La Torah di Yeshua.
Inviato: martedì 2 giugno 2015, 22:58
Tra i cristiani e' molto diffuso il pensiero secondo cui la rivelazione di Yeshua costituisce qualcosa di nuovo rispetto al passato, spesso in contrasto con la tradizione stessa; da questa interpretazione, nasce l'idea che la Torah passi in secondo piano rispetto alla rivelazione di Yeshua, come se si potesse anche fare a meno di mettere in pratica molti degli insegnamenti del cosiddetto "Antico Testamento", ritenuti "sorpassati" e "aggiornati" dal Cristo. Yeshua avrebbe, dunque, abrogato la Torah.
Molti cristiani non prendono neppure in troppa considerazione le Scritture Ebraiche e basano il loro percorso di fede piuttosto sulle Scritture Greche, ossia il Vangelo. Ma Yeshua, osservo' la legge o la violo'? In realta', molti dimenticano che Yeshua non era "cristiano", ma ebreo, e in quanto tale, ha osservato la legge come nessun uomo prima e dopo di lui ha mai fatto e mai fara'; infatti, Yeshua era un giudeo osservante ed era il Messia atteso da Israele. Come avrebbe potuto il Messia non obbedire alla Torah? Inoltre, se e' vero che il discepolo di Yeshua deve essere suo imitatore e prenderlo come esempio assoluto, e' anche vero che deve necessariamente osservare la Torah, come Yeshua la osservo' fino alla morte.
Lo scopo di questa cartella e' quello di analizzare gli insegnamenti e l'agire di Yeshua alla luce della Torah, per verificarne l'uniformita'. Il versetto che vorrei prendere in considerazione per iniziare questo nostro percorso e' Mt 5:17-20, dal famoso Discorso della Montagna. La traduzione e' della Nuova Riveduta.
Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento. Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto. Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma chi li avrà messi in pratica e insegnati sarà chiamato grande nel regno dei cieli. Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli.
Dopo le cosiddette "beatitudini", che, come vedremo nel corso della discussione, non costituivano niente di particolarmente nuovo, ma attingevano al patrimonio del Tanach, Yeshua fa un cappello introduttivo agli insegnamenti che seguiranno, la sua Torah, che portano "completezza" alla Torah stessa. Prima di procedere, Yeshua vuole che sia chiaro che non e' sua intenzione "abolire" la Torah, quindi renderla obsoleta: "neppure un iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto"; anzi intende renderla "piena" e invita a mettere in pratica ogni minimo precetto in modo tale da superare la giustizia dei farisei stessi. Ma esaminiamo il testo greco.
Μὴ νομίσητε ὅτι ἦλθον καταλῦσαι τὸν νόμον ἢ τοὺς προφήτας οὐκ ἦλθον καταλῦσαι ἀλλὰ πληρῶσαι
Il verbo καταλύω (katalu'o, Strong 2647), qui in ambedue i casi all'infinito aoristo (καταλῦσαι, katalu'sai), significa dissolvere, demolire, rendere vano, distruggere, e nel nostro caso puo' essere reso con "abolire", come traduce la Nuova Riveduta. Il verbo πληρόω (plero'o, Strong 4137), anch'esso all'infinito aoristo (πληρῶσαι, plero'sai), significa rendere pieno, riempire, rendere abbondante, completo, e puo' essere tradotto come la NR o anche con "rendere completo".
In cosa consiste, quindi, questo suo "rendere pieno", ossia dare completezza? Vuole forse aggiungere qualcosa alla Torah, sottintendendo che la Torah stessa e' incompleta o imperfetta? Assolutamente no. Yeshua vuole far comprendere il senso pieno e perfetto di certi insegnamenti, e lo fa in stile rabbinico. Continuiamo ad esaminare il capitolo 5.
Ai versetti 27 e 28, ad esempio, leggiamo:
Voi avete udito che fu detto: "Non commettere adulterio". Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.
ἐγὼ δὲ λέγω ὑμῖν (ego' de le'go hymi'n), tradotto generalmente "ma io vi dico", come se ci fosse qualcosa di sbagliato nel Comandamento della Torah, deve essere tradotto invece "e io vi dico", in senso copulativo, non avversativo; l'espressione corrisponde all'ebraico vaanì omèr lachèm. Se Yeshua avesse voluto contrapporre il suo discorso alla citazione che precedeva, avrebbe detto ἀλλὰ λέγω ὑμῖν (alla' le'go hymi'n), che significa appunto "ma io dico a voi", proprio come fa in Mc 9:13, versetto in cui Yeshua, parlando del Battista, afferma: "Ma io vi dico che Elia e' gia' venuto", in antitesi e contrapposizione a chi affermava che dovesse ancora venire.
