Bibbia e... approcci.

AKRAGAS
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da AKRAGAS »

Il metodo ermeneutico proposto in questo forum di biblistica è biblico?
Stefanotus dopo l’osservazione del metodo giunge a sostenere che esso si avvale di un sistema ermeneutico umanistico, logico, comprensibile, condivisibile, ma non biblico; quindi , come tale la scelta di utilizzare questo approccio denota una scelta giustificata ma sempre arbitraria .
Il risultato di questa sua deduzione, logicamente, è spiegabile semplicemente con il fatto che utilizza strumenti di analisi differenti.
Stefanotus sostiene, invece, di basarsi su un metodo ermeneutico indicato dalla Bibbia stessa riferendosi ad Atti 2.
Atti 2 , ricordiamolo, narra il giorno di pentecoste quando discese lo spirito santo sugli apostoli e molti discepoli che parlarono nelle varie lingue delle Nazioni. Qui leggiamo il momento in cui si apre un' era di universalizzazione del messaggio evangelico.
Da questo presupposto, ipotizzo io, stefanotus deduce che chiunque nel mondo può comprendere la parola divina se sospinto dallo spirito santo indipendentemente dalla conoscenza di paradigmi ebraici.
Non entro nel merito del metodo di stefanotus perché non è stato richiesto da parte sua, ma cercherò di rispondere alla domanda: La bibbia espone esplicitamente che bisogna usare il metodo che utilizza l’analisi mediante paradigmi ebraici avvallandosi della letteratura ebraica ovvero traducendo le Scritture ebraiche e greche alla luce del pensiero ebraico, ben sapendo che quest’ultimo non è univoco?
Per rispondere dovrei accennare alla storia dei cosiddetti “padri della chiesa” i quali hanno sempre sostenuto un sentimento e pensiero fortemente antigiudaico. Ma anche qui lascio perdere perché andremo OT.
Stefanotus forse preferisce una risposta mirata; penso sia corretto rispondere a dovere o almeno provare anche da parte mia per il rispetto che nutro nei confronti di ognuno che entra in questo forum.
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Ma i fratelli subito, di notte, fecero partire Paolo e Sila per Berea; ed essi, appena giunti, si recarono nella sinagoga dei Giudei. Or questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica, perché ricevettero la Parola con ogni premura, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano così. (Atti 17: 10,11 NR)

Cosa fecero questi giudei di Berea per essere reputati di nobili sentimenti; cosa spiega la traduzione della NR ? Semplice, i giudei scrutavano le Scritture ( Tanàch ) per verificare se le parole del vangelo, appena sentite, erano veritiere.
Ora, dico io, questi giudei di Berea , -sottolineo Giudei-, che incontrano Paolo e Sila in sinagoga di sabato, -sottolineo in sinagoga di sabato-, quali paradigmi utilizzarono per verificare le Scritture?
Sempre secondo me, usavano paradigmi ebraici.
Mi sembra lecito e più probabile ipotizzare che degli ebrei usassero pensare per paradigmi ebraici piuttosto che ellenici. No?
Certamente, si potrebbe dire che questa è una interpretazione, ma anche il Testo stesso non dice mai direttamente : devi fare così e così fra duemila anni… è logico dedurre.
Quindi,una prima indicazione implicita, se vogliamo così definirla, la troviamo in Atti 17:11

Che fare alla luce di questo biblico consiglio ?
Personalmente propenderei verso questa deduzione:
Per una lettura delle Scritture Greche confronterei sempre il Tanàch.
Questo è stato il mio personale punto di partenza che penso sia biblico.
Ora, la domanda è: come comprendere il Tanàch dopo millenni e secoli dalla sua redazione?
Una prima risposta te l'ho data, caro stefanotus, il resto si basa su ragionamenti e non su indicazioni esplicite nei termini come tu richiedi.

Saluto :-)
Stefanotus
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da Stefanotus »

Finalmente!!!!!!!!
Grande!!!!
Bravissimo.

