Bibbia e... approcci.

Stefanotus
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da Stefanotus »

Gianni, nella seconda epistola di Paolo ai Corinzi, al capitolo 3, troviamo Paolo che in un suo discorso parla di coloro che leggono "il vecchio patto" utilizzando un velo negli occhi che non gli permette di comprendere bene il messaggio di Dio. Ed egli dirà al verso 15 proprio così: "Ma fino a oggi, quando si legge Mosè, un velo rimane steso sul loro cuore; però quando si saranno convertiti al Signore, il velo sarà rimosso.". Toh guarda... non parla di conversione degli ebrei?

In atti 3, troviamo Pietro nel tempio che spiega i miracoli fatti nel nome di Gesù. Al verso 19 verso gli ebrei astanti dice: "Ravvedetevi e convertitevi perchè i vostri peccati siano cancellati". Mi pare chiaro che il messaggio di conversione a Cristo era diretto anche a loro, ebrei di nascita che non lo riconobbero come Messia.

Che la conversione inoltre sia un'atto dovuto in generale nella fede cristiana, emerge anche dall'epistola pastorale di Paolo a Timoteo, in cui gli insegna che il servitore di Dio, non deve essere "convertito di recente". (1 Timoteo 3:6)

Quando Pietro si recò a Lidda e Saron, incontrando la popolazione ebraica di quei luoghi, grazie alle opere potenti di Dio, questi si "convertirono al Signore". (atti 9:35).

Ma anche qui ci stiamo allontanando dal topic in generale. Tornerei se possibile sul discorso della torah orale e dell'inutilità di questa in termini spirituali ed ermeneutici.
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Gianni
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da Gianni »

Stefanotus, troppa carne al fuoco. Mi limito a risponderti su 1Ts. Ecco il contesto:
“Siate sempre allegri. Pregate incessantemente. Circa ogni cosa, rendete grazie. Poiché questa è riguardo a voi la volontà di Dio unitamente a Cristo Gesù. Non spegnete il fuoco dello spirito. Non trattate le profezie con disprezzo. Accertatevi di ogni cosa; attenetevi a ciò che è eccellente. Astenetevi da ogni forma di malvagità”. 1Ts 5:16-22, TNM.
Come vedi, il contesto è alquanto ampio. Tu non puoi isolare le profezie ed applicare ad esse l’invito ad attenersi a ciò che è eccellente. Tra l’altro, questa applicazione è completamente errata, perché le profezie sono ispirate e in esse tutto è eccellente. Sarebbe un assurdo trarre dalle profezie solo ciò che è eccellente. La stessa cosa vale per la Bibbia. Paolo non si riferisce alla Scrittura, perché anche qui sarebbe assurda l’esortazione ad attenersi solo a ciò che nella Bibbia è eccellente. Nella Bibbia tutto è eccellente. Quindi, di che parla Paolo?
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Gianni
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da Gianni »

Stefanotus, non fermarti alle traduzioni. Indaga la Bibbia, quella vera. Prova a fare una ricerca sul verbo ἐπιστρέψῃ. Di scoperte ne farai.
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bgaluppi
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da bgaluppi »

"le profezie sono ispirate e in esse tutto è eccellente. Sarebbe un assurdo trarre dalle profezie solo ciò che è eccellente"

Quando si fa uso di ragionamento, il fitto bosco inizia a diradarsi.
Antonio LT
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da Antonio LT »

Gianni se puoi dirmi in che punto non ti ho risposto o capito grazie
Stefanotus
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da Stefanotus »

Perdonami Gianni, stiamo divagando troppo, quindi non risponderò più oltre questo post su off topic.

Quando Paolo dice di ritenere il bene ai tessalonicesi il contesto è ampio si, ma non infinito. Tu sostieni che non possa da questo testo isolare le profezie ed applicare ad esse l’invito ad attenersi a ciò che è eccellente. A me pare di si invece. Dio non può aver chiesto di ritenere il bene dalla gioia del verso 16 o dalla preghiera del verso 17!
Il verso 19 finisce con un punto, un motivo ci sarà. Il verso 20, comincia con una frase nuova e dice: " Non disprezzate le profezie ma esaminate ogni cosa e ritenete il bene; astenetevi da ogni specie di male.". Mi pare molto chiaro ed evidente così senza dover complicare troppo le cose.

