Vorrei rispondere a Besasea iniziando dalla questione del risarcimento per poi concludere con l'insegnamento di Yeshùa.
Da un interessante blog sulla cultura ebraica cito una trattazione sulla legge del taglione:
Tutti conoscono la frase biblica “vita per vita, occhio per occhio, dente per dente” (Esodo 21:23-25), spesso citata come espressione di una giustizia arcaica fondata sulla vendetta. Non abbastanza noto è invece il modo in cui la tradizione rabbinica ha sempre inteso questo principio tanto controverso. Secondo i Maestri del Talmud, la legge denominata“occhio per occhio” (ayin tachat ayin) si riferisce in realtà a un risarcimento in denaro che il colpevole deve fornire alla vittima in misura proporzionata alla gravità dell’offesa. La normativa ebraica non prevede quindi una punizione corporale, ma un semplice rimborso economico da fissare in base alle valutazioni del Tribunale.
La logica ci spinge a chiederci se tale interpretazione sia frutto di una rielaborazione rabbinica volta a prendere le distanze da un’usanza brutale, oppure se essa trovi un riscontro effettivo nel testo biblico.
Esiste un caso esplicito, all’interno delle leggi della Torah, in cui la frase “vita per vita” (nefesh tachat nefesh) è impiegata chiaramente per alludere ad un risarcimento monetario:
“Chi percuote a morte un animale dovrà risarcire, vita per vita” (Levitico 24:18).
Il confronto con il versetto 21 dello stesso capitolo non lascia spazio a dubbi: qui “vita per vita” indica un rimborso proporzionato alla perdita della vita dell’animale.
Un altro caso da considerare si trova in Esodo 21:18-19:
“Se due uomini litigano e uno colpisce l’altro con una pietra o con un pugno e quello non muore, ma deve mettersi a letto, se poi si rialza ed esce a camminare con il suo bastone, chi lo ha colpito sarà assolto; lo risarcirà soltanto del tempo perduto e gli fornirà le cure”.
È evidente che la pena a cui l’aggressore viene sottoposto è soltanto di natura economica. Nell’analizzare questo caso concreto, la Torah non menziona alcuna punizione corporale da infliggere al colpevole.
Perché allora il testo utilizza l’espressione “occhio per occhio”, che richiama l’idea di una mutilazione fisica?
Secondo una linea interpretativa seguita da studiosi come Benno Jacob e Pinchas Lapide (e nell’ambito rabbinico classico, da Saadia Gaon e altri), siamo davanti ad un semplice errore di traduzione. Il termine tachat nella Bibbia indica infatti qualcosa che subentra in sostituzione di qualcos’altro, come un re che sale al trono al posto del padre (vedi 1Re 1:30), o come una persona che si offre di sostituirne un’altra (vedi Genesi 44:3). Sulla base di tali osservazioni, la frase Ayin tachat ayin dovrebbe perciò essere intesa nel senso di: “il valore di un occhio in sostituzione di un occhio”. Coloro che seguono questo punto di vista tendono quindi a giustificare l’interpretazione del Talmud della norma biblica anche sul piano strettamente letterale del testo.
Altri commentatori scelgono invece un approccio diverso, avvalorato anche dagli antichissimi codici giuridici nei quali è contenuta la Legge del taglione. Secondo Maimonide, ciò a cui la Torah allude realmente è proprio una punizione corporale, ma soltanto sul piano teorico: un aggressore, in base ai principi di una giustizia ideale ed assoluta, meriterebbe davvero di subire un danno analogo a quello che egli stesso ha inflitto; tuttavia, nella pratica, la Legge impone di trasferire la punizione fisica sul piano economico. A conferma di tutto ciò, Maimonide cita un verso della Torah in cui si parla dell’unico crimine la cui pena non può essere mutuata attraverso un pagamento in denaro, cioè il caso dell’omicidio volontario:
“Non accetterai un prezzo di riscatto per la vita di un omicida, reo di morte, perché dovrà essere messo a morte” (Numeri 35:31).
Per quanto riguarda invece i casi di danni non letali, come abbiamo visto in precedenza, il risarcimento monetario subentra al posto della punizione corporale.