Finalmente un discorso concreto!!!
Bene.

Congratulazioni. Sei stato onesto ed hai centrato il bersaglio.
Bene così. Se facessimo tutti post del genere saremmo a cavallo e questa discussione si chiuderebbe in quattro e quattr'otto !!!

La mia sintetica risposta.
Riguardo i bereani concordo.
I bereani erano giudei. Ricevettero cosa? La predicazione cristiana, ossia il messaggio del Cristo risorto. Usarono paradigmi ebraici?
Non è scritto. Possiamo essere d'accordo che li avessero PIENAMENTE, erano giudei in pieno, quindi li avevano.
Verificarono che le cose stessero nella tanakh come gli veniva detto.
Cosa verificarono?
Non lo sappiamo. Ciò che sappiamo è che fino ad allora nessuno di loro aveva davvero capito il Cristo. Nessuno fino ad allora aveva compreso correttamente il messaggio messianico che era contenuto nel tanakh. Lo stesso successe quando il Cristo risorto apparve ai due sulla via di Emmaus. Il Messia risorto gli spiegò dove in tutte le scritture, quindi nel tanakh si parlasse di Lui.
A me sembra quindi che vi era una nuova interpretazione del testo che da sempre li aveva accompagnati e che tanto amavano, studiavano, commentavano e obbedivano.
Gesù mostro una nuova modalità di lettura del Tanakh, basata su di Lui, sul suo sacrificio, etc.
Credo non sia sbagliato supporre che anche i bereani ricevettero lo stesso messaggio e lo verificarono, analizzando che realmente si basasse sul Tanakh, perché infatti Gesù altro non è che la realizzazione delle promesse contenute in esso.

La seconda osservazione in risposta a quanto scrivi è sulla mia citazione di atti 2. Io non ho citato atti due per riferirmi alla discesa dello Spirito Santo. No, non intendevo questo.
Piuttosto intendevo sottolineare come Pietro interpreta i testi del Tanakh. Avevo già prima mostrato come interpretarono in una nuova chiave, profetica e realizzatasi con loro di Isaia 64.
Citando atti 2, troviamo Pietro che cita una scrittura del Tanakh a giudei che lo conoscevano, reinterpretandolo e spiegando come questo si sia realizzato in quel momento!

Dalla spiegazione di Pietro non troviamo uso di paradigmi ebraici. Egli non fa ricorso alla tradizione orale. Egli non cita alcuni degli strumenti che tanto si condividono in queste pagine. Addirittura Pietro cita il testo greco del Tanakh, la septuaginta, non il testo ebraico. Quindi non discusse assolutamente nulla in termini linguistici ebraici per poi spiegarlo in greco o altro.
(Evito di citare il miracolo per cui ognuno sentisse le cose grandi di Dio nella propria lingua natia e non in ebraico eppure le comprendessero senza problemi interculturali o linguistici)

Pietro quindi da una nuova interpretazione dei versi del Tanakh.
Biblicamente quindi abbiamo una chiara (ma non la prima) indicazione di come si interpretassero questi testi ...

Questo ovviamente è ciò che noto io nel testo biblico del nuovo testamento quando espone interpretazioni del Tanakh.
Molte altre ne presenta e tutte in questo modo... Mai in altro modo.
Indipendentemente se ci si rivolge a pagani o ebrei.

