Re: TRADUZIONE ! TIMOTEO 6:15-16
Inviato: sabato 21 luglio 2018, 9:09
Leggiamo anche il v. precedente (la traduzione è NR):
“14 ti ordino di osservare questo comandamento da uomo senza macchia, irreprensibile, fino all'apparizione del nostro Signore Gesù Cristo, 15 la quale sarà a suo tempo manifestata dal beato e unico sovrano, il Re dei re e Signore dei signori, 16 il solo che possiede l'immortalità e che abita una luce inaccessibile; che nessun uomo ha visto né può vedere; a lui siano onore e potenza eterna. Amen.”
Paolo istruisce Timoteo, ordinandogli di restare saldo e irreprensibile nell'osservanza di τὴν ἐντολὴν (ten entolèn), che la NR traduce “questo comandamento” ma sarebbe meglio tradurre “il comandamento”, visto che il testo non ha un aggettivo dimostrativo e non è riferito a qualcosa di specifico; “il comandamento” al singolare in questo caso si riferisce alla legge di Dio, come in Mt 15:3, τὴν ἐντολὴν τοῦ Θεοῦ (ten entolèn tu Theù). Timoteo deve essere irreprensibile μέχρι (fino) all'apparizione del Signore nostro Gesù Cristo, la quale apparizione (ἣν, femminile, riferito all'apparizione, complemento oggetto) il beato e unico Sovrano, il Re dei re e Signore dei signori [soggetto], mostrerà [verbo riferito al soggetto] a suo tempo, al momento opportuno.
Il soggetto qui è il Sovrano, il Re dei re, ossia Dio, il quale mostrerà a tempo debito il manifestarsi del Cristo. È Dio il Re dei re, che rende visibile (“mostra”) l'apparire (epifanèia) del Messia. Questo dice il testo. La ND traduce bene, ma non si capisce chi è il soggetto; per questo la NR rende il verbo al passivo, per far capire CHI manifesta (soggetto) e COSA è manifestato (complemento oggetto).
Poi, parlando di Dio, dice che è il solo che possiede l'immortalità, che abita una luce inaccessibile e che nessun uomo ha mai visto né può vedere. Dio è trascendente. “Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito figlio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere.” (Gv 1:18). Il Dio trascendente è rivelato attraverso il figlio, per questo motivo il messia, nel momento in cui sarà manifestato, porta simbolicamente sulla veste e sulla coscia la scritta “Re dei re e Signore dei signori” (Ap 19:16); ma se si legge prima, al v. 13 è scritto che il suo nome è “parola di Dio”. Il nome è “parola di Dio”, non Re dei re e Signore dei signori, che è scritto sulla veste e sulla coscia e significa ciò che lui rappresenta. Il nome indica invece l'essenza di chi lo porta. Il messia è la parola di Dio che rivela Dio, il Messia rappresenta Dio, “è l'immagine di Dio” (2Cor 4:4). Non Dio, ma la Sua immagine (εἰκών, eikòn, “figura”, “rappresentazione”).
Oltretutto, ciò è perfettamente conforme al pensiero ebraico e alla Torah: “Tu non puoi vedere la mia faccia, perché nessun uomo mi può vedere e vivere” (Es 33:20), il che significa che nessun mortale può vedere Dio (“vedere la faccia” significa “conoscere”), perché Dio trascende la mortalità. Il Messia è colui che rivela la conoscenza di Dio, perché è “parola di Dio”, ossia il suo insegnamento è insegnamento di Dio. Attraverso il Messia si conosce Dio, o meglio Dio si fa conoscere attraverso l'insegnamento del Messia. Nella Bibbia, tutto deve essere in armonia e non possono esserci insegnamenti contrastanti; per questo, non si può estrapolare un versetto e usarlo per sostenere una dottrina, dimenticando il resto, ma bisogna sempre armonizzare col resto della Scrittura.