Yeshua, quindi, insegna alla maniera rabbinica; i rabbini, dicendo "e io vi dico", non intendevano contrapporre il loro insegnamento a quello precedente, ma cosi' facendo aggiungevano il loro commento. Yeshua aggiunge il suo commento e svela un significato molto piu' profondo e "pieno" del Comandamento "Non commettere adulterio": il solo desiderare ardentemente col pensiero una donna, costituisce adulterio tanto quanto consumare l'atto nella realta'. Allo stesso tempo, non basta "guardare" una donna per commettere adulterio, ma e' necessario "guardarla per desiderarla".
Per concludere questa mia introduzione, mi vorrei soffermare un momento sulla frase "se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli". Dopo l'invito a rispettare ogni minimo precetto e ad insegnarlo agli uomini, e dopo aver messo in guardia coloro che violano i precetti della Torah ed insegnano agli uomini a fare altrettanto, ci invita ad essere "giusti" oltre la giustizia degli scribi e dei farisei, che Yeshua in diverse occasioni accusa di essere ipocriti, poiche' non comprendono il senso assoluto degli insegnamenti della Torah e non li mettono in pratica veramente, restando bloccati in inutili ragionamenti e rigide applicazioni. Yeshua, dunque, ci invita ad essere "giusti" agli occhi di Dio, che dice "questo popolo si avvicina a me con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il timore che ha di me non è altro che un comandamento imparato dagli uomini" (Is 29:13). La giustizia, il compiacere Dio attraverso l'uniformarsi a Lui, non risiede nell'applicazione rigidamente fine a se stessa dei precetti, nelle parole non seguite da fatti, ma nella comprensione intima e nell'attualizzazione di tali precetti nella nostra vita di ogni giorno.
Mi fermo qui e vi lascio ai vostri commenti, nella speranza che questa discussione ci aiuti a comprendere in senso ancora piu' profondo chi fosse Yeshua e come ci insegna a vivere la Torah.
Molti cristiani non prendono neppure in troppa considerazione le Scritture Ebraiche e basano il loro percorso di fede piuttosto sulle Scritture Greche, ossia il Vangelo. Ma Yeshua, osservo' la legge o la violo'? In realta', molti dimenticano che Yeshua non era "cristiano", ma ebreo, e in quanto tale, ha osservato la legge come nessun uomo prima e dopo di lui ha mai fatto e mai fara'; infatti, Yeshua era un giudeo osservante ed era il Messia atteso da Israele. Come avrebbe potuto il Messia non obbedire alla Torah? Inoltre, se e' vero che il discepolo di Yeshua deve essere suo imitatore e prenderlo come esempio assoluto, e' anche vero che deve necessariamente osservare la Torah, come Yeshua la osservo' fino alla morte.
Lo scopo di questa cartella e' quello di analizzare gli insegnamenti e l'agire di Yeshua alla luce della Torah, per verificarne l'uniformita'. Il versetto che vorrei prendere in considerazione per iniziare questo nostro percorso e' Mt 5:17-20, dal famoso Discorso della Montagna. La traduzione e' della Nuova Riveduta.
Non pensate che io sia venuto per abolire la legge o i profeti; io sono venuto non per abolire ma per portare a compimento. Poiché in verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, neppure un iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto. Chi dunque avrà violato uno di questi minimi comandamenti e avrà così insegnato agli uomini, sarà chiamato minimo nel regno dei cieli; ma chi li avrà messi in pratica e insegnati sarà chiamato grande nel regno dei cieli. Poiché io vi dico che se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli.
Dopo le cosiddette "beatitudini", che, come vedremo nel corso della discussione, non costituivano niente di particolarmente nuovo, ma attingevano al patrimonio del Tanach, Yeshua fa un cappello introduttivo agli insegnamenti che seguiranno, la sua Torah, che portano "completezza" alla Torah stessa. Prima di procedere, Yeshua vuole che sia chiaro che non e' sua intenzione "abolire" la Torah, quindi renderla obsoleta: "neppure un iota o un apice della legge passerà senza che tutto sia adempiuto"; anzi intende renderla "piena" e invita a mettere in pratica ogni minimo precetto in modo tale da superare la giustizia dei farisei stessi. Ma esaminiamo il testo greco.