Come chiudo questo primo serissimo post?
1) vedo come utilissime le considerazioni ebraiche fatte sul testo del Tanakh. Come utili gli studi sugli usi e costumi che li circondano.
2) vedo quindi utile studiare i paradigmi ebraici per capire le difficoltà del popolo ebreo nel capire l'innovazione teologica portata dal Cristo, che in fondo avevano sempre avuto in mano.
3) non vedo nessun accenno biblico al fatto che i testi greci debbano leggersi con paradigmi ebraici. (Nel tanakh invece i cenni ci sono ma non in termini di necessità interpretativa!)
4) vedo nel Nuovo testamento molti riferimenti ad una lettura cristologica del testo del Tanakh e di conseguenza tutta una serie di nuove interpretazioni del volere di Dio.
AKRAGAS
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da AKRAGAS »

Sono d'accordo sul fatto che diverse sezioni del NT sono riferite a interpretazione innovativa , in chiave messianica, tuttavia altre sezioni dello stesso mantengono modelli esegetici come per esempio l'uso del midrash, pesher, allegoria, regole usate dalla scuola di Hillel, ecc. che facevano parte dei metodi usati nei giudaismi del I Secolo.
Questo si evidenzia facendo una ricerca comparativa tra il NT e i modelli di giudaismo (tannait, Qumran, ecc).
Facendo questi studi si evidenzia che i vari metodi ermeneutici usati dai vari autori del NT risultano essere presenti e scritti in un modo intrecciato tra loro.
Quindi, non solo il metodo innovativo è presente nel NT.
Altri metodi sono assimilabili in parte a quelli del Talmud .

Secondo me il problema è un altro: noi non siamo autorizzati a fare nuove interpretazioni con le stesse modalità degli apostoli, ovvero non possiamo aggiungere né togliere nulla di quanto è già stato scritto; possiamo solo comprendere le Scritture cercando di usare metodi che non siano anacronistici e, soprattutto, innovativi.
Altro punto: il fatto che nel NT si evidenzi una nuova chiave di lettura nei confronti di alcune parti del Tanàch , questa non deve chiudere le porte a tutto il resto.
Tutto ciò mi porta a concludere che i giudei-messianici del I Secolo furono in termini di ermeneutica piuttosto conservatori rispetto ai contemporanei giudei-non messianici.
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bgaluppi
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da bgaluppi »

non vedo nessun accenno biblico al fatto che i testi greci debbano leggersi con paradigmi ebraici
L'accenno è insito nel testo stesso, nel modo in cui gli agiografi si esprimono, nel linguaggio tipicamente concreto e spesso iperbolico che è proprio della mentalità semitica e affatto di quella occidentale. Porto un piccolo esempio, tra i tanti. Un occidentale che crede in Yeshúa e si accinge alla lettura del vangelo, fará fatica a comprendere quanto espresso da Yeshúa in Lc 14:26:

“Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo.”

Come può Yeshúa incitare all'odio verso i genitori e al disprezzo della propria stessa vita, se la Scrittura insegna ad amare il prossimo come se stessi e onorare il padre e la madre? Se non si sa che per un ebreo "odiare" può significare "amare di meno", poiché in ebraico tale sfumatura non esiste, puó sorgere un problema di comprensione. Tale problema, ovviamente, non sussisteva per gli interlocutori di Yeshúa, tutti ebrei. Nell'ebraico biblico non esistono sfumature di contrasto: o si ama o si odia. Tale problema interpretativo del versetto lucano è chiarito dal passo parallelo di Mt 10:37, che recita:

“Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me.”

La fede in Yeshúa non risolve affatto questo potenziale problema interpretativo. Ed è nella risoluzione di tali problemi interpretativi che si concentra l'approfondimento biblico. La conoscenza delle categorie mentali degli ebrei dell'epoca, invece, risolvono tale problema. Pertanto, un discorso è leggere certe parti della Scrittura sotto la luce cristologica (penso ad Is 53, ad esempio, o, come dice Stefanotus, interpretare certe parti alla luce del sacrificio di Cristo), un altro è comprendere il testo in modo profondo.
vedo nel Nuovo testamento molti riferimenti ad una lettura cristologica del testo del Tanakh e di conseguenza tutta una serie di nuove interpretazioni del volere di Dio
Sono d'accordo sulla lettura cristologica, ma non sulla "nuova interpretazione del volere di Dio". Parlerei piuttosto di una "rivelazione" del volere di Dio in una forma nuova, in relazione a certe parti della Scrittura, ma non in termini assoluti.

