Dubbi di un credente

Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

Dubbi di un credente

Messaggio da bgaluppi »

Un fratello mi rivolge alcune domande sull'osservanza — che cito sotto — e qui cerco di rispondergli. Il tema non è facile, ma credo interessi a molti sul forum e insieme, forse, possiamo svilupparlo in una bella discussione. Naturalmente, le mie risposte si basano sulla mia fede in Yeshùa come il Messia atteso da Israele.
Per un non-ebreo oggi, quali sono le possibilità per adorare Hashèm? Mi verrebbe da dire che si può obbedire ai suoi insegnamenti. Ma quali? E ancora: possiamo obbedire a tutti gli insegnamenti?
Un uomo che sceglie di adorare Dio non può farlo che seguendo gli insegnamenti della Sacra Scrittura, perché è la Scrittura che ci informa su ciò che è giusto e sbagliato, bene e male, vero e falso; come dice Paolo, “io non avrei conosciuto il peccato se non per mezzo della legge; poiché non avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: «Non concupire»” (Rm 7:7). A chi gli chiede “come posso obbedire a Dio come insegna la Scrittura?”, forse un ebreo osservante direbbe: “Devi convertirti al giudaismo”. Ma essere legalmente ebrei dà forse la garanzia di poter obbedire a Dio in modo perfetto? Nessuno straniero poteva mangiare la pasqua, per mangiarla doveva entrare a far parte di Israele, attraverso la circoncisione e l'accettazione del giogo della Torah. Ma oggi, senza il tempio, neppure i giudei possono celebrare Pesach come prescritto dalla Torah.

Perché mai Hashem ha consentito che il tempio fosse distrutto? Forse la celebrazione di Pesach non è una “legge perenne”, come dice la Torah? O forse tutto ciò ci fa capire che oggi adorare Dio e celebrare le Sue solennità non richiede necessariamente un tempio fisico e dei rituali precisi, da mettere in atto solo attraverso strumenti e azioni specifiche? Lo richiedeva finché così era necessario che fosse; evidentemente, c'è stato un cambiamento. Evidentemente, la celebrazione di Pesach era comandata come “ordinanza di durata indefinita” (חקת עולם, huqqat olam), infatti gli ebrei continuano a celebrarla, ma lo fanno ovviamente in modo diverso rispetto al periodo del tempio. E per questo stanno disobbedendo a dei precetti della Torah? Perché mai Dio dovrebbe comandare loro di osservare, per poi metterli nella condizione in cui non possono osservare? Sarebbe un paradosso. Il tempio fu distrutto non a caso quaranta anni dopo la morte di Yeshùa, e questo numero simboleggia sempre un passaggio di purificazione. Oggi, il sacrificio viene espletato attraverso la preghiera.

