Yeshu'a è Dio?

Ghita
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Re: Yeshu'a è Dio?

Messaggio da Ghita »

Salmo 22:10
Gesù uomo affidato al Padre come uomo,
Gesù uomo prega il Padre come noi, adesso in cielo e con Padre e tutti le creature pregano il Padre sul Trono e Agnello.
Se uno e anticristo normale non prega anche Gesù.
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francesco.ragazzi
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Re: Yeshu'a è Dio?

Messaggio da francesco.ragazzi »

"chiunque riceve me, non riceve me, ma colui che mi ha mandato" (Mr 9:37).
Si tratta di rappresentanza. Yeshùa fu inviato da Dio, fu apostolo di Dio, e dunque chi lo riceveva in qualità di delegato, riceveva il delegante. Infatti, il messo inviato dal re parlava per conto del re (pur non essendo il re), non per conto suo proprio. Yeshùa fu rappresentante di Dio non perché era Dio (nel qual caso non avrebbe avuto bisogno di rappresentare se stesso), ma perché era “apostolo” di Dio, cioè Suo inviato, ossia rappresentante.

Il termine biblico apostolo significa propriamente “messaggero”, “delegato”, “inviato”, “uno commissionato da un altro per rappresentarlo in qualche modo” (Strong). Yeshùa è apostolo di Dio, poiché è “l'inviato di Dio” che reca agli uomini la buona novella del Regno e la salvezza: “Guardate attentamente Gesù: egli è l'inviato [τὸν ἀπόστολον, ton apòstolon] di Dio e il sommo sacerdote della fede che professiamo” (Eb 3:1). Nella LXX il termine traduce l'ebraico shalùach, che significa “inviato divino” (Nm 16:28; Is 6:8). Il Sinedrio spesso inviava messi incaricati di portare a termine mandati particolari, come ad esempio raccogliere denaro per il tempio, e questi inviati erano chiamati apostoli (sheluchîn, in aramaico) e rappresentavano il Sinedrio, che li aveva delegati. Ecco perché Yeshùa dice che chi riceveva lui riceveva Dio, perché era delegato da Dio (Suo apostolo, appunto).

“La semantica dell’invio deve essere intesa sullo sfondo del diritto dell’invio nel vicino oriente antico. Un inviato era un messaggero debitamente legittimato che rappresentava il suo sovrano presso una corte straniera. La categoria principale attribuita alla figura dell’inviato era quella della rappresentanza; giocava sulla dialettica tra l’unità e la differenza: l’ambasciatore rappresentava pienamente il suo re pur essendo diverso da lui. I possibili significati di queste rappresentazioni per la cristologia sono evidenti. In quanto inviato del Padre, il Cristo lo rappresentava nel mondo. Non pronuncia parole proprie, ma quelli di suo Padre (Gv 3,34; 14,10; 17,8. 14); non compie le proprie opere, ma quelle di suo Padre (Gv 4,34; 5,17. 19 ss. 30. 36; 8,28; 14,10; 17,24. 34). Non compie la sua volontà, ma quella di suo Padre (Gv 4,34; 5,30; 6,38; 10,25. 37). Non vuol essere null’altro che la voce e la mano di Dio fra gli esseri umani. Nella logica giovannea, il Cristo è effettivamente Dio nella misura in cui è il suo inviato: al tempo stesso tutt’uno con Lui [unità spirituale] eppure diverso da Lui. Questa affermazione è di fondamentale importanza, poiché nessuno ha mai visto Dio (Gv 1,18).”. (tratto da Biblistica.eu)
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Gianni
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Re: Yeshu'a è Dio?

Messaggio da Gianni »

:YMAPPLAUSE:
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Tony
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Re: Yeshu'a è Dio?

Messaggio da Tony »

Bei spunti Francesco grazie :) . In un certo senso Yeshúa fu un Malack ha-elohim . Un emissario di Dio .
danilo bellazzi
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Re: Yeshu'a è Dio?

Messaggio da danilo bellazzi »

Buongiorno a tutti,
mi permetto di esprimere una considerazione che mi è sorta leggendo tutta questa discussione. Con una certa sorta di "spavento" mi sono convinto che Yeshu'a non sia Dio.
Questo comporta anche che potesse fallire la sua missione? Mi spiego meglio.
Ha scelto di resistere alle tentazioni ed ha scelto di salire al Golgota.
Ma poteva scegliere in modo diverso? A naso direi di sì anche se con conseguenze inimmaginabili. Non trovo però alcuna citazione nelle SG che lasciano trasparire questa possibilità. Con ciò è quindi da scartare? Grazie per un' eventuale risposta.
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Tony
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Re: Yeshu'a è Dio?

