Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

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Alen.chorbah
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Alen.chorbah »

Io invece riesco a fare praticamente tutto....se non mi sbaglio il blocco forse era per chi si doveva iscrivere o gli ultimi iscritti ma non ne sono sicuro.
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Israel75
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Israel75 »

Sì bisogna attendere l'attivazione di un admin , c'è nel regolamento. :-) :-) :-)
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
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Giorgia
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Giorgia »

Besà, potrei prendere in considerazione l'idea di cancellare alcuni miei post solo ed esclusivamente se ti scusi per le parole che hai scritto e prometti che non le scrivi più.
amos74
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da amos74 »

Ciao a tutti,

Riprendo questa vecchia discussione, non priva di accesi dibattiti, cercando di dare un mio contributo.
Data la mole notevole di interventi, ho potuto dare solo una visione parziale al contenuto. L’argomento è complesso, presentando parecchie sfaccettature. E’ tutt’altro che facile delineare il rapporto tra il Nuovo Testamento ed il Tanakh; io cerco di esprimere alcuni spunti di riflessione, senza quindi un approccio sistematico e complessivo alla tematica.

Come ho detto in alcuni miei interventi passati, considerò Gesù il Nazoreo un grande maestro israelita, il cui autentico insegnamento ritengo essere pienamente rispettoso della Torà, della quale Gesù fornisce un’interpretazione più sul lato etico-sapienziale che halachico, tesa ad evidenziarne il carattere universale, filantropico ed umanitario. La particolare radicalità di certi comportamenti e detti del Nazoreo, che possono apparire di primo acchito problematici verso la Torà medesima (si pensi ad adempio al comandamento di onorare i genitori a fronte di certe affermazioni ed atteggiamenti gesuani verso l’istituzione della famiglia e nei confronti della sua stessa madre), vanno inquadrati a mio avviso nella manifesta visione escatologica di Gesù, che riteneva imminente l’arrivo del “Regno dei Cieli”, un evento eccezionale al quale pertanto ci si dovesse preparare con una condotta di vita “extra ordinem” basata su un’applicazione radicale Torà la quale comportava la necessità, nell’ottica di Gesù, di mettere in secondo piano tutto ciò che potesse in qualche modo ritardare questo percorso di “preparazione”.

Un punto molto importante sul quale vorrei focalizzazione la discussione è questo: qual è il rapporto tra il genuino insegnamento di Gesù ed il complesso delle dottrine professate dai libri del Nuovo Testamento? L’interrogativo non è estraneo all’argomento che ci occupa, poiché la mia opinione personale è che i testi del NT mescolino gli autentici detti e fatti gesuani con una serie di credenze, asserzioni e narrazioni che invece contrastano con quanto professato dal Tanakh, e che quindi non risalgono al Gesù storico, ma sono frutto di successive rielaborazioni teologiche sviluppatesi nell’ambito grecofono nel quale tali libri sono stati redatti, composto da pagani convertiti e da Ebrei ellenisti della diaspora, una dimensione linguistico-territoriale quindi esterna, ed almeno in parte anche estranea, al contesto geografico e culturale proprio della Eretz Yisrael; questa peculiare realtà, invero assai singolare se si considera che lo stesso Gesù ha predicato ed insegnato soltanto in Eretz Yisrael e non certo in greco, bensì in ebraico ed aramaico, da un lato ritengo abbia sortito il positivo effetto di favorire la diffusione del messaggio evangelico ad un pubblico molto diverso da quello nel quale Gesù è vissuto ed ha predicato (vedi ad esempio le speculazioni sul Gesù-logos, secondo una visione giudeo-ellenistica di chiara matrice alessandrina, Filone docet, la quale nulla ha a vedere secondo me con la divinizzazione di Gesù, e sul punto mi sono espresso in altra discussione), ma dall’altro mi pare abbia favorito come ho detto in precedenza l’infiltrazione, nelle comunità proto-cristiane sorte fuori da Eretz Yisrael, di concezioni non compatibili con quanto professato dal Tanakh, idee che poi sono confluite nei libri del NT coesistendo con l’originario, ed ebraico, messaggio evangelico.

