Le 613 Mitzvot per il cristiano
Re: Le 613 Mitzvot per il cristiano
Caro Dani, ti sei mai chiesto se, invece, non sia il caso di leggere le Scritture Greche alla luce di quelle Ebraiche? Un'altra domanda che ti darà motivo di riflessione. Yeshùa non dice mai che la legge è "superata", ma piuttosto che è resa "traboccante". Prova a fare una riflessione.
Re: Le 613 Mitzvot per il cristiano
La Toràh, comunemente (ed erroneamente) tradotta "legge", costituisce l'insegnamento che Dio ha comunicato all'uomo per mezzo dei profeti. Toràh, infatti, significa "Insegnamento". Il termine deriva da yaràh (ירה), che significa "istruire".
La Torah fu data a Mosè e al popolo di Israele perché imparasse a vivere in modo giusto, conforme alla volontà di Dio, e divenisse "luce delle nazioni", ossia di tutti i popoli che non appartengono ad Israele. Quindi, gli ebrei ne furono i depositari, ma l'insegnamento fu destinato a tutti gli uomini. Questo insegnamento fu comunicato dai profeti per ispirazione e in modo "progressivo", ossia in base alla progressione morale e sociale di Israele. Con il Messia, la rivelazione giunge al suo culmine, poiché lui insegna a mettere in pratica l'insegnamento divino in modo perfetto, secondo la volontà di Colui che è perfetto. Egli affermò di essere venuto per "rendere perfetta (traboccante, colma) la Torah", ossia per insegnare a metterla in pratica in modo perfetto, cioè in modo conforme alla volontà di Colui che è perfetto. Ciò implicava qualcosa in più rispetto all'osservanza legalistica delle leggi, dei precetti e delle prescrizioni: non si trattava più di fare o non fare, ma di fare con la purezza delle intenzioni. Questo è il senso del suo "rendere perfetta" la Torah, non che la Torah fosse imperfetta e dovesse essere "migliorata". E in questo senso devono essere esaminati gli insegnamenti di Yeshùa.
Per questo Yeshùa afferma: “Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento.” (Mt 5:17). Il "portare a compimento" non implica che la parola di Dio (la Scrittura, quella Ebraica) fosse "incompleta", ma che noi uomini eravamo incompleti e incapaci di metterla in pratica in modo perfetto. Con il Messia, siamo in grado di metterla in pratica in modo perfetto, grazie allo spirito di Dio che ci guida, ci insegna e ci consente di obbedire non soltanto in modo cieco, ma con la purezza delle intenzioni.
Yeshùa disse a Nicodemo: “In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio». [...] «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio»” (Gv 3:3,5) Si tratta di abbandonare il nostro vecchio io e rinascere nuovi, vivendo secondo le leggi dello spirito di Dio, e non più quelle della carne. Solo così sarà possibile mettere in pratica la Torah in modo perfetto, seguendo l'esempio di Yeshùa.
Dio già anticipò questo concetto ai profeti, ma i tempi non erano ancora maturi, cioè gli uomini non erano pronti a ricevere l'insegnamento perfetto del Messia. In Ez 36:26 leggiamo: “Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo”; e in Is 1:11-20 Dio insegna che è perfettamente inutile obbedire alle prescrizioni della Torah in modo maniacale, se le azioni non sono accompagnate da una certa purezza di intenzioni. Ciò non significa che non si debba obbedire affatto alle prescrizioni, pensando che basti "amare" e "avere fede" in senso generico, perché l'amore e la fede si dimostrano nei fatti, attraverso l'obbedienza. Senza obbedienza non c'è vera fede, poiché la fede si dimostra obbedendo, non disobbedendo.
Infatti, Yeshùa disse ai farisei, che si ritenevano giusti solo per la loro obbedienza: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta, dell'aneto e del comino, e trascurate le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia, e la fede. Queste sono le cose che bisognava fare, senza tralasciare le altre.” (Mt 23:23). Senza tralasciare le altre. Quindi, Yeshùa ribadisce l'importanza dell'osservanza dei precetti, ma afferma che essa non basta per poter dire di obbedire in modo davvero perfetto, secondo quella che è la volontà di Dio.
E infatti, Giacomo (il fratello carnale di Yeshùa e suo apostolo) dice: “Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».” (Gia 2:17,18). Le opere sono le azioni di obbedienza alle mitzvot, i comandamenti.
Chi rinasce in Cristo, ovviamente, non è tenuto all'obbedienza di tutte le 613 mitzvot, poiché molte di esse, in seguito al sacrificio del Messia, non sono più necessarie. Basti pensare ai sacrifici animali e agli olocausti, resi inutili dal sacrificio perfetto del Messia. L'argomento è molto complesso e lungo da trattare. Per capire bene cosa deve fare un discepolo di Yeshùa, ti consiglio di leggerti il libro degli Atti e le Lettere degli apostoli, che contengono le opere e gli insegnamenti che ricevettero da Yeshùa e che misero in pratica. Come discepoli moderni, i credenti sono tenuti ad attenersi ai loro insegnamenti, e solo ai loro (e quelli di Yeshùa scritti nei Vangeli, ovviamente); poiché solo loro, che videro e sentirono, furono testimoni e resero testimonianza (e loro obbedivano ai Comandamenti):
“Così dunque, fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti che vi abbiamo trasmessi sia con la parola, sia con una nostra lettera.” — 2Tes 2:15
Ci sentiamo domani sera, perché se scrivo troppo violo il Quarto Comandamento sul sabato.