“Chi ascolta [mette in pratica] la mia parola e crede a colui che mi ha mandato [Dio manda il Messia, come “apostolo”, che rappresenta e fa le veci di chi lo invia, Eb 3:1], ha vita eterna, e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.” — Gv 5:24
“14 ti ordino di osservare questo comandamento da uomo senza macchia, irreprensibile, fino all'apparizione del nostro Signore Gesù Cristo, 15 la quale sarà a suo tempo manifestata dal beato e unico sovrano, il Re dei re e Signore dei signori, 16 il solo che possiede l'immortalità e che abita una luce inaccessibile; che nessun uomo ha visto né può vedere; a lui siano onore e potenza eterna. Amen.”
Paolo istruisce Timoteo, ordinandogli di restare saldo e irreprensibile nell'osservanza di τὴν ἐντολὴν (ten entolèn), che la NR traduce “questo comandamento” ma sarebbe meglio tradurre “il comandamento”, visto che il testo non ha un aggettivo dimostrativo e non è riferito a qualcosa di specifico; “il comandamento” al singolare in questo caso si riferisce alla legge di Dio, come in Mt 15:3, τὴν ἐντολὴν τοῦ Θεοῦ (ten entolèn tu Theù). Timoteo deve essere irreprensibile μέχρι (fino) all'apparizione del Signore nostro Gesù Cristo, la quale apparizione (ἣν, femminile, riferito all'apparizione, complemento oggetto) il beato e unico Sovrano, il Re dei re e Signore dei signori [soggetto], mostrerà [verbo riferito al soggetto] a suo tempo, al momento opportuno.
Il soggetto qui è il Sovrano, il Re dei re, ossia Dio, il quale mostrerà a tempo debito il manifestarsi del Cristo. È Dio il Re dei re, che rende visibile (“mostra”) l'apparire (epifanèia) del Messia. Questo dice il testo. La ND traduce bene, ma non si capisce chi è il soggetto; per questo la NR rende il verbo al passivo, per far capire CHI manifesta (soggetto) e COSA è manifestato (complemento oggetto).
Poi, parlando di Dio, dice che è il solo che possiede l'immortalità, che abita una luce inaccessibile e che nessun uomo ha mai visto né può vedere. Dio è trascendente. “Nessuno ha mai visto Dio; l'unigenito figlio, che è nel seno del Padre, è quello che l'ha fatto conoscere.” (Gv 1:18). Il Dio trascendente è rivelato attraverso il figlio, per questo motivo il messia, nel momento in cui sarà manifestato, porta simbolicamente sulla veste e sulla coscia la scritta “Re dei re e Signore dei signori” (Ap 19:16); ma se si legge prima, al v. 13 è scritto che il suo nome è “parola di Dio”. Il nome è “parola di Dio”, non Re dei re e Signore dei signori, che è scritto sulla veste e sulla coscia e significa ciò che lui rappresenta. Il nome indica invece l'essenza di chi lo porta. Il messia è la parola di Dio che rivela Dio, il Messia rappresenta Dio, “è l'immagine di Dio” (2Cor 4:4). Non Dio, ma la Sua immagine (εἰκών, eikòn, “figura”, “rappresentazione”).
Oltretutto, ciò è perfettamente conforme al pensiero ebraico e alla Torah: “Tu non puoi vedere la mia faccia, perché nessun uomo mi può vedere e vivere” (Es 33:20), il che significa che nessun mortale può vedere Dio (“vedere la faccia” significa “conoscere”), perché Dio trascende la mortalità. Il Messia è colui che rivela la conoscenza di Dio, perché è “parola di Dio”, ossia il suo insegnamento è insegnamento di Dio. Attraverso il Messia si conosce Dio, o meglio Dio si fa conoscere attraverso l'insegnamento del Messia. Nella Bibbia, tutto deve essere in armonia e non possono esserci insegnamenti contrastanti; per questo, non si può estrapolare un versetto e usarlo per sostenere una dottrina, dimenticando il resto, ma bisogna sempre armonizzare col resto della Scrittura.
“Chi ascolta [mette in pratica] la mia parola e crede a colui che mi ha mandato [Dio manda il Messia, come “apostolo”, che rappresenta e fa le veci di chi lo invia, Eb 3:1], ha vita eterna, e non viene in giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.” — Gv 5:24