Spiego meglio il mio punto di vista, focalizzando l’attenzione su quello che ritengo essere forse il maggior elemento di frattura tra il Tanakh ed il Nuovo Testamento.

Uno dei brani che costituiscono l’essenza della Torà è rappresentato da Levitico 18:5, in cui HaShem dice:

“Osserverete le Mie leggi ed i Miei decreti, mediante i quali, l’essere umano (ha adam) che li avrà messi in pratica, vivrà. Io sono HaShem”.

Il midrash (Torath Kohanim alias Sifra 18:134) spiega che in questo contesto il verbo “vivrà” si riferisce alla partecipazione al Mondo a Venire (Olam ha-Ba). Si noti che in questo contesto l’Onnipotente sta parlando ai figli d’Israel, ma non dice loro “vivrete”, bensì che l’essere umano in generale (ha adam) vivrà se avrà osservato la Torà. Ed infatti la Torà Orale insegna che avranno parte al Mondo a Venire anche i Gentili che avranno praticato quei precetti della Torà conosciuti come “Legge Noachide” (Vedi il Misnhè Torà di Maimonide-Hilchot Melachim 8:11).

HaShem è quindi molto chiaro: la via di giustizia che gli esseri umani devono seguire, siano essi Ebrei o Gentili, è l’osservanza della Torà, integrale (Israel) o parziale (Nazioni del mondo).

Rispetto a questa norma promulgata direttamente dal Legislatore Supremo, Gesù appare in totale obbedienza come qualsiasi ebreo devoto. Egli infatti dice (Matteo 5:17-19):

«Non crediate che io sia venuto per abolire la Legge o i Profeti; io sono venuto non per abolire, ma per adempiere. Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della Legge passerà senza che tutto sia adempiuto. Chiunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel Regno dei Cieli; ma chi li avrà messi in pratica e insegnati sarà chiamato grande nel Regno dei Cieli”.

Più sinteticamente, ma con la stessa chiarezza ed efficacia, egli afferma in Luca 16,17:

“È più facile che passino cielo e terra, anziché cada un solo apice della Legge”.

Emblematico in tale direzione è anche l’episodio narrato in Marco 12,28-34:

Allora uno degli scribi che aveva udita la loro discussione, riconoscendo che egli aveva loro risposto bene, si accostò e gli domandò: «Qual è il primo comandamento di tutti?». E Gesù gli rispose: «Il primo comandamento di tutti è: "Ascolta, Israele: Il Signore Dio nostro è l'unico Signore"; "Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza". Questo è il primo comandamento. E il secondo è simile a questo: "Ama il tuo prossimo come te stesso". Non vi è alcun altro comandamento maggiore di questi». Allora lo scriba gli disse: «Bene, maestro. Hai detto secondo verità che vi è un sol Dio e non ve n'è alcun altro all'infuori di lui; e che amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta l'anima e con tutta la forza, e amare il prossimo come se stessi vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». E Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Tu non sei lontano dal regno di Dio».

Nella predetta narrazione Gesù loda uno scriba, ritenendolo un uomo vicino al Regno di HaShem poiché ha concordato con lui su quale sia il cuore dell’osservanza della Torà, senza però che questo scriba fosse neanche un suo discepolo: la centralità della Torà e della sua messa in pratica è la strada per il Regno; siamo quindi in piena armonia con l’insegnamento del Tanakh.

