Interpretazione dei significati alternativi delle scritture

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Maria Grazia Lazzara
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Re: Interpretazione dei significati alternativi delle scritture

Messaggio da Maria Grazia Lazzara »

Una frase mi ha colpito di Gualtiero
La verità non sta tutta da una parte , neanche dalla mia. Io dico Va cercata è per questo che bisogna essere aperti a 365 gradi.
La verità non ce l'ha nessuno in tasca , ma io sono convinta di una cosa che in tutte le epoche ,quello che noi possiamo chiamare un avvicinarsi alla verità è risieduta in menti libere , in esseri fuori dall ordinario , originali, che appaiono incredibili , definiti anche eretici indomabili per le loro idee fuori dai copioni , incomprensibili e per questo fraintesi .
Jeshùa forse vanta il primato fra questi .
Gualtiero
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Re: Interpretazione dei significati alternativi delle scritture

Messaggio da Gualtiero »


Buonasera a tutti
Gianni la notte è fatta per riposare, non riposare fa male. Il sonno è parte di pane.
Fai con calma così dai il tempo a chi legge di recepire, altrimenti va in confusione. Non è una sfida a chi risponde prima.
Ho letto velocemente il tuo scritto, ci sono cose che condivido e cose che non condivido.
Questo fine settimana non sono andato da nessuna parte, ma stasera esco fuori a cena, (già sono in ritardo) e domani vado fuori a pranzo e sicuramente faremo cena.
Appena avrò tempo la settimana entrante darò una risposta.

X AEmin
Anni fa feci una approfondita ricerca sulla etimologia di θεός. Il termine rimane comunque di etimologia incerta. Però ho fatto delle scoperte che mi hanno portato a capire che theos non ha propriamente il significato di Dio. Ne parlerò un po' quando darò la risposta a Gianni.
Per quanto riguarda la fonte che chiedi non so che dirti erano dei miei appunti.
Comunque non credo sia difficile trovarla. Fai una ricerca inserendo -Károly Kerényi e "θεός"-

X Maria Grazia
Tu sei molto perspicace e questo è ammirevole. Cercherò di darti una risposta appena avrò risposto a Gianni.

Un saluto a tutti e buona Domenica.
Gualtiero



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Gianni
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Re: Interpretazione dei significati alternativi delle scritture

Messaggio da Gianni »

Cara Maria Grazia e tutti, al di là della domanda che hai posto a Gualtiero e a cui sarà ovviamente lui a risponderti, vorrei soffermarmi a riflettere sui pensieri che hai espresso, perché hai toccato non solo questioni importanti ma anche di metodo.

Tu inizi col dire che non è una questione di grammatica ma di sano sapere, e aggiungi: “Allora cerchiamo di capirci”.
Sì, Maria Grazia, cerchiamo di capirci. Di cosa stiamo parlando? A questa discussione è stato dato, non certo da me, questo titolo: “Interpretazione dei significati alternativi delle scritture”. Che cosa vuol dire? Io vi colgo un invito ad interpretare i significati alternativi che vengono dati alle Scritture. Il che già appare confuso, per non dire male impostato.

Che alle Scritture possano essere dati significati alternativi fa parte della biblistica. Ne è un esempio proprio il prologo giovanneo, di cui stiamo discutendo. Il significato che gli danno i cattolici (e, a ruota, i protestanti) e che il lògos è Dio, la seconda persona della loro trinità. Nel significato datogli dalla Watchtower è invece Gesù come prima creatura celeste di Dio. Per Gualtiero è altro. Non è una questione di grammatica, tu dici, eppure alla grammatica (in senso generale, perché c’è di mezzo anche il vocabolario e la sintassi) si ricorre subito. Ad esempio traducendo theòs con “divino”, come fa la Watchtower con sprezzo del vocabolario (il greco ha per “divino” un apposito vocabolo, che Giovanni non usa). Ora, dovremmo interpretare questi vari significati alternativi? A me pare assurdo. Questi significati alternativi si possono commentare e discutere, ma se dobbiamo interpretarli siamo alla interpretazione dell’interpretazione. Domanda: chi mai poi interpreterà la nostra interpretazione dell’interpretazione? Sarebbe un circolo infinito che ci porterebbe lontanissimi dalla Scrittura. Capisci, Maria Grazia, quanto sia sballato il titolo dato a questa discussione? Se lo puntualizzo non è per fare le pulci alle espressioni ma per sottolineare la confusione di fondo. Amica mia, abbiamo già la Sacra Scrittura da interpretare, e una vita non ci basta. Ci mancherebbe che ci mettiamo ad interpretare le interpretazioni. Che se poi una interpretazione va interpretata, meglio buttarla via, perché significa che è confusa in sé.

Il “sano sapere”, dici. Mi piace questa tua espressione. Senza entrare nel merito di quale sapere, la sua sanità deve essere caratterizzata da un modo sano di pensare, il che include la logica e il ragionamento. Ho molto apprezzato, Maria Grazia, che tu in varie occasioni abbia detto di voler usare la tua testa, riferendoti alla tua esperienza tra i Testimoni di Geova, in cui vige il pensiero unico ed è vietato pensare in proprio. Sano sapere, dunque, modo sano di pensare, usando raziocinio e logica.