Quindi, la lettura cristologica non ci consente comunque di comprendere la Scrittura Ebraica se non si posseggono anche certi strumenti di comprensione. Secondo me è importante distinguere la lettura della Scrittura sotto la luce della fede in Yeshúa come il Cristo dallo studio approfondito del testo biblico come percorso di conoscenza.
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Gianni
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da Gianni »

Bravo Akragas. Hai centrato il punto. Come giustamente dici, “noi non siamo autorizzati a fare nuove interpretazioni con le stesse modalità degli apostoli, ovvero non possiamo aggiungere né togliere nulla di quanto è già stato scritto; possiamo solo comprendere le Scritture”.

In At 2 Pietro non usa né tantomeno espone un metodo ermeneutico. Egli spiega la vicenda di Yeshùa alla luce della Scrittura, e lo fa da apostolo ispirato.

Siamo noi oggi a dover usare un metodo ermeneutico per capire le parole di Pietro e il resto della Bibbia.
Scopriamo allora, tramite l’indagine, che c’è un kèrygma post-pasquale presinottico nei discorsi pietrini e un kèrygma post-pasquale presinottico negli scritti paolini, che è più evoluto.
Antonio LT
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da Antonio LT »

Antonio tu dici che:
"Un occidentale che crede in Yeshúa e si accinge alla lettura del vangelo, fará fatica a comprendere quanto espresso da Yeshúa in Lc 14:26"

Poi dici che:
"Tale problema interpretativo del versetto lucano è chiarito dal passo parallelo di Mt 10:37"

Antonio scusa ma allora se non si stacca un versetto e lo si interpreta come ci pare non è chiaro che,senza conoscere le categorie mentali degli ebrei,la Bibbia risponde e sa rispondere da se?

Hai fatto tu stesso l esempio e il passo di Matteo che è sempre nel Vangelo chiarisce tutto...ovviamente solo se alle scritture ci poniamo con mente libera...allora non servono aiuti di altri testi non biblici!
Stefanotus
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da Stefanotus »

Sono d'accordo sul fatto che diverse sezioni del NT sono riferite a interpretazione innovativa , in chiave messianica, tuttavia altre sezioni dello stesso mantengono modelli esegetici come per esempio l'uso del midrash, pesher, allegoria, regole usate dalla scuola di Hillel, ecc. che facevano parte dei metodi usati nei giudaismi del I Secolo.
Ciao Akragas.
Bene, sono contento che tu abbia intenzione di confrontarti con me apertamente. Mi permetto di farti notare però una cosa.
Mentre la reinterpretazione in ottica Cristologica è chiaramente espressa nel N.T... gli strumenti che tu citi non vengono citati.
Nessuno nega che li abbiano continuati a usare. Non nego che si possano rilevare ad attente analisi e osservazioni....
Ma potrebbe darsi pure che... (cerca di capirmi, è un esempio) potrebbe darsi che un russo rilevi con la stessa metodologia di analisi altri strumenti interpretativi provenienti dalla sua cultura! Non so se riesco a spiegarmi ma... è come se io da siciliano possa pensare che usassero espressioni siciliane, perché alcuni versetti mi ricordano il modo di dire di mia nonna!
Quel che voglio dire è che non nego che si possano notare certi paradigmi... ma dico che "l'interpretazione cristologica" è esplicitata nel testo, le altre no.
Questo genere di interpretazione quindi si può dire biblica... l'altra la si usa "arbitrariamente", perché in pratica si tende a volerla usare perché la si conosce, la si gradisce, la si ritiene valida... mi spiego?
Tutto qui.
Quello che cerco di dire dall'inizio della discussione è che credo sia lecito usare i paradigmi che citi tu, ma sia anche lecito in termini biblici, utilizzare anche altri metodi, ugualmente giustificabili razionalmente. Anzi, secondo me, maggiormente giustificabili in termini biblici.

