione, perché prima non avevano bisogno di queste regole perché la Torà non ha fine. Ed erano attaccati alle dieci parlate. E dopo si dovettero vestire con il tredici attributi che sono strumenti attraverso i quali attaccarsi alla Torà in questo mondo
“(J.P.)

Le prime tavole provenivano dal mondo divino , quello che vi era scritto apparteneva a un progetto cosmico che non si adattava più al livello di comprensione di un popolo che era sceso nel livello materiale più basso, la deriva idolatrica di Israele e di tutti i popoli avevano compromesso il progetto iniziale che prevedeva tramite la discendenza di Israel la redenzione per tutti i popoli della terra.
La costruzione del vitello d’oro è il simbolo della nuova condizione, una tragedia nazionale per Israel.
Immaginiamo che la Torah e le sue mizvòt dovettero essere riscritte , il messaggio originale cambiò, non fu più il dito di D-o ha scrivere, la tradizione afferma che fu Moshè a scriverle con le sue lacrime e a renderne testimonianza.
C’è ancora un aspetto da chiarire che per certi aspetti sembra contradditorio, in realtà il testo biblico afferma che quello che fu scritto sulle seconde tavole erano le stesse parole scritte sulle prime tavole:
Tagliati due tavole di pietra come le prime e Sali e Sali da me sul monte e costruisci anche una arca di legno: ”Io scriverò su quelle tavole le parole che erano sulle prime che tu hai spezzato” (devarim 10/1-2).
Una ulteriore precisazione la leggiamo sempre nel capitolo 10/4-5, “ Il Signore scrisse su quelle tavole la stessa iscrizione di prima, cioè i dieci comandamenti che il Signore aveva promulgato per voi sul monte”.
Questo potrebbe essere un ulteriore argomento da sviluppare.

D-o scrive direttamente sulle tavole da Egli stesso fornite (shmot 31/18) , D-o scrive sulle tavole che Moshè ha preparato (shmot 34/1) , infine Moshè scrive di sua mano le stesse parole (shmot 34/27), ma non dobbiamo dimenticare che già precedentemente Moshè aveva scritto le parole pronunciate sul monte (shmot 24/4).
I dieci comandamenti עשרת הדברים sono citati solamente in dvarim 4/13 e 10/4, ma può essere sottinteso che fossero compresi ogni volta che avvenivano le parlate divine, nel testo ebraico oltre a דברים, “devarim” traducibile come “parlate” è accompagnato da altri termini come מצותי , חקתי, תורתי , le leggi, precetti e statuti.
Queste parole le possiamo già leggere ritrovare in Bereshit 26/5 a proposito di Avrahàm che osserva prima ancora di Israel, le leggi, gli statuti e i precetti.
La sottolineatura del “dito di D-o” è un importante riferimento antropomorfico volutamente citato nel testo a significare la santità e provenienza della legge.
La scrittura divina rappresenta una novità in un mondo dove la legge orale era prevaricante.
Shmot 31/15 e Devarim 9/10, riconducono la scrittura divina come simbolo di una alleanza vincolante tra le parti , Moshè è il testimone.
La distruzione delle tavole è il percorso inverso, una specie di riconversione della storia e della redenzione di Israel.
Moshè è da sempre consapevole della deriva idolatrica di Israele, quando scriverà tutta la legge e la consegnerà per riporla nell’aron fa una affermazione strana che spesso nelle traduzioni è omessa.
Allorchè Moshè terminò di scrivere su di un libro le parole di questa legge fino alla fine, Moshè stesso ordinò ai Leviti che portavano l’arca del Patto del Signore:”prendete questo libro della legge e ponetelo da una parte entro l’Arca del patto del Signore vostro Dio e resti là per testimonianza” (Dvarim- va-jèlech 31/26) (deuteronomio).
In realtà והיה-שם בך לעד significa “sia testimone contro di te” e questo lo capiamo anche leggendo il seguito: “poiché io conobbi la ribellione e la durezza della tua cervice, se fino a oggi , con me in vita in mezzo a voi, siete stati ribelli con il Signore , quanto più lo sarete dopo la mia morte”.