Sulla stessa idea di pensiero è la parabola del ricco e del mendicante Lazzaro, narrata in Luca 16:19-31:

19 «Or vi era un uomo ricco, che si vestiva di porpora e bisso, e ogni giorno se la godeva splendidamente. 20 Vi era anche un mendicante chiamato Lazzaro, che giaceva alla sua porta tutto coperto di piaghe ulcerose, 21 e desiderava saziarsi delle briciole che cadevano dalla tavola del ricco; e perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. 22 Or avvenne che il mendicante morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo; morì anche il ricco e fu sepolto. 23 E, essendo tra i tormenti nell'inferno, alzò gli occhi e vide da lontano Abramo e Lazzaro nel suo seno. 24 Allora, gridando, disse: "Padre Abramo, abbi pietà di me, e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito per rinfrescarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma". 25 Ma Abramo disse: "Figlio, ricordati che tu hai ricevuto i tuoi beni durante la tua vita e Lazzaro similmente i mali; ora invece egli è consolato e tu soffri. 26 Oltre a tutto ciò, fra noi e voi è posto un grande baratro, in modo tale che coloro che vorrebbero da qui passare a voi non possono; così pure nessuno può passare di là a noi". 27 Ma quello disse: "Ti prego dunque, o padre, di mandarlo a casa di mio padre, 28 perché io ho cinque fratelli, affinché li avverta severamente, e così non vengano anch'essi in questo luogo di tormento". 29 Abramo rispose: "Hanno Mosè e i Profeti, ascoltino quelli". 30 Quello disse: "No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvedranno". 31 Allora egli gli disse: "Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non crederanno neppure se uno risuscitasse dai morti".

Gesù narra una storia nella quale è posta una specifica enfasi sull’osservanza della Torà (Mosè) e sul seguire l’insegnamento dei Profeti, la cui importanza è tale che la trasgressione delle mitzvot costituisce un vuoto pressoché incolmabile, neanche con l’eventuale intervento di un uomo risuscitato dai morti.

A questo coacervo di passi evangelici, nei quali è ribadita l’osservanza della Torà quale mezzo imprescindibile per raggiungere “il Regno”, si affiancano tuttavia nel NT altri brani che presentano una concezione molto diversa, e direi inconciliabile con la Torà e quindi con lo stesso vero insegnamento di Gesù.

Leggiamo ad esempio:

Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chiunque crede in me, anche se dovesse morire, vivrà. E chiunque vive e crede in me, non morrà mai in eterno. Credi tu questo?» (Giovanni 11:25-26).
Gesù gli disse: «Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. (Giovanni 14:6)

I passi sopra citati sono, secondo il mio parere, in manifesta contraddizione con i brani dei Sinottici da me riportati, sostenendo come la partecipazione al Mondo a Venire non richieda l’osservanza della Torà ma la “fede” in Gesù; non solo, ma viene esplicitamente affermato che senza questa “fede” nel “Cristo” l’Obam ha-Ba sarà precluso all’uomo, indipendentemente dalla sua condotta. In altre parole: questi passi, che io ritengo in nessun modo possano appartenere al Gesù storico bensì ai successivi sviluppi della “cristologia”, esprimono una concezione che cancella la Torà in favore di una adesione fideistica verso la figura teologica di “Nostro Signore Gesù Cristo”: questa è una concezione che annulla la promessa che HaShem ha fatto in Levitico 18:5,perché non solo esclude ogni riferimento alle mitzvot della Torà, ma addirittura sostiene che coloro i quali non avranno “creduto al Cristo” saranno tout court esclusi dal Mondo a Venire. Come si concilia quanto HaShem afferma nel predetto verso del Levitico con la teologia proclamata dai brani sopra citati? Per quanto mi riguarda è impossibile ogni tentativo di armonizzazione. HaShem può venir meno alla Sua promessa? No, perché Onnipotente non è come un uomo che infrange la parola data (Mishneh Torah -Yesodei haTorah 9:1), e tra l’altro lo stesso Gesù ha proclamato la validità eterna della Torà, la cui pratica è irrinunciabile per entrare nel Regno dei Cieli ( v. sopra Matteo 5:17-19 e Luca 16,17)

Leggiamo anche ciò che dice Paolo di Tarso:

“Poiché se avrai confessato con la tua bocca che Gesù è il Signore, ed avrai creduto con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo”

Paolo si professa nelle sue lettere allievo di Rav Gamaliele. Ammesso che lo sia mai stato, egli pronuncia una frase che mi appare inconciliabile con l’insegnamento del Tanakh: nessun riferimento ai comandamenti dati da HaShem, alla condotta dell’uomo, ma una visione “salvifica” che si sostanzia nella mera proclamazione di fede in Gesù.

