Israele e salvezza per Grazia

L'agnostico
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Re: Israele e salvezza per Grazia

Messaggio da L'agnostico »

Salve sto seguendo la discussione con molto interesse e non nascondo che leggendo alcune risposte avevo il desiderio di scrivere alcune domande ma per non perdere il filo ho lasciato perdere..
Ma ora state discutendo di un argomento che mi ha sempre fatto nascere in me delle perplessità e che riguardano il comandamento di amare il tuo prossimo come te stesso...
Spesso mi chiedo cosa significhi ma sopratutto chi sia il mio prossimo?Tutta l'umanità? Anche chi ci fa del male?
Non vedo in questo insegnamento una linea chiara e definitiva..
Spero mi potrete illuminare in qualche modo grazie
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bgaluppi
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Re: Israele e salvezza per Grazia

Messaggio da bgaluppi »

Ciao agnostico. Il “prossimo” è colui che nel momento presente ti è più vicino in termini di spazio. Amare il tuo prossimo come te stesso significa capire che vicino a te c'è un essere umano uguale a te e di pari dignità, che tu devi trattare come vorresti che lui trattasse te. Per cui, invece di preoccuparci del bambino in Africa, dovremmo preoccuparci del prossimo, in ogni momento.

Le parole di Yeshùa “ama il tuo nemico” e “porgi l'altra guancia” non significano accettazione passiva di torti o giustificazione di comportamenti sbagliati, ma piuttosto vanno intese secondo la mentalità semitica, in cui odiare può significare “amare di meno” e amare (come in questo caso) può significare “non odiare”, poiché non esistono espressioni intermedie: “[Giacobbe] ebbe relazione anche con Rachele e anche espresse amore a Rachele più che a Lea, e lo servì per altri sette anni. Quando Geova vide che Lea era odiata […]” (Gn 29:30,31).

Per cui: non odiare chi ti odia, non rispondere con violenza alla violenza, il tutto invertito in senso positivo: ama chi ti odia e porgi l'altra guancia a chi ti insulta.
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Gianni
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Re: Israele e salvezza per Grazia

Messaggio da Gianni »

Riflessioni molto interessanti, vi seguo… (Luigi, Pietro non esorta i giudei a ravvedersi, ma gli israeliti, quelli della Casa di Israele - Atti 2:22).
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bgaluppi
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Re: Israele e salvezza per Grazia

Messaggio da bgaluppi »

Luigi, è una giusta precisazione quella di Gianni. Infatti, al v.14 parla agli “Uomini di Giudea, e voi tutti che abitate in Gerusalemme”, mentre al v.22 si rivolge espressamente agli “Uomini d'Israele”.
Dalila
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Re: Israele e salvezza per Grazia

Messaggio da Dalila »

Buonasera. Dal contesto personalmente vedo un sinonimo nel dire uomini di Giudea e uomini d`Israele. Lo stesso avviene al capito 5 dove Gamaliele avanti al sinedrio cerca di evitare l`uccisione di Pietro e Giovanni. Sapete benissimo che il sinedrio era una corte suprema della giustizia giudaica e di logica conseguenza il sinedrio era composto da membri giudei, eppure Gamaliele nonostante questi uomini erano giudei li chiama "uomini d`Israele".

"Ma un fariseo, di nome Gamaliele, dottore della legge, onorato da tutto il popolo, alzatosi in piedi nel sinedrio, comandò che gli apostoli venissero un momento allontanati. Poi disse loro: "Uomini d'Israele, badate bene a quello che state per fare circa questi uomini" (At 5:34,35).

Se ciò che leggo e comprendo è sbagliata allora chiudo scusa per la mia ignoranza in materia biblica.
marco
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Re: Israele e salvezza per Grazia

Messaggio da marco »

Mimymattio ha scritto: Luigi ma il perdono e la riconciliazione con Dio sono già presenti nel Tanàch, senza accorrere a nessun messia escatologico della fine dei tempi e salvatore dell'umanità. Attraverso la teshuvà (pentimento, più propriamente "ritorno") Dio perdona l'uomo.