Messaggio da Tony »

Da notare che il termine figlio non ha l'articolo determinativo davanti . Basta un "il" per comprendere .

Nessuno si prende da sé quell'onore; ma lo prende quando sia chiamato da Dio, come nel caso di *Aaronne. Cosí anche Cristo non si prese da sé la gloria di essere fatto sommo sacerdote, ma la ebbe da colui che gli disse: «Tu sei mio Figlio; oggi ti ho generato» . Altrove egli dice anche: «Tu sei *sacerdote in eterno secondo l'ordine di *Melchisedec» . Nei giorni della sua carne, con alte grida e con lacrime egli offrí preghiere e suppliche a colui che poteva salvarlo dalla morte ed è stato esaudito per la sua pietà. Benché fosse figlio, imparò l'ubbidienza dalle cose che soffrí; e, reso perfetto, divenne per tutti quelli che gli ubbidiscono, autore di salvezza eterna,
Lettera agli Ebrei 5:4‭-‬9 NR94

un po' prima lo scrittore di Ebrei lo descrive così :

Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato.
Lettera agli Ebrei 4:15 NR94

Però siamo stati abituati a pensare con una configurazione mentale delle "infinite possibilità" . Forse è vero che l'aspettativa del Messia voleva che lui non sgarrasse un colpo ma non era scontato , e lo scrittore di Ebrei non ne rimane scandalizzato ,anzi è sulla base di questa possibilità che ne esalta la figura e applicandola ai credenti ne ricava il modello su cui appoggiarsi .

Questa è la mia personale idea
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Tony
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Re: Yeshu'a è Dio?

Messaggio da Tony »

Domanda per Gianni .

Ho letto l'esegesi di Eb 5 qui : https://www.biblistica.it/wordpress/?page_id=4037" onclick="window.open(this.href);return false;
nel versetto 7 dici che la preghiera di Yeshùa fu esaudita nella resurrezione . Ma non mi torna qualcosa .
tempo fa ebbi una discussione con una persona proprio in questo passo (Ebrei 5:7) ed insospettito ho cercato nell'interlineare greca il termine εἰσακουσθεὶς (eisakouô) ha come traduzione :

εἰσακούω (eisakouô)
da εἰς e ἀκούω
TDNT - 1: 222,34
Numero Strong: G1522
verbo
1) dare attenzione a, ascoltare un'ammonizione, ubbidire
2) ascoltare, assentire, essere sentito, avere la richiesta concessa
2a) di persone che offrono preghiere a Dio
2b) di preghiere offerte

εἰσακουσθεὶς: pass. aor. ptc. nom. sing. masc.
εἰσακουσθήσονται: 3pl. pass. fut. ind.
εἰσακούσονταί: 3pl. med. fut. ind.
εἰσηκούσθη: 3sing. pass. aor. ind.

ascoltare: 1
esaudire: 4
Totale: 5

La vecchia versione del 1999 della traduzione interlineare greca edizioni San Paolo ed anche TNM del 2017 mantiene "ascoltato".
Nella nuova versione greca interlienare delle edizioni San Paolo del 2014 la parola in questione viene tradotta diversamente con "essendo esaudito" .

La mia domanda è : perchè la risposta di Dio alla preghiera di Yeshùa dovrebbe manifestarsi nella resurrezione se il redattore di Ebrei non ne fa minimo accenno ?

E' vero che non potrebbe essere altrimenti , però la preghiera di Yeshùa nel Getsemani non era che gli fosse tolta la sofferenza o la morte in quel momento (Lc 22:41) ?

e se il passo va tradotto con "ascoltato" cosa intendeva il redattore di Ebrei ?
speculator2
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Re: Yeshu'a è Dio?

Messaggio da speculator2 »

Ebrei disse che Gesù offrì supplicazioni a colui che poteva salvarlo dalla morte e fu ascoltato, nel senso di esaurito.

Non si riferisce alla morte letterale perché è poi morto e anche con molto dolore.

Si riferisce alla morte spirituale, la morte eterna, dalla quale è stato salvato mediante la resurrezione.
speculator2
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Re: Yeshu'a è Dio?

Messaggio da speculator2 »

"è stato esaudito per la sua pietà "potrebbe riferirsi all'aiuto gli viene offerto nel Getsemani da un angelo.

La scrittura continua dicendo: "essendo figlio...... " cioè dall'angelo gli fu confermato il suo legame filiale con il padre e confermato e confortato nel suo cammino del supplizio che doveva sopportare.
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Gianni
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Re: Yeshu'a è Dio?

