Re: Confidenziale
Inviato: lunedì 24 gennaio 2022, 7:59
(( per non dimenticare ))vorrei condividere con voi questo racconto ...preso dalla pagina facebook di ALBERTO DI CAPUA
"Durante la Shoah un grande numero di donne ebree polacche furono radunate per essere inviate alle camere a gas. Appena il gruppo mise insieme i propri affetti personali da portare nel campo, gli ufficiali nazisti chiamarono gli abitanti del villaggio che stavano lì vicino a guardare quello che stava succedendo, e dissero loro: “Potete prendere qualsiasi cosa gli ebrei lasceranno dietro di sé, in quanto certamente essi non torneranno indietro a riprendersi le proprie cose”.
Due donne polacche che stavano lì, videro una donna dietro al gruppo che indossava un grande, pesante, bel cappotto. Non volendo aspettare di vedere se qualcun altro voleva prendere il cappotto, esse corsero verso la donna la colpirono, la fecero cadere a terra, le strapparono il cappotto e se ne andarono. Appena la donna fu portata via, queste due donne polacche frugarono nel cappotto per dividere tra loro il contenuto delle tasche.
Trovarono all’interno delle tasche gioielli d’oro, candelabri d’argento ed altri oggetti preziosi, ma sentivano che il cappotto continuava a pesare più di quanto avrebbe dovuto. Dopo un ulteriore controllo, scoprirono una grande tasca nascosta ed al suo interno videro una piccola bambina!
Scioccata dalla scoperta, una delle due donne insistette nel prendere la bambina, dicendo all’altra: “Io non ho figli e sono troppo vecchia ormai per averne. Prendi tu l’oro e l’argento e lasciami tenere la bambina”.
Il patto fu concluso e la donna polacca portò la nuova “figlia” a casa a suo marito che ne fu entusiasta. Essi crebbero la bambina ebrea proprio come fosse la loro, trattandola molto bene, ma non le dissero mai nulla della sua vera storia. La ragazza eccelleva negli studi e divenne una pediatra di successo nel migliore ospedale della Polonia.
Dopo alcuni anni, la “madre” della ragazza morì. Una settimana più tardi ella sentì bussare alla porta. Entrò una vecchia donna che le disse: “Voglio che tu sappia che la donna che è morta la scorsa settimana non è la tua vera madre”, e le raccontò l’intera storia. All’inizio la ragazza non le credette, ma la vecchia donna le disse: “Quando ti abbiamo trovato, indossavi un ciondolo d’oro bellissimo con una strana scritta su di esso che deve essere ebraico. Sono certa che tua madre tenne la collana: trovala”; dopo di ciò la vecchia donna se ne andò.
La ragazza andò a guardare nella scatola dei gioielli della madre e trovò la collana che era proprio come la donna gliel’aveva descritta. La indossò senza più levarsela.
Un po’ di tempo dopo, ella andò in vacanza all’estero e vide due ragazzi Chabad Lubavitch. Pensando fosse una buona occasione, raccontò loro l’intera storia e mostrò loro la collana. I ragazzi le confermarono che sul ciondolo era scritto un nome ebraico, ma non seppero dirle nulla di più. Le consigliarono, comunque, di mandare una lettera al Rebbe dei Lubavitch spiegando tutta la faccenda.
Ella scrisse la lettera e ricevette una pronta risposta nella quale era scritto che dai fatti risultava chiaramente che lei era ebrea e che, considerato il fatto che possedeva un particolare talento, avrebbe potuto usarlo in Israele, un posto dove c’era un bisogno disperato di bravi pediatri.
Ella seguì il consiglio del Rebbe e si trasferì in Israele, dove contattò un Beth Din, che la dichiarò ebrea. Fu accettata a lavorare in un ospedale. Presto, incontrò quello che sarebbe diventato suo marito, si sposò e si creò una famiglia.
Alcuni anni più tardi, quando venne compiuto l’attentato terroristico al caffè Sbarro nel centro di Gerusalemme ad agosto del 2001, questa donna stava camminando lì vicino con suo marito. Disse al marito di ritornare a casa dai bambini ed ella si precipitò sulla scena dell’attentato dove prestò i primi soccorsi ai feriti e li accompagnò all’ospedale.
