Yeshùa, oggi

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bgaluppi
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Re: Yeshùa, oggi

Messaggio da bgaluppi »

A me pare parli di desolazioni del popolo, dunque in senso morale:

“O mio Dio, inclina il tuo orecchio e ascolta! Apri gli occhi e guarda le nostre desolazioni, guarda la città sulla quale è invocato il tuo nome; poiché non ti supplichiamo fondandoci sulla nostra giustizia, ma sulla tua grande misericordia.” (NR)

Non parla di distruzione. La figura del v.27 è il “causante desolazione” e Rashi spiega che questo uso è da applicarsi ad un idolo. Lo traduce con “il muto”, o “quello che non capisce”.

«and on high, among abominations will be the dumb one: This is a pejorative for pagan deities. i.e., on a high place, among abominations and disgusting things, he will place the dumb one, the pagan deity, which is dumb like a silent stone.

high: Heb. כְּנַף, lit. wing, an expression of height, like the wing of a flying bird.

befall the dumb one: Heb. תִּתַּ, reach; and total destruction will descend upon the image of the pagan deity and upon its worshippers.
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bgaluppi
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Re: Yeshùa, oggi

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Animasalvata, i problemi con l’applicazione dell’ultima settimana a Tito sono tantissimi. Per risolverli occorre fare tripli salti mortali interpretativi, con triplo carpiato all’indietro, e inventarsi spiegazioni che esulano dal testo, che è molto chiaro e segue una struttura cronologica precisa. Questo non è buon metodo, perché altrimenti la Bibbia diventa un giocattolo. Poi dopo ti faccio una tabella con le due applicazioni a confronto: Antioco Epifane e Tito.
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bgaluppi
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Re: Yeshùa, oggi

Messaggio da bgaluppi »

Scusa, mi ero confuso, sto cucinando. Ho corretto
animasalvata
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Re: Yeshùa, oggi

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Al versetto 18 invece a me sembra proprio che il senso di ''shamem'' è distruzione perche il profeta sta parlando delle città di Giuda su cui è invocato il nome che erano diatrutte. E infatti shamen significa anche distruggere o desertificare e ci sono anche altri versetti con questo senso. Mi è stato detto da uno che si occupa di ebraico biblico.
Se mi dici che shamem ha a che fare solamente con idoli muti questo non è vero. Shamem signidica anche quello che dici tu,ma non solo quello. C'è differenza tra dire ''solamente'' e ''anche''.

Al versetto 27 posso accettare anche il significato di ''creante shamem'' ma il creante desolazione può essere anche una persona che causa orrore con le sue azioni e non solamente un idolo muto. Quello di Rashi è una possibilità ma non è l'unica. Tu vuoi far credere che significa solo quello.

Hai letto cosa riporta il sito chabad su quello che fece Tito nel tempio? Entrare dentro il santo dei santi con una prostituta, buttare a terra la torah, avere un rapporto con una prostituta nel santo dei santi,squarciare con una spada il velo del tempio,derubarla e portarla via insieme con altri oggetti del tempio credendo di aver ucciso Dio non si qualifica come qualcosa che crea orrore e stordimento nelle persone che vedevano tali azioni? Una cosa del genere è grave quanto la profanazione di Antioco.

Il ''creante desolazione'' o ''colui che causa orrore'' del versetto 27 può essere anche un uomo che commette qualcosa che causa stordimento o orrore nelle persone. Anche il vedere il tempio distrutto causa orrore e stordimento. Il ''creante desolazione'' non ha che fare solo con gli idoli muti perche in genere la parola di radice shamen non ha che fare esclusivamente con gli idoli muti. Questo lo dicono chi si occupa di ebraico biblico.