Messaggio da Gianni »

Buongiorno, Tony. Esaminando Eb 5:7 occorre innanzitutto stabilire bene la logica sintattica del testo.
Partiamo dalla traduzione della Nuova CEI: “Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito”. In questa traduzione tutto fila via liscio, nel senso che il versetto sta in piedi da solo, tanto è vero che viene chiuso con un punto fermo. La stessa cosa in Nuova Riveduta: “Nei giorni della sua carne, con alte grida e con lacrime egli offrì preghiere e suppliche a colui che poteva salvarlo dalla morte ed è stato esaudito per la sua pietà”. Così anche in Diodati. La vecchia e la nuova TNM non fanno eccezione. Stando a tutte queste traduzioni, il versetto 7 esprime un pensiero compiuto: il Cristo manifestò a Dio la sua profonda sofferenza chiedendogli di esserne risparmiato e Dio lo esaudì. Punto. L’intero periodo – nelle traduzioni – è composto da due frasi, ciascuna con il suo verbo reggente. Sintetizzando, potremmo parafrasare: 1) Yeshùa pregò intensamente Dio e 2) Dio lo esaudì. Punto.
Nel testo originale greco le cose non stanno però così. Nel testo biblico è impossibile avere un punto finale al termine nel versetto 7. Esaminiamo.

Intanto, il v. 7 inizia con un pronome relativo: òs (ὃς), “il quale”. Il versetto è quindi una prosecuzione. Nelle citate traduzioni, invece, “il quale” sparisce e il versetto viene messo addirittura all’inizio di un nuovo paragrafo. La nuova TNM aggiunge perfino il soggetto “Cristo”, senza neppure metterlo tra quadre, che è assente nel testo. Rispettando il testo biblico originale, fin qui la corretta traduzione è: “[versetti 5 e 6] …, il quale …”.

Proseguiamo. Dopo “il quale”, qual è il verbo reggente? Forse “offrì”? No. La verità è che manca il verbo reggente. Il testo greco ha prosenènkas (προσενέγκας), che è un participio aoristo: letteralmente “avente offerto”. Abbiamo quindi: “…, il quale … avente offerto …”.

Nella seconda frase è la stessa cosa: non c’è il verbo reggente delle traduzioni “venne esaudito/ascoltato”. Il testo biblico ha eisakuthèis (εἰσακουσθεὶς), participio aoristo passivo, letteralmente: “essente stato ascoltato”.

Occorre qui fare una piccola osservazione. In greco il gerundio non esiste; al suo posto di usa il participio. Traducendo i letterali “avente offerto” e “essente stato ascoltato”, in italiano dobbiamo volgerli in “avendo offerto” e “essendo stato ascoltato”. Ciò precisato, non è corretto che una interlineare faccia questa operazione. Lo scopo infatti di una interlineare è quello fornire un testo tradotto letteralmente parola per parola. È la traduzione nella versione biblica che deve adeguarsi all’italiano, ma un’interlineare dovrebbe rispettate la lettera.

Ecco alla fine la sequenza corretta: “…, il quale … avente offerto ed essente stato ascoltato …”. Come si vede, mancano i verbi reggenti e scopriamo così che il versetto 7 non è affatto a sé stante ma è di passaggio.
E dove sono i verbi reggenti? Se usiamo come base Nuova Diodati, eccoli: “Cristo non si prese da sé la gloria …, ma … [v. 5] … imparò l'ubbidienza dalle cose che soffrì [v. 8]”.

Veniamo ora alla domanda sul perché la risposta di Dio alla preghiera di Yeshùa dovrebbe essere costituita dalla resurrezione, visto che il redattore di Ebrei non ne fa minimo accenno. Tu stesso riconosci che non potrebbe essere altrimenti, però osservi: la preghiera di Yeshùa al Getsemani non era che gli fosse tolta la sofferenza o la morte in quel momento? E citi a sostegno Lc 22:42: “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Però non la mia volontà, ma la tua sia fatta”.

Di certo abbiamo un fatto storico: Yeshùa soffrì atrocemente fino alla fine e Dio non intervenne. Stando al testo biblico, è vero che il redattore di Eb non menziona direttamente la risurrezione, però occorre seguire il filo del suo discorso, che ha come obiettivo la dimostrazione che Yeshùa è il nuovo eterno sommo sacerdote. La risurrezione vi è implicata in quanto passaggio indispensabile.
Più sottilmente, va notato che l’agiografo rimarca che Yeshùa rivolse intense suppliche “a il potente salvare lui da morte” (v. 7, traduzione letterale). Che cosa implicava l’essere salvato dalla morte? C’è molto di più che il non morire soffrendo. L’attitudine di Yeshùa era quella che lui stesso espresse in Lc 12:5: “Temete colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella geenna. Sì, vi dico, temete lui”.
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