Ed arriviamo infine ad uno dei numerosi passi in cui Paolo annulla la valenza della Torà (Galati 2,16):

“Sapendo che l'uomo non è giustificato per le opere della Legge ma per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù, affinché fossimo giustificati mediante la fede di Cristo e non mediante le opere della Legge, poiché nessuna carne sarà giustificata per mezzo della Legge.”

Questa affermazione, a mio modesto parere, annulla l’intero contenuto del Tanakh, dall’inizio alla fine: nessuna possibilità di conciliazione vi è tra la tradizione ebraica nella sua interezza e la predetta concezione, ed infatti essa è oggetto di contestazione nello stesso NT in uno dei suoi libri più vicini al Tanakh, e cioè nella Lettera di Giacomo (2,14-25):

14 A che giova, fratelli miei, se uno dice di aver fede ma non ha opere? Può la fede salvarlo? 15 Or, se un fratello o una sorella sono nudi e mancano del cibo quotidiano, 16 e qualcuno di voi dice loro: «Andatevene in pace, scaldatevi e saziatevi», ma non date loro le cose di cui hanno bisogno per il corpo, a che giova? 17 Così è pure della fede; se non ha le opere, per sé stessa è morta. 18 Ma qualcuno dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere»; mostrami la tua fede senza le tue opere e io ti mostrerò la mia fede con le mie opere. 19 Tu credi che c'è un solo Dio. Fai bene; anche i demoni credono e tremano. 20 Ma vuoi renderti conto, o insensato, che la fede senza le opere è morta? 21 Abramo, nostro padre, non fu forse giustificato per mezzo delle opere, quando offrì il proprio figlio Isacco sull'altare? 22 Tu vedi che la fede operava insieme alle opere di lui, e che per mezzo delle opere la fede fu resa perfetta. 23 Così si adempì la Scrittura, che dice: «Or Abramo credette a Dio, e ciò gli fu imputato a giustizia»; e fu chiamato amico di Dio. 24 Perciò vedete che l'uomo è giustificato per le opere e non per fede soltanto. 25 Similmente anche Rahab, la prostituta, non fu essa giustificata per le opere quando accolse i messi e li rimandò per un'altra strada? 26 Infatti, come il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta".

L’autore della Lettera di Giacomo evidenzia, in modo a mio avviso impeccabile, la vacuità dell’ideologia della “sola fede”. Come vedete, egli non contesta la fede in HaShem, ci mancherebbe, ma ribadisce che è la condotta dell’essere umano il cuore della giustizia, condotta che si deve basare sull’osservanza della Torà, come egli chiaramente ricorda nel seguente passo (2:6-11):

Voi invece avete disonorato il povero! Non sono forse i ricchi che vi opprimono e vi trascinano davanti ai tribunali? 7Non sono loro che bestemmiano il bel nome che è stato invocato sopra di voi? 8Certo, se adempite quella che, secondo la Scrittura, è la legge regale: Amerai il prossimo tuo come te stesso, fate bene. 9Ma se fate favoritismi personali, commettete un peccato e siete accusati dalla Legge come trasgressori. 10Poiché chiunque osservi tutta la Legge, ma la trasgredisca anche in un punto solo, diventa colpevole di tutto; 11infatti Colui che ha detto: Non commettere adulterio, ha detto anche: Non commettere omicidio. Ora se tu non commetti adulterio, ma commetti omicidio, ti rendi trasgressore della Legge”.

