Riassunto Scritture

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Tony
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Re: Riassunto Scritture

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GIOIA NELLA LEGGE
Il docente di Nuovo Testamento che interrogasse in un semi-

nario degli studenti di teologia su quali idee essi associano d’istinto
con l’ebraismo, riceverebbe una serie di risposte impressionanti,

16 Tanchumà B ki Tissà 12; Ex. Rabbà 32; Num. Rabbà 16.

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che parlerebbero di costrizione della legge, legalismo, ricerca della
ricompensa, giustizia delle opere, conformismo legalistico e via di
questo passo.

Ad una ulteriore domanda, da dove essi possano aver avuto
questa raccolta di luoghi comuni, la maggior parte rimanderebbe
ai manuali o addirittura al catechismo di Heidelberg, la cui terza
domanda da quattrocento anni suona: «Da dove riconosci la tua
miseria?», cui segue, nero su bianco, la seguente risposta: «Dalla
legge di Dio».
| Se già questo è difficile da digerire, che deve dire il lettore
non prevenuto di fronte a brani come quelli che citiamo qui sotto,
che si trovano fino ad oggi nelle opere di teologi di fama di ambe-
due le grandi chiese?

«Perché Gesù rifiuta la prassi religiosa ebraica?», si chiede
Joachim Jeremias; e risponde: «Perché tutta questa legislazione è
opera di uomini contraria al comandamento di Dio». !'

Herbert Braun insegna: «Nonostante l’esplicita assicurazione
che davanti a Dio non c’è preferenza di persona, il pio ebreo
s’aspetta un trattamento d’eccezione, nella misura in cui ha preso
sul serio la Legge; Dio (è) la legge personificata, che accorda al
pio ebreo una condizione religiosa speciale».!*

Secondo Heinrich Schlier «La legge per gli ebrei è diventata
un laccio, nel quale si sono imprigionati». Israele «da lungo tempo
aveva trasformato la Torà di Dio nella legge che esige prestazioni,
la giustizia della fede in un’autogiustizia, e le parole della Bibbia
in opere». Fondamentalmente gli ebrei cercherebbero non Dio, si
dice nel prosieguo, «bensì se stessi», per cui «odiano Dio, a cui
contrappongono la propria conoscenza e ambizione».!?

Adolf Schlatter scrive: «Gesù respinse la tendenza egoistica
dell’ebreo a cercare la propria grandezza e gli mostrò la contraddi-
zione ipocrita nella quale cadeva in questo modo, cercando di co-
prire, con lo sfarzo esteriore... della venerazione della /egge... il
suo interiore estraniamento da Dio».

1? Jeremias J., Neutestamentliche Theologie, I, Giitersloh 1971, 203; tr. it.
Teologia del Nuovo Testamento, Paideia, Brescia, 21976, 240.

Braun H., Jesus. Der Mann aus Nazareth und seine Zeit, Stuttgart 31972,
26.

19 Schlier H., Die Zeit der Kirche, Freiburg 1972, 46, 239ss; tr. it. // tempo
della chiesa, Il Mulino, Bologna 1981, 528.

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La pietà della legge «era apparenza, e i desideri che coltivava-
no erano esclusivamente egoistici. Essi lottavano per il denaro e le
donne». |

In questo modo si continua anche oggi inevitabilmente a pre-
sentare, insegnare e predicare il rapporto degli ebrei con la loro
«legge»; e ciò nonostante che per secoli si sia continuato ad asseri-
re che per gli‘ebrei la legge non è un peso, bensì un onore, non è
un giogo, bensì una gioia; nonostante il fatto che/ l’intera storia
dell’ebraismo sia dovuta esclusivamente alla Torà e alla sua con-
servazione; nonostante il fatto che, secondo il modo di vedere giu-
daico, l’obbedienza alla Torà non cerca di conquistarsi la grazia di
Dio, ma vuole essere piuttosto una risposta di riconoscenza per la
benevolenza dimostrata da lui.