Poi ti consiglio di vedere anche sul sito HOSHEA.IT. Li chiaramente dicono che le vicende di Antioco non rientrano nell'ultima settimana ma durante le 62 settimane ed hanno ragione perche il numero 62 non è mai simbolico perché non è un multiplo di 7. Anche il voler considerare il 62 come simbolico è voler utilizzare la bibbia come in giocattolo per adattarla a ciò che uno crede e per far quadrare i propri conti. Te lo ripeto: 62 non è in multiplo di 7 per cui 62 non è simbolico.
animasalvata
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Re: Yeshùa, oggi

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Mi sembra di aver detto che anche la parola shiqqutzim non riguarda solamente gli idoli. Leggi Osea 9,10. Anche le persone possono diventare shiqqutzim.
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bgaluppi
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Re: Yeshùa, oggi

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Oltre alle cose che ho già detto, i problemi per l’applicazione delle settanta settimane al I secolo sono essenzialmente questi:

1. Il verbo shachat nella Bibbia (gr. fthèiro) è usato anche nel senso di “distruggere” (distruzione divina, distruzione morale, del corpo, del popolo di Israele etc.), ma non in riferimento al “radere al suolo” un edificio o una struttura. In questo senso, la Bibbia usa נָתַץ (nathats, “tirare giù”, “radere al suolo”, esattamente come il verbo greco katalùo, cfr. Es 34:13; Lv 14:45; Dt 7:5; Gdc 2:2; Gdc 6:30; 2Re 23:7, etc., tutti casi tradotti dalla LXX con katalùo). Dn 9:26 riporta shachat, tradotto dalla LXX con fthèiro, non nathats-katalùo. Siccome il senso specifico di “tirare giù”, “demolire” un palazzo o una struttura è espresso nella Bibbia sempre da nathats, tradotto dalla LXX con katalùo (o altri due verbi di uguale significato, ma più forti, che eventualmente possiamo approfondire) e mai con fthèiro, non è possibile tradurre Dn 9:26 in questo senso, neppure volendo. Per cui, Dn 9:26 non dice che il tempio fu raso al suolo. Con Antioco, infatti, il tempio non fu distrutto, mentre con Tito fu raso al suolo.

2. Nel caso in cui volessimo far finta (come dice Biglino) che la Bibbia non usi sempre nathats in riferimento alla demolizione di un edificio o di una struttura, al tempo di Tito Gerusalemme non fu affatto distrutta, ma occupata e saccheggiata, mentre il tempio fu raso al suolo. Due azioni diverse, che per precisione necessiterebbero di verbi diversi, come mostrato. Per cui, se Dn 9:26 si riferisse a Tito, avremmo una doppia valenza del verbo, che nel caso del tempio dovrebbe inevitabilmente significare “radere al suolo”, “demolire”, ma che nel caso della città non sarebbe applicabile, per cui sarebbero necessari salti mortali interpretativi fai-da-te che, in ogni caso, cadrebbero davanti all’evidenza esposta al punto 1. Invece, con Antioco Epifane non è necessario fare salti mortali interpretativi di alcun tipo, perché né il tempio né la città furono rasi al suolo, ma furono entrambi devastati e saccheggiati. Infatti, i testi ebraico e greco non utilizzano la coppia nathats-katalùo, ma quella shachat-fthèiro, che calza alla perfezione e rispetta la concordanza.

3. Gli eventi che accadono nell’ultima settimana di anni vengono descritti in ordine sequenziale (perché l’ebraico usa ripetutamente una waw congiuntiva tra gli eventi, “e poi”, “e...e”, che esprime collegamento con ciò che precede e continuazione) e non esiste alcun elemento per pensare che la distruzione del tempio sia da considerarsi come evento posteriore alla conclusione dei sette anni che iniziano precisamente con l’uccisione dell’unto e terminano con la distruzione del “causante desolazione” (fino a dimostrazione contraria, non fino a opinione contraria). Per cui, siccome il tempio di Erode fu distrutto nel 70 d.C. mentre Gesù morì attorno al 30, non è possibile far entrare i due eventi all’interno di una settimana di anni, neppure se la si intendesse simbolicamente (perché sarebbe reso vano il rapporto medio-lungo-breve di 7-62-1). Con Antioco Epifane, invece, gli eventi si susseguono consequenzialmente ed esattamente come descritti nel testo di Dn 9:25-27.