Sei sicuro che funzioni?
Nutro un fortissimo dubbo. Ed è proprio il Tanach che me lo conferma.
Il Signore Dio diede questo comando all'uomo: «Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti».
Se l'uomo tramite il semplice pentimento potesse riappacificarsi con Dio saremmo ancora in Eden. Mi risulta difficile credere che Adamo non abbia provato il sentimento del pentimento.
Non fu perdonato. Perchè?
Il sentimento del pentimento anche se accompagnato dalle cerimonie sacerdotali non produce nessuna riconciliazione con Dio.
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bgaluppi
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Re: Israele e salvezza per Grazia

Messaggio da bgaluppi »

Dalila, ottima osservazione, ma se fai caso nel cap. 2 di Atti sono distinti:

- Giudei (v.5)
- Uomini religiosi di ogni nazione (v.5)
- Uomini d'Israele (che potrebbe riferirsi agli ebrei in genere, come dici)

Al v. 36, però, Pietro specifica che il suo discorso è rivolto in particolar modo a “tutta la Casa di Israele” (pàs òikos Israèl), che non può riferirsi ai Giudei:

“Sappia dunque con certezza tutta la casa d'Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso”
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bgaluppi
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Re: Israele e salvezza per Grazia

Messaggio da bgaluppi »

Mattia, credo che Marco metta in evidenza una grande verità. Il pentimento, a mio avviso, ci aiuta a restare saldi sulla rotta giusta e ci consente di imparare dai nostri errori, ma la riconciliazione non può originare dalla volontà dell'uomo.
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bgaluppi
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Re: Israele e salvezza per Grazia

Messaggio da bgaluppi »

Il peccato originale è invenzione cristiana, ma di fatto il racconto di Genesi mette in evidenza un profondo cambiamento nella condizione dell'uomo: iniziando in uno stato di primigenia purezza, egli sceglie coscientemente di disobbedire a Dio e ascoltare i suoi desideri. Da ciò scaturisce una “condanna”, che consiste nella perdita di quella primigenia purezza. Le interpretazioni possono essere molte, ma credo non si debba mai fare l'errore di sceglierne una sopra le altre. Può trattarsi di una semplice metafora della crescita dall'infanzia all'età adulta, ma questa non è l'unica interpretazione.

Gli uomini non nascono peccatori in virtù di un peccato originale. Tuttavia, raggiungono l'albero della vita — preparato per loro — soltanto alla fine del percorso, nel mondo a venire, ma è necessario innanzitutto entrarci in quel mondo e compiere il percorso in modo corretto. L'insegnamento di Yeshùa, e il suo esempio, si incentrano su questo aspetto: come entrare nel regno di Dio, cioè nel mondo a venire. La condizione necessaria sembra essere il raggiungimento di uno stato superiore, in cui l'amore assoluto permea ogni aspetto della nostra vita. Quando gli uomini capiranno che per entrare nel regno di Dio è necessario innanzitutto amare il prossimo come se stessi e la smetteranno di uccidersi a vicenda e perseguire odio, egoismo, discriminazione e violenza, ecco, allora saranno partecipi della vita, ossia della salvezza (dalla morte, che origina dall'incapacità di obbedire a Dio). Ogni uomo che nella sua vita raggiunge questo stato superiore, è già partecipe della vita, preparata per il mondo a venire.

Il pentimento non è garanzia di un cambiamento profondo. Ci si può pentire all'infinito, sulla base di trasgressioni di norme giuridiche scritte sulla Bibbia, e poi continuare a peccare all'infinito. Il vero cambiamento trasforma la nostra vita e ci eleva ad uno stato di coscienza superiore, più vicino a Dio.
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bgaluppi
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Re: Israele e salvezza per Grazia

Messaggio da bgaluppi »

Caro Mattia, per tornare indietro ai miei primi commenti, alla fine credo che i concetti di fede e di salvezza di cui parla Yeshùa siano da comprendere più a fondo, tralasciando le idee che ci siamo fatti nel corso dei secoli. Per far capire:

L'uomo A crede che Yeshùa è il Cristo e che la professione di fede e il battesimo bastino per essere “salvato”, dunque non si preoccupa più di tanto di capire e mettere in pratica i suoi insegnamenti (tanto è già salvo “per fede”, ossia per credenza).

L'uomo B non sa con certezza se Yeshùa sia o meno il Cristo, ma ama il suo insegnamento e lo mette in pratica in ogni punto con zelo e sacrificio.

Chi dei due “crede” veramente in Yeshùa? Chi dei due dimostra vera fede “in lui”, ossia in ciò che lui insegna?
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