PAOLO E LA SUA TEOLOGIA

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Gianni
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Re: PAOLO E LA SUA TEOLOGIA

Messaggio da Gianni »

Buongiorno, carissima. Yeshùa disse ai suoi: “Voi mi chiamate Maestro … e dite bene, perché lo sono” (Gv 13:13). Il discepolo e la discepola non sono alla pari del maestro. Nella vita, crescendo, il discepolo può superare il maestro. Non così nella vita di fede: noi rimaniamo sempre discepoli, anche a 90 anni, e dobbiamo continuare ad imparare.
Per il culto dici bene: la prima chiesa teneva il culto avendo come modello quello sinagogale.
Passa una bella giornata, amica mia!
stella
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Re: PAOLO E LA SUA TEOLOGIA

Messaggio da stella »

GRAZIE anche a te Gianni ... ed a tutto ''lo staf'' :-)
l,anima mia. ha sete del Dio vivente
stella
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Re: PAOLO E LA SUA TEOLOGIA

Messaggio da stella »

Ma certamente continuo a leggere PAOLO E LA SUA TEOLOGIA .. ;)

se all'inizio mi sono buttata ,volendo divrare tutto e subito , ora vado cauta tranquilla ,cerco di ruminare ;)
beh diciamo ritornando al culto , ma allora agli inzii delle nuove chiese ,comunita' ..come vogliamo chiamarle ''nessuna preghiera era rivolta a GESU' ? ...magari in ISRAELE no ,ma dopo la predicazione di PAOLO cioe' dopo i viaggi di PAOLO che ha portato il messaggio ,il ''vangelo'' anche se non era scritto ,...ma il vangelo (( la lieta notizia)) ai pagani ,non lodavano e ringraziavano anche IL CRISTO? .. no non voglio essere pignola ,ma solo capirci meglio ....c'e' qualcuno (( oltre a Gianni ))che sa darmi risposte ...ma non dubbie ,risposte concrete ...sicure ..''
grazie buona giornata a tutti ..
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Gianni
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Re: PAOLO E LA SUA TEOLOGIA

Messaggio da Gianni »

Cara Stella, Paolo usa l'espressione maratana, e così fa anche Giovanni.
stella
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Re: PAOLO E LA SUA TEOLOGIA

Messaggio da stella »

.GIANNI nessuno ha risposto ,sembra sia proprio cosi ,almeno nella bibbia le uniche volte che troviamo '''preghiere rivolte a GESU' la troviamo in 1 cor. cap.16 vers.22 PAOLO''

poi in apocal.cap 22 vers. 20 ..GIOVANNI .


.1 CORINZI 16:22-24

“Se qualcuno non ama il Signor Gesù Cristo, sia anatema! Maran-atha. 23 La grazia del Signore Gesù Cristo sia con voi. 24 Il mio amore sia con tutti voi in Cristo Gesù. Amen”.

.Maran ‘atha’ è un aramaico parola che si verifica due volte nel Nuovo Testamento si traduce come: “Signore nostro, vieni!” ma che potrebbe anche essere tradotto come: “Nostro Signore è venuto”
allora possiamo dire che e' venuto ,ma che presto ritornera' ..
SI VIENI SIGNORE GESU' ....aspettiamo il TUO ritorno ,..

buona giornata ...a tutti.
l,anima mia. ha sete del Dio vivente
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bgaluppi
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Re: PAOLO E LA SUA TEOLOGIA

Messaggio da bgaluppi »

Ciao Stella. Leggo che maràn athà significa “venga il Signore”, o “vieni, Signore!”, oppure “il Signore è venuto”, come dici tu stessa. Mi pare un'espressione che ha un senso simile a “venga il Tuo Regno” e non è una preghiera vera e propria. Anche in Ap 22:20 abbiamo un'invocazione della sua venuta, che corrisponde alla venuta del regno di Dio. Il regno giunge grazie al messia, che è il rappresentante di Dio. È un aspetto tipico dell'ebraismo invocare in preghiera la venuta del messia. Il credente, che ha già conosciuto il messia, lo invoca come se si rivolgesse a lui: “vieni, Signore!”, ma è sempre Dio che lo manda e dunque è Dio l'uditore della preghiera. Lo disse Yeshùa: “Non spetta a voi di sapere i tempi o i momenti che il Padre ha riservato alla propria autorità” (At 1:7); si tratta dell'autorità di Dio, che opera tramite il Suo rappresentante che è il messia. È Dio che lo manda, non viene di sua volontà.

