La colpa e il Nuovo Adamo

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bgaluppi
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Re: La colpa e il Nuovo Adamo

Messaggio da bgaluppi »

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chelaveritàtrionfi
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Re: La colpa e il Nuovo Adamo

Messaggio da chelaveritàtrionfi »

Antonio , in Isaia 11 si parla del germoglio che rappresenterà l'uomo su cui poserà lo spirito del Signore :
1.spirito di sapienza
2. intelligenza,
3.spirito di consiglio
4. di fortezza
5. spirito di conoscenza
6. di timore del Signore.
7. spirito di giustizia (Non giudicherà secondo le apparenze
e non prenderà decisioni per sentito dire;
ma giudicherà con giustizia i miseri
e prenderà decisioni eque per gli oppressi del paese.
La sua parola sarà una verga che percuoterà il violento;
con il soffio delle sue labbra ucciderà l'empio) - versetti 3,4
Per me contano i documenti scritti perchè li possa verificare. "Ora i bereani .. accolsero il messaggio con grande entusiasmo e esaminarono ogni giorno le Scritture per vedere se questi insegnamenti erano veri". Atti 17:11 BSB
marco
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Re: La colpa e il Nuovo Adamo

Messaggio da marco »

Ecco Antonio l'abbiamo trovato il bivio che divide le nostre strade: il concetto di preesistenza!
Per te Cristo era solo un'idea nella mente di Dio, ovvero, la sua preesistenza era solo un aspetto del progetto di Dio.
Diversamente da te credo che Yeshùa avesse già una forma preesistente a quella umana. Yeshùa è un aspetto di Dio.
bgaluppi ha scritto: Ma tutto ciò in senso simbolico e figurato, perché Dio non si muove, non si incarna, non scende, non muore, non soffre, non fa tutte le cose che fanno gli uomini.

Hai parlato con Lui? :d
E se tramite il corpo di Gesù volle provare tutto quello che tu neghi? Non è blasfemia.
Dove trai, nella Bibbia, l'insegnamento della preesistenza come la intendi tu?
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bgaluppi
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Re: La colpa e il Nuovo Adamo

Messaggio da bgaluppi »

Per te Cristo era solo un'idea nella mente di Dio, ovvero, la sua preesistenza era solo un aspetto del progetto di Dio.
Non per me, Marco, ma per il pensiero ebraico. Io a quello mi rifaccio. Infatti, il concetto di pre-esistenza preumana non esiste nella Scrittura né nel pensiero della cultura che l'ha ricevuta e trasmessa. Piuttosto, la vita preumana di Yeshùa è una dottrina nata con il cristianesimo; mentre gli ebrei credono nella preesistenza del Messia, l'unto, i cristiani credono nella pre-esistenza di Yeshùa. Ma il Messia è piuttosto un passaggio, un dono di Dio, il completamento del Suo progetto di redenzione dell'uomo che ha condannato se stesso alla morte. Yeshùa, come uomo, incarna la parola di Dio e insegna non ad obbedire, ma come obbedire veramente alle mitzvot. Obbedienza con la purezza delle intenzioni. Inoltre, e soprattutto, Yeshùa nasce dallo spirito in una forma pura, simile a quella adamica, pur essendo partorito da ventre di donna; in questa forma, egli non esalta se stesso, ma si abbassa, rendendosi ubbidiente, e offre se stesso una volta per sempre come sacrificio espiatorio perfetto senza macchia. Il Messia viene ad esistere fisicamente nel mondo grazie al sorgere di questo nuovo Adamo, che obbedisce e si offre come riscatto per cancellare la condanna scaturita dalla disobbedienza del primo uomo.

La salvezza, come vedi, viene da Dio grazie al sorgere di un nuovo Adamo direttamente per opera del Suo spirito, ma anche dall'uomo, che stavolta obbedisce in modo perfetto e sacrifica se stesso per riscattare altri. Il merito dell'uomo è di grande importanza nel progetto di salvezza. Un dio che si fa uomo, muore e salva se stesso non lascia alcun merito all'uomo; e poi, la salvezza è dal peccato e dalla morte grazie all'obbedienza: come potrebbe Dio salvare se stesso dal peccato e dalla morte? Come potrebbe Dio non obbedire a se stesso?