E’ impossibile, dal mio punto di vista, trovare un punto d’accordo tra la tradizione dei maestri d’Israel e le dottrine neotestamentarie professate dai predetti passi paolini e giovannei, perché tale tradizione è sì sterminata e ricca di una molteplicità di opinioni e posizioni, ma presenta una totale e granitica uniformità su un punto indiscutibile: l’uomo giusto è colui che osserva i comandamenti dati da HaShem nella Torà, secondo il differente livello di osservanza stabilito dal Creatore per Ebrei e Gentili, così come stabilito dalla Torà Scritta (Pentateuco, con il fondamentale supporto degli altri libri del Tanakh) e dalla Torà Orale (Mishnà,Tosefta, Ghemara Bavli e Yerushalmi.).

Yeshua ha Notzri ha ribadito senza ombra di dubbio tale insegnamento; a parte ciò che ho esposto in precedenza, sta anche scritto che egli abbia detto “poiché io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori (Matteo 9:13)”: è lo stesso Gesù che afferma come la sua missione non riguardi coloro che osservano la Torà, bensì i trasgressori, coloro che egli chiama “pecore perdute della Casa d’Israele” (Matteo 10:6 e 15:24).

Mi piace richiamare le celebri parole dello studioso ebreo Schalom Ben Chorin, autore del famoso libro “Fratello Gesù”, le quali ben esprimono il mio pensiero: “La fede di Gesù ci unisce, ma la fede in Gesù ci divide”.

Concludo con una considerazione: anche tra i maestri d’Israel più duri verso Gesù ed il Cristianesimo, non mancano voci che esprimono una valutazione complessivamente positiva della diffusione del culto cristiano. Mosè Maimonide (Rambam),uno dei più grandi rabbanim di tutti i tempi, ha espresso parole estremamente polemiche verso Gesù, e nel suo codice halachico Mishnè Torà ha qualificato i cristiani come idolatri ( Avodat Kochavim 9:4); tuttavia , così Rambam si esprime verso il Cristianesimo e l’Islam nella medesima opera (Hilchot Melachim 11:7-9):

“Tuttavia, i pensieri del Creatore del mondo sono al di là della comprensione di qualsiasi uomo. Perché le nostre vie non sono le Sue vie , ed i nostri pensieri non sono i Suoi pensieri. E tutte le azioni di Gesù il Nazareno e quella di quell'Ismaelita (Maometto) che venne dopo di lui non sono altro che (funzionali a ) spianare la strada al Re Messia ed a preparare il mondo intero ad adorare Dio insieme, come dice: " Poiché allora darò ai popoli un linguaggio puro, affinché tutti invochino il nome di HaShem, per servirlo di comune accordo” (Sofonia 3:9).
In che modo è così? Il mondo ora è già pieno di questioni relative al Messia, questioni relative alla Torà e questioni relative ai comandamenti. La conoscenza di tali questioni si è diffusa nelle isole lontane e nelle molte nazioni di coloro che hanno un cuore incirconciso. Essi discutono di questi argomenti e dei comandamenti della Torà. Alcuni di loro affermano che questi comandamenti una volta erano veri, ma ad un certo punto sono stati cancellati per i nostri tempi in quanto non dovevano essere osservati per tutte le generazioni. Alcuni di loro dicono che queste sono questioni segrete e non sono così semplici come potrebbero sembrare, e ora il "Messia" è venuto e ha rivelato questi segreti.
Ma quando il vero Re Messia sarà arrivato ed avrà trionfato, e sarà stato onorato ed innalzato, tutti torneranno immediatamente e sapranno che i loro padri hanno lasciato loro un'eredità errata, e che i loro padri e profeti li hanno portati fuori strada”.

Siamo in tempo di Pasqua, sia per gli Ebrei che per i Cristiani: auguro a voi ed alle vostre famiglie una serena festività nel nome dell’Onnipotente.
France
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da France »

Molto interessante il tuo intervento Amos74.
In effetti sono molti anni che penso che all’interno del NT ci siano almeno due letture e due interpretazioni.