Secondo la tradizione Moshè scrisse tutta la Torah meno gli otto ultimi versi della Torah , li scrisse Jeoshua , la parte finale della parashà “Ve-zoth ha- Berachà” queste parole vengono ritenute speciali, se Moshè non poté scriverle perchè leggiamo: “ e morì Moshè” (devarim 24/5), chi le scrisse ?
Senza gli otto ultimi versi la Torah non sarebbe stata completa e noi sappiamo che un testo senza un solo segno è invalido, figuriamoci senza otto versi.
Su questa aspetto testuale che considera che Moshè ricevette tutta la Torah sul Sinai in una unica espressione e solo in seguito la mise per scritto, apprendendo il giorno della sua morte lontano da Erez Israel e le sorti di Israel è argomento intrigante.

Gli otto ultimi versi che vengono letti di seguito senza interruzioni, è uso che chi legge questa parte di dvarim è il Chatàn Torah” concludendo il ciclo di lettura è iniziato con il libro di Bereshit e terminato con il libro di Dvarim.
“ Israel” , è l’ultima parola, forse a ricordo di Moshè che non poté entrare nella terra promessa.
Una baraita ci ricorda che D-o dettava, Moshè ripeteva e poi scriveva. Per gli ultimi otto versi è mancata la fase della ripetizione prima della scrittura, perché era già con D-o.
Una altra baraità commenta : “Il Santo Benedetto Egli dettava e Moshè ripeteva e scriveva, poi fu il Signore a scrivere la fine con le lacrime di Moshè”.
La Torah fu consegnata da Moshè a Israel:

Moshè scrisse secondo la tradizione la Torah ma non poté studiarla , è suggestivo pensare che egli scrivesse notte per notte gli accadimenti separando solo le lettere.

Scusate per la divagazione.
FINE PRIMA PARTE.
Noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

seconda parte.

Una tradizione afferma che nella prima versione dei dieci comandamenti non era presente
la ט “tet” . D-o sapeva che le prime tavole sarebbero andate perse ,la tradizione afferma che con la “tet” era scritta la parola טב “tov” che significa bontà, un’altra osservazione è che nella seconda versione appaiono 17 lettere in più, 189 invece che 172 , la differenza è 17 il valore gematrico della parola “tov” scritta per esteso.
Se è stata omessa la טב , il suo valore è stato aggiunto nella seconda versione, qualcuno pensa che le tavole provenivano dall’albero della conoscenza del bene e del male, il contenuto è divenuto proibizioni e precetti negativi, contrario alla prima rivelazione che manifestava la luce e la dottrina del messia, il Midràsh narra che quando esse vennero spezzate alcune lettere fuggirono, l’elemento spirituale si ritirò e tutto dovette essere riscritto.
Moshè sale sul Sinai tre volte , vi resta 40 giorni e 40 notti, la prima volta che riceve le tavole è il 6 di Sivan, scende con le tavole il 17 di tamuz.
Il 17 è un numero ricorrente, il 17 del mese di tamuz è una data ricorrente nelle disgrazie di Israel , in questa data Moshè rompe le tavole, i romani in quel giorno violarono dopo un lungo assedio le mura di Gerusalemme , nello stesso giorno per mancanza di uomini e energie non venne consumato il doppio sacrificio giornaliero, nello stesso giorno secoli prima avviene la stessa cosa, il primo Bet ha-Mikdash viene profanato e in seguito la distruzione del santuario.
Il 17 di tamuz Noàch invia la colomba ha esplorare le terre del diluvio.

Dopo l’episodio del vitello d’oro, Moshè risale una seconda volta per invocare perdono a D-o per il peccato di Israele, poi per una terza volta sale sul Sinai per ricevere le seconde tavole, è il primo del mese di Elùl e Rosh Kodesh, scende con le seconde tavole il 10 di Tishrì , il giorno di Yom Kippur.
E’ significativo che date e numeri si incrocino e diventino coincidenti in ricorrenze e importanti momenti della storia ebraica , analizzando la storia ci sembra che questi numeri e date non sono casuali, tempo e spazio includono una geometria celeste che non siamo in grado di comprendere nella sua essenza e profondità, sappiamo che tutto questo e destinato alla redenzione attraverso la fede che include il include pentimento, la rivelazione della Torah, la caduta di Israel e il perdono sono la chiave di lettura di tutti gli avvenimenti, il giorno di Yom Kippur e Shavuòt sono il centro di tutto, viene perdonato definitivamente il peccato del vitello d’oro.