Il concetto che Dio creatore e onnipotente abbia il bisogno di provare ad essere creatura è, in realtà, un'idea che origina dal paganesimo, in cui gli dèi si incarnavano e vivevano emozioni ed esperienze umane, e addirittura si accoppiavano con l'uomo (il concetto cristiano della concezione di Yeshùa non è lontano da quest'idea). Costantino, pagano, portò e consolidò queste dottrine (combattute con forza da alcuni dei Padri della Chiesa) all'interno della nascente religione di stato, perché fosse più comprensibile ai pagani. Le dottrine che i pagani già conoscevano avrebbero fatto da collante. La dottrina del dio-uomo è satanica, perché nega la trascendenza e onnipotenza del Dio Creatore, che viene abbasssto ad essere creatura, la quale risulta essere più importante di Dio stesso.

Da dove traggo l'idea della preesistenza? Innanzitutto dal pensiero ebraico millenario, in cui Yeshùa fu cresciuto e al quale si conformò essendo ebreo. Poi la Scrittura Ebraica è piena di riferimenti alla preesistenza. Nelle Scritture Greche il pròlogo giovanneo è un ottimo esempio; inoltre, Yeshùa non dice mai e poi mai di essere Dio incarnato, né di esistere prima della sua vita umana. Quando lo dice (ma solo apparentemente), è il Messia che parla, non l'uomo; è Yeshùa che parla cosciente di essere il Messia, perché Dio lo ha consacrato ("tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato"). In un certo senso, lui esiste da sempre perché Dio lo ha prestabilito e preordinato sin da prima della Creazione; ma anche i credenti sono preordinati e preconosciuti, esattamente come il Messia, e ciò non significa che anch'essi esistano da prima della loro vita umana. Yeshùa non dice mai apertamente neppure di essere il Messia, ma lo fa dire agli altri. Nota come risponde Pietro alla domanda di Yeshùa in Mt 16:15,16:

“«E voi, chi dite che io sia?» Simon Pietro rispose: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».”. Tu sei l'unto, il figlio del Dio vivente. Non dice "tu sei Dio". E Marta afferma: “«Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire nel mondo».” (Gv 11:27). Tu sei l'unto, il figlio di Dio; difficile credere che due ebrei come Pietro e Marta potessero pensare che Dio venisse nel mondo in forma di uomo, eppure Marta dice che il Cristo doveva venire nel mondo. Perché Yeshùa non informa i suoi discepoli di essere divino? Perché non rivela la trinità di Dio?

Ma il versetto dei Vangeli che secondo me meglio rende il concetto biblico di preesistenza è Rm 4:17:

Egli [Abramo] è nostro padre dinanzi a Dio, perché ha creduto in colui che fa rivivere i morti e chiama all'esistenza le cose che ancora non esistono. (TILC)

καὶ καλοῦντος τὰ μὴ ὄντα ὡς ὄντα.

La traduzione letterale del versetto è “chiama le cose che non esistono come esistenti”. Paolo, ebreo di nascita e “fariseo figlio di farisei” (Atti 23:6), rivela e spiega in due parole il concetto della preesistenza: Dio chiama all'esistenza ciò che ancora non esiste fisicamente ma preesiste nella Sua mente, nella Sua volontà; infatti, Paolo non dice che “Dio crea”, ma che “chiama esistenti” cose che non esistono ancora, in perfetta armonia col pensiero ebraico. Ciò che Dio vuole che sia è già prima di essere.