La Scrittura parla di un momento in cui la Torah sarà scritta nel cuore (Ger 31:33), ossia impressa nella mente e nell’interiore, e pertanto - essendo già impressa nella mente - mi viene da pensare che non necessiti più di innumerevoli precetti pratici per essere osservata. Certi precetti servivano finché la Torah non fosse impressa nella mente. Il comandamento resta, ma cambia il modo in cui è messo in pratica. “Ama il Signore tuo Dio...” ma come amarlo oggi? Attraverso la ripetizione quotidiana degli stessi gesti, parole e riti prescritti ed attuati in un periodo storico ormai passato, oppure attraverso un cambiamento profondo di noi stessi? Pensiamo alla mezuzah, posta sugli stipiti delle porte, o i tefillin, che gli osservanti si legano letteralmente sulla fronte e sul braccio... Dio desidera forse che gli uomini si vestano in un determinato modo, e indossino sulla fronte e sul braccio degli oggetti perché così vuole che sia in assoluto? La Torah dice: “Questi comandamenti, che oggi ti do, ti staranno nel cuore [ed è questo il comandamento]; li inculcherai ai tuoi figli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai [saranno sempre nella tua mente e sulla tua bocca]. Te li legherai alla mano come un segno [per ricordare], te li metterai sulla fronte in mezzo agli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle porte della tua città [e questo fa capire che devono essere osservati in ogni momento].” (Dt 6:6-9); a me pare che qui Dio insegni agli israeliti a ricordarsi di osservare i comandamenti, non necessariamente a legarseli letteralmente sulla fronte, ma evidentemente l’atto letterale di legarli in fronte serviva a ricordare di osservarli. Cos’è che conta, la mezuzah o il comandamento? Se un uomo obbedisce, ha forse bisogno di qualcosa che gli ricordi di fare ciò che già fa? Se togli il comandamento, la mezuzah è inutile; se togli la mezuzah, il comandamento resta. Chi ha la Torah scritta nel cuore, ha forse bisogno di mezuzot e tefillin? Se è scritta nel tuo cuore, ossia nella tua mente, significa che fa parte di te, e dunque non c’è più bisogno di mezuzot e tefillin per ricordare, come non c’è bisogno di mettere un nastro al braccio per ricordarsi di avere il braccio. Altrimenti, il rischio è che la mezuzah e i tefillin diventino più importanti del comandamento. Tutte queste cose erano necessarie allora, perché evidentemente il popolo non era capace di obbedire a Dio “in spirito e verità” e aveva bisogno di “accessori” fisici, materiali, incluso il tempio, per evitare di trasgredire. La tradizione insegna che il tabernacolo fu necessario in seguito al peccato di idolatria commesso al Sinai: gli israeliti necessitavano di qualcosa di reale e fisico.

Dunque, la domanda che poni riguardo ai non ebrei deve essere rivolta oggi anche agli ebrei ed è esattamente questo che mette in evidenza Heschel:

«Un certo numero di idee riguardanti la legge ebraica si sono rivelate particolarmente ostili alla sua sopravvivenza. Desidero esaminarne un paio. La prima è l'assunzione che si osserva tutto o niente; ogni regola ha eguale importanza, e se un solo mattone viene rimosso, l'intero edificio finirà per crollare. Una simile intransigenza, per quanto sia lodevole se intesa come manifestazione di religiosità, non è giustificabile né sul piano storico né a livello teologico. Vi furono periodi della storia ebraica nei quali alcuni aspetti delle osservanze rituali non venivano contemplati, e questo da parte di persone che per il resto vivevano rispettando pienamente la legge. E dov'è l'uomo che può affermare di esser stato capace di adempiere alla lettera la mizwà: “Ama il prossimo tuo come te stesso”? Dov'è la preoccupazione per l'inadeguatezza spirituale di ciò che a detta di tutti non dovrebbe essere abbandonato? Dov'è l'angoscia per l'aridità della nostra preghiera e per la convenzionalità del nostro obbedire? Il dilemma a cui bisogna senz'altro dare risposta non è allora “tutto o niente”, abbandono totale o piena osservanza della legge. Il problema è se siamo alla ricerca di un'obbedienza autentica oppure contraffatta, genuina o artificiosa. Il problema non è quanto ma come obbedire. Dobbiamo verificare se obbediamo per davvero, oppure se ci prendiamo gioco della parola di Dio.» (Man's Quest for God. Studies in Prayer and Symbolism).
Yeshùa ha predicato agli ebrei, i suoi apostoli erano ebrei e gli insegnamenti trasmessi si riescono a capire solo conoscendo la cultura e la tradizione ebraica. Quindi, che ci resta da fare? Non lo so, non vedo vie d'uscita. Possiamo parlare del messia, è vero, ma al giorno d'oggi cosa cambia credere nel messia o non crederci?