Aggiungo un esempio. Molto spesso Gesù dice: voi avete udito questo... ma io vi dico quest'altro.
Non entro nella diatriba dei contenuti, ma voglio farti notare il dettaglio. Gesù conosceva "il vecchio", annunciava "un nuovo". Conosceva la loro interpretazione, ne dava maggiore dettaglio, innovava, migliorava o quanto altro volete dire voi.

In questo senso quindi, direi che se io leggessi Isaia, certamente andrei a leggere cosa i rabbini avevano commentato o scritto in merito a quel testo. Lo riterrei certamente utile. Conoscere la mentalità del popolo di Dio al tempo di Isaia ancora di più. Ma creerei un equilibrio nell'uso di questi strumento. Valuterei che ciò che è scritto nella Bibbia "è ciò che Dio" ha voluto lasciarci, su quello dovremmo meditare in ogni tempo.
I testi rabbinici, possono esser utili a comprendere delle sfumature.
Ma ogni scrittura può anche esser letta in ottica cristologica.
Tutto qui.
E' un'approccio diverso certo. Non è l'unico possibile, lo comprendo.
Ma è altresì valido e accettabile, come quello di chi decide di leggere il nuovo testamento in ottica SOLTANTO ebraica.
Sono scelte prese "a priori" dell'analisi testo stesso alla fine.
Secondo me il problema è un altro: noi non siamo autorizzati a fare nuove interpretazioni con le stesse modalità degli apostoli, ovvero non possiamo aggiungere né togliere nulla di quanto è già stato scritto; possiamo solo comprendere le Scritture cercando di usare metodi che non siano anacronistici e, soprattutto, innovativi.
Mi permetto di correggerti secondo il mio punto di vista.
Che noi non siamo autorizzati a interpretare (non fare nuove interpretazioni) con le stesse modalità apostoliche, non lo so. Questo dipende se tu ti rispecchi nella loro posizione o no, e soprattutto cosa dice la Bibbia in merito alle generazioni future di "credenti".
Ma se io rileggessi un testo di esodo, e lo ricollegassi alle parole di Gesù in modo corretto... e quindi lo interpretassi come fossero un unico libro, scritto da un unico autore... non credo di essere in errore. Non credo nemmeno di aggiungere nulla al testo. Le nostre interpretazioni sono solo tentativi di comprendere. Non scriviamo NULLA di nuovo del testo biblico. Mi spiego?
Interpretare un testo non significa aggiungere testi biblici.
Quindi quando citi "non possiamo aggiungere niente allo scritto" secondo me è fuori luogo. Interpretare un testo non è aggiungere qualcosa alla rivelazione biblica, ma semplicemente "comprenderla" in una chiave che la Bibbia stessa espone (quanto meno, provarci).

Spero tu mi comprenda e prosegua con questo spirito.
Ti chiedo però la gentilezza, con puro sentimento di affetto, di scrivermi privatamente, perché abbandono definitivamente il forum.
Stefanotus
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da Stefanotus »

Antonio, hai scritto che sei d'accordo ad una lettura cristologica del testo biblico. Ottimo.
Quindi ci siamo arrivati: esistono metodi diversi di lettura dell'intera bibbia, proprio come mostrato nel testo stesso. Ti ricordo cosa hai scritto tu più volte: la Bibbia non mostra metodi interpretativi.
Ora invece lo sai, la Bibbia li mostra.

Quindi ti ripongo la domanda e torno in topic (poi vi abbandono) dopo questa semplice premessa.
Dopo tutte queste analisi ti ho dimostrato esplicitamente (contrariamente a quello che ha sostenuto Gianni più e più volte) che la Bibbia espone metodi ermeneutici. La Bibbia espone esplicitamente dei metodi interpretativi del suo testo stesso.
E per giorni mi avete detto di no, ora invece lo avete visto. Per me il risultato è raggiungo e ringrazio Dio, il creatore, per questo.