La presunta divinità di Yeshùa è rigettata da molti versetti della Scrittura, su cui i trinitari in genere sorvolano o creano incredibili e incomprensibili costruzioni. Se è vero che la Scrittura afferma la divinità di Yeshùa, non possono poi esserci versetti che affermano il contrario. Con la preesistenza tutto ha senso, mentre con la dottrina della divinità di Yeshùa esistono molti ostacoli. Il primo che mi viene in mente e che ho già citato (e su cui tu hai sorvolato) è Rm 8:29, in cui Paolo afferma che il Cristo è il “primogenito tra molti fratelli”. Ora, spiegami tu come noi uomini potremmo mai essere fratelli di Dio. L'altro, insormontabile per i trinitari, è 1Cor 15:22-28:

“Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati; 23 ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta; 24 poi verrà la fine, quando consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo che avrà ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza. 25 Poiché bisogna ch'egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi. 26 L'ultimo nemico che sarà distrutto sarà la morte. 27 Difatti, Dio ha posto ogni cosa sotto i suoi piedi; ma quando dice che ogni cosa gli è sottoposta, è chiaro che colui che gli ha sottoposto ogni cosa, ne è eccettuato. 28 Quando ogni cosa gli sarà stata sottoposta, allora anche il Figlio stesso sarà sottoposto a colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti.”

Nota: 1. Cristo regna finché, poi non regna più. 2. Dio gli ha sottoposto tutto, ma non Se Stesso; Dio è differenziato dal Cristo. 3. Alla fine, il Cristo si sottoporrà a Dio, e Dio sarà tutto in tutti; ci sarà solo Dio e i figli, che sono fratelli, e il Cristo (uno dei molti fratelli) sarà uno dei figli (il primo di essi), non una parte di Dio o Dio stesso. Dio è differenziato dal Cristo e il Cristo si sottometterà a Dio, quindi non avrà più il potere su ogni cosa dopo aver consegnato il regno.

Etimologia di sottomettere: dal lat. submittere, mettere sotto, sottoporre, e quindi Ridurre in suo potere (Pianigiani). Come può Dio sottomettersi a Dio? Certo, il figlio conta un po' meno del Padre... etc... E lo spirito è sempre il grande assente. ;)

Comunque, il tema del discorso è un altro, lascerei stare la presunta divinità di Yeshùa, che è già stata ampiamente trattata in altre discussioni.
marco
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Re: La colpa e il Nuovo Adamo

Messaggio da marco »

Caro Antonio continuare sarebbe solo perdita di tempo per entrambi.
Nella tua mente è entrata l'idea talmudica (Evitiamo certi tipi di giudizi, hanno un sapore molto poco gradevole.) che tutto ciò che è stato creato era nella mente di Dio e difficilmente potrai farne a meno.
Leggerai di conseguenza tutto sotto quella (non) luce (La luce ovviamente è quella che illumina solo la tua mente, giusto?).
Credere in Gesù, impronta di Dio, non è come credere a un dio pagano che impersona tutti i difetti prettamente umani.

Tu dici: "Che rapporto ebbe con Dio? Certamente non uno generativo, poiché Dio, che non è neppure definibile e quantificabile, non è assimilabile al concetto di figliolanza generazionale umana."

Io leggo: Infatti a quale degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato? Eb 1,5

In Ap l'angelo dice a Giovanni questo: «Guardati dal farlo! Io sono un servo di Dio come te e i tuoi fratelli, i profeti, e come coloro che custodiscono le parole di questo libro. È Dio che devi adorare». Ap 22,9
Paolo, ebreo di nascita e “fariseo figlio di farisei” (Atti 23:6), riferendosi a Gesù scrive in Eb 1,6: Lo adorino tutti gli angeli di Dio.
Come può commettere un errore simile, ben sapendo che l'adorazione spetta solo ed esclusivamente a Dio?
E Giovanni, poi, che mette in bocca a Tommaso queste parole: «Mio Signore e mio Dio!». Gv 20,28

La Rivelazione nella Bibbia è progressiva e innovativa (Quali versetti della Bibbia affermano che la verità è progressiva), e non può e non deve essere interpretata con metodiche che scaturiscono dalla menzogna (Ossia tutto quello che è contrario a quello che pensi tu?).


In verde ho inserito i miei commenti/avvertimenti. Giorgia
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bgaluppi
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Re: La colpa e il Nuovo Adamo

Messaggio da bgaluppi »

Caro Marco, il Talmud non c'entra proprio niente, perché non l'ho mai letto. E tu lo hai letto?