La prima che si può dedurre dagli scritti dei sinottici, dalle lettere di Pietro, Giuda e sopratutto Giacomo, ci descrivono un Yeshua storico, giudeo, integrato nella terra d’Israele che è venuto per ricondurre le pecore perdute della casa d’Israele.
Venuto a predicare il regno dei cieli, già presente, il perdono dei peccati e l’obbedienza alla Tora ed adempiere ed ottemperarne tutti i precetti.

La seconda è quella del Vangelo di Giovanni, di Apocalisse e sopratutto dalle lettere e predicazione di Paolo.
Un Gesù divino:
Giovanni1
1 Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio. 2 Essa era nel principio con Dio. 3 Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei; e senza di lei neppure una delle cose fatte è stata fatta. 4 In lei era la vita, e la vita era la luce degli uomini. 5 La luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno sopraffatta.

Giovanni3:
13 Nessuno è salito in cielo, se non colui che è disceso dal cielo: il Figlio dell'uomo.

Anche la terra d’Israele perde la sua importanza di terra santa come si può notare nel discorso con la donna samaritana:
Giovanni4:
21 Gesù le disse: «Donna, credimi; l'ora viene che né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. 22 Voi adorate quel che non conoscete; noi adoriamo quel che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. 23 Ma l'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori. 24 Dio è Spirito; e quelli che l'adorano, bisogna che l'adorino in spirito e verità».

Per Paolo, come anche dicevi tu, la salvezza avviene non per le opere della Tora ma per la fede in Gesù.

Penso che se il canone del NT fosse stato fatto con il solo Vangelo di Giovanni e le lettere di Paolo sarebbe stata tutta un’altra religione.
Dopotutto la rivelazione di Paolo è stata di origine divina direttamente da Gesù senza nessun intermediazione dai discepoli vissuti con Yeshua e da questi ammaestrati.
Un po’ come avvenuto anche con Maometto, anche la sua rivelazione è di origine divina direttamente trasmessa tramite l’arcangelo Gabriele.

Vedremo dove sta la verità!

Mi associo a te per fare gli auguri di Pasqua ad Ebrei e Cristiani!
Janira
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Janira »

In molti versetti delle scritture ebraiche è scritto che la via che il giusto deve seguire è la Torah. Quando Yeshua dichiara di essere la Via, la Verità e la Vita, per me stava dichiarando proprio la stessa cosa. Hashem ha parlato attraverso il Messia, e la Parola di Hashem non è altro che il suo insegnamento. Le scritture greche insegnano che Yeshua è la via perché è Torah vivente, al contrario non insegnano che un uomo che non segue la Torah possa essere fra gli eletti.
amos74
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da amos74 »

Ciao Janira,

Tu affermi che le "scritture greche.....non insegnano che un uomo che non segue la Torah possa essere fra gli eletti".

Ti faccio però notare che secondo Paolo di Tarso :

"nessuna carne sarà giustificata per mezzo della Legge". (Galati 2:16).

Questa affermazione è contro la Torà , ed infatti è esattamente il contrario di ciò che ha insegnato Gesù.


Nel capitolo secondo della Lettera ai Corinzi vediamo un esempio concreto dei risultati ottenuti da Paolo con la sua predicazione contro la Torà:

"[1]Si sente da per tutto parlare di immoralità tra voi, e di una immoralità tale che non si riscontra neanche tra i pagani, al punto che uno convive con la moglie di suo padre. [2]E voi vi gonfiate di orgoglio, piuttosto che esserne afflitti, in modo che si tolga di mezzo a voi chi ha compiuto una tale azione! [3]Orbene, io, assente col corpo ma presente con lo spirito, ho già giudicato come se fossi presente colui che ha compiuto tale azione: [4]nel nome del Signore nostro Gesù, essendo radunati insieme voi e il mio spirito, con il potere del Signore nostro Gesù, [5]questo individuo sia dato in balìa di satana per la rovina della sua carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore."