Se le immagini deformanti che sviliscono la concezione giudai-
ca della legge corrispondessero alla verità, anche il discorso della
montagna fatto da Gesù, secondo logica, dovrebbe essere rigettato
come eresia perniciosa. Poiché questo cantico sublime del radicale
amore per il prossimo in fondo non è altro che un insieme ben
compaginato di imperativi altamente etici, la cui osservanza con-
duce alla beatitudine, come sottolinea con vigore Gesù stesso per
nove volte. Si tratterebbe dunque, secondo Calvino e Lutero, di
uno spaventoso esempio di «giustizia delle opere», di legalismo e
di attivismo sfrenato, che sarebbero di casa in tutto e per tutto
nell’etica della Bibbia ebraica? «Tutto quanto volete che gli uomi-
ni facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Questa infatti è la legge
e i profeti» (Mt 7,12). Così disse Rabbi Gesù nella «regola aurea»,
che a buon diritto appartiene al nucleo della cosiddetta «Legge».

Non riesco a sottrarmi all’impressione che la polemica eccle-
siastica contro il presunto impietoso «legalismo ebraico» fin trop-
po spesso serva semplicemente a nascondere i legalismi di casa
propria. Infatti non è che nelle chiese manchino le leggi; né esse
possono e devono essere assenti, poiché nessuna istituzione umana
può sopravvivere senza statuti e norme.

Forse sarebbe il caso di fare per una volta il confronto tra i
dieci volumi del Talmud e il Codex Iuris Canonici o il Codex dei
luterani, per constatare chi propriamente abbia il diritto di definire
un’altra religione come «religione della legge».

20 Schlatter A., Die Geschichte des Christus, Stuttgart 31977, 364. 444.

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Onestamente, continuo a non capire come mai un concetto
fondamentale e centrale in tutte le forme di società come «la leg-
ge», senza il quale sono impensabili i rapporti interumani, abbia
tale sapore proprio nella teologia. E questo per di più nell’Europa
centrale, i cui cittadini sono diventati famosi in tutto il mondo per
la loro etica dell’obbedienza, la loro tradizionale fedeltà alla legge
e il loro amore per la legalità, che a volte minacciò di toccare i
confini dell’esagerazione. In effetti, vivono della legge non solo i
giuristi, le autorità e i politici; anche i fisici, i biologi, i geologi, gli
astronomi e i matematici, tutti gli studiosi e gli scienziati costrui-
scono la propria attività sulle leggi universali della natura, dando
l’impressione spesso di espletare un incarico avuto dall’alto, quan-
do sviscerano i fenomeni dell’universo, ne aprono i segreti alla ra-
gione umana e cercano di accudire al mondo di Dio secondo le sue
leggi.

Quando, nel 1952, all’anziano Albert Einstein fu posta la do-
manda su Dio, la sua risposta suonò: «Non posso liberarmi dalla
grande meraviglia dalla quale continuo ad essere sorpreso ogni vol-
ta che mi immergo nella legge della natura. La semplice presenza
di questa legge sconvolgente è una visione mirabile... Per me que-
sta legge che domina ovunque costituisce una rivelazione che conti-
nuamente sl rinnova. Nella sua precisione e armonia si disvela una
‘gloria’ che invita all’umiltà».

La Legge non è dunque soltanto la somma delle norme stabili-
te da Dio per regolare tutti i fenomeni della natura, ma anche una
delle modalità di rivelazione di Dio stesso, per la quale gli ebrei
ringraziano quotidianamente, lodando il Signore del mondo — co-
me si dice nella nostra preghiera mattutina — «per le meraviglie di
ogni giorno, che tu nella tua bontà operi al mattino, a mezzogior-
no e a sera». Con chiarezza ancora maggiore si dice nel Sal 119:
«In eterno, o Signore, la tua parola è stabile in cielo... Tu hai fon-
dato l’universo ed esso sta saldo, secondo i tuoi ordinamenti esso
sussiste fino ad oggi».

Per la fede biblica dell’israelita in un Dio vivente, che è causa
prima di tutte le esistenze, gli ordinamenti dell’universo o i coman-
damenti fondamentali dell’umanità non hanno un validità atempo-
rale. Essi sono invece il risultato della «disposizione» divina. Non
a caso perciò (in tedesco) ciò che è disposto da Dio è detto «das Ge-
setz», «la legge», sia nel campo della natura sia in quello della cultura.