Tu hai compreso che secondo Gualtiero “il logos non inizia nessun percorso verso il Divino” ma piuttosto si tratta di “provenienza dal Divino” e “quindi il logos è la prima emanazione del Divino”. Da parte mia faccio presente che Giovanni parla Dio, non del “Divino”. Questo aggettivo lo usa la Watchtower che manipola il testo biblico per far credere che Giovanni si stia riferendo a Yeshùa, così traduce il sostantivo theòs con l’aggettivo “divino”. Ribadisco che per questo aggettivo il geco ha un apposito termine: θεῖος (thèios), che è ben diverso da theòs. In tutto il suo Vangelo Giovanni non lo usa mai. Quanto al “percorso”, Gualtiero parla di “prima emanazione divina” dopo aver sostenuto che è incontestabile che la preposizione pròs indichi un “movimento verso”. “Emanazione” e “movimento verso” a me sembrano inconciliabili. Non so a te.

Ora ragioniamo, Maria Grazia (e tutti). Parliamo pure di “prima emanazione divina”. Giovanni dice che “in principio c’era la parola”, il lògos. La parola, per essere parlata, necessita di qualcuno che parli. In Genesi è detto che “Dio disse”. Iniziò in questo modo tutta la creazione. Ma attenzione a non leggere alla lettera. Dio non è un uomo che parla. E poi, “disse” in quale lingua? In aramaico o ebraico che neppure esistevano? È del tutto ovvio che siamo di fronte ad un modo molto concreto di esprimere concetti altrimenti inesprimibili. È entrando in questa ottica che Giovanni può dire che all’inizio c’era la parola. E prima dell’inizio? C’era Dio, come in Genesi.

Se capiamo la concretezza del pensiero ebraico, in cui la parola di Dio non è il suo parlare letterale, possiamo capire poi a cosa vuole arrivare Giovanni: a Yeshùa. Ma in che modo? Nella stessa maniera che l’omileta di Eb esprime in questi termini: “Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1,2). Giovanni risale ad ancor prima dei profeti, risale all’inizio di tutto, come in Genesi. Dopo dirà che quella parola, la parola sapiente di Dio, la parola creatrice di Gn, la parola espressa tramite i profeti, si è fatta carne nella persona umana di Yeshùa, che disse sempre e solo la parola di Dio, specificando che non era sua ma appunto di Dio.
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Maria Grazia Lazzara
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Re: Interpretazione dei significati alternativi delle scritture

Messaggio da Maria Grazia Lazzara »

Buon giorno Gianni ,
Al di là della definizione con cui è stata aperta questa pagina ,
Cerco di spiegarla con le tue stesse parole
Tu dici correttamente la Scrittura parla degli occhi , delle orecchie , della narici ,naso , di Dio , modo di esprimersi concreto , nulla da obiettare in ciò , ma spieghi correttamente poi che Lui non ha occhi , orecchie , naso e allora ? È quì che entra il metodo alternativo che poi è quello vero , esprimere in altre parole quelle vere il significato in termini spirituali , occhi , orecchie,naso ,e sono concetti astratti ma comprensibili , arrivabili per chi non è bambino ,ma un bambino ti direbbe : ma come vede se non ha occhi? entra nella logica ,prova a rispondere a questa domanda . Dio non ha occhi ma è incontestabile che vede . Ma non ci fermiamo lì , cerchiamo di capire l'indefinibile la sequenza di avvenimenti , è quì che a mio parere entra Gualtiero o la fonte da cui lui attinge , e quindi arriviamo a come vogliamo chiamarlo ? Un'ulteriore interpretazione ? Necessita di una ulteriore spiegazione il metodo alternativo ? Si , perché come io non posso fermarmi al fatto che non ha occhi , orecchie ecc..
Vado oltre e poi oltre .

Se ci fosse mia madre mi direbbe : Ma vuoi entrare nell'Arcano di Dio ? Svelare l' Arcano è quello che l'uomo ha sempre affascinato , ma siamo consapevoli dei nostri limiti , ma giungere a certe consapevolezze appaga un pò e ti stupisce e ti sorprende ed è come capire appena la nostra origine

E quindi diamo spazio al dialogo , siamo d'accordo su alcuni punti ? Bene mettiamoli in evidenza . E poi procediamo come hai detto tu un punto alla volta .
AEnim

Re: Interpretazione dei significati alternativi delle scritture

Messaggio da AEnim »

Gualtiero ha scritto: sabato 23 settembre 2023, 21:51 X AEmin
Anni fa feci una approfondita ricerca sulla etimologia di θεός. Il termine rimane comunque di etimologia incerta. Però ho fatto delle scoperte che mi hanno portato a capire che theos non ha propriamente il significato di Dio. Ne parlerò un po' quando darò la risposta a Gianni.
Per quanto riguarda la fonte che chiedi non so che dirti erano dei miei appunti.
Comunque non credo sia difficile trovarla. Fai una ricerca inserendo -Károly Kerényi e "θεός"-
Ho insegnato per alcuni anni privatamente letteratura poetica e drammatica per lo spettacolo.
Non ho mai incontrato nei testi consultati una sovrapposizione dei termini teatro e dio/dei.

