La colpa e il Nuovo Adamo
Inviato: martedì 3 marzo 2015, 17:32
Perciò, come per mezzo di un solo uomo il peccato è entrato nel mondo, e per mezzo del peccato la morte, e così la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato. Poiché, fino alla legge, il peccato era nel mondo, ma il peccato non è imputato quando non c'è legge. Eppure, la morte regnò, da Adamo fino a Mosè, anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire. Però, la grazia non è come la trasgressione. Perché se per la trasgressione di uno solo, molti sono morti, a maggior ragione la grazia di Dio e il dono della grazia proveniente da un solo uomo, Gesù Cristo, sono stati riversati abbondantemente su molti. Riguardo al dono non avviene quello che è avvenuto nel caso dell'uno che ha peccato; perché dopo una sola trasgressione il giudizio è diventato condanna, mentre il dono diventa giustificazione dopo molte trasgressioni. Infatti, se per la trasgressione di uno solo la morte ha regnato a causa di quell'uno, tanto più quelli che ricevono l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo di quell'uno che è Gesù Cristo. Dunque, come con una sola trasgressione la condanna si è estesa a tutti gli uomini, così pure, con un solo atto di giustizia, la giustificazione che dà la vita si è estesa a tutti gli uomini. Infatti, come per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati resi peccatori, così anche per l'ubbidienza di uno solo, i molti saranno costituiti giusti. La legge poi è intervenuta a moltiplicare la trasgressione; ma dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata, affinché, come il peccato regnò mediante la morte, così pure la grazia regni mediante la giustizia a vita eterna, per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore. Rm 5:12-21
Ora se si predica che Cristo è stato risuscitato dai morti, come mai alcuni tra voi dicono che non c'è risurrezione dei morti? Ma se non vi è risurrezione dei morti, neppure Cristo è stato risuscitato; e se Cristo non è stato risuscitato, vana dunque è la nostra predicazione e vana pure è la vostra fede. Noi siamo anche trovati falsi testimoni di Dio, poiché abbiamo testimoniato di Dio, che egli ha risuscitato il Cristo; il quale egli non ha risuscitato, se è vero che i morti non risuscitano. Difatti, se i morti non risuscitano, neppure Cristo è stato risuscitato; e se Cristo non è stato risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati. Anche quelli che sono morti in Cristo sono dunque periti. Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini. Ma ora Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti. Infatti, poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti. Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati; ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta; poi verrà la fine, quando consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo che avrà ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza. Poiché bisogna ch'egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico che sarà distrutto sarà la morte. Difatti, Dio ha posto ogni cosa sotto i suoi piedi; ma quando dice che ogni cosa gli è sottoposta, è chiaro che colui che gli ha sottoposto ogni cosa, ne è eccettuato. Quando ogni cosa gli sarà stata sottoposta, allora anche il Figlio stesso sarà sottoposto a colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti. 1Cor 15:12-28
In Pietro si parla del cosiddetto peccato originale, come lo chiamano i cattolici. Spesso ascolto i dubbi delle persone e noto che il tema del peccato è uno dei più incompresi dalla gente, e per questo molti si allontanano da Dio. Come può un uomo nascere nel peccato? Come può un bambino innocente essere peccatore? Vogliamo credere che un bimbo di tre anni sia un peccatore? E contro chi e in qual modo avrebbe commesso peccato? Si pensa al peccato come qualcosa di sporco insito in noi, che ci marchia a vita come esseri inferiori e indegni. O peggio come ad una invenzione della religione cristiana atta a far venire sensi di colpa. Secondo me, spesso non si comprende bene il concetto di peccato e cosa significhi veramente.
La parola usata è ἁμαρτία (amartìa), che significa "non parte di" qualcosa (ἁ- alfa privativo, "non", e μαρτία, martìa, da meros, "parte di"), quindi "perdita" di qualcosa in seguito al non conseguimento di un fine.
Esaminiamo le definizioni. Lo Strong: mancare il bersaglio, quindi a) "colpa, peccato" e b) "colpa, fallimento" in senso etico. E ancora: errore, atto sbagliato, violazione della legge divina. E anche "peccato" in senso stretto, ossia azione cattiva o malvagia. Lo Helps: sconfitta per aver mancato il fine, il bersaglio; tipo di colpa che evidenzia la sua origine da sé stessa, non da Dio (al contrario della fede, che è dono di Dio e non viene dagli uomini).
