Il Magnificat - Lc 1:46-55

marco
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Re: Il Magnificat - Lc 1:46-55

Messaggio da marco »

speculator2 ha scritto: domenica 3 luglio 2022, 22:19 Credo che l'espressione: "...... Si stupivano delle cose dette di lui "sia da intendersi che nella loro gioia si meravigliavano delle cose dette.
Non avevano dimenticato niente di quanto detto dall'angelo in precedenza.
Il padre e la madre di Gesù restavano meravigliati { thaumazô} delle cose che si dicevano di lui.

Meraviglia: sentimento vivo e improvviso di ammirazione, di sorpresa, che si prova nel vedere, udire, conoscere cosa che sia o appaia nuova, straordinaria, strana o comunque inaspettata. (Vocabolario Treccani)

Caro Speculator se fosse come dici tu, Luca avrebbe dovuto utilizzare il verbo compiacere. I genitori si compiacciono quando altri parlano bene dei loro figli. Ma se si meravigliano significa che sono all’oscuro dell’evento esaltato dall’interlocutore. Cerchiamo di immaginare la scena adattandola ad un contesto moderno, in una scuola superiore, per esempio.
Giorno di ricevimento con i genitori a fine quadrimestre. Il docente di matematica elogia il primo della classe della classe davanti ai suoi genitori. Quest’ultimi, conoscendo il figlio, e avendo già assistito a molti ricevimenti, possono solo continuare a compiacersi. Cosa diversa per i genitori di un ragazzo che a malapena arriva alla sufficienza; quando il docente riferisce loro che il figlio ha ottenuto un ottimo voto nel compito in classe. Il sentimento provato dai genitori è di meraviglia: una gioia inaspettata, mai provata.

Accadde un altro evento, narrato solo da Luca (Gesù tra i dottori del Tempio), dove Maria “dimentica” il ruolo del figlio rivelatole da Gabriele: Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell'Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di Davide. Lc 1,32

Caro Speculator, dimenticare l’azione di Dio, non è un evento raro. Anzi è la caratteristica, purtroppo, del genere umano. L’uomo è ingrato per natura. Gli ebrei dell’Esodo videro il braccio potente di Dio che li soccorreva ma dimenticarono in fretta.
Gli affanni della vita e la realtà fisica in cui ci muoviamo, sono deleteri per gli esilissimi legami che l’uomo intreccia con Dio. Dimentichiamo in fretta i benefici ottenuti da Dio e tiriamo avanti con la nostra vita. In un certo senso Lui non c'è. Esiste il mondo con le sue leggi e il nostro corpo appartiene a questa realtà. Maria in verità non ha "dimenticato" le parole dell'Angelo. Le paure, gli affanni e le sofferenze hanno sbiadito i contorni della visione. Il dubbio forse avrà giocato la sua partita. Ma è del tutto umano.
Chissà cosa passò nella mente di Maria quando ai piedi della croce vide il figlio martorizzato con su scritto: INRI (Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum)
Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell'Altissimo; e il Signore Dio gli darà il trono di Davide
chelaveritàtrionfi
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Re: Il Magnificat - Lc 1:46-55

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Quindi fatemi capire. State facendo dire alla scrittura che Maria ha ricevuto la visita di un angelo, ha partorito un figlio senza conoscere uomo, tra l altro il segno che yhvh era in mezzo al popolo.. e poi avrebbe dimenticato tutto?
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
speculator2
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Re: Il Magnificat - Lc 1:46-55

Messaggio da speculator2 »

Probabilmente erano studenti cioè a meno che studiosi della Bibbia ebraica.

Ho notato molte volte in passato e anche ora che quando si parla del ruolo della donna rispetto all'uomo, specie nei tempi antichi, spesso quelli che non leggono quasi per miracolo si mettono a leggere e a parlare di "Caso" e "scherzo".
speculator2
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Re: Il Magnificat - Lc 1:46-55

Messaggio da speculator2 »

Giuseppe e Maria si sono stupiti, cioè meravigliati, perché udivano delle cose nuove nell'area del tempio dette da persone certamente Fedeli.
Non si trattava di un normale e regolare nel tempo resoconto positivo sull'attività di un bravo studente. Erano due persone e cose nuove.
speculator2
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Re: Il Magnificat - Lc 1:46-55