Quando arrivò all’ospedale, incontrò un uomo anziano che era in stato di shock. Stava cercando dappertutto sua nipote che non riusciva più a trovare. Lei cercò di calmarlo ed andò insieme a lui fra i pazienti nel tentativo di cercare la nipote. Chiese all’anziano come avrebbe potuto riconoscerla e lui le fece una rozza descrizione di un ciondolo d’oro che la bambina indossava. Dopo aver cercato tra i feriti, essi finalmente trovarono la nipote che, infatti, indossava il ciondolo. Alla vista di tale ciondolo, la pediatra fu gelata. Si girò verso l’anziano e gli chiese: “Dove ha comperato questa collana?”.
“Non è possibile comperare questa collana” egli rispose, “Io sono un gioielliere ed ho fatto io questa collana. In realtà ne feci due identiche, una per ognuna delle mie due figlie. Questa è la figlia di una delle due, l’altra mia figlia non è sopravvissuta alla guerra”. Così la ragazza ebrea polacca ritrovò suo padre."
grazie ad ALBERTO DI CAPUA ...
Per i “nostrani” sempre pronti alla critica: Non è necessario crederci.
La storia riguardante la collana è stata narrata da Harav Moshè Kupetz shlita’ e poi scritta da Moshe Kormornick.
Tale racconto è stato poi ripreso da vari siti, anche Chabad e cabalistici.
Harav Moshe Kupetz è nato negli USA nel 1939, ha ricevuto la Semicha dall'ultimo Rabbi Gedaliah Schorr ZT"L del Beis Hamedrash Elion a Monsey. E’ considerato un'autorità nella Comunità di Manchester, è un grande oratore.
Il tutto è stato tradotto dall’inglese da mia moglie Haia.
La sintesi del racconto è che il padre aveva realizzato 2 collane per le due figlie.
La moglie fu deportata e aveva con sé una delle due bambine (l’altra si salvò ma non è spiegato come) ed è colei che fu tenuta e cresciuta dalla donna polacca.
Quindi la pediatra è la figlia del signore anziano il quale cercava la nipotina (ovvero la bambina avuta dall’altra figlia che si era salvata dalla deportazione).
Per tutti gli altri, buona lettura.
Alberto.
per i piu' piccoli ...''
https://www.youtube.com/watch?v=dWrRTy8c0Ns
"Durante la Shoah un grande numero di donne ebree polacche furono radunate per essere inviate alle camere a gas. Appena il gruppo mise insieme i propri affetti personali da portare nel campo, gli ufficiali nazisti chiamarono gli abitanti del villaggio che stavano lì vicino a guardare quello che stava succedendo, e dissero loro: “Potete prendere qualsiasi cosa gli ebrei lasceranno dietro di sé, in quanto certamente essi non torneranno indietro a riprendersi le proprie cose”.
Due donne polacche che stavano lì, videro una donna dietro al gruppo che indossava un grande, pesante, bel cappotto. Non volendo aspettare di vedere se qualcun altro voleva prendere il cappotto, esse corsero verso la donna la colpirono, la fecero cadere a terra, le strapparono il cappotto e se ne andarono. Appena la donna fu portata via, queste due donne polacche frugarono nel cappotto per dividere tra loro il contenuto delle tasche.
Trovarono all’interno delle tasche gioielli d’oro, candelabri d’argento ed altri oggetti preziosi, ma sentivano che il cappotto continuava a pesare più di quanto avrebbe dovuto. Dopo un ulteriore controllo, scoprirono una grande tasca nascosta ed al suo interno videro una piccola bambina!
Scioccata dalla scoperta, una delle due donne insistette nel prendere la bambina, dicendo all’altra: “Io non ho figli e sono troppo vecchia ormai per averne. Prendi tu l’oro e l’argento e lasciami tenere la bambina”.
Il patto fu concluso e la donna polacca portò la nuova “figlia” a casa a suo marito che ne fu entusiasta. Essi crebbero la bambina ebrea proprio come fosse la loro, trattandola molto bene, ma non le dissero mai nulla della sua vera storia. La ragazza eccelleva negli studi e divenne una pediatra di successo nel migliore ospedale della Polonia.