4. Al versetto 24, che viene spesso dimenticato, è detta una cosa importantissima. In questo versetto, l’angelo annuncia la profezia, che riguarda un periodo di tempo necessario affinché si realizzino le seguenti cose: cessazione della perversità di Israele (di cui Daniele parla nella preghiera), fine delle trasgressioni alla legge, espiazione dell’iniquità, sigillo di visione e profezia, e infine consacrazione del santissimo. Le settanta settimane di punizione servono a realizzare queste cose affinché Dio realizzi le richieste di Daniele espresse in preghiera. Ciò significa che dopo le settanta settimane, che si concludono fino a dimostrazione contraria con la distruzione del “causante desolazione”, il tempio doveva essere riconsacrato. È ovvio che dopo il 70 non ci fu alcuna consacrazione, visto che il tempio non esisteva più. Invece, dopo la sconfitta di Antioco e la distruzione dell’idolo che era stato messo dentro il tempio, gli ebrei riconsacrarono il santissimo con la Chanukkà del 165.

Tutti gli elementi, testuali e storici, supportano il periodo di Antioco perfettamente, senza che siano necessari voli pindarici e salti nel buio con l’ebraico.
Nessun elemento, testuale e storico, supporta invece il periodo di Tito che, anzi, risulta decisamente inapplicabile alla profezia delle settanta settimane.
animasalvata
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Re: Yeshùa, oggi

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Il verbo shachat nella Bibbia (gr. fthèiro) è usato anche nel senso di “distruggere”, ma non in riferimento al “radere al suolo” un edificio o una struttura. In questo senso, la Bibbia usa נָתַץ (nathats, “tirare giù”, esattamente come il verbo greco katalùo, cfr. Es 34:13; Lv 14:45; Dt 7:5, tutti casi tradotti dalla LXX con katalùo, e ce ne sono molti altri). Dn 9:26 riporta shachat, tradotto dalla LXX con fthèiro, non nathats-katalùo. Siccome il senso specifico di “tirare giù”, “demolire” un palazzo o una struttura è espresso nella Bibbia sempre dalla coppia nathats-katalùo, non è possibile tradurre Dn 9:26 in questo senso. Per cui, Dn 9:26 non dice che il tempio fu raso al suolo.
Non è necessario fare voli astronomici sulla parola ''shachat''. Ti cito due esempi: Genesi 13,10; Ezechiele 26,4. Controlla anche il verbo nella lxx.
In Daniele 9,26 il verbo ''schachat'' è più opportuno deI verbo ebraico נָתַץ perché il verbo ''schachat'' può esprimere profanazione o distruzione oppure tutte e due le cose insieme. Nel 70dc il tempio non venne solamente distrutto ma anche dissacrato per cui ''schachat'' si addice meglio di נָתַץ
Due azioni diverse, che per precisione necessiterebbero di verbi diversi, come mostrato. Per cui, se Dn 9:26 si riferisse a Tito, avremmo una doppia valenza del verbo
Non sono necessari due verbi diversi perché ''schachat'' può significare semplicemente dissacrare oppure distruggere come mostrato sopra oppure una combinazione delle due due cose. La citta venne dissacrata e il tempio dissacrato e distrutto. Quindi va bene ''schacht'' per esprimere sia la dissacrazione della citta e la dissacrazione e distruzione del tempio.
Gli eventi che accadono nell’ultima settimana di anni vengono descritti in ordine sequenziale (perché l’ebraico usa ripetutamente una waw congiuntiva tra gli eventi, “e poi”, “e...e”, che esprime collegamento con ciò che precede e continuazione)
Se si vuole esseri obbiettivi è detto ''e (congiunzione) dopo le 62 settimane un unto sarà soprresso e il popolo di un capo che verrà ''yaschit'' la città e il santuario''. ''Il dopo'' non specifica esattamente quanto tempo passa tra la fine delle 62 settimane e gli eventi descritti nel versetto 26''. Questo è il punto. Per farti un esempio se dicessi ''viene pesach e dopo pesach viene pentecoste'' cosa capiresti? a primo impatto penseresti appena passata pesach,ma in realtà viene 50 giorni dopo. Le due feste non sono immediatamente consecutive ma c'è un certo intervallo temporale di mezzo''. Oppure: ''fra 7 giorni sarà la pesach e dopo la pesach andrò in Galilea''. Cosi non si capisce esattamente dopo quanto tempo dalla pasqua andrò in Galilea''. Può essere il giorno successivo al termine della pasqua, come può essere anche 15 giorni dopo (e in un contesto profetico 1 giorno può anche valere 1 anno). Ecco perche ''e il dopo'' non specifica esattamente quanto tempo intercorre tra la fine delle 62 settimane e la morte dell'unto o la fine del tempio e non specifica nemmeno quanto tempi intercorre tra la morte dell'unto e lo ''schachat''. Il discorso è semplice. Non serve fare voli acrobatici.
Ritenere quindi che le 70 settimane sono necessariamente tutte attaccate o che l'ultima settimana inizia necessariamente con la morte dell'unto è una forzatura perche il testo non lo specifica esattamente. Se si vuole essere obbiettivi bisogna ammettere che è possibile anche questo e non sono l'unico a pensarla cosi. Lo ha detto anche ''Hard Rain'' e la sua opinione non vale meno della tua.
non è possibile far entrare i due eventi all’interno di una settimana di anni,
Veramente non è possibile far rientrare rientrare i quasi 4 anni di Antioco nell'ultima settimana perché dovresti considerare le 62 settimane come simboliche, ma simboliche non lo sono perche il numero 62 e il numero 69 non sono multipli di 7. E in effetti se vai a leggere l'interpretazione delle 70 settimane sul sito hoshea.it le vicende di Antioco sono collocate nelle 62 settimane (476anni), non nell'ultima settimana . Per collocare le vicende di Antioco nell'ultima settimana dovresti forzare il significato del numero 62 che non è un multiplo di 7. Quindi sei tu che forzi i numeri per far dire al testo quello che vuoi credere tu.