Il prologo della Lettera agli Ebrei è una progressiva esaltazione del Messia. Al v.5 che citi l'agiografo riprende le parole del Salmo regale e messianico 2, in cui il re viene intronizzato. Il testo, sia del Sl che del vangelo, dice "Figlio di me tu, io oggi ho generato te"; nota che colui che è già figlio viene poi generato oggi. Queste parole, lette alla lettera dai semplici come se parlassero di figliolanza generazionale, si riferiscono alla consacrazione e all'intronizzazione del Re, che diventa rappresentante di Dio e a cui è assicurato il dominio su tutta la terra (v. vv. ss.). Dunque, non "Oggi ti ho generato e quindi sei mio figlio", ma "Figlio mio, oggi io ti ho generato". Quando Yeshùa si battezza, le parole di Dio che ripetono il versetto del Sl 2 non sono una dichiarazione di paternità generazionale, ma costituiscono la consacrazione e l'intronizzazione del re, il Messia, che in quel momento viene consacrato tale. Il termine figlio non è relativo alla figliolanza generazionale, anche perché quelle parole sono dirette a Davide; dovremmo accettare che Davide sia "figlio di Dio" esattamente come lo fu Yeshùa.

Al v.6 non si dice affatto "lo adorino", termine che in greco non esiste, ma "si inchinino davanti a lui" (προσκυνέω, proskunéo). Inchinarsi davanti a qualcuno era ed è un segno di rispetto, non si tratta di idolatria né di adorazione (i discepoli lo facevano con Yeshùa, Mt 14:33); inchinarsi davanti a un'immagine (idolo) è idolatria. Sono gli amici religiosi che devono sempre aggiungere un tocco di tendenziosità alle loro traduzioni. Tu, però, non dovresti caderci ogni volta, perché sai benissimo che è sempre importante verificare il testo originale.

Su Gv 20:28 abbiamo già lungamente discusso in altra discussione e ci ho scritto pure uno studio molto approfondito. Trattasi di un vocativo "esclamativo", non di un'invocazione, che è sempre seguita da una richiesta (Mio Signore, salvami!). Se si trattasse di una vera e propria invocazione, sarebbe accompagnata da una supplica o da una preghiera: “Guarda, rispondimi, o Signore, mio Dio!” (Sl 13:3). Non si invoca qualcuno per poi restare muti. Invece, le parole di Tommaso sono fine a se stesse, e potrebbero paragonarsi al nostro "santo Dio!", o "oddio!", che pronunceremmo in una situazione di stupore, emozione estrema e anche di pericolo e paura. Ciò è confermato dal vocativo non seguito da verbo e complemento oggetto. L'espressione è ricalcata in greco sull'ebraico "Signore mio Dio"(יְהוָ֣האֱלָֹה֑י Yahweh elohay) ed è riferita a Dio, non a Yeshùa.

Come pensavo, non puoi rispondere sui due versetti che ti ho citato. Essi sono una vera spina nel fianco per i trinitari e i binitari, in genere tutti quelli che credono alla divinità di Yeshùa. Piuttosto, rifletti su questo.

Visto che:

1. La Scrittura Ebraica non presenta mai il messia come divino ma come un re, il servo, il "figlio di Dio" discendente di Davide già figlio e re,

2. Yeshùa non dice mai di essere Dio, né mezzo-dio, né divino, né parte minore di un dio trino etc., ma dice di essere il Messia, il figlio di Dio (anzi, lui si definisce "figlio dell'uomo", gli altri lo chiamano figlio di Dio),

la domanda è: da dove esce la dottrina secondo cui il Messia sarebbe divino? Trovami l'origine, poi ne parliamo (su altra discussione).
marco
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Re: La colpa e il Nuovo Adamo

Messaggio da marco »

bgaluppi ha scritto:Caro Marco, il Talmud non c'entra proprio niente, perché non l'ho mai letto. E tu lo hai letto?
Troppo semplice! Non occorre leggere un libro per sposarne le tesi. Infatti quanti di coloro che accettano le tesi evoluzioniste di Darwin hanno mai letto la sua opera: l'origine delle specie?
Tutti ripetono a pappagallo: discendiamo dalle scimmie... ci siamo evoluti dai primati....
Vogliamo anche noi ripetere a pappagallo le tesi altrui?