Avevi letto questo?

http://www.biblistica.eu/phpbb/viewtopi ... 240#p55246" onclick="window.open(this.href);return false;
Luigi
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Re: PAOLO E LA SUA TEOLOGIA

Messaggio da Luigi »

Stella
noi siamo abituati alla messa ,al culto evangelico oppure che so ai T.D.G. ...
puo' sembrare banale ,ma come si svolgeva il ''CULTO EBRAICO che ne Pietro e ne Paolo abbandonarono mai e i discepoli hanno continuato ? ..
ho scritto qui ,non so ,e' comunque una domanda sorta in base al libro ...
Quoto questo stralcio dal post di Stella per esprimere un mio pensiero.
IO non credo assolutamente che i discepoli di Gesù il Signore ,dopo la SUA ascensione, quando si riunivano ,svolgessero ancora i riti che prevedeva la Legge.
Certo agli inizi si incontravano nel Tempio per adorare ed insegnare come scritto in Atti..., ma in breve, dopo l'arresto degli apostoli in varie occasioni "si veda la guarigione del paralitico alla porta detta Bella "Atti 3..", ecco che essi si riunivano nelle case "e non nel Tempio e nemmeno nelle sinagoghe"; infatti essi erano quelli che Invocavano il nome di Gesù, e certo non potevano invocarlo nel Tempio..., da dove erano stati arrestati, ma si riunivano nelle case:
In Atti 20.., Paolo stava insegnando nella casa.. e non nel Tempio, dove resuscita il giovane Eutico.
Altri esempi li troviamo:
Le chiese dell´Asia vi salutano. Aquila e Priscilla, con la chiesa che è in casa loro, vi salutano molto nel Signore…1° Corinzi 16:19

“…Salutate anche la chiesa che è in casa loro "di Aquila e Priscilla.” Romani 16:5

“…Salutate i fratelli che sono in Laodicea, e Ninfa e la chiesa che è in casa sua…” Colossesi 4:15"

“…Paolo, prigione di Cristo Gesù, e il fratello Timoteo, a Filemone, nostro diletto e compagno d´opera, e alla sorella Apfia, e ad Archippo, nostro compagno d´armi, alla chiesa che è in casa tua,grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signor Gesù Cristo…”Filemone 1:1,3

Ecco non credo che svolgessero il culto ebraico, anche in virtù di quanto scrive Paolo ai
Galati 3, 18 Se infatti l'eredità si ottenesse in base alla legge, non sarebbe più in base alla promessa; Dio invece concesse il suo favore ad Abramo mediante la promessa.
19 Perché allora la legge? Essa fu aggiunta per le trasgressioni, fino alla venuta della discendenza per la quale era stata fatta la promessa, e fu promulgata per mezzo di angeli attraverso un mediatore. 20 Ora non si dà mediatore per una sola persona e Dio è uno solo. 21 La legge è dunque contro le promesse di Dio? Impossibile! Se infatti fosse stata data una legge capace di conferire la vita, la giustificazione scaturirebbe davvero dalla legge; 22 la Scrittura invece ha rinchiuso ogni cosa sotto il peccato, perché ai credenti la promessa venisse data in virtù della fede in Gesù Cristo.
23 Prima però che venisse la fede, noi eravamo rinchiusi sotto la custodia della legge, in attesa della fede che doveva essere rivelata. 24 Così la legge è per noi come un pedagogo che ci ha condotto a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede. 25 Ma appena è giunta la fede, noi non siamo più sotto un pedagogo.26 Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, 27 poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo. 28 Non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù. 29 E se appartenete a Cristo, allora siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa.


Ecco, Paolo e i discepoli di Cristo Gesù "chiamati anche cristiani",non potevano riunirsi ed officiare i riti della Legge "che nessuno può osservare a pieno", mentre ancora Paolo scrive, che sopraggiunta la Fede , non siamo più sotto quel Pedagogo "la Legge" verso 25.
Buona serata
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Israel75
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Re: PAOLO E LA SUA TEOLOGIA

Messaggio da Israel75 »

Rm 2,13 Infatti, non quelli che ascoltano la Legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la Legge saranno giustificati.
Shalom
(Giac 4:6) Anzi, egli ci accorda una grazia maggiore; perciò la Scrittura (Is 10:33,Lc 18:14) dice: «Dio resiste ai superbi e dà grazia agli umili».
stella
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Re: PAOLO E LA SUA TEOLOGIA

Messaggio da stella »

Antonio ,si ti ho letto ,ero comunque intervenuta anche io ...ma come vedi ognuno interpreta a suo modo ,io mi astengo ...
Continuate voi ...io ho poco tempo ,vi seguo comunque seppur a singhiozzi ..ora vado ad un messaggio vediamo chi si ricorda di me ...
l,anima mia. ha sete del Dio vivente
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bgaluppi
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Re: PAOLO E LA SUA TEOLOGIA

Messaggio da bgaluppi »