Le versioni del decalogo sono contenute in Shmot 20/2/17 e in Devarim 5/6-21
Le due versioni differenziano esistono alcune differenze, l’aggiunta al terzo comandamento, “ Onora il padre e la madre” nella nuova versione si aggiunge una benedizione , un premio condizionale a merito dell’osservanza del precetto. “affinché si prolunghino i giorni e tu abbia bene sulla terra che il Signore tuo di da”.
Non sappiamo se questa promessa era inclusa nelle tavole distrutte, ma possiamo immaginare che questa benedizione speciale è stata aggiunta nella seconda rivelazione.
I dieci precetti sono destinati a Israel per condurlo nel futuro e sostituire l’Egitto che era ancora nel cuore e nelle menti.
La legge dal Sinai non costituisce ancora la base definitiva dell’ebraismo , la semplicità e la chiarezza rimangono le caratteristiche dominanti, proibizioni e norme negative contro le degenerazioni e i costumi corrotti, regole semplici e chiare a misura di un popolo viaggiatore nomade e senza patria, solo successivamente da queste regole nascerà la Halachà.

La prima e l’ultima parola scritte sulle lukot unite insieme formano le parole אנכי לרעך “Anochì lere’ekhà “ io sono per il tuo prossimo”.

Ritorno ancora sul testo originale per un’ultima osservazione.

ויתן אל-משה ככלתו לדבר אתו בהר סיני שני לחת העדת לחת אבן כתבים באצבע אלהים
Quando il Signore ebbe finito di parlare con Moshè sul monte Sinai, gli diede le due tavole della testimonianza, due tavole di pietra vergate per opera del Signore” (Smot –Ki tissà 31/18) (esodo).
Un secondo riferimento alle prime tavole lo ritroviamo:
והלחת מעשה אלהים המה והמכתב מכתב אלהים הוא חרות על- הלחת
Queste tavole erano fatte da Dio e i caratteri incisi sulle tavole erano caratteri divini”(Shmot- Ki Tissa 32/16).
Questa è la rivelazione “Torah she-bi ktav” ,la legge scritta su due lukot di pietra, scrivere su una pietra tramite incisione assume il significato di porre dei segni sulla pietra asportando delle parti di materiale, la parola חרות“charut” “ significa “inciso “, nelle prime tavole i segni sono incisi, il contrario di una sovrapposizione di materiale che avviene con la scrittura, la parte asportata è speculare al segno inciso nella pietra, simile al negativo di una fotografia e l’opposto del positivo stampato su carta, una tradizione sostiene che il materiale estratto dalla pietra fu ricomposto in un altro testo , ricomponendo altre lettere che fissate su una pergamena che genera un nuovo testo e altri significati, non per asportazione ma per sovrapposizione, l’opposto di quello che è avvenuto sul Sinai,
Concludendo il primo testo fu inciso (chaqiqah), il secondo testo fu scritto (ketivah).

Nelle prime tavole le lettere incise non oscuravano la base come farebbe un inchiostro, le lettere emanavano una luce interiore, questo lo capiamo quando leggiamo :“tavole scritte dai due lati, sull’una e sull’altra faccia erano scritte” i caratteri divini emanavano una luce molto intensa che si distingueva da una luce più lieve emessa dalle tavole.

Una curiosità, l’espressione ככלתו, “ke-kallotò” ebbe finito (il Signore di parlare) è scritta in forma difettiva (senza la waw) , potrebbe essere letta anche come “ke-kallatò” la sua sposa, la Torah è il Matan Torah , il dono che D-o fa alla sua sposa, Israel.
Moshè prima di morire consegnò una copia della Torah scritta di suo pugno a ciascuna delle tribù, una ulteriore copia fu sigillata all’interno dell’Aron ha-Kodesh dove erano già custodite le tavole originali della legge e i frammenti delle prime.
I precetti sono cinque per tavola, nella prima definiscono il rapporti con la divinità, nella seconda regolano quelli tra gli uomini, “ben adam lechaverò”.
Ci si può anche chiedere, perché tutto non venne scritto su una unica tavola.
In questo caso non si sarebbero potute chiamare luchòt ha edùt, tavole della testimonianza, secondo la legge ebraica la testimonianza si basa su minimo due testimoni, in questo caso cielo e terra sono chiamati a essere testimoni.
La tradizione ritiene che esse fossero quadrate, 6 palmi per 6, non con forma rettangolare come vediamo nelle rappresentazioni , neanche arrotondate sul lato superiore come spesso vengono rappresentate in statue e quadri, lo spessore era di tre palmi, sovrapponendole costituivano un cubo di 6 per 6, esse riempivano completamente l’aron , da cui deduciamo le sue misure .
Shalom
Noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da noiman »

Per chiarire a tutti coloro che si sforzano di piegare le scritture conferma della propria fede, dedico poche righe al concetto di “figlio” (minuscolo) nelle scritture ebraiche.

"Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altri dei”.
Questo è simile a un re mortale che ha padre, fratello e figlio.
Disse il Santo, Egli sia Benedetto, per Me non è così.


אני-הוא אני ראשון אף אני אחרון
Anì hu anì rishon, af ani acharon
Io sono il primo”(Isaia 48/12), (che non ho padre), “e sono l’ultimo” (che non ho fratelli), “ed all’infuori di Me non esiste Dio”, (perché non ho figli),
(Shemot Rabbà 29/4)

Il tema biblico della filiazione è assolutamente connessa al suo opposto, la “paternità”, nell’ambito divino figliolanza e paternità sono relazioni quasi sempre riconducibili a Israel, la singolarità dell’individuo non viene presa in considerazione e nelle scritture ebraiche questa condizione è assai poco rilevante nel spiegare la natura divina.
Il rapporto tra filiazione e paternità è reciproco , sottolineato da espressioni per nulla ambigue come : “io vi sarò padre e voi miei figli”, figlio o figli è da intendere come il popolo ebraico e Israel.
Tuttavia le implicazioni relazionali sono complesse, in primo piano ritroviamo la disubbidienza del figlio che si allontana dal padre (nel suo significato “ collettivo”) e affronta le conseguenze disastrose di questa lontananza , misericordia e il pentimento avvicinano il padre al figlio , un padre non difende sempre i suoi figli ? questa reciprocità nel rapporto è il cemento che unisce.
Significati come “correggere” , “educare” attraverso le punizioni , perdonare le colpe e ripristinare l’ordine sono valori e significati alla base del rapporto tra il Padre e Israele, inteso come “il figlio”.
Può succedere che il nostro modo di tradurre e comprendere le scritture sia deviante, la eccessiva ricerca letterale dei significati, gli antropomorfismi e le successive suggestioni connessi alla “paternità” distorcono il pensiero originale.
Questa è un epoca difficile , i rapporti tradizionali alla base della nostra società sono stati stravolti , le famiglie si disgregano i valori tramandati generazione dopo generazione si sono liquefatti, fatichiamo a rendercene conto perché siamo stati narcotizzati al punto che è cosa normale considerare la famiglia solamente come una questione di coppia e orientamento sessuale, non importa quale e come.
Forse non ci rendiamo conto che anche nell’ambito religioso D-o viene identificato nella figura che ci manca , una specie di surrogato di quello che ci è stato sottratto e ancora di più ci allontana dai significati originali , in cerca di risposte e consolazione sovrascriviamo i significati, compreso quello di “figlio” deviando dal pensiero ebraico originale.