Yeshùa, a mio parere, insegna esattamente ciò di cui parla Heschel: come obbedire alla Torah, ora, in virtù dell’esempio da lui dato. Questo riguarda tutti gli uomini, ebrei e stranieri. Il suo sacrificio espiatorio ci riconcilia con Dio, che sparge il Suo spirito su di noi, ci guida e ci ricorda in che modo dobbiamo camminare; chi si affida davvero a Lui, attraverso il Messia, non sbaglia, e non ha più bisogno di applicare i comandamenti sugli stipiti delle porte. Si tratta di un cambiamento profondo, di cui Yeshùa parla a Nicodemo in Gv 3:1-21: bisogna “nascere di nuovo”, abbandonare la vecchia pelle e vestirsi di una nuova e migliore, come fa il serpente. In Is 2:3 gli stranieri dicono “Venite, saliamo al monte del Signore, alla casa del Dio di Giacobbe; egli ci insegnerà le sue vie, e noi cammineremo per i suoi sentieri». Non è più la Torah scritta che insegna all'uomo, ma è Dio stesso a farlo direttamente. È attraverso il Messia che Dio istruirà tutti i popoli, sostanzialmente è lui la “casa di preghiera per tutti i popoli” (Is 56:7), non un tempio costruito da mano d’uomo: “Ma è proprio vero che Dio abiterà sulla terra? Ecco, i cieli e i cieli dei cieli non ti possono contenere; quanto meno questa casa che io ho costruita!” (1Re 8:27). Ma a fare cosa li istruisce? Non certamente a legarsi i tefillin in testa per ricordarsi di osservare la legge. Questo avvenne in passato, quando il Messia non era ancora stato manifestato. Quando il Messia sarà manifestato di nuovo a tutti in modo chiaro, la Torah sarà scritta nel cuore di ogni ebreo o straniero che lo vorrà ascoltare e vorrà prender parte al suo regno; e se sarà scritta nel cuore degli uomini, vuol dire che non ci sarà più bisogno che sia scritta su carta e osservata “nella lettera”, ma diventerà parte integrante del loro essere. Yeshùa insegna a fare questo già adesso. Questo è ciò che credo io in base a ciò che, pian piano, sto capendo.

“Così come Mosheh, il Messia sarà rivelato, poi nascosto, e poi rivelato di nuovo” (Bemidbar Rabbah 11:2)

Dunque, per rispondere al quesito del fratello che mi chiede, riguardo a Yeshùa, “ma al giorno d'oggi cosa cambia credere nel messia o non crederci?”, la risposta è che Yeshùa consente di obbedire a Dio “in spirito e verità”:

“L'ora viene, anzi è già venuta, che i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; poiché il Padre cerca tali adoratori.” — Gv 4:23
Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

Re: Dubbi di un credente

Messaggio da bgaluppi »

Dipende come osservano...
Luigi
Messaggi: 1445
Iscritto il: martedì 31 marzo 2015, 21:02

Re: Dubbi di un credente

Messaggio da Luigi »

Mimymattio scrive
Mi viene una domanda: gli ebrei osservanti che adorano Dio non sono riconciliati a Lui?
Caro Mimy
Sappiamo che la riconciliazione per Grazia mediante la fede e confidanza nel Figlio di Dio, è giunta prima per il popolo di Israele e poichè Israele l'ha rigettata, per la durezza del loro cuore" quindi ha rigettando Lui il Cristo", ecco che la Grazia è stata annunciata ai gentili, benchè già nel piano di Dio."Atti 28, 26-31"

Quindi per quanto gli ebrei osservanti , si sforzano di adempiere quanto richiede la Legge, essi non la possono osservare "chi potrebbe nei suoi tanti riti", ecco che è intervenuto Dio ,riconciliando a SE il mondo "ebrei compresi"mediante la Redenzione nel sangue del Figlio Suo.
Infatti Dio ha riconciliato a se il mondo "Ebrei compresi", in Cristo, non imputando loro il peccato, poichè il Figlio paga il peccato del mondo ,per il Suo sangue espiatorio.
In poche parole , anche gli Ebrei osservanti ,senza Il Cristo non hanno speranza di riconciliazione, poichè per mezzo della Legge , vi è solo la conoscenza del peccato , e non certo la salvezza, che si ottiene mediante la Riconciliazione.