Se il termine significa propriamente "perdita", come abbiamo visto, cos'è che abbiamo perso? Abbiamo perso la condizione in cui Adamo fu creato, in cui l'uomo è stato concepito sin dall'inizio, ossia la vita. Il peccato è la colpa, non qualcosa di fisico che ci marchia geneticamente dalla nascita; è la condizione in cui siamo precipitati per aver violato la legge divina. La colpa di Adamo, il suo "mancare il bersaglio", consiste nell'aver disubbidito a Dio e nell'aver voluto essere come lui, bramando di conoscere il bene e il male. Egli ha fallito, disubbidendo a Dio, e ha condannato se stesso. Solo Dio conosce il bene e il male in senso assoluto (per questo noi non possiamo giudicare nessuno) e aveva intimato all'uomo di non mangiare del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male, pena la morte, ossia di non voler pretendere di andare oltre i limiti impostigli da Dio. Il primo uomo ha disubbidito, e la sua colpa ha determinato per l'uomo la perdita della vita e il decadimento fisico fino alla morte. In che senso "perdita della vita"? Noi siamo anime viventi (Gn 2:7), quindi, se muoriamo, la nostra "anima" muore, noi moriamo. Il concetto di immortalità dell'anima non è biblico, ma pagano. Con la morte, siamo finiti, e non c'è un'anima che se ne va in un presunto paradiso, come non esiste "l'aldilà". Il peccato, ossia la colpa di Adamo, condanna l'uomo alla morte. Non è Dio l'origine della nostra colpa e disubbidienza, ma Adamo stesso; scegliere di non ubbidire a Dio, che è Colui che è (Es 3:14), significa scegliere di non-essere, ossia morire. Poi, in quanto caduti in un mondo dove la carne e la materia fanno da padroni, cadiamo nel peccato nel senso abituale del termine, ossia ci facciamo corrompere da tutto ciò che di corrotto esce dal nostro cuore e commettiamo azioni che violano la legge di Dio. In questo senso, anche, pecchiamo. Il peccato rappresenta la morte che deriva dalla colpa del primo uomo che scaturisce in condanna di morte, cioè perdita di vita.
La vita non è da intendersi come vita umana, ma come vera vita, la vita presso Dio, per la quale è necessaria l'obbedienza. La vita umana è per noi morte; dal momento in cui nasciamo decadiamo lentamente fino a morire. La vita è quella che ci ha promesso Dio tramite Yeshua, che invece ha conseguito il fine, ha colpito il bersaglio, ed è divenuto primogenito di tutte le creature.
"fino alla legge, il peccato era nel mondo, ma il peccato non è imputato quando non c'è legge. Eppure, la morte regnò, da Adamo fino a Mosè, anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire"
Fino all'avvento della legge, non è stato imputato il peccato, ma la condanna (morte) è rimasta, in quanto solo il nuovo Adamo avrebbe potuto riportare l'uomo alla vita. In un certo senso, con Yeshua si ricomincia da capo: ecco perché lui è il nuovo Adamo e il primogenito ed ecco perché Adamo "è figura di colui che doveva venire", ed ecco perché Cristo non è Dio ma solo uomo, il primo vero uomo che avrebbe dovuto essere Adamo, il primogenito dei figli di Dio che, come lui, obbediscono e obbediranno. Se Gesù fosse Dio incarnato e disceso tra gli uomini, non sarebbe il nuovo Adamo, il primogenito generato dallo spirito del Padre che invece colpisce in pieno il bersaglio, ubbidendo, e riceve il premio: la vera vita presso il Padre, della quale bisogna essere degni.
