Il peccato e la ricaduta in esso

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bgaluppi
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Il peccato e la ricaduta in esso

Messaggio da bgaluppi »

“Ciò che faccio, io non lo capisco: infatti non faccio quello che voglio, ma faccio quello che odio. Ora, se faccio quello che non voglio, ammetto che la legge è buona; allora non sono più io che lo faccio, ma è il peccato che abita in me. Difatti, io so che in me, cioè nella mia carne, non abita alcun bene; poiché in me si trova il volere, ma il modo di compiere il bene, no. Infatti il bene che voglio, non lo faccio; ma il male che non voglio, quello faccio. Ora, se io faccio ciò che non voglio, non sono più io che lo compio, ma è il peccato che abita in me. Mi trovo dunque sotto questa legge: quando voglio fare il bene, il male si trova in me. Infatti io mi compiaccio della legge di Dio, secondo l’uomo interiore, ma vedo un’altra legge nelle mie membra, che combatte contro la legge della mia mente e mi rende prigioniero della legge del peccato che è nelle mie membra”. (Rm 7:15-23)

In questo passo, Paolo mette in evidenza come dentro ogni credente esista un conflitto: sappiamo ciò che è bene e ciò che è male, perché siamo stati purificati da Yeshùa e il Suo esempio ci illumina, ma ricadiamo in ciò che non vogliamo fare spinti dalla parte corrotta che è dentro di noi. Se odiamo i molluschi, non li mangiamo. E allora perché, nonostante odiamo il peccato, ci ricadiamo? Se odiamo peccare, dovremmo non peccare, proprio come non mangiamo i molluschi. Purtroppo, io mi trovo spesso in questa condizione, per questo ho deciso di creare questo argomento.

"Ognuno è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce" (Giacomo 1:15)

Non mangiare qualcosa che non ci piace è facile, poiché è una reazione fisiologica; ma resistere alla concupiscienza è altra cosa, poiché quella ci tenta dall'interno e Satana sa come sfruttarla ed amplificarla. In questo caso, siamo di fronte ad una battaglia con forze potenti che, da dentro, ci spingono a fare ciò che non vogliamo veramente fare, facendo leva sulle passioni umane legate alla materia e su tutto ciò che di perverso esiste dentro di noi.

"Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo" (Mc 7:20-23)

Provo ad esternare una mia convinzione, che vi prego criticare se vi trovaste in disaccordo. E' scritto: "Nessuno, quand'è tentato, dica: "Sono tentato da Dio"; perché Dio non può essere tentato dal male, ed egli stesso non tenta nessuno" (Giacomo 1:13). Detto questo, penso che il ricadere nel peccato sia anche un'ottima occasione per migliorarsi e diventare sempre più immuni ad esso. Non siamo perfetti come Yeshùa, ma dobbiamo cercare di diventarlo migliorandoci sempre più durante il percorso. Con ciò non intendo assolutamente giustificare il peccato, ma a volte credo che bisogna stare attenti a non essere troppo duri con noi stessi e rendersi conto che, nonostante abbiamo ricevuto la verità tramite la fede, siamo sempre sottoposti al peccato, fino alla morte. Se cadiamo nell'errore di sentirci indegni e irrimediabilmente recidivi ogni volta che pecchiamo, questo può portarci lontani da Dio, poiché Satana sa sfruttare bene ogni momento. Se, invece, riconosciamo umilmente il nostro errore e facciamo un esame di coscienza, chiedendo il perdono di Dio e la forza di non commettere più quel tipo di peccato, proponendoci di non commetterlo più, riusciremo a liberarcene. Se continuiamo a cadere in quel peccato, significa che non preghiamo abbastanza e non manifestiamo al Padre il bisogno del Suo sostegno.