Anche io ho una etimologia alternativa: dal vedico Dyauh. Funzionerebbe tutto, eppure, anche se fosse, non si porta dietro del tutto il significato.

Un tempo lo dicevo solo io e pareva fossi matta, fantasiosa, 'gnurant e soprattutto new age, ora lo dice pure la wikipedia
Nelle lingue di origine latina come l'italiano (dio), il francese (dieu) e lo spagnolo (dios), il termine deriva dal latino deus (a sua volta collegato ai termini, sempre latini, di divus, "splendente", e dies, "giorno") proveniente dal termine indoeuropeo ricostruito *deiwos. Il termine "dio" è connesso quindi con la radice indoeuropea: *div/*dev/*diu/*dei, che ha il valore di "luminoso, splendente, brillante, accecante", collegata ad analogo significato con il sanscrito dyáuh. Allo stesso modo si confronti il greco δῖος e il genitivo di Ζεύς [Zèus] è Διός [Diòs], il sanscrito deva, l'aggettivo latino divus, l'ittita šiu.

Il problema è che quando un termine, meglio, un suono, trasmigra, sempre meno si porta dietro il suo significato, ma è più facile che ne venga spompato per poi essere rimpompato con nuovi significati (questa è Linguistica). Tanto poco conterebbe la radice originaria che lo stesso termine, 'dio', con il concetto moderno, in inglese è god, ed allo stesso modo i suoi significati o parte di essi possono tranquillamente essere attribuiti ad altra radice, fra le lingue dell'est europeo la radice bor o bog, la radice jum, dum, la radice got, gut, gud, god, che hanno provenienza diversa e non possono essere ricondotte a diauh o dev, e traducono da secoli l'ebraico Elohim e HaShem.

Tutto ciò si vede molto bene anche considerando che la derivazione diauh/diaus è piuttosto certa per Zeus, ma, nonostante ciò, Zeus conserva del Dyauh (notare il suono ya-uh) vedico solo qualche caratteristica, tutto sommato molto poco, tanto è vero che è un dio fra gli dèi, al vertice di un pantheon come 'padre/origine' degli stessi, ma Dyaus è qualcosa di diverso, in quanto è l'attività creante, ovvero il dio unico in 'stato' attivo, e, si, crea anche le 'divinità', che sono potenze (sono un po' come dei malachim) che a loro volta producono l'esistente (e questo attraverso il completo sacrificio del SenzaNome, ovvero lo stesso Dyaus in stato passivo, cioè ciò che esisteva quando nessuna cosa esisteva); ma nella mitologia e nella religione greca i particolari della creazione vedica vanno per lo più perduti e anche l'identità di Dyauh che presto va a sovrapporsi ad Indra, una sorta di Zeus indiano).

-----------

Un altro elemento di linguistica che devi considerare è la formazione del termine tecnico che, ovunque, avviene in due modi:
- conio di un nuovo termine
- prestito dal linguaggio comune o anche da altro linguaggio tecnico, spompaggio dei suo sensi e rimpompaggio di nuovi sensi;

Il teatro greco lo devi considerare un ambito tecnico, gli ambienti ebraico-ellenistici che utilizzavano il linguaggio greco così come è stato utilizzato nella traduzione dei Settanta li devi considerare un altro ambiente tecnico, e tutto ciò che attiene al religioso greco un altro ambiente tecnico ancora (questo secondo è tecnico solo rispetto alle possibili destrutturazioni dei sensi del linguaggio comune delle classi meno erudite, di fatto anche questo è un modo per un 'crearsi' di termine tecnico, un modo un po' anomalo, infatti non è menzionato nei processi linguistici in questo modo ma allo stato dei fatti è così).
Perciò quando da quest'ultimo il termine theos esce dal linguaggio religioso del mito e del culto ed entra nel linguaggio teatrale viene spompato di alcuni significati e ricaricato di altri.
Perciò questo "«è specificatamente greco dire di un evento: "È theós!»" è sicuramente vero, ma solo ed esclusivamente nel suo contesto e nell'epoca in cui ciò avviene.

Ti faccio presente che in più civiltà si assiste a grandi cambiamenti nel momento in cui il religioso sale sul palcoscenico teatrale il quale muta il percepito religioso (e questo avviene in India come in Grecia).
Quando siamo nel teatro greco ti ricordo che siamo in un'altra religione di fatto, anche se questa sembri parlarando della prima, essere lo stesso, in realtà è un modo radicalmente differente che sposta ciò che appariva esterno, e quindi proiettato, all'interno della coscienza.
Qui siamo in due processi, quello estetico, e quello catartico.
Quando si mette in moto il processo catartico, cioè quando sono guarito, non credo più negli dèi.
E non è un caso che alcune religioni ostino alla teatralizzazione, che è un processo di sviluppo ed assunzione di coscienza come quello del bambino che inizia a distinguere fra realtà e fantasia attraverso la favola.