Quando ci accaniamo con passione su un verso, una parola, o una forma verbale, perdiamo inesorabilmente il messaggio biblico.
E' giusto studiare la Sacra Scrittura ma con la giusta luce.
Perché lo studio non porta alla fede. La fede cresce nella semplicità.

Riporto uno studio su Gv 20,28 diverso da quello proposto da Gianni.
Per chi crede nella trinità, la confessione di Tommaso è forse la più evidente affermazione della divinità di Cristo. Inoltre qui troviamo o qeoς, cioè Dio con l'articolo applicato al Figlio (come pure in Romani 9,5; Tito 2,13; Ebrei 1,8; 1 Giovanni 5,20 e Matteo 1,23). Dal punto di vista strettamente grammaticale, l’affermazione di Tommaso potrebbe avere sia valenza nominativa enfatica “Il mio Signore e il mio Dio” sia valore vocativo esclamativo solenne “O Signore mio e Dio mio”. In caso di sfumature vocative la forma “o kurioς mou kai o qeoς mou" sembrerebbe più solenne del vocativo classico kurie (Matteo 7,21) e qee (Matteo 27,46). Si noti comunque come il grido di Gesù sulla croce “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” sia reso da Matteo (Matteo 27,46) con “qee mou qee mou” e da Marco (Marco 15,34) con “o qeoς mou o qeoς mou”.


Di fatto, la frase -Rispose Tommaso e gli (autω) disse: "Signor mio e Dio mio" (o kurioς mou kai o qeoς mou)- sembra chiaramente diretta al Figlio, considerato anche il fatto che il termine autω (gli ) è presente in tutti i manoscritti. Il versetto è poi inserito nel mezzo di una conversazione tra Gesù e Tommaso e l’ipotesi che Tommaso si stesse rivolgendo inopinatamente al Padre o stesse gridando di sorpresa sembra difficilmente sostenibile.


Unitari, ariani e sociniani videro in queste parole di Tommaso solo un’esclamazione, ma i Padri della Chiesa citarono le parole di Tommaso come una prova evidente della divinità di Cristo (vedansi, ad esempio, Tertulliano, Una risposta ai Giudei, VII; Novaziano, Trinità, XXX; Atanasio, Trattato contro gli ariani, II, 23; Agostino, La Trinità, IV, 3, 6). È opinione diffusa che i Giudei avessero un timore ed un rispetto molto profondo verso Dio così che non avrebbero mai usato kurioς e qeoς per esprimere semplice meraviglia (Esodo 20:7).


Di fatto, la formula “o kurioς o qeoς” si trova sia nella Settanta che nel Nuovo Testamento ed è applicata solo a Dio Padre in descrizioni, atti di fede, preghiere ed invocazioni. Ogni giudeo (come Tommaso) sapeva pertanto che l’espressione greca “o kurioς o qeoς” corrispondeva all’ebraico אדני אלחים (Adonay-Elohim), titolo che poteva essere riferito solo a יהךה (Yahweh) e non ad angeli, dei minori, giudici, esseri potenti, profeti o falsi dei.

A tal proposito vedasi ad esempio:

· Destati, svegliati per il mio giudizio, per la mia causa, Signore mio Dio (אדני אכחים = o qeoς kai o kurioς). (Salmo 35,23 Heb = Salmo 34,23 LXX)

· Tu sei degno, o Signore e Dio nostro, (o kurioς kai o qeoς hmwn) di ricevere la gloria, l’onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, e per la tua volontà furono create e sussistono. (Apocalisse 4,11);

· Queste parole sono certe e veraci. Il Signore Dio (o kurioς o qeoς ) che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi ciò che deve accadere tra breve. (Apocalisse 22,6).