Così anche sta scritto: "Il primo uomo, Adamo, divenne anima vivente"; l'ultimo Adamo è spirito vivificante. 1Cor 15:45
Questa è la bellezza dell'esempio di Yeshua: egli, da uomo, accetta di immolarsi al nostro posto, per mostrarci a cosa portano la fede e l'ubbidienza alla legge di Dio: resurrezione a nuova vita, la vera vita con Dio. Per essere con Dio, bisogna essere come lui, dobbiamo davvero essere a sua immagine e somiglianza, e bisogna rispettare la sua legge, cioè obbedire. Quando si parla di obbedienza, non dobbiamo pensare alla sottomissione ad un Dio dispotico e autoritario; si tratta di mettere in pratica indicazioni che rivelano come dobbiamo necessariamente essere per vivere con Dio. E' come far parte del mondo terreno ma non voler mangiare o non voler lavarsi: certamente moriremo. Se non si ascoltano le indicazioni del Padre, che ci dice come dobbiamo necessariamente essere, non possiamo vivere con lui, e se non si vive con colui che è, non si vive affatto. Non esiste Dio e qualcos'altro al di fuori di lui, esiste solo Dio. Quindi, un solo uomo rende tutti degni della vita, li riporta alla condizione perfetta che preesiste nella mente di Dio sin dall'inizio. Tramite Yeshua diveniamo tutti ciò che il Padre voleva da sempre che fossimo, e ciò che Adamo non ha potuto essere. Con la differenza che ora vivremo presso il Padre, non in Eden, quindi la ricompensa all'obbedienza è infinitamente superiore.
Probabilmente Adamo, se avesse obbedito, sarebbe stato destinato a sedere alla sua destra, poiché egli era stato creato da Dio a sua immagine e somiglianza. Probabilmente, dato che non possiamo conoscere tutto. Ma invece ha condannato se stesso, quindi l'intero genere umano in quanto sua discendenza biologica in un mondo materiale, finché un nuovo Adamo è nato, come lui non da rapporto biologico e carnale, ma dallo spirito del Padre. Yeshùa ha saputo essere come Dio vuole che siamo, e la sua grazia e ubbidienza hanno riportato l'uomo nella vita. Non si parla mai abbastanza del fatto che Cristo muore, esattamente come tutti gli uomini, in quanto la morte è eredità del primo Adamo. Se Dio voleva, poteva anche evitargli la morte in croce e farlo ascendere a sé; infatti, nel Getsèmani, Yeshùa in preghiera e in angoscia chiede "Padre mio, se non è possibile che questo calice passi oltre da me, senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà" (Mt 26:42). Egli chiede al Padre se ci sia un'altra via per il riscatto dell'uomo oltre a quella che lo aspetta; ma un'altra via non c'è, poiché lui è uomo e da uomo deve morire per essere fatto rivivere. Infatti, anche noi, finché siamo in vita, dobbiamo "morire" e rinascere a nuova vita in Cristo tramite il battesimo, e poi dovremo morire fisicamente, in attesa della resurrezione. Fino alla resurrezione, anche Cristo è sottoposto alla morte, come tutti noi, in quanto è uomo. Il Padre Eterno però lo riporta in vita, rende di nuovo viva la sua anima, ossia lui stesso nella sua interezza, ma ad un livello infinitamente superiore, così alto da farlo sedere alla sua destra. Non lo rende Dio, lo fa sedere alla sua destra.
Nel secondo passo proposto, Paolo parla della possibilità che balena nella testa di alcuni che Cristo non sia risorto e che sia definitivamente morto. Se Cristo non è risorto, che senso ha credere in lui? Dov'è il piano di salvezza di Dio? Siamo dunque condannati a morire? Ma allora che senso ha venire al mondo, in un corpo materiale, quando non resterà nulla di noi? O forse Dio non ci ha perdonati e si è dimenticato di noi? No. Cristo, come aveva annunciato lui stesso, è risorto nel terzo giorno ed è asceso al Padre, e la stessa cosa succederà a chi segue i suoi passi e mette in pratica gli insegnamenti di Dio. Noi moriremo, e resteremo morti fino al giorno della Parusìa, ma tutto questo tempo sarà per noi un attimo. Moriremo e ci risveglieremo, chi per la gloria, chi per il giudizio, e alla fine saremo con il Padre e il Padre sarà tutto in tutti. Dopo che Yeshua avrà distrutto ogni principato e ogni potenza, ossia coloro che si sono ribellati al Signore e hanno scelto di non obbedire alla sua legge, egli rimetterà tutto nelle mani del Padre e si sottoporrà a lui.