Qui Paolo accusa la comunità dei credenti di Corinto di immoralità, citando il caso di uno che che convive con la moglie del padre.
Paolo si scandalizza, ma raccoglie quello che ha seminato.

Mettiamoci nei panni di un abitante di Corinto, convertitosi dal paganesimo al cristianesimo predicato da Paolo: magari non conosce la Torà né le altre parti del Tanakh, e si sente parlare continuamente della "grazia" contrapposta alle "opere della Legge"; è facile per lui concludere che Cristo significhi assenza di ogni legge! Se Paolo, invece di pensare continuamente a svalutare e denigrare la Torà, avesse insegnato ai Corinzi il complesso dei precetti noachidi vincolanti per tutta l'umanità ,che contemplano il divieto di avere rapporti sessuali con la moglie del proprio padre, forse la comunità di Corinto avrebbe elevato la liceità della propria condotta sessuale....
Janira
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Janira »

Amos74, come ho già detto altrove, credo che Paolo sia spesso incompreso. La dottrina della giustificazione per fede afferma che i peccati sono perdonati nel momento in cui il credente si pente e accetta Yeshua come Messia e il fatto che sia morto e risorto. Ma questo non comporta affatto che il credente sia libero di peccare, cioè di abbandonare la Torah. Paolo nelle sue lettere non predica questo. Per quanto riguarda la corruzione delle varie comunità, certo non dipende dalla predicazione di Paolo, ma di chi già allora l'ha interpretato a suo piacimento. La base di tutto era che i credenti avrebbero dovuto imparare in sinagoga ciò che insegnava la Torah, ma la storia ha voluto diversamente
amos74
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da amos74 »

Ciao Janira,

Sei naturalmente liberissima di pensare che Paolo sia stato incompreso.

Tu però, e correttamente, affermi:

"La dottrina della giustificazione per fede afferma che i peccati sono perdonati nel momento in cui il credente si pente e accetta Yeshua come Messia e il fatto che sia morto e risorto".

Questa è una posizione già in contraddizione con l'insegnamento di Gesù, secondo il quale il perdono dato da HaShem non è connesso alla "fede nel Cristo", bensì alla nostra capacità di perdonare il prossimo (Matteo 6:14-15):

"se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche voi; ma se voi non perdonate gli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe".

Essa è altresì inaccettabile da un punto di vista ebraico: perché a un trasgressore della Torà autenticamente pentito ma che non creda nella messianicità di Gesù HaShem dovrebbe negare il perdono? Secondo quale insegnamento contenuto nel Tanakh?

Gesù stesso afferma (Matteo 7:21):

"Non chiunque mi dice: signore, signore, entrerà nel Regno dei Cieli, ma colui che avrà fatto la volontà del Padre mio che è nei cieli".

Fare la volontà di HaShem: cioè osservare i Suoi comandamenti, come precisato in Matteo 5:17-19.

Un caro saluto
Janira
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Re: Scritture greche alla luce dell'interpretazione ebraica

Messaggio da Janira »

Vorrei rispondere a questo intanto: Essa è altresì inaccettabile da un punto di vista ebraico: perché a un trasgressore della Torà autenticamente pentito ma che non creda nella messianicità di Gesù HaShem dovrebbe negare il perdono? Secondo quale insegnamento contenuto nel Tanakh?

Altrove ho già scritto che credo che le Scritture Greche parlino di Yeshua come Messia ben Yoseph, venuto per la Casa d'Israele. La Casa d'Israele è stata ripudiata: anche pentendosi non può tornare al suo primo marito, cioè Hashem. Questo è scritto nella Torah.
Per questo entrare nel patto di Yeshua è necessario.
Non so se conosci Tovia Singer. Ovviamente, essendo rabbino ortodosso, afferma che quella legge della Torah non vale per la Casa d'Israele, perché Hashem stesso dice che perdonerà e radunerà i dispersi. Ma dunque Hashem va contro la sua stessa Torah? È questo possibile?
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