Μὴ νομίσητε ὅτι ἦλθον καταλῦσαι τὸν νόμον ἢ τοὺς προφήτας οὐκ ἦλθον καταλῦσαι ἀλλὰ πληρῶσαι
Il verbo καταλύω (katalu'o, Strong 2647), qui in ambedue i casi all'infinito aoristo (καταλῦσαι, katalu'sai), significa dissolvere, demolire, rendere vano, distruggere, e nel nostro caso puo' essere reso con "abolire", come traduce la Nuova Riveduta. Il verbo πληρόω (plero'o, Strong 4137), anch'esso all'infinito aoristo (πληρῶσαι, plero'sai), significa rendere pieno, riempire, rendere abbondante, completo, e puo' essere tradotto come la NR o anche con "rendere completo".
In cosa consiste, quindi, questo suo "rendere pieno", ossia dare completezza? Vuole forse aggiungere qualcosa alla Torah, sottintendendo che la Torah stessa e' incompleta o imperfetta? Assolutamente no. Yeshua vuole far comprendere il senso pieno e perfetto di certi insegnamenti, e lo fa in stile rabbinico. Continuiamo ad esaminare il capitolo 5.
Ai versetti 27 e 28, ad esempio, leggiamo:
Voi avete udito che fu detto: "Non commettere adulterio". Ma io vi dico che chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.
ἐγὼ δὲ λέγω ὑμῖν (ego' de le'go hymi'n), tradotto generalmente "ma io vi dico", come se ci fosse qualcosa di sbagliato nel Comandamento della Torah, deve essere tradotto invece "e io vi dico", in senso copulativo, non avversativo; l'espressione corrisponde all'ebraico vaanì omèr lachèm. Se Yeshua avesse voluto contrapporre il suo discorso alla citazione che precedeva, avrebbe detto ἀλλὰ λέγω ὑμῖν (alla' le'go hymi'n), che significa appunto "ma io dico a voi", proprio come fa in Mc 9:13, versetto in cui Yeshua, parlando del Battista, afferma: "Ma io vi dico che Elia e' gia' venuto", in antitesi e contrapposizione a chi affermava che dovesse ancora venire.
Yeshua, quindi, insegna alla maniera rabbinica; i rabbini, dicendo "e io vi dico", non intendevano contrapporre il loro insegnamento a quello precedente, ma cosi' facendo aggiungevano il loro commento. Yeshua aggiunge il suo commento e svela un significato molto piu' profondo e "pieno" del Comandamento "Non commettere adulterio": il solo desiderare ardentemente col pensiero una donna, costituisce adulterio tanto quanto consumare l'atto nella realta'. Allo stesso tempo, non basta "guardare" una donna per commettere adulterio, ma e' necessario "guardarla per desiderarla".
Per concludere questa mia introduzione, mi vorrei soffermare un momento sulla frase "se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, non entrerete affatto nel regno dei cieli". Dopo l'invito a rispettare ogni minimo precetto e ad insegnarlo agli uomini, e dopo aver messo in guardia coloro che violano i precetti della Torah ed insegnano agli uomini a fare altrettanto, ci invita ad essere "giusti" oltre la giustizia degli scribi e dei farisei, che Yeshua in diverse occasioni accusa di essere ipocriti, poiche' non comprendono il senso assoluto degli insegnamenti della Torah e non li mettono in pratica veramente, restando bloccati in inutili ragionamenti e rigide applicazioni. Yeshua, dunque, ci invita ad essere "giusti" agli occhi di Dio, che dice "questo popolo si avvicina a me con la bocca e mi onora con le labbra, mentre il suo cuore è lontano da me e il timore che ha di me non è altro che un comandamento imparato dagli uomini" (Is 29:13). La giustizia, il compiacere Dio attraverso l'uniformarsi a Lui, non risiede nell'applicazione rigidamente fine a se stessa dei precetti, nelle parole non seguite da fatti, ma nella comprensione intima e nell'attualizzazione di tali precetti nella nostra vita di ogni giorno.
Mi fermo qui e vi lascio ai vostri commenti, nella speranza che questa discussione ci aiuti a comprendere in senso ancora piu' profondo chi fosse Yeshua e come ci insegna a vivere la Torah.