PS. Questo passo solleva una domanda: se alcuni tra i Corinzi mettevano in dubbio la resurrezione di Cristo, e se Paolo stesso ne parla come possibilità esemplificativa, è chiaro che mai nessuno di loro abbia pensato per un istante che Yeshua fosse Dio incarnato, come insegnano le religioni. Come si potrebbe pensare che Dio si incarnasse in un uomo per poi morire, quindi sottoporre se stesso alla corruttibilità della morte? Dio è perfetto ed incorruttibile.
Ora se si predica che Cristo è stato risuscitato dai morti, come mai alcuni tra voi dicono che non c'è risurrezione dei morti? Ma se non vi è risurrezione dei morti, neppure Cristo è stato risuscitato; e se Cristo non è stato risuscitato, vana dunque è la nostra predicazione e vana pure è la vostra fede. Noi siamo anche trovati falsi testimoni di Dio, poiché abbiamo testimoniato di Dio, che egli ha risuscitato il Cristo; il quale egli non ha risuscitato, se è vero che i morti non risuscitano. Difatti, se i morti non risuscitano, neppure Cristo è stato risuscitato; e se Cristo non è stato risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati. Anche quelli che sono morti in Cristo sono dunque periti. Se abbiamo sperato in Cristo per questa vita soltanto, noi siamo i più miseri fra tutti gli uomini. Ma ora Cristo è stato risuscitato dai morti, primizia di quelli che sono morti. Infatti, poiché per mezzo di un uomo è venuta la morte, così anche per mezzo di un uomo è venuta la risurrezione dei morti. Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saranno tutti vivificati; ma ciascuno al suo turno: Cristo, la primizia; poi quelli che sono di Cristo, alla sua venuta; poi verrà la fine, quando consegnerà il regno nelle mani di Dio Padre, dopo che avrà ridotto al nulla ogni principato, ogni potestà e ogni potenza. Poiché bisogna ch'egli regni finché abbia messo tutti i suoi nemici sotto i suoi piedi. L'ultimo nemico che sarà distrutto sarà la morte. Difatti, Dio ha posto ogni cosa sotto i suoi piedi; ma quando dice che ogni cosa gli è sottoposta, è chiaro che colui che gli ha sottoposto ogni cosa, ne è eccettuato. Quando ogni cosa gli sarà stata sottoposta, allora anche il Figlio stesso sarà sottoposto a colui che gli ha sottoposto ogni cosa, affinché Dio sia tutto in tutti. 1Cor 15:12-28
In Pietro si parla del cosiddetto peccato originale, come lo chiamano i cattolici. Spesso ascolto i dubbi delle persone e noto che il tema del peccato è uno dei più incompresi dalla gente, e per questo molti si allontanano da Dio. Come può un uomo nascere nel peccato? Come può un bambino innocente essere peccatore? Vogliamo credere che un bimbo di tre anni sia un peccatore? E contro chi e in qual modo avrebbe commesso peccato? Si pensa al peccato come qualcosa di sporco insito in noi, che ci marchia a vita come esseri inferiori e indegni. O peggio come ad una invenzione della religione cristiana atta a far venire sensi di colpa. Secondo me, spesso non si comprende bene il concetto di peccato e cosa significhi veramente.
La parola usata è ἁμαρτία (amartìa), che significa "non parte di" qualcosa (ἁ- alfa privativo, "non", e μαρτία, martìa, da meros, "parte di"), quindi "perdita" di qualcosa in seguito al non conseguimento di un fine.
Esaminiamo le definizioni. Lo Strong: mancare il bersaglio, quindi a) "colpa, peccato" e b) "colpa, fallimento" in senso etico. E ancora: errore, atto sbagliato, violazione della legge divina. E anche "peccato" in senso stretto, ossia azione cattiva o malvagia. Lo Helps: sconfitta per aver mancato il fine, il bersaglio; tipo di colpa che evidenzia la sua origine da sé stessa, non da Dio (al contrario della fede, che è dono di Dio e non viene dagli uomini).