Inoltre secondo me sbagli ancora di più quando mi contraddici dicendo:
Tra l’altro, questa applicazione è completamente errata, perché le profezie sono ispirate e in esse tutto è eccellente.
Nella Bibbia di ispirato io conosco solo la Scrittura (soffiata da Dio vd. 2 Timoteo 3:15,16,17) non le profezie. Il principio per il quale bisogna ritenere il bene dalle profezie (in quanto lo Spirito di Dio è sottoposto ai profeti, quindi questi possono interferire ) è ripetuto altre volte nelle Scritture.
Giovanni scrisse: "Non crediate ad ogni spirito, ma provate gli spiriti per sapere se son da Dio... Ogni spirito che confessa Gesù Cristo venuto in carne è da Dio... Voi avete l'unzione dal Santo e conoscete tutti" (1 Giovanni 2:20; 4:1-3). Riguardo il giudizio da dare alle profezie e nel ritenere il bene Paolo dice espressamente "Parlino due o tre profeti e gli altri giudichino" (1 Corinzi 14:29; 12:10).

Ma non vado oltre perchè ovviamente è chiaro che la pensiamo diversamente su queste cose.

Tornando alla discussione quindi, mi pare dimostrato chiaramente che la tradizione orale, aggiunta per volere umano alla legge di Dio scritta, non abbia un valore "spirituale" o ermeneutico di necessità.
Se vi sono al contrario prove bibliche che dimostrano il contrario, fatemele pure notare.
Grazie.
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Gianni
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da Gianni »

Stefanotus, sta scritto: “Sappiate prima di tutto questo: che nessuna profezia della Scrittura proviene da un'interpretazione personale; infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell'uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo” (2Pt 1:20,21). Ribadisco quindi che quando siamo esortati a considerare ogni cosa (πάντα, pànta, “tutte le cose”; non le profezie), non si sta parlando di profezie (nelle quali tutto è eccellente).

Sulla tradizione orale, se vuoi capirlo (e anche Antonio LT), non è ragionevole prendere una posizione estrema: né prenderla tutta come ispirata né buttarla tutta nel cestino.

Comunque, hai ragione su un punto: la pensiamo diversamente.
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bgaluppi
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da bgaluppi »

πάντα δὲ δοκιμάζετε, τὸ καλὸν κατέχετε
esaminate ogni cosa e ritenete il bene (NR)

Il verbo non é riferito alle profezie, ma a πάντα, che é l'accusativo plurale dell'aggettivo neutro πᾶν e significa "tutte le cose", "ogni cosa", in senso assoluto, non specifico. Paolo dà un consiglio in generale, da attuarsi "in tutte le cose", non solo con le profezie (ma anche con le profezie), a cui il verbo non si riferisce. Inoltre, la particella δὲ esprime senso di opposizione e distinzione rispetto a ciò che é stato detto prima: "ma piuttosto prendete in considerazione ogni cosa".

Bisogna anche capire, dunque, di quali profezie si sta parlando. Non certamente quelle già contenute nella parola ispirata di Dio, il Tanach, ma di quelle eventuali a venire. Infatti, come Gianni ha fatto notare, 2Pt 1:20,21 attesta, parlando della Scrittura (il Tanach, naturalmente), che “nessuna profezia della Scrittura proviene da un'interpretazione personale; infatti nessuna profezia venne mai dalla volontà dell'uomo, ma degli uomini hanno parlato da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo”.
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bgaluppi
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da bgaluppi »

Per quanto riguarda 2Cor 3:16, invece, il testo greco ha ἐπιστρέφω (epistrèfo, epí + strèfo), che, seguito da πρός (o ἐπὶ) e l'accusativo di qualcuno o qualcosa, significa "ritornare" o "far ritornare", "riportare". Il testo di 2Cor 3:16 é uno di questi casi:

ἡνίκα δὲ ἐὰν ἐπιστρέψῃ πρὸς Κύριον, περιαιρεῖται τὸ κάλυμμα.
"però quando saranno ritornati al Signore, il velo sará rimosso" (trad. dal greco)

Ritroviamo questa costruzione in 1Pt 2:25:

"Poiché eravate erranti come pecore, ma ora siete tornati al pastore [ἐπεστράφητε νῦν ἐπὶ τὸν Ποιμένα] e guardiano delle vostre anime." (NR)

In questo caso, la NR traduce correttamente, cosa che non fa la Did, che traduce "convertiti" (ma la ND traduce "tornati" :-O ). La stessa cosa non vale per l'altro versetto, in cui la NR traduce diversamente. C'è da chiedersi il motivo, visto che la costruzione grammaticale é la stessa...