Certamente anche il 'vedere' ha a che fare con il religioso e con il dio (vedere il dio, ma soprattutto essere visti dal dio), e qui non mi addentro perchè altrimenti poi non mi ferma più nessuno. Tuttavia no, non è il dio. Il senso si stacca e diventa autonomo.

C'è un ultimo elemento da considerare che è lo scrittore e lo scritto ambiguo, che mentre comunica ai suoi, però strizza l'occhiolino quasi a far credere qualcosa a quegli altri che potrebbero leggere quelle cose. Sono mascheramenti che vengono molto usati in ambienti culturali ove vi sia censura da temere (e fra questi fenomeni sarei propensa ad annoverare anche il linguaggio gnostico). Questo fenomeno, può essere anche involontario, ovvero è il lettore che vuole immaginare la strizzatina d'occhio, o magari non vuole ma semplicemente succede che legga secondo la propria cultura (o assenza di cultura).

E' certo, ad esempio, che il persiano che avesse conosciuto l'ebraico ed avesse letto il primo versetto di genesi, avrebbe letto be rosh itberà al posto di bereshit barà (e non è sbagliato, ovviamente), e si sarebbe detto: ah, si, è il mio dio, ok posso stare tranquillo; perchè il suo dio crea con il pensiero, nella mente, prima della manifestazione della parola.
E' vero che poi questo be rosh itberà prende talmente senso anche nell'ebraismo che lo troviamo tradotto nei testi aramaici che iniziano con beukhema, nella sua saggezza. Io adoro questo beukhema, è molto indiano.

Anni fa, prima di frequentare il primo anno del corso di Sanscrito e Indologia all'Orientale di Roma, e di conseguenza di dover avvicinare la Linguistica, avevo anche io un sacco di cose del genere che mi frullavano per la testa, di impressioni, di punti interrogativi. Mi sono tolta un sacco di dubbi.

Quindi, a meno che tu non dimostri che Giovanni in realtà avesse una doppia vita e di giorno frequentava i cristiani mentre di notte era un adoratore di Diauh ed all'alba ed all'imbrunire scrivesse invece per il teatro, per il rasoio di Occam va considerato che il suo termine theos sia specificatamente 'tecnico' e proprio del contesto della Settanta, oppure va dimostrato che invece egli in realtà fosse uno gnostico e scrivesse, in un doppio registro per ovviare censure, con un linguaggio ambiguo applicabile tanto all'ambito gnostico quanto a quello più ebraico semi-orthodosso (per quanto lo potrebbe essere qualche cristianesimo rispetto ai cristianesimi gnostici), cosa ardua perchè affermazioni straordinarie si caricano dell'onere della prova con prove altrettanto straordinarie.
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Re: Interpretazione dei significati alternativi delle scritture

Messaggio da Gianni »

AEnim, ho solo due considerazioni.

(1) È dalla quarta ginnasio che incontro l’indicazione “radice indoeuropea”, che è tuttora usata. Ebbene, una lingua indoeuropea non è mai esistita. Nelle grammatiche di greco che usavano al Liceo Classico molto spesso, accanto ad un nome greco veniva segnalato: “Radice indoeuropea xyz”. La verità è che non è stata mai ritrovato neppure un piccolo documento, neppure uno minuscolo quanto un francobollo, in indoeuropeo. Le presunte radici che si leggono qua e là sono unicamente una ricostruzione fantasiosa dei grammatici. Il filologo classico e linguista Giovanni Semerano ci ha scritto un libro, intitolato eloquentemente La favola dell'indoeuropeo.

(2) La questione della parola italiana “dio” per l’ebraico non si pone neppure, perché la parola tradotta “Dio” è nella Bibbia Elohìm (אֱלוֹהִים), un plurale di intensità che significa “miei dei", che poi non se sia corretto tradurre così, usando la parola “dio”. A mio avviso andrebbe mantenuta la forma ebraica, il cui singolare è El (אל) o anche Eloah (in accadico Il o Ilu, in arabo Allah). Con questo nome era designata la divinità dai popoli del Medio Oriente antico.

Cfr. https://www.biblistica.it/?page_id=255.
AEnim

Re: Interpretazione dei significati alternativi delle scritture

Messaggio da AEnim »

Gianni ha scritto: domenica 24 settembre 2023, 17:24 AEnim, ho solo due considerazioni.