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Adesso aggiungo il mio commento. Se riprendiamo il testo di Dt 19 e ci concentriamo sui vv.19-21, leggiamo:
"Così toglierai via il male di mezzo a te. Gli altri lo udranno, temeranno, e non si commetterà più in mezzo a te una simile malvagità. Il tuo occhio non avrà pietà: vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede."
Se la frase
ayin tachat ayin deve essere intesa nel senso di:
“il valore di un occhio in sostituzione di un occhio”, quindi come risarcimento pecuniario, ciò non si sposa con il resto del testo; infatti, come si può "temere" in seguito ad una sentenza di risarcimento pecuniario e in che modo tale sentenza avrebbe potuto scoraggiare altri a non commettere il reato? Anche nel nostro sistema legislativo può essere chiesto risarcimento pecuniario in seguito ad un torto fisico subìto, ma ciò non costituirà affatto un deterrente perchè altri non commettano lo stesso torto; neppure la pena di morte costituisce deterrente perché non si continui a commettere atti atroci. Sul testo viene specificato come il risarcimento debba incutere timore ed essere un deterrente. Inoltre, il testo specifica di non avere pietà nell'infliggere la sentenza di risarcimento, e ciò non ha assolutamente senso se trattasi di risarcimento meramente pecuniario. Infliggere risarcimento pecuniario senza pietà? Ha perfettamente senso, invece, se il risarcimento è da intendersi letteralmente.
A mio avviso, la legge del taglione deve essere vista in un contesto diverso: il suo scopo è quello di scongiurare sommari atti di
vendetta, in odio a Dio. Infatti, il testo specifica che applicandola
si estirperà il male; il male, quindi, non è costituito soltanto dal torto in sé, ma anche e piuttosto dalla vendetta che può scaturire da esso. Con la legge del taglione applicata alla lettera, si evita in partenza che un torto venga commesso e, nel caso il torto avvenga comunque, si scongiura l'atto vendicativo che costituirebbe un peccato ancora peggiore agli occhi di Dio. Comunque, in linea di massima, credo di ritrovarmi con l'interpretazione di Maimonide di cui sopra.
Tornando all'insegnamento di Yeshua, il testo mattaico non specifica la natura del risarcimento. Yeshua cita la legge del taglione e poi aggiunge il suo insegnamento:
perdonare e non pretendere risarcimento.
Yeshua sta insegnando a fare qualcosa che nessun uomo farebbe mai. Il "porgere l'altra guancia" è da intendersi ovviamente in modo simbolico, e ora lo vedremo.
Tu dici che dal testo si capisce che Yeshua e il redattore non sapevano che il risarcimento fosse di tipo pecuniario, ma il testo non specifica, come ho già detto, la natura del risarcimento, lo cita soltanto. Ammesso che il risarcimento sia da intendersi in senso pecuniario, l'insegnamento di Yeshua si applica benissimo lo stesso. Infatti, il suo insegnamento non si riferisce ad un delitto subìto, come la perdita di un occhio, la rottura di una mano e, in generale, di un delitto grave (come specificato in Dt 19). Leggi bene:
non contrastate il malvagio; anzi, se uno ti percuote sulla guancia destra, porgigli anche l'altra; e a chi vuol litigare con te e prenderti la tunica, lasciagli anche il mantello. Se uno ti costringe a fare un miglio, fanne con lui due. Da' a chi ti chiede, e a chi desidera un prestito da te, non voltar le spalle.
Ti sembra che si parli di delitti? Ti sembra che Yeshua violi la Torah insegnando a non reagire con astio a chi vuol litigare, a dare a chi chiede e a non rifiutare un prestito? Si parla piuttosto di un comportamento da tenere con chi è ingiusto; percuotere la guancia non è certamente un pugno in faccia, ma uno smacco, e prendere la tunica si riferisce più ad un volersi appropriare delle cose altrui. Questo insegnamento non è contrario alla legge del taglione, semmai aggiunge qualcosa di più profondo: non rispondete a violenza con violenza, a torti con torti, a ingiustizia con ingiustizia, ma perdonate. Yeshua conferma la legge del taglione e aggiunge in più: "e io vi dico".
Credo di aver risposto al tuo terzo punto. Resta il punto 2 sull'adulterio.