Se il termine significa propriamente "perdita", come abbiamo visto, cos'è che abbiamo perso? Abbiamo perso la condizione in cui Adamo fu creato, in cui l'uomo è stato concepito sin dall'inizio, ossia la vita. Il peccato è la colpa, non qualcosa di fisico che ci marchia geneticamente dalla nascita; è la condizione in cui siamo precipitati per aver violato la legge divina. La colpa di Adamo, il suo "mancare il bersaglio", consiste nell'aver disubbidito a Dio e nell'aver voluto essere come lui, bramando di conoscere il bene e il male. Egli ha fallito, disubbidendo a Dio, e ha condannato se stesso. Solo Dio conosce il bene e il male in senso assoluto (per questo noi non possiamo giudicare nessuno) e aveva intimato all'uomo di non mangiare del frutto dell'albero della conoscenza del bene e del male, pena la morte, ossia di non voler pretendere di andare oltre i limiti impostigli da Dio. Il primo uomo ha disubbidito, e la sua colpa ha determinato per l'uomo la perdita della vita e il decadimento fisico fino alla morte. In che senso "perdita della vita"? Noi siamo anime viventi (Gn 2:7), quindi, se muoriamo, la nostra "anima" muore, noi moriamo. Il concetto di immortalità dell'anima non è biblico, ma pagano. Con la morte, siamo finiti, e non c'è un'anima che se ne va in un presunto paradiso, come non esiste "l'aldilà". Il peccato, ossia la colpa di Adamo, condanna l'uomo alla morte. Non è Dio l'origine della nostra colpa e disubbidienza, ma Adamo stesso; scegliere di non ubbidire a Dio, che è Colui che è (Es 3:14), significa scegliere di non-essere, ossia morire. Poi, in quanto caduti in un mondo dove la carne e la materia fanno da padroni, cadiamo nel peccato nel senso abituale del termine, ossia ci facciamo corrompere da tutto ciò che di corrotto esce dal nostro cuore e commettiamo azioni che violano la legge di Dio. In questo senso, anche, pecchiamo. Il peccato rappresenta la morte che deriva dalla colpa del primo uomo che scaturisce in condanna di morte, cioè perdita di vita.
La vita non è da intendersi come vita umana, ma come vera vita, la vita presso Dio, per la quale è necessaria l'obbedienza. La vita umana è per noi morte; dal momento in cui nasciamo decadiamo lentamente fino a morire. La vita è quella che ci ha promesso Dio tramite Yeshua, che invece ha conseguito il fine, ha colpito il bersaglio, ed è divenuto primogenito di tutte le creature.
"fino alla legge, il peccato era nel mondo, ma il peccato non è imputato quando non c'è legge. Eppure, la morte regnò, da Adamo fino a Mosè, anche su quelli che non avevano peccato con una trasgressione simile a quella di Adamo, il quale è figura di colui che doveva venire"
Fino all'avvento della legge, non è stato imputato il peccato, ma la condanna (morte) è rimasta, in quanto solo il nuovo Adamo avrebbe potuto riportare l'uomo alla vita. In un certo senso, con Yeshua si ricomincia da capo: ecco perché lui è il nuovo Adamo e il primogenito ed ecco perché Adamo "è figura di colui che doveva venire", ed ecco perché Cristo non è Dio ma solo uomo, il primo vero uomo che avrebbe dovuto essere Adamo, il primogenito dei figli di Dio che, come lui, obbediscono e obbediranno. Se Gesù fosse Dio incarnato e disceso tra gli uomini, non sarebbe il nuovo Adamo, il primogenito generato dallo spirito del Padre che invece colpisce in pieno il bersaglio, ubbidendo, e riceve il premio: la vera vita presso il Padre, della quale bisogna essere degni.
Così anche sta scritto: "Il primo uomo, Adamo, divenne anima vivente"; l'ultimo Adamo è spirito vivificante. 1Cor 15:45
Questa è la bellezza dell'esempio di Yeshua: egli, da uomo, accetta di immolarsi al nostro posto, per mostrarci a cosa portano la fede e l'ubbidienza alla legge di Dio: resurrezione a nuova vita, la vera vita con Dio. Per essere con Dio, bisogna essere come lui, dobbiamo davvero essere a sua immagine e somiglianza, e bisogna rispettare la sua legge, cioè obbedire. Quando si parla di obbedienza, non dobbiamo pensare alla sottomissione ad un Dio dispotico e autoritario; si tratta di mettere in pratica indicazioni che rivelano come dobbiamo necessariamente essere per vivere con Dio. E' come far parte del mondo terreno ma non voler mangiare o non voler lavarsi: certamente moriremo. Se non si ascoltano le indicazioni del Padre, che ci dice come dobbiamo necessariamente essere, non possiamo vivere con lui, e se non si vive con colui che è, non si vive affatto. Non esiste Dio e qualcos'altro al di fuori di lui, esiste solo Dio. Quindi, un solo uomo rende tutti degni della vita, li riporta alla condizione perfetta che preesiste nella mente di Dio sin dall'inizio. Tramite Yeshua diveniamo tutti ciò che il Padre voleva da sempre che fossimo, e ciò che Adamo non ha potuto essere. Con la differenza che ora vivremo presso il Padre, non in Eden, quindi la ricompensa all'obbedienza è infinitamente superiore.