Messaggio da speculator2 »

L'episodio di Gesù nel tempio non finisce dicendo che Maria aveva dimenticato le parole dell'Angelo Gabriele e il resto, ma che teneva tutte queste cose nel suo cuore.
È scritto che Maria e Giuseppe non compresero le parole di Gesù, almeno in un primo tempo.
Se non lo compresero loro non è tanto facile che possiamo comprenderlo noi oggi.
speculator2
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Re: Il Magnificat - Lc 1:46-55

Messaggio da speculator2 »

È proprio vero che l'uomo dimentica facilmente quanto gli viene offerto da Dio. Anche Maria potrebbe avere ricordato con minore attenzione o affetto col passare del tempo.

Mi pare anche che nei vangeli canonici il periodo dalla nascita all'età adulta di Gesù non è considerato. Non so per quale ragione.
speculator2
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Re: Il Magnificat - Lc 1:46-55

Messaggio da speculator2 »

È un dato di fatto che la figura di Giuseppe, padre di Gesù putativo, in tutti e quattro i vangeli ha un ruolo marginale.
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Gianni
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Re: Il Magnificat - Lc 1:46-55

Messaggio da Gianni »

Credo siano necessari un po' di chiarimenti. E tanti.

Yeshùa amava teneramente sua madre Miryàm. Quando da ragazzo si era trattenuto nel Tempio di Gerusalemme dopo la Pasqua, sua madre – non trovandolo più – era molto agitata. La sua inquietudine traspariva ancora dalle parole che ella gli rivolse non appena trovatolo: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io ti cercavamo, stando in gran pena” (Lc 2:48). La risposta di Yeshùa non fu di strafottenza. Aveva solo dodici anni ed era stimato da tutti come un ragazzino molto per bene, tanto che Luca aveva annotato: “Il bambino cresceva e si fortificava; era pieno di sapienza e la grazia di Dio era su di lui” (Lc 2:40). La risposta di Yeshùa fu rispettosa e piena di candore. Forse non suona così nelle comuni traduzioni: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?” (Lc 2:49). La TNM la rende una risposta dura, con un sapore d’improbabile rimprovero. Eppure, possiamo immaginare la scena: Yeshùa era affascinato dalle cose che riguardavano Dio, voleva sapere, imparare; stando “seduto in mezzo ai maestri, li ascoltava e faceva loro delle domande” (Lc 2:46). I maestri non lo presero affatto per un presuntuoso, ma “si stupivano del suo senno” (v. 47). In questo clima così edificante in cui tutti stavano bene, arriva Miryàm con tutta la sua comprensibilissima inquietudine. E Yeshùa, candito, quasi stupito, si giustifica: Perché mai stavate in pena? Non immaginavate che sarei stato qui? Dove potevo essere se non qui? Yeshùa era “mansueto e umile di cuore” (Mt 11:29). Era così sin da bambino e poi da adulto: “Cresceva in sapienza, in statura e in grazia davanti a Dio e agli uomini”. - Lc 2:52.

La brama di conoscenza, che superava quella del suo maestro di sinagoga, lo indusse a cercare la soddisfazione alla sua sete di sapere tra i rabbini che insegnavano nel Tempio. Così, mentre gli altri pellegrini al termine della loro permanenza di alcuni giorni si preparavano a ripartire, egli rimase nel Tempio per interrogare i dottori: “Passati i giorni della festa, mentre tornavano, il bambino Gesù rimase in Gerusalemme all'insaputa dei genitori”. - Lc 2:43.

Secondo l’usanza rabbinica, Yeshùa - seduto per terra in mezzo agli altri uditori - poneva domande ai maestri e lasciava tutti stupiti per le sue questioni e le sue risposte: “Tutti quelli che l'udivano, si stupivano del suo senno e delle sue risposte” (Lc 2:47). Questo stare nel Tempio tra i dottori da parte di un ragazzino non era un fatto insolito. Anche Giuseppe Flavio riferisce che lui stesso, all’età di quattordici anni, era solito recarsi nel Tempio e discutere con i dottori di Gerusalemme. Comunque, in genere i rabbini disdegnavano i ragazzi più piccoli. Va poi detto che allora in Medio Oriente un ragazzo semita di dodici anni era molto più maturo dei nostri ragazzini della stessa età. Da notare è il modo in cui Yeshùa sviluppa la sua conoscenza: interroga i maestri e risponde alle loro domande.

