Mi unisco a Besàseà nel constatare che gli argomenti non vengono mai trattati fino in fondo perché interrotti da altri argomenti. E in ciò faccio
mea culpa, perché a volte ho contribuito anch’io alle divagazioni.
Concordo con lui anche nell’osservare che quando si studia un testo, le fedi e le canonicità vanno messe da parte. Tuttavia, da parte mia faccio notare che della fede degli scrittori biblici occorre pur tener conto, così come si deve tener conto delle loro credenze e di quelle più generali dei loro tempi. Tutto ciò rientra necessariamente nello studio accurato del testo biblico e, nel contempo, non comporta l’adesione dello studioso alla fede espressa da quegli scrittori. Ma se lo studioso vi aderisce è ovviamente libero di farlo e diventa sua adesione personale.
Da parte mia non vorrei assolutamente che qui fosse imposta come requisito di partecipazione al forum l’accettazione delle Scritture Greche come ispirate. Vale il discorso precedente: il riporre fede nella Scrittura è faccenda personale. Il discepolo di Yeshùa accetta le Scritture Greche come ispirate così come l’ebreo accetta il Talmud alla pari del Tanàch. Il biblista indaga tutto ciò che ha a che fare con la Sacra Scrittura e con la cultura ebraica in cui essa è sorta. Studio non vuol dire fede. La fede non si acquisisce con lo studio. Ma la fede può comportare lo studio.
Quello che Besàseà chiama suo piccolo contributo per quanto riguarda le Scritture Ebraiche, non è affatto un piccolo contributo. È invece il grande contributo di un ebraista ad alto livello.
Comprendo benissimo la sua diffidenza verso le Scritture Greche, ma mi permetto di suggerirgli di valutare se il suo pensiero negativo non sia dovuto alle adulterazioni delle traduzioni (che lui stesso lamenta per il Tanàch) e alla pessima mostra che di sé hanno dato le religioni cosiddette cristiane (cattolica in particolare), oltre a farsi venire il dubbio che tali religioni siano una deviazione e un tradimento dell’insegnamento del giudeo Yeshùa. Valutazioni da fare, se vorrà, sempre come studioso, ovviamente.
D’altra parte, come ebraista non può trascurare tutto ciò che attiene all’antica cultura ebraica, compresa la letteratura ebraica apocrifa, le apocalissi giudaiche, le idee della setta dei quamranici e quelle del movimento che fece capo a Yeshùa.
Quanto alla sua affermazione che il cosiddetto Nuovo Testamento non appartiene alla cultura ebraica, dissento. Come studioso so che moltissime frasi, dichiarazioni e comportamenti che vi si leggono sarebbero incomprensibili senza il ricorso alla cultura ebraica (quella biblica, naturalmente). Per dirne una sola, Yeshùa parlava come i rabbini che dicevano “e io vi dico” (
vaanì omèr lachèm), trasformato nella pessima traduzione fatta dai cristiani in “ma io vi dico”, inserendo una contrapposizione alla Toràh assolutamente estranea al rabbi di Nazaret.
Sarebbe interessantissimo fare uno studio delle Scritture Greche con la consulenza di un ebraista. Se ne scoprirebbero di cose!
Intanto andiamo avanti con le nostre discussioni, più o meno profonde.