Luigi, se pur concordo con te sul fatto che molte cose cambiarono in seguito alla morte e risurrezione di Yeshùa (basti pensare alla distruzione del tempio nel 70), bisogna tenere a mente che i primi discepoli erano tutti giudei. Yeshùa visse da ebreo, osservava la Torah come tutti gli ebrei ed andava al tempio; il suo insegnamento non porta un nuovo modello di osservanza per i giudei (egli non fonda una nuova religione), non insegnò a riunirsi nelle case e abbandonare i costumi ebraici (lo dice lui stesso che ogni minimo comandamento doveva essere osservato ed insegnato). I giudei che credettero in lui non smisero di essere giudei, ma riconobbero semplicemente che lui era il messia atteso da Israele: prima erano ebrei in attesa del messia, dopo erano ebrei che avevano conosciuto il messia. Cosa successe dopo? Quelli che credevano in lui venivano perseguitati (Saulo aveva il compito di cercarli in giro per le sinagoghe, perché ci andavano), dunque probabilmente iniziarono a vivere assieme e smisero progressivamente di andare al tempio e alle sinagoghe, per via delle persecuzioni. Già Pietro è costretto a negare di conoscere Yeshùa tre volte per non essere catturato anche lui. Immagino che la loro situazione fosse molto difficile.

La sua venuta non determinò l'annullamento della legge, come dice lui stesso, ma piuttosto la salvezza, che la legge non garantiva perché gli uomini non erano in grado di osservarla in modo pieno, come fece lui. È questo di cui parla Paolo: la legge servì da precettore per giungere alla salvezza, che fu poi garantita da Dio come dono gratuito per mezzo di Yeshùa; fu proprio in virtù della sua osservanza della legge che Yeshùa fu resuscitato. Ma per i giudei, quella legge resta, solo che non doveva più essere osservata per la salvezza, già ottenuta gratuitamente attraverso il messia. Paolo parla della legge unicamente in contrapposizione alla salvezza, non dice che la legge non è più valida; e la salvezza ricevuta da Dio non implica che non sia più necessario obbedire alla legge di Dio, che è l'unica legge, implica che si debba obbedire essendo già salvi e non più cercando la salvezza tramite l'osservanza.

Pensa ad un genitore che educa il figlio: quando è piccolo, gli insegna tutto ciò che gli è necessario per poi vivere da adulto; quando è adulto, egli non ha più bisogno del genitore che gli insegni, ma ciò non vuol dire che rinnegherà l'insegnamento ricevuto dal padre (il precettore) per fare quello che vuole. L'insegnamento ricevuto resta in lui, poiché lui è divenuto un adulto sulla base di quell'insegnamento, ma ora cammina da solo, senza bisogno di un precettore che lo istruisca. Tuttavia, quell'insegnamento gli tornerà utile in ogni momento della vita in cui dovrà fare delle scelte. Gli indicherà la giusta via da seguire: “Abbiamo inoltre la parola profetica più salda: farete bene a prestarle attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro, fino a quando spunti il giorno e la stella mattutina sorga nei vostri cuori.” (2Pt 1:19).

Pensa anche a un condannato che riceve la grazia e viene liberato: quando è libero, sarà libero, ma non di fare ciò che vuole perché è stato graziato, e dovrà comunque obbedire alla legge che lo condannava, che resta valida, o sarà imprigionato di nuovo: “Se infatti, dopo aver fuggito le corruzioni del mondo mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo, si lasciano di nuovo avviluppare in quelle e vincere, la loro condizione ultima diventa peggiore della prima. Perché sarebbe stato meglio per loro non aver conosciuto la via della giustizia, che, dopo averla conosciuta, voltare le spalle al santo comandamento che era stato dato loro. È avvenuto di loro quel che dice con verità il proverbio: «Il cane è tornato al suo vomito», e: «La scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango».” (2Pt 2:20-22). Chi crede in Cristo è libero dal peccato; ma se poi continua a peccare (e ciò che è peccato lo dice la legge, cfr. Rm 7:7), non obbedendo al “santo comandamento” (la legge, cfr. Rm 7:12), torna ad essere schiavo del peccato, e dunque il sacrificio salvifico di Yeshùa non gli giova a nulla e non ce ne saranno altri (cfr. Eb 10:26). “Il peccato è la violazione della legge” (1Gv 3:4), dunque non è possibile evitare di osservare la legge, se non si vuol commettere peccato. Chi ci dice ciò che è giusto e sbagliato? La legge, quella stessa legge che Yeshùa osservò. Il cristo ci indica la via non per smettere di osservare quella legge, ma per osservarla in modo pieno, come fece lui. A distanza di duemila anni le cose sono più complesse.

Mentre gli ebrei non dovevano convertirsi ad una nuova religione per credere nel messia, perché lui era ebreo osservante come loro, i pagani dovevano abbandonare i loro culti e stili di vita e convertirsi alla fede nel Dio di Israele, attraverso il messia. Dunque, una differenza c'è indubbiamente tra il prima e il dopo, ma non tanto per gli ebrei che divengono credenti, ma piuttosto per gli stranieri che si convertono a Dio.
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