(1) È dalla quarta ginnasio che incontro l’indicazione “radice indoeuropea”, che è tuttora usata. Ebbene, una lingua indoeuropea non è mai esistita. Nelle grammatiche di greco che usavano al Liceo Classico molto spesso, accanto ad un nome greco veniva segnalato: “Radice indoeuropea xyz”. La verità è che non è stata mai ritrovato neppure un piccolo documento, neppure uno minuscolo quanto un francobollo, in indoeuropeo. Le presunte radici che si leggono qua e là sono unicamente una ricostruzione fantasiosa dei grammatici. Il filologo classico e linguista Giovanni Semerano ci ha scritto un libro, intitolato eloquentemente La favola dell'indoeuropeo.
Uhh, guarda, lascia stare. Tu saprai che l'arte dell' etimologia (sanscr. nirukta, ma nirukta significa anche 'interpretazione') inizia nell'Antica Grecia, ed è una storia di moltissime (quasi la maggior parte) false etimologie. Un gioco bellissimo e da conoscere, praticamente una sorta di locus letterario (come il locus horridus, il locus amoenus, il descensus ad inferos, etc. molto vicino ai racconti dell'età dell'oro, l'aurea aetas in cui le parole volevano dire quello che veramente volevano dire prima di un tremendo deterioramento, in pratica il Gan Eden delle parole e poi, si sà, le parole hanno peccato allontanandosi dagli dèi, e quindi con tutte le conseguenze che puoi immaginare. Da qui la necessità di ricondurle al loro 'vero' significato originario. Ora non mi ricordo chi nell'antica grecia faceva cotali etimologie e narrava cotali mitologie delle parole, mi sfugge, me lo dovrei andare a rivedere, c'ho un vuoto di memoria tremendo.
Le scienze linguistiche moderne occidentali, ad impianto scientifico nascono più o meno verso la seconda metà del 1800, avendo secoli di false credenze da correggere.

Ti dirò di più, in un certo periodo trovavi anche che le lingue europee derivassero per lo più dal sanscrito, oppure ad un certo punto si è cominciato a leggere che il sanscrito derivasse dalle lingue indoeuropee.
Ehhh?! Mettetevi d'accordo allora. E tu pensavi: Questi sono completamente matti, è una bufala. Prima dici una cosa, e poi anni dopo l'opposto (parlo per lo più della manualistica liceale e della divulgazione).


Allora, l'indoeuropeo non è una lingua, e non è una proto-lingua, ma un insieme di lingue (non so se conosci l'albero linguistico) che hanno 'qualcosa in comune', delle matrici comuni, che distingue tale insieme da altri insiemi. Ciò può far supporre l'esistenza di una proto-lingua. Da qui in poi è una cosa per specialisti. Io ho l'introduzione alla Linguistica equivalente di un primo anno universitario e poco più, ma studiata da sola dopo le lezioni di linguistica incluse nel sanscrito. Bellissimi libri ma per me leggere non è come confrontarsi con un docente in aula, cosa che dà molto maggiore comprensione, memoria, e grandemente minor fatica.
Evidentemente se ci sono state delle proto-lingue esse precedono la scrittura quindi non puoi avere documenti scritti in una protolingua.
Comunque io nelle questioni delle protolingue non entro perchè è complesso ma ... ecco non sono fra quelli che dicono che le attuali conoscenze scientifiche non possono giungere a delle determinazioni in merito.

Come vedi tutte le lingue che ho citato sopra appartengono all'Europa, e le radici dei termini per lo stesso concetto sono molto diverse.

La questione è questa, a seconda della 'scuola accademica' di appartenenza, tu hai un Vedico 1 e Vedico 2, oppure un Vedico 1, Vedico 2, e Vedico 3 per chi vede tre fasi (sta cosa ancora se discute), quasi tre lingue ben distinte fra loro (con tratti comuni ovviamente e più o meno derivanti l'una dall'altra, oppure pensala come la normale evoluzione di una lingua talmente grande che è tale che l'ultima fase riconosce con difficoltà la prima).
Poi tu hai un totale decadimento del Vedico, che cmq è sempre esistito come lingua elitaria in mezzo a decine e decine di lingue pràcrite. Di fatto il Vedico diventa Sanscrito, una lingua che non è lingua madre di nessuno e si può solo imparare, ma esclusivamente tecnica ed elitaria, stavolta l'èlite non è solo religiosa ma è la lingua della più alta cultura.
Allora ci sono delle radici che sono indubbiamente vediche, e che sono passate nelle lingue del gruppo linguistico chiamato 'indoeuropeo'. Dopodichè il sanscrito prende le sue radici sicuramente dal vedico, ma anche è una lingua costituita per comporre linguaggi tecnici e quindi assumere termini e radici da altre lingue e inglobarli secondo le proprie regole. Questi termini e radici provengono dai pràcriti indiani, e da qualunque altro ogniddove, comprese lingue europee. Quindi si registra un certo scambio.

Diverse lingue europee pescano da più ceppi linguistici. Ora in ceppi linguistici diversi lo stesso suono potrebbe appartenere, o forse sarebbe meglio dire generare, campi semantici molto diversi.
Radice indoeuropea significa che quella radice appartiene ed è circolata fra le lingue indoeuropee più o meno con un campo semantico comune abbastanza vicino. Poi nelle diatribe fra i credenti e i miscredenti delle proto-lingue, non voglio entrare :D
Non dice però molto di più.

Questo Albero della formazione e derivazione delle lingue è questo, è bello e suggestivo ma vecchiotto, non è aggiornato ai più recenti panorami linguistici.

(2) La questione della parola italiana “dio” per l’ebraico non si pone neppure, perché la parola tradotta “Dio” è nella Bibbia Elohìm (אֱלוֹהִים), un plurale di intensità che significa “miei dei", che poi non se sia corretto tradurre così, usando la parola “dio”. A mio avviso andrebbe mantenuta la forma ebraica, il cui singolare è El (אל) o anche Eloah (in accadico Il o Ilu, in arabo Allah). Con questo nome era designata la divinità dai popoli del Medio Oriente antico.