Nel frattempo la carovana riparte e i genitori di Yeshùa, pensando che fosse con qualche parente o amico della comitiva (ormai aveva dodici anni), lasciano Gerusalemme. Ma alla prima tappa, non trovandolo, tornano a Gerusalemme. Dopo averlo cercato ovunque, lo ritrovano al Tempio.

Miryàm lo rimprovera dolcemente: “Ragazzo, perché ci hai fatto questo?” (Lc 2:48, traduzione dal greco). Il testo non dice “figlio” (NR, TNM), che il greco è υἱός (yiòs, cfr. Lc 3:23), ma dice τέκνον (tèknon), che significa “ragazzo”. Miryàm mostra anche rispetto per Giuseppe, nominandolo per primo: “Tuo padre e io ti cercavamo, stando in gran pena”. - V. 48.

La risposta di Yeshùa è tra lo stupito e la dimostrazione, per la prima volta, di una certa indipendenza: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?”. - V. 49.

La comune traduzione “nella casa del Padre mio” va puntualizzata. È più corretto mettere “casa” tra parentesi quadrate, come fa TNM: “Nella [casa] del Padre mio”. La parola “casa”, infatti, non compare nel testo greco. Il testo originale ha ἐν τοῖς τοῦ πατρός μου (en tòis tù patròs mu) che letteralmente significa “negli/nelle del Padre mio”.

Questa espressione può avere due significati. Può significare “nelle cose del Padre mio”, ovvero le cose che riguardano Dio. Così appare in vari passi: “Tu non hai il senso delle cose di Dio [τὰ τοῦ θεοῦ (tà tù theù), “gli/le del Dio”]” (Mt 16:23); “Non mi è lecito fare del mio [ἐν τοῖς ἐμοῖς (en tòis emòis), “nei miei” o “nelle (cose) mie”] ciò che voglio?” (Mt 20:15); “Colui che è sposato si dà pensiero delle cose del mondo [τὰ τοῦ κόσμου (tà tù kòsmu), “gli/le del mondo”]”. La donna senza marito o vergine si dà pensiero delle cose del Signore [τὰ τοῦ κυρίου (tà tù kyrìu), “gli/le del Signore”]”. - 1Cor 7:33,34.

Oppure l’espressione potrebbe significare “nella casa del Padre mio”. Questo è il senso che dà la LXX greca in alcuni passi: “Eretto nella casa di Aman” (Est 7:9, TNM); “Non ci sarà superstite nel suo luogo di residenza” (Gb 18:19, TNM). La parola “casa” (“luogo di residenza” in TNM) viene tradotta nel greco della LXX semplicemente con ἡτοίμασεν Αμαν (etòimasen Aman), “eretto Aman”, nel primo caso; e con ἐν τοῖς αὐτοῦ (en tòis autù), “negli/nelle di lui”, nel secondo caso. Quale preferire? Il contesto della frase di Yeshùa suggerirebbe “nella [casa] del Padre mio”, dato che egli si trova nel Tempio.

Si noti anche l’enfasi posta nel “Padre mio”, in contrasto con il “tuo padre e io” di Miryàm. Il Padre di Yeshùa, in modo tutto particolare, è Dio e non Giuseppe. Si noti anche il “dovevo [greco δεῖ (dèi)]” detto da Yeshùa. Tale verbo si trova altre sei volte in Lc ed è sempre connesso alla passione e alla morte di Yeshùa, come in Lc 13:33: “Bisogna che io [greco δεῖ με (dèi me), “si deve io”]”. Forse anche nel passo relativo al Tempio c’è un vago accenno di Luca alla morte di Yeshùa, dato che si precisa che i genitori lo trovarono “tre giorni dopo” (Lc 2:46; cfr. 24:7); sembrerebbe quasi che Luca voglia dire: Yeshùa deve trovarsi nel Tempio e compiere la volontà del Padre fino al suo culmine nella morte e alla sua resurrezione dopo tre giorni. In questa prospettiva la visita al Tempio sarebbe un preannuncio del calvario e della sua resurrezione.