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Se dunque ogni essere vivente deve piegarsi a una legge supe-
riore, perché «la legge» è caduta in tanto discredito nel pensiero
cristiano? |

La colpa di. questa «cattiva reputazione» di cui gode la «Leg-
ge» ebraica da ormai quasi duemila anti è anche, in parte, della
cosiddetta /egge del taglione, che appartiene al linguaggio preferitò
di coloro che «fanno opinione». Infatti, dalle presentazioni
pseudo-teologiche del «Dio ebraico della vendetta» alla «crudele
morale della ritorsione degli ebrei» il passo è breve. Così scrive, ad
esempio, la Bibbia di Gerusalemme: «E proibito opporgli resisten-
za (al male) a modo di vendetta, rendendo male per male secondo
la regola ebraica del taglione».?!

Il riferimento è, ovviamente, al detto «occhio per occhio, den-
te per dente...», come ha tradotto Martin Lutero. Esso ricorre tre
volte nella Bibbia ebraica, più o meno in questi termini (Es 21,24;
Lv 24,20 e Dt 19,21). Così si scrisse anche nel 1972, dopo l’eccidio
alle olimpiadi di Monaco, in molti giornali tedeschi, i quali — in
riferimento alla richiesta fatta da Israele alla Repubblica Federale
Tedesca, di consegnare gli assassini — spiegavano che l’intenzione
d’Israele «di praticare una politica di ritorsione nei confronti degli
arabi» aveva le sue buone motivazioni veterotestamentarie.

Questa distorsione del dato biblico, che ha inizio già con i pa-
dri della chiesa, si basa su tre errori obiettivi:

1. La vendetta è esplicitamente proibita nella Bibbia ebraica:

21 Fd. 5 1982, p. 2096; nota a Mt 5,39.

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«Non cercare la vendetta..., ma ama il tuo prossimo come te stes-
so» (Lv 19,18), un comandamento questo che viene chiarito e riba-

dito con forza dalla parola di Dio: «Mia è la vendetta, dice il Si-
gnore» (Dt 32,35).

2. Il testo originale suona: «Ma là dove c’è pericolo di vita,
c’è vita per vita, occhio per occhio, dente per dente...». Qui dun-
que non si parla di una persona danneggiata, che deve fare vendet-
ta o ritorsione, ma di chi danneggia, il quale è chiamato davanti al
giudice a riparare il male fatto.

3. Il termine chiave nel passo biblico, fachat, non significa af-
fatto «per», bensì «al posto di».

Perciò Martin Buber, con piena fedeltà al testo e al suo senso,
traduce: «Ma se accade il peggio, una vita va risarcita con una vi-
ta, un occhio con un occhio, un dente con un dente».

In altre parole, la regola universale, di carattere umanitario,
secondo cui si deve misurare con la stessa misura con cui si è mi-
surati, che anche Gesù raccomanda nel Nuovo Testamento (Mt
7,2; Mec 4,24; Lc 6,38), è elevata a principio giuridico in riferimen-
to al risarcimento in denaro e al risarcimento per danni subiti, in
tutti 1 casi di offese arrecate al corpo. Solo in questo senso, di pa-
gamento di un indennizzo, questo versetto biblico fu inteso e usato
nell’ebraismo, già molto tempo prima di Gesù, come attesta chia-
ramente il Talmud.?° Nelle parole della Bibbia di Borromeo: «La
formula, spesso fraintesa, del diritto di vendetta (ius talionis) vale
come fondamento per decisioni giuridiche: non come norma per la
condotta di una persona con un’altra persona». ?

Il diritto del taglione quindi, così contestato, costituisce un
progresso sostanziale nei confronti dell’etica del deserto dominante
nei tempi prebiblici, e un primo passo essenziale verso un affina-
mento progressivo dell’etica umana, che troverà espressione più
tardi nei profeti d’Israele.

Ciò che alcuni cristiani continuano a voler stigmatizzare come
prototipo della morale giudaica della ritorsione, resta fino ad oggi
il fondamento giuridico di tutta la normativa sul risarcimento

Tratto dal libro : Leggere la Bibbia con un ebreo di Pinchas Lapide
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Tony
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