Cfr. https://www.biblistica.it/?page_id=255.
Ecco, qui, nota dolens, molti ebrei non ne vogliono sapere di riconoscere le derivazioni/comunanze dalle/con lingue del Medio Oriente antico.
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Re: Interpretazione dei significati alternativi delle scritture

Messaggio da Gianni »

AEnim, leggi i testi di Giovanni Semerano. Ti illumineranno.
AEnim

Re: Interpretazione dei significati alternativi delle scritture

Messaggio da AEnim »

Gianni ha scritto: domenica 24 settembre 2023, 18:51 AEnim, leggi i testi di Giovanni Semerano. Ti illumineranno.
Sto leggendo la wikipedia e treccani su di lui.
Gianni, esiste una cosa che si chiama bacino indo-iranico, e le popolazioni indo-iraniche. Ora la parte iranica nun se trova in India ma nella mesopotamia, nelle terre che furono dei Persiani ed altri.
In pratica che ti arrivi da destra o che ti arrivi da sinistra è sempre la stessa cosa.
Quando non ci saremo più :-) ne verranno a capo.
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Re: Interpretazione dei significati alternativi delle scritture

Messaggio da Gualtiero »


Buonasera a tutti

Nel risponderti tralascio molte cose altrimenti diventerebbe troppo lungo e non è più un disquisire ma un vero e proprio lavoro.
Gianni ha scritto: sabato 23 settembre 2023, 7:52
Ἐν (en). È falso, come sostieni, che questa preposizione (che regge il dativo) possa essere anche tradotta “su, a, con, di”. La sua unica possibile traduzione è “in”, in due sensi: stato in luogo (esempio: “in casa”) oppure come determinazione di tempo (esempio: “in tre ore”). È ovviamente il contesto che determina in quale di questi due sensi vada tradotta.
Però i dizionari dicono che non è così.
https://www.grecoantico.com/dizionario- ... emma=EN100
https://biblehub.com/greek/1722.htm
Viene tradotto nei Vangeli anche "a" "nei" "tra" dipende i casi che richiede la grammatica e la sintassi. Potrei anche riportare degli esempi.
Però io non ti ho dato mai del falso.



La tua traduzione “all’origine” è errata per due motivi: il primo è sintattico: manza l’articolo davanti ad ἀρχή (archè); il secondo è che sposta la locuzione dal piano temporale e quello filosofico, e lo fa proprio inserendo l’articolo mancante nel testo.
"All'origine" o "in origine", non cambia niente sono solo dettagli.


Sorvolo infine sul tuo dire: “Anche se il Logos conduce a l'egò come abbiamo già visto”. Che mai c’entra il lògos con l’egò?! “Come abbiamo visto”? Lo hai visto solo tu.
Ne avevo parlato qui perché non sei intervenuto?
https://www.biblistica.eu/viewtopic.php?p=85916#p85916


Πρός (pròs). Insisti nel dire che la preposizione πρός (pròs) con il caso accusativo esprime movimento verso un luogo e affermi che questo è incontestabile. Per esprimere movimento verso un luogo il greco impiega la preposizione εἰς (eis). 
Anche questo non è esatto. La preposizione "είς" non indica movimento verso un luogo, ma indica il "punto raggiunto".
Anche di questo ne parlai qui perché non sei intervenuto?
https://www.biblistica.eu/viewtopic.php?p=85830#p85830

《"είς" a differenza della preposizione "εν" che indica una "posizione fissa" e si può tradurre "in" che appunto questa preposizione indica una posizione fissa.
είς, è una preposizione che indica "il punto raggiunto" e cioè: "verso" o "dentro" e non una posizione fissa, quindi non è appropriato tradurre "in". Questa preposizione "είς" è spesso confinata al significato di "in" ma è sbagliato per i motivi sopra evidenziati. Ciò che indica "il punto raggiunto" è sempre indicato dal sostantivo o dal pronome o dalla località seguente la preposizione είς.》
https://biblehub.com/greek/1519.htm



Primo: il Dio di Israele, se ci atteniamo alla Scrittura, non è un dio prodotto da Israele, ma è il Dio del cosmo che ha scelto Israele, che anzi ha formato Israele traendola da un uomo, Abraamo. 
Ma cosa dici Gianni? Questa è pura confessione religiosa. Chi era Israele, non era forse Giacobbe? Con chi lottò Giacobbe con Dio? Non dire di sì altrimenti mi fai sorridere. E perché fu chiamato Israele?