2 Cor. 5, 14 Poiché l'amore di Cristo ci costringe, essendo giunti alla conclusione che, se uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti; 15 e che egli è morto per tutti, affinché quelli che vivono, non vivano più d'ora in avanti per sé stessi, ma per colui che è morto ed è risuscitato per loro. 16 Perciò d'ora in avanti noi non conosciamo nessuno secondo la carne; e anche se abbiamo conosciuto Cristo secondo la carne, ora però non lo conosciamo più così. 17 Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, tutte le cose sono diventate nuove. 18 Ora tutte le cose sono da Dio, che ci ha riconciliati a sé per mezzo di Gesù Cristo e ha dato a noi il ministero della riconciliazione, 19 poiché Dio ha riconciliato il mondo con sé in Cristo, non imputando agli uomini i loro falli, ed ha posto in noi la parola della riconciliazione.


Benche gli Ebrei l'abbiano rigettato, anche per essi è venuto il Cristo, affinchè anch'essi "come i pagani",non vivano per se stessi ma per LUI Cristo, che li ha riscattati dalla maledizione della Legge.
Buona serata
Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

Re: Dubbi di un credente

Messaggio da bgaluppi »

Mattia, avevamo discusso con Besasea Is 53 qui:

http://www.biblistica.eu/phpbb/viewtopi ... =30#p22218" onclick="window.open(this.href);return false;

In quella discussione io riporto numerose citazioni di maestri di Israele che lo interpretano come facente riferimento al Messia.

Nel Midrash (Pesqitah Rabbah, 36) leggiamo anche:

“«I loro peccati saranno caricati su di te come un giogo di ferro; essi soffocheranno il tuo spirito. Per causa dei loro peccati, la tua lingua s’attaccherà al tuo palato. Accetterai questo? Altrimenti, Io toglierò questo decreto su di te». Il Messia rispose: «Sovrano dell’universo, quanto durerà questo?»; Elohim gli disse: «Efrayim, Mio unto in verità, già dai sei giorni della Creazione tu hai preso questo peso su di te. Adesso, il tuo dolore è il Mio dolore». Il Messia rispose: «Sovrano dell’universo, io accetto questo con allegrezza nella mia anima e gioia nel mio cuore, affinché neppure uno della Casa di Israele perisca; non solo quelli viventi, ma anche quelli già morti. Basta al servo essere come il suo maestro»”.

Il sacrificio del messia è predetto in Is 53. Besasea ci ha lasciato una traduzione dall'ebraico; al v. 8 traduce:

“Perché egli fu tagliato fuori dalla terra dei viventi”, che significa fu ucciso. Poi, Besasea scrive tra parentesi un'interpretazione che a mio parere serve a giustificare il fatto che il servo inteso come Israele non può essere stato tagliato fuori dalla terra dei viventi, perché di fatto è ancora vivo e vegeto, e scrive: “è come se non esistesse, non gli spetta alcun diritto”.

Besasea afferma che dal v.2 in poi “i goym parlano di Israel, dell'ebreo, e dicono che prima non aveva una qualche attrazione. Come già accennato nel precedente capitolo (תארו, מבני אדם 52:14)”. Ma il testo non dice affatto che sono i goym parlare, questa è un'interpretazione difficilmente sostenibile; in 52:14 non si accenna affatto che in is 53 sono le nazioni a parlare. Anzi, al v.15 il testo dice che il servo “abbatterà molte nazioni; i re chiuderanno la bocca a causa sua”. Ciò richiama altre profezie messianiche in cui è detto che il Messia assoggetterà i potenti della terra. In Is 53 a me pare sia il profeta a parlare, non le nazioni; e leggi il v.1, in cui si parla di ciò che è stato annunciato (da chi, se non dai profeti?).

È il sacerdote unto da Dio (non dagli uomini) il solo che può espletare un sacrificio espiatorio perfetto e perenne, ed è ciò che dice Is 53 (riporto la traduzione letterale di Besasea):


Disprezzato, non gli davamo alcuna importanza, In verità, egli fu contagiato dalle nostre malattie
e le nostre angosce egli ha sopportato.
Ma noi pensammo di lui, che era contagiato e sommamente colpito.
Ma lui fu trafitto dai nostri criminali ( והוא מחלל מפשענו, i nostri criminali o i nostri crimini lo hanno ferito)
Afflitto (depresso) dai nostri peccati, gli fu portato il nostro saluto e nella sua piaga fummo guariti (soddisfatti che egli è ferito).
Noi erravamo come un gregge (disperso), ognuno la propria via prendemmo.
HaShem richiese a lui il peccato di tutti noi ( ויהוה הפגיע בו, את עון כלנו).
Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

Re: Dubbi di un credente

Messaggio da bgaluppi »

Riguardo alla prima parte del tuo commento:
Se esiste la possibilità per un ebreo di essere riconciliato con Dio senza messia, per quale motivo dovrebbe credere in Yeshùa?
Non devono credere in Yeshùa adesso, credo, loro aspettano il Mashiach ben David che regnerà sul mondo intero. Quello deve ancora essere rivelato.