Probabilmente Adamo, se avesse obbedito, sarebbe stato destinato a sedere alla sua destra, poiché egli era stato creato da Dio a sua immagine e somiglianza. Probabilmente, dato che non possiamo conoscere tutto. Ma invece ha condannato se stesso, quindi l'intero genere umano in quanto sua discendenza biologica in un mondo materiale, finché un nuovo Adamo è nato, come lui non da rapporto biologico e carnale, ma dallo spirito del Padre. Yeshùa ha saputo essere come Dio vuole che siamo, e la sua grazia e ubbidienza hanno riportato l'uomo nella vita. Non si parla mai abbastanza del fatto che Cristo muore, esattamente come tutti gli uomini, in quanto la morte è eredità del primo Adamo. Se Dio voleva, poteva anche evitargli la morte in croce e farlo ascendere a sé; infatti, nel Getsèmani, Yeshùa in preghiera e in angoscia chiede "Padre mio, se non è possibile che questo calice passi oltre da me, senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà" (Mt 26:42). Egli chiede al Padre se ci sia un'altra via per il riscatto dell'uomo oltre a quella che lo aspetta; ma un'altra via non c'è, poiché lui è uomo e da uomo deve morire per essere fatto rivivere. Infatti, anche noi, finché siamo in vita, dobbiamo "morire" e rinascere a nuova vita in Cristo tramite il battesimo, e poi dovremo morire fisicamente, in attesa della resurrezione. Fino alla resurrezione, anche Cristo è sottoposto alla morte, come tutti noi, in quanto è uomo. Il Padre Eterno però lo riporta in vita, rende di nuovo viva la sua anima, ossia lui stesso nella sua interezza, ma ad un livello infinitamente superiore, così alto da farlo sedere alla sua destra. Non lo rende Dio, lo fa sedere alla sua destra.
Nel secondo passo proposto, Paolo parla della possibilità che balena nella testa di alcuni che Cristo non sia risorto e che sia definitivamente morto. Se Cristo non è risorto, che senso ha credere in lui? Dov'è il piano di salvezza di Dio? Siamo dunque condannati a morire? Ma allora che senso ha venire al mondo, in un corpo materiale, quando non resterà nulla di noi? O forse Dio non ci ha perdonati e si è dimenticato di noi? No. Cristo, come aveva annunciato lui stesso, è risorto nel terzo giorno ed è asceso al Padre, e la stessa cosa succederà a chi segue i suoi passi e mette in pratica gli insegnamenti di Dio. Noi moriremo, e resteremo morti fino al giorno della Parusìa, ma tutto questo tempo sarà per noi un attimo. Moriremo e ci risveglieremo, chi per la gloria, chi per il giudizio, e alla fine saremo con il Padre e il Padre sarà tutto in tutti. Dopo che Yeshua avrà distrutto ogni principato e ogni potenza, ossia coloro che si sono ribellati al Signore e hanno scelto di non obbedire alla sua legge, egli rimetterà tutto nelle mani del Padre e si sottoporrà a lui.
PS. Questo passo solleva una domanda: se alcuni tra i Corinzi mettevano in dubbio la resurrezione di Cristo, e se Paolo stesso ne parla come possibilità esemplificativa, è chiaro che mai nessuno di loro abbia pensato per un istante che Yeshua fosse Dio incarnato, come insegnano le religioni. Come si potrebbe pensare che Dio si incarnasse in un uomo per poi morire, quindi sottoporre se stesso alla corruttibilità della morte? Dio è perfetto ed incorruttibile.