Gianni ha scritto: domenica 24 settembre 2023, 6:21
Sì, Maria Grazia, cerchiamo di capirci. Di cosa stiamo parlando? A questa discussione è stato dato, non certo da me, questo titolo: “Interpretazione dei significati alternativi delle scritture”. Che cosa vuol dire? Io vi colgo un invito ad interpretare i significati alternativi che vengono dati alle Scritture. Il che già appare confuso, per non dire male impostato.
Capisci, Maria Grazia, quanto sia sballato il titolo dato a questa discussione? 
Mi accorgo che questo argomento dà fastidio, dà fastidio alle religioni perché credono che Gesù abbia detto: " Io sono la luce del mondo". Lo vadano a dire a qualche tribù indigena dell'Amazzonia che non hanno mai conosciuto Gesù. Quindi secondo loro questi non hanno mai avuto la luce.
Invece Gesù dice che: " il figlio di Dio "l'alter ego" che è in noi è la luce del mondo". A noi spetta solo saperlo riconoscere e sviluppare. Questa luce ce l'hanno anche gli indigeni che non hanno mai conosciuto Gesù. Ce l'hanno anche gli ebrei, anche quelli che non credono che Gesù sia Dio. Ce l'hanno tutti gli uomini della terra che hanno conosciuto o non hanno conosciuto Gesù. Questa è la salvezza. Per capire ciò basta solo un pizzico di logica.
All'inizio di questo argomento ho detto che: se il titolo non andasse bene poteva anche essere cambiato. Ma a questo punto, per quanto mi riguarda può anche essere eliminato. Io non devo fare proseliti.



Tu hai compreso che secondo Gualtiero “il logos non inizia nessun percorso verso il Divino” ma piuttosto si tratta di “provenienza dal Divino” e “quindi il logos è la prima emanazione del Divino”. Da parte mia faccio presente che Giovanni parla Dio, non del “Divino”. Questo aggettivo lo usa la Watchtower che manipola il testo biblico per far credere che Giovanni si stia riferendo a Yeshùa, così traduce il sostantivo theòs con l’aggettivo “divino”. Ribadisco che per questo aggettivo il geco ha un apposito termine: θεῖος (thèios), che è ben diverso da theòs. In tutto il suo Vangelo Giovanni non lo usa mai. Quanto al “percorso”, Gualtiero parla di “prima emanazione divina” dopo aver sostenuto che è incontestabile che la preposizione pròs indichi un “movimento verso”. “Emanazione” e “movimento verso” a me sembrano inconciliabili. Non so a te.
θεός θεότης θεῖος θειότης hanno tutti la stessa radice "θε/the" che individuano la divinità.
Dici: "quanto al percorso". quale percorso? qui non si parla di persone fisiche. Essere verso qualcosa o qualcuno (non fisicamente) implica l'appartenenza.

-πρός: preposizione
-Traslitterazione: pro
-Ortografia fonetica: (pro)
-Definizione: vantaggioso per, a (denota vicinanza locale), verso (denota movimento verso un luogo)
-Uso: a, verso, con.
-Una forma rafforzata di pro ; una preposizione di direzione; avanti a, cioè Verso
-con il caso genitivo, il lato di, cioè Pertinente a;
-con il caso dativo, accanto a, cioè Vicino a;
-solitamente con l'accusativo, il luogo, il tempo, l'occasione o il rispetto, che è la destinazione della relazione, cioè Dove o per il quale è predicato
-- circa, secondo, contro, tra, a, a causa di, prima, tra, (dove-)da, per, X a casa tua, in , per intento, vicino a, di, che appartiene a, quello, a (la fine che), X insieme, a (tu) -ward, a, con (-in). 
-Nel caso comparativo denota essenzialmente le stesse applicazioni, vale a dire movimento verso, accesso a o vicinanza a.
https://biblehub.com/greek/4314.htm

Mi sembra che sei tu che distruggi il vocabolario.



Ad esempio traducendo theòs con “divino”, come fa la Watchtower con sprezzo del vocabolario (il greco ha per “divino” un apposito vocabolo, che Giovanni non usa). Ora, dovremmo interpretare questi vari significati alternativi? A me pare assurdo.Ad esempio traducendo theòs con “divino”, come fa la Watchtower con sprezzo del vocabolario (il greco ha per “divino” un apposito vocabolo, che Giovanni non usa). Ora, dovremmo interpretare questi vari significati alternativi? A me pare assurdo.
Più sopra ti avevo riportato quanto dice il dizionario di greco antico. Lo riporto di nuovo.

Dizionario greco antico
-θεός  [-οῦ, ὁ|ἡ] sostantivo maschile e femminile
-Dio, Dea, la Divinità
Locuzioni, modi di dire, esempi
ἀπόμνυμι τοὺς θεούς [AR] = giurare per gli [/b] Dei [/b] || ὁμόγνιοι θεοί =  gli Dei protettori di una schiatta, gli Dei familiari || τῷ πονοῦντι χὡ θεὸς συλλαμβάνει = chi s'aiuta, il ciel l'aiuta || ποιέω καινοὺς θεούς = nuove divinità  || ἀκούσατέ μου πρὸς θεῶν = ascoltatemi per gli Dei  || σφῶϊν δ' ὧδε θεῶν τις ἐνὶ φρεσὶ ποίησειεν = così qualche iddio v'infonda nell'animo || αίεὶ τὸν ὁμοῖον ἄγει θεὸς ὡς τὸν ὁμοῖον = simile con simile si accompagna || πρὸς θεῶν ἀσεβὴς, πρὸς ἀνθρώπων αἰσχρός = empio dinanzi agli Dei, turpe dinanzi agli uomini.
https://www.grecoantico.com/dizionario- ... ma=QEOS100

Come si può notare i dizionari mantengono ambedue i significati, Dio, e Divinità.
Perché? Perché l'etimologia è incerta. Quindi uno può anche optare per "Divinità".
L'etimologia di theos è incerta, ma se si scava qualcosa esce fuori.