Dopo alcuni anni, la “madre” della ragazza morì. Una settimana più tardi ella sentì bussare alla porta. Entrò una vecchia donna che le disse: “Voglio che tu sappia che la donna che è morta la scorsa settimana non è la tua vera madre”, e le raccontò l’intera storia. All’inizio la ragazza non le credette, ma la vecchia donna le disse: “Quando ti abbiamo trovato, indossavi un ciondolo d’oro bellissimo con una strana scritta su di esso che deve essere ebraico. Sono certa che tua madre tenne la collana: trovala”; dopo di ciò la vecchia donna se ne andò.
La ragazza andò a guardare nella scatola dei gioielli della madre e trovò la collana che era proprio come la donna gliel’aveva descritta. La indossò senza più levarsela.
Un po’ di tempo dopo, ella andò in vacanza all’estero e vide due ragazzi Chabad Lubavitch. Pensando fosse una buona occasione, raccontò loro l’intera storia e mostrò loro la collana. I ragazzi le confermarono che sul ciondolo era scritto un nome ebraico, ma non seppero dirle nulla di più. Le consigliarono, comunque, di mandare una lettera al Rebbe dei Lubavitch spiegando tutta la faccenda.
Ella scrisse la lettera e ricevette una pronta risposta nella quale era scritto che dai fatti risultava chiaramente che lei era ebrea e che, considerato il fatto che possedeva un particolare talento, avrebbe potuto usarlo in Israele, un posto dove c’era un bisogno disperato di bravi pediatri.
Ella seguì il consiglio del Rebbe e si trasferì in Israele, dove contattò un Beth Din, che la dichiarò ebrea. Fu accettata a lavorare in un ospedale. Presto, incontrò quello che sarebbe diventato suo marito, si sposò e si creò una famiglia.
Alcuni anni più tardi, quando venne compiuto l’attentato terroristico al caffè Sbarro nel centro di Gerusalemme ad agosto del 2001, questa donna stava camminando lì vicino con suo marito. Disse al marito di ritornare a casa dai bambini ed ella si precipitò sulla scena dell’attentato dove prestò i primi soccorsi ai feriti e li accompagnò all’ospedale.
Quando arrivò all’ospedale, incontrò un uomo anziano che era in stato di shock. Stava cercando dappertutto sua nipote che non riusciva più a trovare. Lei cercò di calmarlo ed andò insieme a lui fra i pazienti nel tentativo di cercare la nipote. Chiese all’anziano come avrebbe potuto riconoscerla e lui le fece una rozza descrizione di un ciondolo d’oro che la bambina indossava. Dopo aver cercato tra i feriti, essi finalmente trovarono la nipote che, infatti, indossava il ciondolo. Alla vista di tale ciondolo, la pediatra fu gelata. Si girò verso l’anziano e gli chiese: “Dove ha comperato questa collana?”.
“Non è possibile comperare questa collana” egli rispose, “Io sono un gioielliere ed ho fatto io questa collana. In realtà ne feci due identiche, una per ognuna delle mie due figlie. Questa è la figlia di una delle due, l’altra mia figlia non è sopravvissuta alla guerra”. Così la ragazza ebrea polacca ritrovò suo padre."
grazie ad ALBERTO DI CAPUA ...
Per i “nostrani” sempre pronti alla critica: Non è necessario crederci.
La storia riguardante la collana è stata narrata da Harav Moshè Kupetz shlita’ e poi scritta da Moshe Kormornick.
Tale racconto è stato poi ripreso da vari siti, anche Chabad e cabalistici.
Harav Moshe Kupetz è nato negli USA nel 1939, ha ricevuto la Semicha dall'ultimo Rabbi Gedaliah Schorr ZT"L del Beis Hamedrash Elion a Monsey. E’ considerato un'autorità nella Comunità di Manchester, è un grande oratore.
Il tutto è stato tradotto dall’inglese da mia moglie Haia.
La sintesi del racconto è che il padre aveva realizzato 2 collane per le due figlie.
La moglie fu deportata e aveva con sé una delle due bambine (l’altra si salvò ma non è spiegato come) ed è colei che fu tenuta e cresciuta dalla donna polacca.
Quindi la pediatra è la figlia del signore anziano il quale cercava la nipotina (ovvero la bambina avuta dall’altra figlia che si era salvata dalla deportazione).
Per tutti gli altri, buona lettura.
Alberto.
per i piu' piccoli ...''
https://www.youtube.com/watch?v=dWrRTy8c0Ns