La risposta di Yeshùa è la chiave per comprendere tutto l’episodio. “Perché mi cercavate?”. Tale domanda ha senso solo nel caso in cui egli avesse già avvertito i genitori che si sarebbe allontanato per recarsi al Tempio. Che egli lo avesse già detto loro sembra anche arguirsi dal seguente “non sapevate che […]?”. Yeshùa, sapendo di averli avvertiti, pensava che loro lo sapessero e quindi non si preoccupava di loro. Era tranquillo e li attendeva: non capiva infatti il motivo di tanta pena da parte di Miryàm e il suo rimprovero. Ciò spiega il tono un po’ stupito di Yeshùa.

Ma se i genitori erano stati avvertiti, perché si erano così agitati non trovandolo più? Luca ce lo spiega: “Essi non avevano capito quanto aveva detto loro” (v. 50, Dia). NR ha “Essi non capirono le parole che egli aveva dette loro”; TNM: “Non afferrarono la parola che disse loro”; Did: “Essi non intesero le parole ch'egli avea lor dette”. Tuttavia, in questo passo così imbevuto di semitismi, il verbo usualmente tradotto con il passato remoto (“non capirono”) può anche essere tradotto – come in ebraico – con il trapassato (“non avevano capito”). In ebraico non vi è distinzione tra i due tempi. Questa traduzione elimina tutte le difficoltà insiste nelle comuni traduzioni del brano. Si era quindi trattato di un malinteso: Yeshùa, prima di lasciare Gerusalemme voleva visitare ancora una volta il Tempio e aveva avvisato i genitori; questi, forse per la confusione della carovana, non avevano capito bene il senso di quello che lui aveva detto loro oppure avevano pensato che sarebbe tornato subito. Simili inconvenienti non erano rari nei pellegrinaggi; non c’è festività in cui qualcuno non si perda. Yeshùa si era avviato al Tempio sicuro di poterci rimanere a piacimento perché lo avrebbero mandato a chiamare prima della partenza. I genitori, non avendo ben capito, non se ne preoccuparono, pensando che fosse già da qualche parte nella loro comitiva in partenza. Ormai non era più un bambino. Poi dovettero pensare che lui, non trovando più la carovana, doveva essersi recato a casa di qualche parente o conoscente, così lo cercarono. Il ragazzo, invece, non si preoccupava perché era certo che lì nel Tempio i genitori alla fine lo avrebbero trovato.
marco
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Re: Il Magnificat - Lc 1:46-55

Messaggio da marco »

chelaveritàtrionfi ha scritto: lunedì 4 luglio 2022, 20:40 Quindi fatemi capire. State facendo dire alla scrittura che Maria ha ricevuto la visita di un angelo, ha partorito un figlio senza conoscere uomo, tra l altro il segno che yhvh era in mezzo al popolo.. e poi avrebbe dimenticato tutto?
Caro Naza, che dire di Davide che dimentica l’aiuto ricevuto da Dio commettendo due peccati odiosi in uno?
E di Salomone che dimentica il dono della Sapienza correndo dietro a idoli stranieri?
E di Pietro che, solo tre ore dopo, dimentica le parole del Maestro sul suo rinnegamento?
Disconoscerà per tre volte “il Figlio del Dio vivente” (Mt 16 esperienza avuta con Dio) . Non ci sono serviti i tre anni di vita, piena e invidiabile, vissuta con Gesù.

Tutti questi sono uomini e come noi sono soggetti alle tremende pressioni della materia.
Chi di noi leggendo le vicende peccaminose dei personaggi biblici non ha pensato che al posto loro non ci saremmo comportati in quel modo. Un giorno Dio ci farà leggere la nostra vita sul suo libro e forse arrossiremo per la vergogna.
Dimenticare Dio è un vizio vecchio di 6.000 anni.
Solo Gesù può affermare: perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite Gv 8,29
marco
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Re: Il Magnificat - Lc 1:46-55

Messaggio da marco »

Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero le sue parole.

Caro Gianni l'incomprensione credo sia più appropriata collegarla alla frase che la precede. In considerazione del fatto che il non comprendere il linguaggio di Gesù è una caratteristica che accomuna gli uomini del suo tempo e non solo...
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