Vediamo un po' cosa dicono le fonti più o meno attendibili del nome comune "Dio".
Nelle lingue di origine latina come l'italiano (dio), il francese (dieu) e lo spagnolo (dios), il termine deriva dal latino deus (a sua volta collegato ai termini, sempre latini, di divus, "splendente", e dies, "giorno")Allo stesso modo si confronti il greco δῖος e il genitivo di Ζεύς [Zèus] è Διός [Diòs], il sanscrito deva, l'aggettivo latino divus, l'ittita šiu.
https://it.wikipedia.org/wiki/Dio

-dio prov. deus, dieus; - splendere, brillare, Celeste, giorno, luce, cielo, il greco Zeus che sta per Djeús (genitivo Diòs) Giove, il latino díes giorno, ecc.
https://www.etimo.it/?term=dio

Facendo un confronto fonetico, Dio con Theós non ha nessuna relazione, ma ne ha molte di più con il greco Διός/Dios/Zeus. O pure "deus - dieus"

Vediamo cosa ne pensa Platone.
Entusiasmo. Tutti sappiamo cosa significa entusiasmo, ma pochi sanno l'etimologia.

Dal gr. ἐνθουσιασμός/entusiasmo, der. di ἐνθουσιάζω/enthousiázo «essere ispirato», da ἔνθεος, comp. di ἐν «in» e ϑεός «dio». Termine che presso i Greci indicava la condizione di chi era «invaso da una forza o furore divino» (ἔνθεος) e si veniva quindi a trovare a diretto contatto con le forze sacre:  Il termine si trova la prima volta in Platone (Timeo, 71 e; Fedro, 249 d-e) e designa lo stato di chi è dominato da una forza divina è uno stato di esaltazione (o follia), che toglie a chi la prova il controllo dei propri atti e gli dà la coscienza di essere intimamente unito con il dio, che è colui che veramente opera. Dal momento che «posseduti dal dio» (cioè in uno stato di ἐνθουσιασμός, in contrapposizione con la «possessione demoniaca», δαιμονισμός/daimonismós) erano considerati soprattutto i seguaci dei misteri, il termine può essere giunto a Platone attraverso gli orfici. 
https://www.treccani.it/enciclopedia/en ... osofia%29/

Platone identifica theos come una Forza/ Potenza /Furore, lo stesso dell'ebraico אל/El=Forza/Potenza. Mi sembra che a poco di relazione con il deus, dieus/giorno/luce.

ἔν-θεος letteralmente la forza divina in tè. mi sembra molto attinente con l'insegnamento di Gesù.


Dopo dirà che quella parola, la parola sapiente di Dio, la parola creatrice di Gn, la parola espressa tramite i profeti, si è fatta carne nella persona umana di Yeshùa, che disse sempre e solo la parola di Dio, specificando che non era sua ma appunto di Dio.
Tu hai un chiodo fisso con questa "parola=logos". Per indicare la semplice parola nei Vangeli è usato un altro termine, l'ho detto e lo ripeto ancora: ῥῆμα/parola (Luc. 1,37) Se Giovanni ha usato il sostantivo - Logos- avrà avuto i suoi buoni motivi e non intendeva la semplice parola.

La parola, come tu dici, non si è fatta carne nella persona umana di Yeshua; Cosa significa questo?
In Giovanni 1,14 è detto: καὶ ὁ λόγος σὰρξ ἐγένετο καὶ ἐσκήνωσεν ἐν ἡμῖν
Che letteralmente significa: è il Logos venne in essere nella carne e dimorò in noi.

ἐγένετο/ venire in essere/avvenire. ἐσκήνωσεν/ dimorare/tabernacolare. ἐν/ in. ἡμῖν/ caso plurale di egô/nel nostro/noi.
Perché distruggi il vocabolario?


X Maria Grazia
Maria Grazia, se vuoi, alle tue domande posso risponderti in MS privato.
Perché non posso ogni volta che cerco di dare una traduzione non religiosa di certi termini biblici, dovermi scontrare con persone religiose che non ammettono l'alternativa dei significati. E poi devo stare qui a scrivere e riportare un'intera enciclopedia.
Adesso Gianni sicuramente non dormirà stanotte per poter preparare tutto il discorso per contrastare tutto ciò che ho scritto. Un messaggio come questo postato, come anche gli altri, non può passare inosservato, deve essere contrastato. Questo è il modus operandi delle religioni, tacciare tutto come menzogna.
Io mi sono iscritto qui perché pensavo che potevo parlare liberamente, e non dovermi scontrare con religiosi. Con i religiosi non si può discutere.
Adesso capisco perché in questo forum risultano molti iscritti ma pochi partecipanti, sicuramente anche loro sono stati attaccati.

Onestamente ho continuato a scrivere solo ed esclusivamente per te. Fammi sapere.

Gualtiero


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