Gesù, da parte sua, accettò le parole di Tommaso, poiché non le corresse, come non aveva corretto i Giudei che lo accusavano di farsi "uguale a Dio" (Giovanni 5:18). Egli mostrò dunque di approvare e di gradire la confessione di fede di Tommaso (Atanasio, Trattato contro gli ariani, II, 23).
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bgaluppi
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Re: La colpa e il Nuovo Adamo

Messaggio da bgaluppi »

Marco, volevo farti notare che spesso citi il Talmud senza averlo mai letto. Il concetto di preesistenza origina dalla Scrittura, non dal Talmud; quindi, il concetto di preesistenza appartiene al pensiero ebraico perché origina dalla Torah. Invece, la vita preumana del messia non appartiene proprio alla Scrittura Ebraica, e neppure ai Vangeli, dove si parla del messia come figlio di Dio, come la parola di Dio, il servo di Dio, non come Dio stesso o un semi-dio incarnato o un dio-parte-di-tre-ma-uno.

Marco, quello studio è fatto molto male, perché non tiene conto della concordanza, dell'uso del nominativo in sostituzione del vocativo nel greco koinè e di altre cose. Per sostenere una dottrina religiosa si arrampica sugli specchi facendo un gran polverone. Ma non è questa la discussione giusta per parlare del tema; il mio studio lo potrai leggere presto, quando sarà pubblicato.
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Re: La colpa e il Nuovo Adamo

Messaggio da bgaluppi »

Marco, il mio studio su Gv 20:28 lo puoi leggere qui:

http://www.biblistica.it/wordpress/wp-c ... e-2017.pdf" onclick="window.open(this.href);return false;
marco
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Re: La colpa e il Nuovo Adamo

Messaggio da marco »

Grazie Antonio. Ho letto il tuo studio, molto articolato e ricco di informazioni, che non condivido affatto.
Con tutto il massimo rispetto, secondo me, hai cercato solo il modo per aggirare l'ostacolo.
20:28 ¢pekr…qh qwm©j {tommaso} kaˆ {-} eMpen {rispose} aÙtù {gli}, Ð kÚriÒj {signor} mou {mio} kaˆ
{e} Ð qeÒj {dio} mou {mio}.
Nella Bibbia c'è scritto solamente ciò che dobbiamo conoscere. Non credo che Giovanni abbia inserito nel testo una semplice esclamazione che avrebbe potuto fuorviare il credente.
Inoltre la frase (gli rispose Tommaso) indica chiaramente che il soggetto della risposta è Yeshùa e quest'ultimo non disse nulla per correggere la presunta blasfemia.
Le possibili soluzioni:
1) la risposta è una semplice esclamazione di meraviglia.
Impossibile far dire a Tommaso, anche se è solo una esclamazione, una blasfemia, considerando che il 3° Comandamento dice: Non pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non lascerà impunito chi pronuncia il suo nome invano.

2) la risposta è riferita a Dio.
Plausibile se Tommaso avesse detto: Signore mio Dio! Ma la frase è: Signore mio e Dio mio! Davanti a lui c'era Yeshùa e non avrebbe avuto senso rispondere a Dio. Rileggete il versetto 27.

3) la risposta è riferita a Yeshùa.
Tommaso è un discepolo che non comprende le parole spirituali di Cristo, un po' come noi. Infatti durante la morte di Lazzaro, quando Yeshùa dice che vuole ritornare in Giudea, gli apostoli rispondono così: Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo? Tommaso è pronto al sacrificio pur di seguire Gesù, anche se non comprende bene chi è. Tommaso dice questo ai discepoli: Andiamo anche noi a morire con lui! Pronto al martirio senza intendere nulla di Cristo.
Lo dimostrerà più in la quando dirà testuali parole: Signore, non sappiamo dove vai e come possiamo conoscere la via?». Risposta di Gesù: Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Queste parole rimarranno impresse nella sua mente incredula e dopo aver messo il dito nelle mani e la mano nel fianco di Cristo, Tommaso esprime ciò che non aveva compreso: Mio Signore e mio Dio!
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