Allora, se pecchiamo, non abbattiamoci, ma preghiamo il Padre e confidiamo nel Suo sostegno. Da soli non possiamo vincere il peccato.
stella
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Re: Il peccato e la ricaduta in esso

Messaggio da stella »

Condivido tutto ciò che hai scritto Antonio ,hai fatto una bella esposizione ...
Volevi il nostro punto di vista? Si credo ci troviamo tutti in questa situazione ,siamo nella carne i combattimenti sono giornalieri ,cadiamo ,ma ciò che conta è rialzarci con l'aiuto di Dio ...
Si perché se cadiamo nel pantano e c'è ne rendiamo conto ,chiediamo aiuto ed il buon padre ci tira fuori e ci riveste ...se non ce ne rendiamo conto allora restiamo nel pantano ...e se rifiutiamo l'aiuto ci piace restare nel pantano allora è diabolico
Perché pecca re è umano ,ma perseverare è diabolico ...io la vedo così ..pace e bene a tutti buona giornata :YMHUG:
l,anima mia. ha sete del Dio vivente
marco
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Re: Il peccato e la ricaduta in esso

Messaggio da marco »

Caro Antonio, ma quanto peccato è concesso senza rischiare di offendere Dio?
Uno, dieci o più al giorno?
Migliorarsi ogni giorno va bene, ma credere che lasciarsi andare "qualche volta" al peccato sia un'ottima occasione per migliorarsi e diventare sempre più immuni ad esso, potrebbe essere anche un idea satanica.
Se crediamo che Dio ci ha eletti tra tutti, donandoci la vera fede, allora non possiamo immergerci nel peccato e nella concupiscenza, per rispetto di Chi ci ha chiamati.
marco
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Re: Il peccato e la ricaduta in esso

Messaggio da marco »

Buona giornata anche a te, cara Stella. :YMHUG:
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Gianni
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Re: Il peccato e la ricaduta in esso

Messaggio da Gianni »

Grazie, Antonio. Hai fatto delle considerazioni non solo molto profonde ma anche molto spirituali. E realistiche.
Tu hai detto, giustamente, che “bisogna stare attenti a non essere troppo duri con noi stessi e rendersi conto che, nonostante abbiamo ricevuto la verità tramite la fede, siamo sempre sottoposti al peccato, fino alla morte”. Ciò che dici è notevole; è anche profondamente biblico; tocca finanche delicati meccanismi psicologici che possono segnare la differenza tra l’uscirne del tutto distrutti o più rinforzati.
“Bisogna stare attenti a non essere troppo duri con noi stessi”. Occorre distinguere i momenti. Proprio Paolo che citi, si comportava duramente con se stesso: “Tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù” (1Cor 9:27). Ma, attenzione. Ciò lo faceva per non peccare, possiamo dire preventivamente. Cosa diversa, se si è già peccato. In tal caso, come dici bene, “bisogna stare attenti a non essere troppo duri con noi stessi”. Infatti, sempre Paolo, nel constatare che in lui agisce il peccato, conclude: “Me infelice!” (Rm 7:24). Abbiamo dunque che:
• Il credente odia il peccato;
• Il peccato è però una realtà da cui il credente non è esente;
• Per evitare il peccato, il credente si conduce con fermezza;
• Il credente può tuttavia peccare, “infatti non c'è uomo che non pecchi” (2Cron 6:36);
• Se pecca, ha “un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto. Egli è il sacrificio propiziatorio per i nostri peccati” (1Gv 2:1,2); Paolo stesso, dove aver preso atto di essere infelice, dice: “Chi mi libererà da questo corpo di morte? Grazie siano rese a Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore”. - Rm 7:24,25.
• Non prendendo alla leggera il peccato, il credente che pecca non è accondiscendente, con la scusa che “la carne è debole”, ma non commette neppure l’errore di andare all’estremo opposto, essendo così duro con se stesso al punto di sentirsi indegno per sempre. Chi pecca ha bisogno di essere “perdonarlo e confortarlo, perché non abbia a rimanere oppresso da troppa tristezza”. - 2Cor 2:7.
• “Ci sarà più gioia in cielo per un solo peccatore che si ravvede che per novantanove giusti che non hanno bisogno di ravvedimento ... v'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede”. - Lc 15:7,10.
Occorre infine distinguere tra un singolo peccato e la pratica del peccato: “Se qualcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo, il giusto” (1Gv 2:1), ma “chiunque continua a commettere [ποιῶν (poiòn), participio presente, indicante l’azione continuata] il peccato trasgredisce la legge [la Toràh]: il peccato è la violazione della legge [la Toràh]”.
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bgaluppi
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Re: Il peccato e la ricaduta in esso

Messaggio da bgaluppi »

Gianni, hai colto alla perfezione quello che ho fatto fatica ad esprimere.