“Così come Mosheh, il Messia sarà rivelato, poi nascosto, e poi rivelato di nuovo” (Bemidbar Rabbah 11:2)
Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

Re: Dubbi di un credente

Messaggio da bgaluppi »

Quale vantaggio per un ebreo oggi accettare il messia, se già crede in Dio e obbedisce ai comandamenti di Dio? (Obbedienza vera e genuina, fatta anche di rituali certo)
Yeshùa disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Io non sono venuto a chiamare dei giusti, ma dei peccatori” (Mr 2:17).

E disse anche: “Io non sono stato mandato che alle pecore perdute della casa d'Israele” (Mt 15:24). Dunque non fu mandato a Giuda. Non ancora. È evidente che i peccatori che lui chiama, che devono essere riannessi, sono quelli della Casa di Israele. Sono loro ad avere bisogno del Messia per diventare di nuovo popolo di Dio, non quelli che sono sempre stati Suo popolo.
Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

Re: Dubbi di un credente

Messaggio da bgaluppi »

Ma lo dice Yeshùa stesso di essere stato mandato solo alla casa di Israele. E dice che i sani non hanno bisogno del medico, che non è venuto a chiamare il giusto; chi è il giusto, se non il giudeo osservante? Non poteva certo essere il pagano. Yeshùa, nonostante discutesse spesso con i farisei per via delle loro riforme, insegna ai discepoli di superarli in giustizia, il che significa che li reputava dei giusti. Ciò non costituisce forse una differenziazione?

La riforma è stata realizzata da Dio stesso, che ha abbandonato il tempio. I Giudei hanno dovuto interrompere il sacrificio e sostituirlo con la preghiera e il ringraziamento.

“Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata deserta. Io vi dico che non mi vedrete più, fino al giorno in cui direte: "Benedetto colui che viene nel nome del Signore!"” - Lc 13:35

Quello è il giorno in cui il Messia sarà rivelato di nuovo. Guarda, mettiamo a confronto la tradizione con le parole di Yeshùa, non so se c'è un collegamento, però è interessante:

“Così come Mosheh, il Messia sarà rivelato, poi nascosto, e poi rivelato di nuovo” (Bemidbar Rabbah 11:2)

“Ancora un po', e il mondo non mi vedrà più; ma voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete” (Gv 14:19)

“Tra poco non mi vedrete più; e tra un altro poco mi vedrete” (Gv 16:16)
Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

Re: Dubbi di un credente

Messaggio da bgaluppi »

Mattia, io faccio un ragionamento logico.

Yeshùa dice di essere venuto solo per la casa di Israele dispersa. Dunque, non è venuto per Giuda.

Non essendo venuto per Giuda, è ovvio che Giuda non lo abbia riconosciuto, ed è ovvio che non abbia bisogno di Yeshùa. Forse è qui che possiamo armonizzare le parole “non sono venuto a chiamare dei giusti” e “sono venuto solo per la casa di Israele”.