E poi non capisco una cosa: tu per far dire che i 4 anni circa di Antioco sono l'ultima ''settimana'' puoi dire che l'ultima settimana è simbolica, mentre io non posso considerare 40 anni come l'ultima ''settimana''? Eh no! Se lo fai tu lo posso fare pure io. Se tu fai diventare 4 anni una ''settimana'' allora io posso far diventare 40 anni una ''settimana.'' Devi essere coerente: se la ''settimana'' è simbolica essa può durare realmente 4 anni,ma anche 10,20,30 o 40 anni.
l’angelo annuncia la profezia, che riguarda un periodo di tempo necessario affinché si realizzino le seguenti cose: cessazione della perversità di Israele (di cui Daniele parla nella preghiera), fine delle trasgressioni alla legge, espiazione dell’iniquità, sigillo di visione e profezia, , e infine consacrazione del santissimo.
Il problema è che la morte di un semplice sommo sacerdote non toglie i peccati di Israele,ne stabilisce una giustizia eterna. Soprattutto non sigilla visione e profezia. Qui si parla di profezia e visioni; esse ricevono il sigillo con la venuta del Messia che le adempie, per cui non sono più necessarie profezie sul Messia. Soprattuto è il Messia che stabilisce una giustizia eterna. Al tempo dei Maccabei ciò non è avvenuto e la profezia essendo parola ispirata di Yhwh non può tornare indietro a vuoto,ma deve realizzarsi.

Cos'è l'unzione del santissimo? È l'unzione del Messia che è il vero tempio di Dio prefigurato dal tempo di Gerusalemme. E l'interpretrazione ci sta perche le condizioni espresse (fine dell'iniquita,sigillo di visione e profezia,giustizia eterna) sono cose che si realizzano con la venuta del principe consacrato,cioè il Messia.
gli ebrei riconsacrarono il santissimo con la Chanukkà del 165. Di nuovo, ciò che torna non va bene, chissà perché.
Chiedilo a quelli del sito hoshea.it perché non va bene, visto che loro collocano le vicende di Antioco nelle 62 settimane cioè nei 476 anni dopo i primi 49 e non dopo le 62 settimane. Loro non sono cristiani. Vallo a chiedere prima a loro sul perche fanno finire le 70 settimane nel 70dc.
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bgaluppi
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Re: Yeshùa, oggi