La Torah fu data a Mosè e al popolo di Israele perché imparasse a vivere in modo giusto, conforme alla volontà di Dio, e divenisse "luce delle nazioni", ossia di tutti i popoli che non appartengono ad Israele. Quindi, gli ebrei ne furono i depositari, ma l'insegnamento fu destinato a tutti gli uomini. Questo insegnamento fu comunicato dai profeti per ispirazione e in modo "progressivo", ossia in base alla progressione morale e sociale di Israele. Con il Messia, la rivelazione giunge al suo culmine, poiché lui insegna a mettere in pratica l'insegnamento divino in modo perfetto, secondo la volontà di Colui che è perfetto. Egli affermò di essere venuto per "rendere perfetta (traboccante, colma) la Torah", ossia per insegnare a metterla in pratica in modo perfetto, cioè in modo conforme alla volontà di Colui che è perfetto. Ciò implicava qualcosa in più rispetto all'osservanza legalistica delle leggi, dei precetti e delle prescrizioni: non si trattava più di fare o non fare, ma di fare con la purezza delle intenzioni. Questo è il senso del suo "rendere perfetta" la Torah, non che la Torah fosse imperfetta e dovesse essere "migliorata". E in questo senso devono essere esaminati gli insegnamenti di Yeshùa.
Per questo Yeshùa afferma: “Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento.” (Mt 5:17). Il "portare a compimento" non implica che la parola di Dio (la Scrittura, quella Ebraica) fosse "incompleta", ma che noi uomini eravamo incompleti e incapaci di metterla in pratica in modo perfetto. Con il Messia, siamo in grado di metterla in pratica in modo perfetto, grazie allo spirito di Dio che ci guida, ci insegna e ci consente di obbedire non soltanto in modo cieco, ma con la purezza delle intenzioni.
Yeshùa disse a Nicodemo: “In verità, in verità ti dico che se uno non è nato di nuovo non può vedere il regno di Dio». [...] «In verità, in verità ti dico che se uno non è nato d'acqua e di Spirito, non può entrare nel regno di Dio»” (Gv 3:3,5) Si tratta di abbandonare il nostro vecchio io e rinascere nuovi, vivendo secondo le leggi dello spirito di Dio, e non più quelle della carne. Solo così sarà possibile mettere in pratica la Torah in modo perfetto, seguendo l'esempio di Yeshùa.
Dio già anticipò questo concetto ai profeti, ma i tempi non erano ancora maturi, cioè gli uomini non erano pronti a ricevere l'insegnamento perfetto del Messia. In Ez 36:26 leggiamo: “Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo”; e in Is 1:11-20 Dio insegna che è perfettamente inutile obbedire alle prescrizioni della Torah in modo maniacale, se le azioni non sono accompagnate da una certa purezza di intenzioni. Ciò non significa che non si debba obbedire affatto alle prescrizioni, pensando che basti "amare" e "avere fede" in senso generico, perché l'amore e la fede si dimostrano nei fatti, attraverso l'obbedienza. Senza obbedienza non c'è vera fede, poiché la fede si dimostra obbedendo, non disobbedendo.
Infatti, Yeshùa disse ai farisei, che si ritenevano giusti solo per la loro obbedienza: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché pagate la decima della menta, dell'aneto e del comino, e trascurate le cose più importanti della legge: il giudizio, la misericordia, e la fede. Queste sono le cose che bisognava fare, senza tralasciare le altre.” (Mt 23:23). Senza tralasciare le altre. Quindi, Yeshùa ribadisce l'importanza dell'osservanza dei precetti, ma afferma che essa non basta per poter dire di obbedire in modo davvero perfetto, secondo quella che è la volontà di Dio.
E infatti, Giacomo (il fratello carnale di Yeshùa e suo apostolo) dice: “Così è della fede; se non ha opere, è per se stessa morta. Anzi uno piuttosto dirà: «Tu hai la fede, e io ho le opere; mostrami la tua fede senza le tue opere, e io con le mie opere ti mostrerò la mia fede».” (Gia 2:17,18). Le opere sono le azioni di obbedienza alle mitzvot, i comandamenti.
Chi rinasce in Cristo, ovviamente, non è tenuto all'obbedienza di tutte le 613 mitzvot, poiché molte di esse, in seguito al sacrificio del Messia, non sono più necessarie. Basti pensare ai sacrifici animali e agli olocausti, resi inutili dal sacrificio perfetto del Messia. L'argomento è molto complesso e lungo da trattare. Per capire bene cosa deve fare un discepolo di Yeshùa, ti consiglio di leggerti il libro degli Atti e le Lettere degli apostoli, che contengono le opere e gli insegnamenti che ricevettero da Yeshùa e che misero in pratica. Come discepoli moderni, i credenti sono tenuti ad attenersi ai loro insegnamenti, e solo ai loro (e quelli di Yeshùa scritti nei Vangeli, ovviamente); poiché solo loro, che videro e sentirono, furono testimoni e resero testimonianza (e loro obbedivano ai Comandamenti):
“Così dunque, fratelli, state saldi e ritenete gli insegnamenti che vi abbiamo trasmessi sia con la parola, sia con una nostra lettera.” — 2Tes 2:15
Ci sentiamo domani sera, perché se scrivo troppo violo il Quarto Comandamento sul sabato.
Re: Le 613 Mitzvot per il cristiano
Gli Ebrei odierni hanno stabilito che ai cristiani è permesso osservare solo le mitzvot igienico-sanitarie, e hanno stabilito che per i cristiani è vietato osservare tutte le altre mitzvot.
La mia fonte da cui estraggo queste notizie è http://forumbiblico.forumfree.it
Sandro.48
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Sandro.48
Re: Le 613 Mitzvot per il cristiano
Ciao Dani, ti rispondo appena posso. Ti consiglio una lettura attenta della Lettera ai Romani.