Il cristianesimo ha posto la religione del Figlio come unico, ultimo e incarnato, un padre celeste con un figlio celeste è argomento di forte valenza , chiave di volta del successo nel cristianesimo primitivo influenzato dal pensiero dei greci che possedevano un ricco pantheon popolato di dei padri e figli.
La separazione definitiva dall’ebraismo ha completato la separazione, l’incarnazione del figlio e la sua elevazione al rango superiore ha ridotto di molto la figura del padre, il figlio è stato incorporato nel padre tramite la filiazione e l’incarnazione, il messianismo ebraico è stato sostituito dalla nuova figura del figlio in versione salvifica .
Poi il passo successivo è stata la sostituzione del d-o ebraico con la figura del figlio, forse la assoluta impresentabilità di Elohim e il divieto totale della sua raffigurazione hanno sottratto al credente non ebreo una figura indispensabile e lasciato spazio alla seconda figura.
Per sostenere tutto questo si sono reinterpretate le scritture e sottolineato significati diversi utilizzando le traduzioni.
“Annunzierò il decreto del Signore [salmo 2/6 ] Nella Torah, nei profeti e negli agiografi si dice “Israele, il Mio figli primogenito”[esodo 4/22], nei profeti: “Ecco il mio servo avrà successo, sarà innalzato, elevato ed esaltato grandemente”[Isaia 52/13] e quello che sta scritto dopo: “Ecco il mio servo che io sostengo”[Isaia 42/1 ] Nell’agiografia: “Il Signore ha detto al mio maestro”[salmo 110/1] Il Signore a detto:” Tu sei mio figlio”[Salmo 2/7] E un altro versetto dice: ”Ho visto uno simile a un figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo” [Daniele7/13] , “Il Signore mi ha detto:”Tu sei Mio figlio”[….] “Tu sei Mio figlio “ abbiamo dunque una risposta a quanti sostengono che (Lui) ha un figlio. Rispondi loro: ”Non si dice “Ho un figlio”, ma :”Tu sei mio figlio”,è come un servo che il padrone vuole far sentire bene dicendogli: “Ti amo come un figlio” [ questa parte è in aramaico]. R. Huna ha detto:” La sofferenza è stata divisa in trè parti:”un terzo l’hanno assunta gli antenati del mondo e tutte le generazioni, un terzo la generazione della distruzione e un terzo la generazione del messia. E quando viene il suo momento il Santo benedetto dice:”Io farò una creatura nuova”. E dice: “Oggi ti ho generato”[Salmo 2/7] E in quell’ora lo ha creato
” [Midràsh trilli fog. 14b] (tratto da: Il Figlio nel misticismo ebraico - _Moshè Idel pag.129)
Il cristianesimo è divenuta “la religione del figlio”, anzi quella dell’Unico figlio”, l’incapacità di leggere le scritture originali e il peso del pensiero greco hanno isolato il significato e le finezze semantiche del termine “ben” che nel contesto ebraico includeva oltre il senso di filiazione il valore aggiunto come “costruire” .
Nell’epoca biblica la radice בן “ben” si dispiegava in tutti i suoi significati, definiva una appartenenza e una distinzione, vedi esempio i “figli della luce e i figli delle tenebre” che compaiono nei rotoli di Qumran .
Nelle cultura ebraica in epoche precristiane e anche in altre culture contemporanee era assai normale considerare il monarca o il re in carica come figlio di Dio, anche se mortali come tutti gli uomini
Tuttavia non possiamo ignorare che in ogni credente c’è la necessità di sentirsi figlio di Dio ,un sentimento che si aggiunge alla filiazione umana, il cristianesimo aggiunge la devozione al Figlio del Padre, una specie di doppia forse anche tripla filiazione, per rafforzare il concetto di Gesù come figlio di D-o si è provveduto attraverso la verginità della madre a confermare l’origine divina del figlio escludendo il padre naturale la parte corrotta dal peccato originale.
Il figlio nasce sulla terra ma il padre è in cielo, per renderlo celeste viene assunto in un concetto ancora più orientale : l’incarnazione, un passaggio indispensabile per la deificazione, il corpo viene abbandonato per ritornare solo alla fine in uno stato glorificato, aprendo la strada a coloro che attraverso questa fede lo possono imitare, espiazione e redenzione che dal singolo diventano collettivi.
Tutto questo e trova pochissimi collegamenti con le scritture del Tanach e anche nell’immaginario della cultura ebraica non si trovano riscontri, Moshè Idel commenta che il termine più vicino a quello cristiano di incarnazione è la itlabbeshùt , il significato di indossare una veste.
Spero che nessuno si sia offeso.
Shalom
Noiman
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Grazie Noiman, un contributo importante il tuo, ricco di spunti utilissimi per una comprensione più profonda del Cristo dei Vangeli. Ma tanto, capisce solo chi vuole capire. ;)
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Gianni
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da Gianni »

Anche il re ebreo era chiamato figlio di Dio. Per quanto riguarda il cristianesimo, bisognerebbe spazzarlo via e dimenticarsene del tutto per fermarsi al primo secolo e valutare il giudeo Yeshùa unicamente in base alla Scrittura (tutta, ebraica e greca).
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Re: Interpretazione delle Scritture Ebraiche

Messaggio da bgaluppi »

Luigi, ho spostato il tuo commento qui per non andare OT:

http://www.biblistica.eu/phpbb/viewtopi ... 5&start=60" onclick="window.open(this.href);return false;
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