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Non è necessario fare voli astronomici sulla parola ''shachat''. Ti cito due esempi: Genesi 13,10; Ezechiele 26,4. Controlla anche il verbo nella lxx.
In Daniele 9,26 il verbo ''schachat'' è più opportuno deI verbo ebraico נָתַץ perché il verbo ''schachat'' può esprimere profanazione o distruzione oppure tutte e due le cose insieme. Nel 70dc il tempio non venne solamente distrutto ma anche dissacrato per cui ''schachat'' si addice meglio di נָתַץ
Gen 13:10 è una devastazione divina, non una demolizione, per cui shachat va benissimo. La LXX usa καταστρέφω da cui origina il termine italiano “catastrofe”. Ez 26:4 anche non fa riferimento ad una demolizione di un palazzo o di una struttura, ma alla devastazione di Tiro e oltretutto il linguaggio è profetico e poetico; la LXX traduce col verbo καταβάλλω, che può voler dire “atterrare”, ed esprime un senso generale e non specifico. Per cui in questi casi va benissimo il verbo shachat. Nel caso di Dn 9:26, l’azione indica un evento che riguarda entrambi il tempio e la città e non può riferirsi ad una demolizione distruttiva del tempio ma anche ad una profanazione della città, perché si tratta di due azioni diverse e un verbo può indicare una sola azione, non due diverse contemporaneamente. Se io dico “Tito ha distrutto il tempio e la città”, voglio significare che sia il tempio sia la città sono stati distrutti; per dire “Tito distrusse il tempio e saccheggiò la città” devo necessariamente utilizzare due verbi diversi. Infatti, Ez 26:4 che tu citi, utilizza due verbi diversi per descrivere due eventi diversi: “Essi distruggeranno (shachat) le mura di Tiro e abbatteranno (haras) le sue torri”. Non facciamo il giochino delle tre carte: distruggere il tempio non significa profanarlo, perché la profanazione (o dissacrazione) riguarda il privare un luogo della sua sacralità, spogliandolo degli oggetti o degli elementi che la conferiscono; per cui, dissacrare un tempio non significa abbatterlo e abbatterlo non significa dissacrarlo (basta che tu controlli il vocabolario italiano, se non credi che si tratti di verbi diversi).
Non sono necessari due verbi diversi perché ''schachat'' può significare semplicemente dissacrare oppure distruggere come mostrato sopra oppure una combinazione delle due due cose. La citta venne dissacrata e il tempio dissacrato e distrutto. Quindi va bene ''schacht'' per esprimere sia la dissacrazione della citta e la dissacrazione e distruzione del tempio.
Qui di nuovo fai il giochino delle tre carte. Se io dico “Tito distrusse il tempio e la città” non vuol dire “Tito distrusse il tempio e dissacrò la città”; infatti, nella prima azione c’è un solo verbo e due complementi oggetto che completano il predicato; nella seconda ho due verbi ognuno dei quali ha un diverso complemento oggetto che completano due diversi predicati. Bisogna tornare alle elementari?
Il dopo'' non specifica esattamente quanto tempo passa tra la fine delle 62 settimane e gli eventi descritti nel versetto 26''
Il tempo è quello dell’ultima settimana di anni, ossia sette anni! Se io dico: “la prossima settimana andrò al mare e andrò in montagna e andrò in collina”, quanti eventi occorrono all’interno della settimana? Se invece dico: “la prossima settimana andrò in montanga e al mare. Dopo la settimana, andrò in collina”, quanti eventi occorrono nella prima settimana e quanti dopo la settimana? È proprio il fatto che il testo non specifica che gli eventi appartengono a due periodi diversi, che rende impossibile pensare che appartengano a periodi diversi.
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Re: Yeshùa, oggi

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Quindi Daniel parla di 70 anni, non di 490 anni.
70 anni dalla distruzione del primo tempio alla ricostruzione del II tempio?
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Re: Yeshùa, oggi

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Grazie Besasea. Su Gerusalemme, io facevo riferimento al fatto che fu certamente devastata, ma non lasciata in desolazione come il tempio, del quale restò su solo un muro o poco più se non erro. Mentre a Gerusalemme si continuò ad abitare. Per cui la differenza fu che il tempio fu completamente raso al suolo e non esisteva più, mentre la città fu devastata ma esisteva ancora. Comunque sono solo dettagli poco importanti. Ciò che è interessante è quello che dici sulle settanta settimane come settanta anni.

Inoltre mi interesserebbe sapere se concordi col fatto che il “causante desolazione” del v.27 è riconducibile ad un idolo, come spiega Rashí, il quale traduce “the dumb one” (in italiano “il muto”?). E sul fatto che la profezia prevede la riconsacrazione del tempio, come mi pare sia detto al v.24.
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