Caro Marco, grazie. Lo so, la tua è una domanda giusta, ma se ci fosse un "limite" alla pazienza di Dio, saremmo già tutti condannati, e Yeshua non sarebbe mai morto. Ora, però, quello che dici è giusto, nel senso che non bisogna “lasciarsi andare" al peccato, anzi bisogna guardarsene. Ciò in cui forse non mi sono espresso benissimo è che se cadiamo nel peccato, perché ci cadiamo e ci cadremo, dobbiamo stare attenti a non sentirci di aver "deluso" Dio o aver fallito con Lui, poiché l'unico modo per rattristarlo è non rendersi conto dei propri peccati e non chiedere perdono, smettere di chiedere il Suo aiuto. Se ci sentiamo "indegni", potremmo essere tentati a non pregare, come se non fossimo abbastanza puri da parlare con Dio. Ma adesso non dobbiamo aver più timore ad accostarci al trono di Dio, poiché Yeshua ci ha purificati. Nel peccato si cammina su una sottilissima cordicella, e Satana è pronto in ogni momento.
marco
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Re: Il peccato e la ricaduta in esso

Messaggio da marco »

Ma certo caro Antonio che dobbiamo chiedere perdono a Dio.
Qual'è il peccato lecito? Forse quello commesso involontariamente.
Ma un figlio di Dio non deve commettere in maniera volontaria azioni peccaminose.
Allora dove sta l'amore per Dio?
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bgaluppi
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Re: Il peccato e la ricaduta in esso

Messaggio da bgaluppi »

Il punto del discorso non è nel peccare volontariamente, nessuno ha detto questo. La mia riflessione è incentrata su come dobbiamo reagire. Paolo era duro con il suo corpo, forse troppo, e lo manifesta in quel bel passo da me citato in apertura. Lui cercava di non peccare, in ogni modo, e quindi quando peccava questo lo faceva soffrire (me infelice! come rimarca Gianni). La mia riflessione è sul fatto che bisogna cercare di non peccare ma quando pecchiamo non bisogna essere duri con noi stessi (mi sento indegno di chiedere perdono a Dio), o troppo indulgenti (tanto sappiamo che il Padre perdona), poiché Satana sa sfruttare ambedue queste situazioni. Camminiamo sul filo del rasoio.
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Gianni
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Re: Il peccato e la ricaduta in esso

Messaggio da Gianni »

Dici bene, Antonio.
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bgaluppi
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Re: Il peccato e la ricaduta in esso

Messaggio da bgaluppi »

Ciao Antonio, poni una interessante questione, che forse meriterebbe una cartella apposita. Per adesso ti rispondo qui. La parola δίκαιος (díkaios), giusto, occorre ben 80 volte nelle Scritture Greche! Altri passi che ti posso citare al volo sono Mt 5:45, Lc 1:6, At 10:22. Giovanni lo usa solo 3 volte e mai in riferimento a uomini. In ebraico è צַדִּיק (zaddiq), e ricorre nelle Scritture Ebraiche 206 volte. Un esempio è Gn 6:9: "Noè fu uomo giusto, integro, ai suoi tempi; Noè camminò con Dio". Secondo me non bisogna confondere "essere giusti" con "essere perfetti". In seguito alla disubbidienza adamica, nessun uomo può essere perfetto se non il Messia; anche chi accetta il Messia non diviene perfetto, ma, grazie a lui, ottiene giustificazione presso Dio. La radice della parola ebraica, zadak, sembra suggerire il senso di "duro", "diritto"; pesi e misure sono chiamati zadek (Dt 25:15; Lv 19:36). Sembra che il senso sia che una cosa o un uomo o Dio stesso siano niente altro che "nel modo in cui devono essere". Per questo, se si dice che Dio è "giusto", con questo non si intende necessariamente "buono". In Es 23:7 assume senso giuridico. É solo nei Profeti che la parola sembra assumere senso altamente morale (Amos 2:6; 5:12,23; Is 5:7). Dopo l'esilio il termine assume senso individuale, e definisce la relazione che un uomo deve avere con Dio, la sua "disposizione di cuore" (Ez 13:22; 14:14). Il plurale zedakah connota le azioni buone che provengono dall'uomo con la giusta disposizione verso Dio. Questo sembra essere il senso del termine nella Scrittura Ebraica.

Alla luce di ciò, cosa può voler significare Yeshua, secondo te?
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