Io valutando molto più approfonditamente di così l'ermeneutica esposta nella Bibbia e collocando la mia posizione dinanzi a Dio conseguente a quanto accade nel Nuovo Testamento, mi permetto di chiamare questa metodologia "ermeneutica biblica". L'ermeneutica si può chiamare biblica non solo perché studia COME si dovrebbe "secondo qualcuno" interpretare la Bibbia (che è ciò che fate voi). L'ermeneutica si può chiamare biblica anche quando NASCE dall'analisi fatta da come il testo biblico interpreta sé stesso!

E allora ti domando, la tua ermeneutica, i tuoi metodi, quelli basati sui paradigmi ebraici, sulla tradizione orale etc etc... Puoi chiamarli biblici ancora o solo solo scelte arbitrarie fatte da te a priori?
Sono metodi biblici perché trovano riscontro nella Bibbia, o solo perché tu stabilisci di utilizzarli PER la Bibbia?

La risposta tu, credo che me l'hai già data più volte: non sono metodi biblici, perché non vi è alcun riferimento esplicito del loro uso nel testo ispirato. Sono solo secondo te metodi biblici, per il semplice motivo che qualcuno prima di te li usava per interpretare la Bibbia. Ma nella Bibbia vi sono tracce indirette. Credo che se fossi onesto con me, avresti molto materiale su cui riflettere.

Dio vi benedica e vi dia l'intelligenza e il cuore per comprendere bene quale sia la Sua volontà per le vostre vite.
Ultima modifica di Stefanotus il sabato 13 agosto 2016, 15:40, modificato 2 volte in totale.
noiman
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da noiman »

Stefanotus :YMHUG: che fai vai in ferie...? :-(
Ultima modifica di noiman il domenica 12 febbraio 2017, 23:46, modificato 1 volta in totale.
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Gianni
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da Gianni »

A me sembra che Stefanotus confonda l’ermeneutica con l’attualizzazione biblica e l’accomodazione biblica, che sono cose ben diverse.
L’ermeneutica è l’insieme delle regole interpretative che vengono stabilite solo ed unicamente dopo aver studiato l’intera Bibbia.
Leggere in chiave cristologica c’entra poco e nulla con l’ermeneutica.

Faccio degli esempi.

In Sl 7:9 è detto: “Sei il Dio giusto che conosce i cuori e i reni”. Usare qui la chiave cristologica sarebbe come usare una chiave elettronica per aprire una vecchia serratura tradizionale. In questo passo, se vogliamo capire cosa vuol dire, abbiamo solo una strada: impiegare l’ermeneutica biblica. Il che comporta conoscere l’antropologia biblica. Si scoprirà allora che nel modo di pensare ebraico il cuore era la sede dei pensieri e i reni la sede della coscienza. Il passo, quindi, tradotto in occidentale, dice: “Sei il Dio giusto che conosce le menti e le coscienze”. Questo è ciò intendeva lo scrittore ebreo ispirato.

In Ec 10:2 è detto che “il saggio ha il cuore alla sua destra, ma lo stolto l'ha alla sua sinistra”. Anche qui la chiave cristologica non serve a nulla. Tentare di usarla produrrebbe lo stesso effetto che usare una chiave inglese per fissare un minuscolo dado di un ingranaggio in un orologio.
Potete poi stare svegli tutta la notte a lambiccarvi il cervello per capire perché mai “il saggio ha il cuore alla sua destra”. Ora sapete che il cuore è la mente, ma perché mai a destra? Lo si scopre solo attraverso l’ermeneutica biblica indagando il modo di pensare ebraico dei tempi biblici.

In 1Cor 15:3-5 troviamo la formula paolina del kèrygma della risurrezione di Yeshùa e se lo paragoniamo a quello pietrino di At 2:23,24 notiamo che è più progredito. Anche qui la chiave cristologica è fuori luogo: dice già tutto il testo. E non serve neppure l’ermeneutica. Possiamo solo studiare attentamente e poi fare una corretta esegesi.
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