Nonostante ciò, tutta Israele riunita ha bisogno del Messia per raggiungere la gloria che Dio le promette. “Tu sei il mio servo, Israele, per mezzo di te io manifesterò la mia gloria” (Is 49:3); ma tale gloria sarà manifestata in seguito all'avvento del Messia figlio di Davide, di cui parla Dn 7:13-14: “Io guardavo, nelle visioni notturne, ed ecco venire sulle nuvole del cielo uno simile a un figlio d'uomo [il re Messia]; egli giunse fino al vegliardo e fu fatto avvicinare a lui; gli furono dati dominio, gloria e regno, perché le genti di ogni popolo, nazione e lingua lo servissero [il regno viene dato a Israele, in seguito all'avvento del Messia]. Il suo dominio è un dominio eterno che non passerà, e il suo regno è un regno che non sarà distrutto.”. Questa è l'interpretazione di Rashi, che identifica il “simile ad un figlio d'uomo” come il re Messia e con Israele allo stesso tempo, poiché gli stranieri sono paragonati agli animali e Israele all'uomo, sui quali ha dominio. Dunque, non credo si possa dire che il servo non è Israele né che non è il Messia, poiché i due sono complementari. Il Messia è figlio di Israele, a cui (a Israele) viene dato dominio grazie al suo re potente.

Poi ti giro la domanda: senza il Messia, come potrebbe uno straniero adorare il Dio di Israele? La risposta potrebbe essere: circoncidendosi e accettando il giogo della Torah, diventando ebreo. In effetti, questa questione era dibattuta anche nel periodo della prima chiesa. Ma resta il quesito: Dio vuole che ci mettiamo i tefillin oppure vuole che obbediamo ai comandamenti? Per i giudei va bene, ma tu mi ci vedi andare in giro con i tefillin? :-) E vuole il sacrificio quotidiano di animali a prescindere oppure chiede essenzialmente purezza di cuore e amore quando ci presentiamo davanti a Lui e nella vita quotidiana? Ma come possiamo essere puri, se dobbiamo espiare continuamente i nostri peccati? È un continuo ispiare e peccare, ispiare e peccare. Se Dio comanda di essere santi, significa che si può essere santi; ma nessun uomo può raggiungere la santità attraverso l'osservanza delle mitzvot in perfezione, come dice Heschel. Dunque, cosa garantisce la santità, se non innanzitutto un cambiamento interiore profondo? O, come dice Yeshùa, una rinascita in acqua e spirito (che non consiste in un mero atto pratico)? E la distruzione del tempio non ci insegna nulla?
Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

Re: Dubbi di un credente

Messaggio da bgaluppi »

Ho aggiunto qualcosa alla fine del commento precedente... Un mio vecchio vizio.
Avatar utente
bgaluppi
Messaggi: 9943
Iscritto il: domenica 28 dicembre 2014, 7:13
Località: Torino

Re: Dubbi di un credente

Messaggio da bgaluppi »

Mattia, credo però che sia necessario distinguere tra gli stranieri che si convertivano di cui parla la Torah e che tu citi e gli stranieri verso cui è rivolta la predicazione. Infatti, la predicazione di Yeshùa era rivolta alle pecore perdute di Israele. La predicazione fu volta agli stranieri perché tra loro si trovavano le pecore perdute:

“Ecco, io li riconduco dal paese del settentrione, e li raccolgo dalle estremità della terra” — Ger 31:8

“Raccoglierò il rimanente delle mie pecore da tutti i paesi dove le ho scacciate, le ricondurrò ai loro pascoli, saranno feconde e si moltiplicheranno” — Ger 23:3

Queste pecore sono ricondotte al loro Dio dal Messia, cioè tramite il Messia, essendo battezzate “in Cristo” (non “a Cristo”). Questo forse può rispondere alla tua domanda sull'importanza della fede nel Messia? È lui che riconduce le pecore perdute all'ovile, non tornano da sole. Ma è ovvio che le pecore che non erano perdute non avessero bisogno di essere ritrovate e ricondotte all'ovile. Ecco perché Yeshùa predicò essenzialmente ai galilei e non ai giudei, e i suoi discepoli erano tutti galilei, perché è scritto: “Ma le tenebre non dureranno sempre sulla terra che è ora nell'angoscia. Come nei tempi passati Dio coprì di obbrobrio il paese di Zabulon e il paese di Neftali, così nei tempi a venire coprirà di gloria la terra vicina al mare, di là dal Giordano, la Galilea dei Gentili. Il popolo che camminava nelle tenebre, vede una gran luce; su quelli che abitavano il paese dell'ombra della morte, la luce risplende” (Is 8:23; 9:1).
Rispondi