In Lc 1:16 assume il senso di "riportare", sempre con ἐπὶ e accusativo:

καὶ πολλοὺς τῶν υἱῶν Ἰσραὴλ ἐπιστρέψει ἐπὶ Κύριον τὸν θεὸν αὐτῶν
"convertirà molti dei figli d'Israele al Signore, loro Dio" (NR)

La traduzione corretta, invece, è: "ricondurrà molti dei figli d'Israele al Signore loro Dio". (CEI)

Di nuovo, la NR preferisce utilizzare il termine "convertire", non proprio corretto e fuori luogo nel contesto. Infatti, a parte la grammatica, come si può convertire a Dio chi già venera Dio? Ma poi, in Gc 5:19, traduce di nuovo correttamente: "Fratelli miei, se qualcuno tra di voi si svia dalla verità e uno lo riconduce indietro...". In questo caso, un credente già convertito non avrebbe potuto essere convertito di nuovo; buon per la NR, che traduce correttamente in questo caso. :YMAPPLAUSE:

Da tutto ciò si capisce come sia davvero importante imparare a conoscere la Scrittura dal testo originale, e non fare affidamento solo sulle traduzioni. Quantomeno, è importante verificare se tutte le traduzioni sono concordi, e, se non lo sono, chiedersi perché.
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Gianni
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Re: Bibbia e... approcci.

Messaggio da Gianni »

Grazie, Antonio, per aver chiarito il significato del verbo greco.
E ringrazio anche Stefanotus perché con la sua citazione ci ha permesso – se vogliano – di imparare qualcosa proprio sul modo corretto di approcciare il testo biblico. E di conseguenza anche su un modo che non dovremmo mai adottare, che è quello di basare l’interpretazione biblica su una traduzione.
Deve essere chiaro che qualsiasi traduzione biblica non è la Bibbia. La Bibbia vera è una sola: quella dei testi originali. La Bibbia è ispirata, le traduzioni no.

Circa il verbo ἐπιστρέφω (epistrèfo), possiamo sintetizzare così: in senso transitivo significa “girare a” e può riferirsi a “girare a” l'adorazione del vero Dio oppure “girare a” qualcosa (all'amore, alla rettitudine, all'obbedienza di Dio); in senso intransitivo significa “girarsi”, “tornare indietro”.
Come sempre, è il contesto che ne dà poi la precisa sfumatura.

Il vocabolo derivato - ἐπιστροφή (epistrofè) – esprime l’atto di “girare a”. Nella Bibbia lo troviamo una sola volta, e precisamente in At 15:3: “Attraversarono la Fenicia e la Samaria, raccontando la conversione [ἐπιστροφὴν (epistrofèn)] degli stranieri”. La traduzione di NR qui è corretta. Infatti solo un pagano può convertirsi.
Un ebreo (ma anche un discepolo di Yeshùa) che pecca e poi si pente, non ha bisogno di convertirti ma casomai di “girare a”, di tornare alla pura adorazione di Dio.

Ciò ci fa capire come sia completamente sbagliato parlare di “conversione di San Paolo”. Infatti Paolo credeva già nel Dio d’Israele e a Lui rimase sempre fedele. Non aveva certo bisogno di convertirsi. Egli accettò poi il Messia, ma ciò non è affatto conversione.

Questo esame ci ha permesso di vedere come a volte le traduzioni siano superficiali e, peggio ancora, risentano del credo religioso del traduttore. Il traduttore cristiano parlerà volentieri di conversione di Paolo e degli ebrei, perché mette gli ebrei sullo stesso piano degli stranieri. Alla fine è questo tipo di traduttore che ha bisogno di convertirsi, abbandonando il pagano cristianesimo per volgersi all’Unico vero Dio, il Dio di Israele e di Yeshùa stesso.
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